Yilmaz, Atif (propr. Yilmaz Batibeki, Atif)
Regista, produttore e sceneggiatore turco, nato a Mersin il 9 dicembre 1926. Autore fecondo ed eclettico, con quasi centoventi film di successo Y. è l'emblema stesso del cinema turco, con i suoi pregi e le sue debolezze. Mostrando una sensibilità particolare nel ritrarre storie di donne forti e determinate, da oltre cinquant'anni sa dare forma alle inquietudini più sotterranee e invisibili di una società vitale, ma in conflitto permanente.
Mentre studiava a Istanbul giurisprudenza e arti figurative, dipingeva nel frattempo cartelloni pubblicitari per il cinema e lavorava come critico. Fece il suo apprendistato alla scuola di Semıh Evin, un regista minore degli anni Quaranta, e in breve divenne, al fianco di Lüfti Ömer Akad, il membro di punta della generazione dei cineasti attivi negli anni Cinquanta, alla ricerca di un linguaggio cinematografico autenticamente nazionale. A sua volta Y. sarebbe poi stato il maestro della generazione dei registi usciti dai movimenti anti-autoritari del Sessantotto e politicamente impegnati, come Yılmaz Güney, Ali Özgentürk, Şerif Gören e Zeki Ökten.
I suoi inizi furono contrassegnati da lavori commerciali: sanguigni melodrammi rurali, noir, commedie e salon filmi, cioè film di gusto dannunziano e ambientazione aristocratica e urbana, come Hıçkırık (1953, Il singhiozzo). Con il successivo Simal yildizi (1954, La stella del nord), film di cassetta sulla guerra di Corea, con sfoggio di star, Y. esaltò indirettamente la partecipazione turca al fianco degli Stati Uniti in un conflitto al quale era ideologicamente contrario, ma che portò Ankara nella Nato. Nel 1957 con Gelinin muradi (Il voto della sposa) si impose all'attenzione della critica per la leggerezza di tocco e l'intelligenza della notazione, doti che gli avevano permesso di evitare i cliché obbligatori del genere 'farsa di paese'. Da allora Y. si è sempre concesso, perfino affrontando generi codificati in modo ferreo come il dramma rurale (köy filmleri), molte libertà sia di forma sia di contenuto. Grazie alla sua capacità di sfruttare i romanzi alla moda e adattarsi criticamente ai cambiamenti nel costume e nella mentalità collettiva, divenne il cronista più attento (ma anche fortemente critico) della rapida evoluzione di un Paese che, da agricolo e sottosviluppato, avrebbe saputo costruire a tappe forzate una modernizzazione industriale non priva di eroismi ma anche di contraddizioni e lacerazioni devastanti. Furono gli anni del 'cinema personale' (Kumpanya, 1958, La troupe) e del sodalizio neorealista con Yılmaz Güney, prima attore e poi co-sceneggiatore di una trilogia di svolta, Bu vatanin çocukları (1958, Bambini di questa terra) Karacaoğlan'ın kara sedası (1958, L'amore folle di Karacaoğlan), Alageyik (1959, Il cervo rosso). Negli anni Sessanta lavorò prevalentemente in teatro, o nei musical d'evasione o nelle commedie demodé interpretate dalla diva Orhan Günşiray, realizzando per il cinema anonimi melodrammi e un patriottico elogio della nazionalizzazione del petrolio (Toprağın kanı, 1966, Il sangue della terra). Successivamente, quando in Turchia la censura e una dura repressione si accanirono contro il cinema politico mentre otteneva via libera il genere pornosoft (seks filmlerı furyası), Y. si impegnò in una serie di opere sempre più oblique rispetto ai drammi politici in atto, ma che sapevano cogliere il cambiamento dei tempi e soprattutto la fisionomia della nuova donna turca: Ah güzel İstanbul (1966, Ah la bella Istanbul), Adak (1979, Il sacrificio), che incontrò problemi di censura perché trattava di infanticidi commessi per fanatismo religioso, e Selvi boylum, al yazmalım (1977, Mia amata dalla sciarpa rossa). È poi venuta la stagione dei capolavori Mine (1982), Bir yudum sevgi (1984, Una goccia d'amore), Aaahh, Belinda! (1986, Oh, Belinda!), Adı Vasfıye (1985, Nome Vasfiye) e infine Berdel (1990).
I film di Y. non conoscono limiti di genere o filoni: anche se la sua specialità sono i mélo e le commedie eccentriche con protagoniste femminili (kadın filmleri), veri e propri atti d'accusa dell'arretratezza sociale e della schiavitù (economica e sessuale) delle donne turche impersonate dalle star più amate, da Hüseyin Peyda a Türkan Şoray, da Hale Soygazi a Müjde Ar. Le sue opere, spesso popolari melodrammi strappalacrime o allegre commedie musicali con molti numeri di danza, sono basate su meccanismi drammaturgici perfetti, che sanno mettere a fuoco, al momento giusto e sempre con arguzia, l'elemento principale da isolare rispetto a quello che succede intorno. Altra caratteristica del regista è la capacità di coinvolgere nei suoi progetti una quindicina di creativi fissi, tra pittori, scenografi, attori, scrittori e operatori entusiasti. Regista assai prolifico e di rapida esecuzione, Y. è anche autore passionale, capace di manovrare tastiere emozionali complesse, costruendo storie d'ogni tempo, genere e ambiente, dai toni e dai sottotoni anche conflittualmente umoristici, tragici, satirici, acidi, derisori, mélo e grotteschi.
Le cinéma turc, éd. M. Basutçu, Paris 1996, passim.