ATENEO di Naukratis (᾿Αϑηναῖος, Athenaeus)
Grammatico e sofista, nato a Naukratis in Egitto e vissuto prima ad Alessandria e poi a Roma verso la metà del sec. III d. C. Utilizzando il vasto materiale raccolto nella biblioteca di Alessandria, di cui conosceva bene la storia, scrisse un'eruditissima opera in 15 libri, i Dipnosophistae ("I dotti a convito"), di cui i primi due libri e l'inizio del terzo ci sono conservati in una epitome bizantina del sec. XI. Sotto forma di dialogo - che s'immagina avvenuto nella casa di un ricco romano, un certo Laurenzio - contiene una quantità di citazioni da autori antichi; anzi, talora, si estende nelle citazioni a tal punto che queste si susseguono le une alle altre formando a volte un libro intero. Vi si parla dei preparativi di una festa e di tutto ciò che può essere necessario: vivande, vini, vasi, giochi, profumi, ecc.; tutto serve ai commensali e con loro ad A., per far sfoggio di erudizione. Non mancano naturalmente notizie riferentisi alla storia dell'arte antica; ma sarebbe vano ricercarvi gusto critico o artistico: il tal quadro, la tal statua, sono ricordati unicamente perché si riconnettono con il tale o il tal altro oggetto o suppellettile o cibo, e, quasi sempre, questi ricordi sono frutto di citazioni letterarie, non di visione diretta.
Pittura. - A. cita fra i pittori: Aglaophon (xii, 534 d), sulla testimonianza di Satiro, di cui due quadri, l'uno con Olimpiade e Pitiade che incoronano Alcibiade e l'altro con Nemea che tiene sulle ginocchia Alcibiade, sarebbero stati dedicati dallo stesso Alcibiade ad Atene; Agatharchos (o Archagathos? iv, 158 a), del quale ricorda il quadro di Oreste che beve; Apelle (xiii, 588 cd), che avrebbe portato ad un banchetto di amici l'etera Laide, ancor vergine, della cui bellezza si era invaghito - e cita anche la testimonianza di Xenoph., Mem., iii, ii, i, il quale ricorda che diversi pittori si servivano di lei come modella per la bellezza del seno, rivale in ciò di Frine, già modella di Prassitele e afferma che lo stesso pittore trasse da Frine il modello per il suo quadro della Afrodite Anadiomène (xiii, 590 f); Hippys (xi, 474 d), di cui Polemone nel περὶ ζωγράϕων (Dei pittori) aveva narrato alcuni particolari delle Nozze di Piritoo; Parrasio (xii, 543 cf), del quale ricorda i costumi stravaganti, le pitture di Aiace e dell'Eracle di Lindo, dopo aver avuto un sogno (cfr. anche xiv, 687 b) e la Distruzione di Troia istoriata su di uno sköphos inciso da Mys (xi, 782 b); Pausias, Aristeides e Nikophanes (xiii, 567 b), pornografi, citati da Polemone nel περὶ τῶν ἐν Σικυῶνι πινάκων (Dei quadri in Sicione) come bravi pittori; Sillax di Reggio (v, 210 b), di cui ricorda la στοὰ πολεμάρχειος di Fliunte da lui dipinta e ricordata da Polemone il Periegeta nel πρὸς ᾿Αδαῖον καὶ ᾿Αντίγονον (Contro Adàios e Antìgonos). Inoltre A. ricorda che Cleanore d'Atene aveva fatto costruire la Στοὰ Ποικίλη di Sicione, descritta da Polemone nel περὶ ἐν Σικυῶνι ποικίλης στοᾶς (Della Stoà Poikile in Sicione) (xiii, 577 c); cita le ornamentazioni fastose della nave-zattera che Tolomeo Filadelfo aveva fatto costruire sul Nilo, e il lusso spiegato dallo stesso re nel trionfo celebrato ad Alessandria e descrive (v, 196, 25-26; J. Overbeck, Schriftquellen, n. 1990) la tenda adorna di arazzi con riproduzioni di quadri celebri, il cui aspetto è stato richiamato a proposito della pittura pompeiana (dietro la testimonianza di Callisseno di Rodi, Fr. his. Gr., iii, 55 ss. e 58 ss.; Athen., v, 203 c ss. e 196 ss.); infine la nave, fatta costruire da Gerone di Siracusa con l'aiuto dell'architetto Archias di Corinto e di Archimede, la quale aveva come pavimentazione un mosaico formato da tante tavole i cui soggetti si ispiravano al ciclo dell'Iliade ed erano rappresentati in modo meraviglioso (ϑαυμασίως; v, 206 d ss.).
Scultura. - Gli scultori da lui ricordati non sono molti: di Prassitele (xiii, 591 ab) ricorda che ebbe come modella per la sua Afrodite di Cnido la etera Frine - quella stessa che riprodusse in una statua dorata dedicata a Delfi - e che aveva scolpito due statue, quella di Eros e quella del Satiro su una colonna di marmo del Pentelico, a lui tanto care; di Ktesikles (xiii, 6o6 a) rammenta che, secondo Adaios di Mitilene, sarebbe stato l'autore di quella statua di fanciulla a Samo di cui si innamorò Clisofo; di Theodoros di Samo (xii, 514 f) cita alcuni bassorilievi su di un cratere d'oro; di Lykios figlio di Mirone (xi, 486 cd), afferma, sulla base di Didimo, che i vasi λυκιουργεῖς erano opera sua; di Apelles (xi, 488 cd), che per primo avrebbe usato borchie dorate in alcuni tipi di vasi corinzî. E, in tema di vasi, si può qui ricordare l'immaginaria collezione attribuita ad un certo arcade Pytheas comprendente un centinaio di pezzi di varie epoche (xi, 465 d ss.; pur non essendo che una finzione letteraria, è un prezioso elenco delle varie denominazioni con riferimenti a testi letterari). A. cita, infine, varie statue senza indicarne gli artefici (di Alessandro a Coo, xv, 684 e; di Zenone, in bronzo, iv, 162 d; di Glicera a Rossos, in bronzo, xiii, 586 c; di Hera, di Tolomeo, dell'Aretè, ecc. nel sopra detto trionfo di Tolomeo Filadelfo, v, 201 cd; ecc.).
Rimangono infine numerosi monumenti e templi citati da A. nel corso dell'opera, per lo più incidentalmente, ad Efeso (templi ad Atena, ad Artemide, ad Apollo, viii, 361 e); a Siracusa (templi ad Artemide, xiv, 629 c; ad Asklepios, xv, 693 c; a Demetra, x, 416 bc; clipeo di Atena, xi, 462 c); ad Atene (Olympièion, v, 194 a; Accademia, Ginnasio, ecc. passim; ara delle Ninfe, ii, 38 c); a Capua (tempio ad Artemide, xi, 466 c); a Sicione (tempio ad Asklepios, viii, 351 ef), a Delo, a Delfi, ecc.
Indubbiamente i Dipnosophistae di A. sono una fonte importante non solo per la storia, ma anche per la storiografia dell'arte antica, tale, se non altro, da farci rimpiangere la perdita degli antichi trattati sulla pittura e la scultura di Polemone, di Adaios e di tanti altri che A. poté leggere o consultare.
Bibl.: Ediz.: J. Schweighäuser, Strasburgo 1801-1807 (14 voll.); G. Keibel, 1887-90 (3 voll; indici); W. Christ-W. Schmid-O. Staehlin, Gesch. der griech. Lit., II, 2, Monaco 1924, pp. 791-795; J. Overbeck, Die antiken Schriftquellen zur Gesch. der bildend. Künste bei den Griechen, Lipsia 1868, passim (sotto il nome dei singoli artisti); F. Studniczka, Das Symposion Ptolemaios II. nach der Beschreibung des Kallixeinos wiederhergestellt, in Abhandl. Sächs. Ges. Wiss., philol-hist. Kl., 1914; F. Caspari, Studien zu dem Kallixeinosfragment bei Athenaios V 197 c-203 b, in Hermes, XVIII, 1933, pp. 400-414; B. A. van Proosdij, Grieksche grafstele's Aphrodite met den bok, in Jaarbericht van het Voor-Aziatisch-Egyptisch Gezelschaap, VIII, 1942, pp. 621-623 (dea con capro = Afrodite; cfr. Athen. XV, 675 ss.).