ATLANTE (῎Ατλας, Atlas)
Uno dei Titani che, secondo Omero (Odyss., i, 52), sostiene le colonne che separano la terra dal cielo. La rappresentazione più antica di A. è quella che Pausania ricorda nell'Arca di Cipselo (v, 18, 4): "A. sostiene sulle spalle, conformemente a quanto si racconta, cielo e terra e reca i pomi delle Esperidi. Chi sia l'uomo che con spada avanza verso A., non è particolarmente scritto sopra, ma è chiaro a tutti che è Eracle. Su di loro è scritto anche: quest'A. sostiene il cielo, i pomi li lascia". Nel Trono di Amicle (Paus., iii, 10, 8) il Titano assiste alla scena del ratto della sorella Taigete ad opera di Zeus; è tramandata pure la notizia di statue lignee in cedro rappresentanti A. con Eracle e le Esperidi, eseguite dagli scultori cretesi Theokles ed Hegylos (Paus., vi, 10, 5). Il serpente che s'innalzava dietro A. in tali raffigurazioni non sembra fosse un semplice ornamento o un sostegno, ma un'allusione al giardino delle Esperidi, come nell'anfora di Archemoros di Napoli. Il pittore Panainos, fratello di Fidia, nella decorazione degli ἐρύματα del trono di Zeus aveva rappresentato A., secondo Pausania (v, 11, 2), in atto di sostenere cielo e terra mentre Eracle stava per sostituirlo (G. Q. Giglioli, in Mem. Lincei, 1921, pp. 360 ss.). La prima rappresentazione figurata di A. che ci sia giunta sembra che sia quella di una tazza laconica del Vaticano, del Pittore di Arkesilas II, databile poco prima della metà del VI sec. a. C. con A., barbato, che piega le ginocchia sotto il peso di una massa rocciosa che ha sulle spalle; davanti a lui è Prometeo, altro Titano; l'accostamento, unico, di A. e Prometeo si è pensato che possa riferirsi alla Teogonia esiodea (vv. 517-525), dove i due Titani sono appunto descritti uno dopo l'altro. Qualche studioso ha anche proposto di riconoscere nella figura di sinistra Tantalo sul quale pende una grossa roccia, ed in tal caso l'altra figura sarebbe Tityos; ma la presenza dell'aquila che rode il fegato del personaggio di destra può far decidere per la prima esegesi.
Eracle ed Atlante appaiono su di una lèkythos a figure nere del Museo Naz. di Atene e databile poco prima del 480 a. C., dove A. è rappresentato mentre, con passo veloce, reca i pomi delle Esperidi ad Eracle, il quale ha deposto la clava ed è curvo sotto il peso della vòlta celeste. Allo stesso schema, per quanto lievemente più composto, si riporta la metopa del tempio di Zeus di Olimpia, dove, mentre Eracle sostiene il cielo, A. accorre da destra con in mano i pomi e protendendo le braccia. Eracle è qui rappresentato nello schema che sarà tipico della figura di A. laddove essa è impiegata come elemento architettonico: ha, cioè, la testa infossata fra le braccia piegate verso l'alto per sostenere la vòlta del cielo e porta sulle spalle un cuscino piegato secondo l'uso dei facchini. Da notare che Pausania (v, 10, 9) parla di A. che sta per liberarsi del suo carico, equivocando sui personaggi di questa scena. Della seconda metà del V sec. a. C. è uno specchio greco di New York, dove A. (barbato e con indosso una corta tunica) sta consegnando il peso del cielo, rappresentato da due linee orizzontali, ad Eracle imberbe; A. è qui rappresentato nello schema classico più diffuso, cioè con le braccia piegate verso l'alto, ed è visto di pieno prospetto, così come in un noto specchio di Vulci nel Vaticano, di poco posteriore, sul quale, però, il cielo è rappresentato in forma di massa ondulata. Alla base di tali raffigurazioni sembra già esserci un prototipo statuario, come indicano le forme imponenti e la successiva ripetizione dello stesso schema nell'architettura. Della seconda metà del V sec. a. C. è anche la scena secondaria di un vaso di Ruvo, ora nel Museo Naz. di Napoli, dove A. (barbato) è rappresentato rigidamente di prospetto, con le braccia piegate in alto e con accanto Eracle imberbe in riposo che accenna verso di lui. In un altro vaso di Ruvo, A. è visto invece di profilo, col braccio destro alzato per sostenere una sfera stellata ed il sinistro piegato sul fianco. Lo schema comincia a sciogliersi nell'ellenismo, allorché troviamo A. quasi inginocchiato sotto il peso di una sfera colle braccia tese addirittura in alto, sia nel tipo Farnese che in quello Albani. Nelle gemme è per lo più seguito quest'ultimo schema, mentre in un vaso àpulo A. è rappresentato in veste solenne seduto in trono e con lo scettro, richiamandosi così alla tradizione piuttosto tarda che ne faceva un sapiente re dell'Arcadia (Apollod., iii, 10, 1). Per l'evoluzione del tipo in architettura v. Telamone.
Monumenti considerati: tazza laconica del Vaticano: E. A. Lane, in Ann. Brit. Sch. Athens, xxxiv, 1933, pp. 140, 165; lèkythos a figure nere del museo di Atene: C. H. E. Haspels, Attic Black-figured Lekythoi, Parigi 1936, pp. 155, 256, n. 50, tavv. 47, 3; metopa del tempio di Zeus a Olimpia: G. Becatti, Il Maestro di Olimpia, Firenze 1943, tavv. 25, 75; specchio greco di New York: G. M. A. Richter, Bronzes Metropolitan Museum, New York 1916, p. 261, n. 760; specchio di Vulci nei Mus. Vaticani: Helbig-Amelung, Führer3, Lipsia 1912, i, 380, n. 686; vaso di Ruvo nel Museo Naz. di Napoli: E. Gerhard, Gesamm. Akad. Abhandl., Berlino 1866-68, 1, tavv. i e ii; secondo vaso di Ruvo: T. Wieseler, Denkmäler der alten Kunst, 1851, ii, p. 825; A. Farnese: Guida Ruesch, p. 169, n. 579; A. Albani: Helbig-Amelung, Führer3, ii, n. 1929; vaso àpulo con A. in trono: E. Gerhard, op. cit., i, p. 218, tav. xix.
Bibl.: A. Furtwängler, in Roscher, I, s. v. Atlas; E. Vinet, in Dict. ant., s. v.; K. Wernicke, in Pauly-Wissowa, s. v. Atlas; W. von Massow, in Ath. Mitt., XLI, 1916, pp. 68-69.