ATLANTE
. Geografia. - Col nome di atlante si suole indicare una raccolta sistematica di carte geografiche per consultazione e per studio. Tale nome fu introdotto per la prima volta alla fine del sec. XVI, e si divulgò soltanto nel secolo seguente; ma le raccolte cartografiche sono molto più antiche, anzi una ci è pervenuta sino dall'antichità classica, annessa all'opera geografica di Claudio Tolomeo. È peraltro assai dubbio se le carte che accompagnano i più antichi e autorevoli codici di quest'opera derivino, più o meno direttamente, da quelle disegnate da Tolomeo, ovvero non sian piuttosto carte ricostruite in base ai dati contenuti nel testo dell'opera tolemaica (v. tolomeo). Comunque, allorché nel sec. XV cominciò di nuovo a circolare largamente, in traduzione latina, la Geografia di Tolomeo, le si accompagnarono prestissimo anche le carte, riprodotte poi mediante incisioni su legno o metallo a corredo di tutte le edizioni stampate, a partire dalla seconda (Bologna 1477-80). Ma poiché le carte di Tolomeo, in numero di 27, non rappresentavano naturalmente che il mondo conosciuto dagli antichi, a esse si aggiunsero ben presto - nelle stesse edizioni della Gieografia tolemaica - delle tavole nuove rappresentanti sia i paesi nuovamente scoperti o esplorati (l'Africa meridionale, l'Asia centrale e orientale il Nuovo Mondo), sia anche paesi noti agli antichi, come l'Italia, la Gallia, ecc., ma che occorreva rappresentare nella loro fisionomia moderna. Queste tavole nuove crebbero a poco a poco di numero, a segno da superare le 27 tolemaiche, le quali si continuavano a riprodurre senza modificazioni, più che altro a sussidio degli studî antiquarî. Finalmente, tra il 1565 e il 1570, cominciarono ad essere messe in circolazione, a Venezia e a Roma, raccolte di tavole tutte moderne, con esclusione di quelle tolemaiche, conservando peraltro l'ordine della raccolta di Tolomeo. Una di queste raccolte, pubblicata a Roma dal Lafreri, è preceduta da un frontespizio che reca il titolo Tavole moderne di geografia raccolte et messe secondo l'ordine di Tolomeo ed è adornato dalla figura di Atlante che sostiene il mondo. Quasi contemporaneamente e indipendentemente, in Anversa vedeva la luce una raccolta più sistematica e ordinata di carte moderne, per opera del geografo fiammingo Abramo Oertel o Ortelio (v.) col titolo di Theatrum Orbis Terrarum (1570). Seguirono quella del De Jode con il titolo di Speculum Orbis Terrarum (1578) e poco dopo le più celebri raccolte di Gerardo Mercatore, riunite in un unico corpus di 106 carte solo dopo la sua morte (1594) col titolo Atlas, sive cosmographicae meditationes de fabrica mundi et fabricati figura (1595); tale titolo deriva dalla figura di Atlante, rappresentato nel frontespizio in atteggiamento di misurare il mondo. L'ispirazione è probabilmente derivata dal frontespizio della raccolta italiana.
Queste raccolte pubblicate nei Paesi Bassi godettero meritata fama ed ebbero molte edizioni successive, con numero sempre maggiore di carte e anche talora corredate da testo illustrativo in varie lingue; se ne fecero poi traduzioni e riduzioni in formato minore. L'Atlas di Mercatore, dopo la morte del figlio Rumoldo, passò in proprietà della famiglia Hondt (Hondius), che ne curò le edizioni posteriori fino alla decima (1628) e poi lo rinnovò interamente con il titolo di Atlas terrestre (1638; in tre volumi). Altri monumentali atlanti si pubblicarono peraltro durante il sec. XVII nei Paesi Bassi a cura degli stampatori Jansson e Bleaw; a Guglielmo e Giovanni Bleaw si deve forse la più vasta raccolta di carte dell'età moderna, apparsa circa il 1640 col titolo Geographia Blaviana o Theatrum Orbis Terrarum sive Atlas Novus e successivamente accresciutasi fino a comprendere 500 carte in undici volumi in folio. Accanto a essa circolavano poi svariate edizioni minori. Altre raccolte pubblicavano le officine cartografiche dei De Wit, dei Visscher e di altri ad Amsterdam. La Francia in questo stesso periodo ebbe i notevoli atlanti di Nicola Sanson, che continuarono a circolare anche dopo la morte di lui (Atlas Nouveau, 1692); l'Italia ebbe il Mercurio Geografico, pubblicato dall'Officina cartografica dei De Rossi a Roma e contenente carte del geografo italiano G. Cantelli, e dei francesi Sanson, Baudrand, ecc.; poi l'Hercules Siculus di G. Battista Nicolosi (1671) e, negli ultimi anni del secolo, il più noto e voluminoso Atlante Veneto e altre raccolte del padre Vincenzo Coronelli (v.).
Nel sec. XVIII dominano, in Germania, gli atlanti del Seutter (Atlas Novus sive tabulae geographicae totius orbis, circa 1730) e oprattutto quelli pubblicatì da J. B. Homann, che dal 1710 impiantò a Norimberga un'officina cartografica rinomatissima, continuata dai suoi eredi. In Austria vide la luce l'Allgemeiner grosser Atlas di F. A. Schraembl (1786-1800). Maggior valore hanno tuttavia le raccolte cartografiche del francese Guglielmo Delisle (Atlas Nouveau contenant toutes les parties du monde, 1733), di cui si ebbero anche edizioni italiane (Atlante Novissimo, Venezia 1750), quelle del suo successore G. B. D'Anville (Atlas Général dal 1727 in poi), e anche l'Atlas Universel di Roberto de Vaugondy (1757); in Italia si ebbero l'Atlas universel dressé sur les meilleures cartes modernes di P. Santini (Venezia 1776; 2 volumi) e l'Atlante Novissimo pubblicato da A. Zatta, in 4 volumi (1779-85), pregevoli più per la bontà dell'esecuzione che per l'originalità delle carte, le quali imitano quasi sempre modelli francesi. Migliore è il Nuovo Atlante geografico universale delineato sulle ultime osservazioni di G. M. Cassini in 3 volumi (Roma 1792-1801).
Nel secolo XIX la preparazione degli atlanti acquista sempre più il carattere di una revisione critica di tutto il materiale cartografico, che per i paesi civili risale sempre più largamente ai rilievi topografici, mentre per i paesi meno conosciuti implica una rigorosa e faticosa elaborazione di carte parziali, itinerarî, ecc. Uno stabilimento specializzato e una scuola cartografica sorsero a Gotha nell'officina di Giusto Perthes al principio del secolo; e frutto principale ne fu l'atlante, iniziato nel 1817 da Adolfo Stieler (v.), apparso nella prima edizione nel 1823 e divenuto poi famoso in tutto il mondo per la sagace cooperazione di uno stuolo di geografi, cartografi e anche di disegnatori e incisori di prim'ordine, riuniti nel celebre stabilimento di Gotha; accresciutosi di mole nelle successive edizioni, l'atlante ha potuto presentarsi in una nuova veste dopo la guerra mondiale nell'edizione centenaria (decima; 1925). Nel 1881 apparve a Lipsia l'Allgemeiner Handatlas dell'Andree, favorevolmente accolto e rapidamente accresciutosi nelle successive edizioni, fino a quella postbellica del 1928 (6ª) in 224 carte. Nel 1894 vide la luce, pure a Lipsia, nello stabilimento cartografico di Wagner e Debes, il terzo dei grandi atlanti moderni tedeschi, il Neuer Handatlas di E. Debes, eccellente così per fondamenti scientifici, come per esecuzione tecnica.
L' Inghilterra è rimasta molto indietro nel campo degli atlanti. Il Royal Atlas dello Johnston, pubblicato a Londra nel 1855, ebbe parecchie ristampe, non sufficientemente rinnovate; l'Imperial Atlas del Philips (1890) lascia anch'esso a desiderare, specialmente per la rappresentazione dell'orografia. Migliori sono i prodotti dello stabilimento cartografico Bartholomew di Edimburgo; ad esso tra l'altro si deve un Times Atlas (112 carte), pubblicato dopo la guerra mondiale, e parecchi buoni atlanti speciali.
In Francia una grande impresa di questo genere fu iniziata nel 1877 a cura di L. Vivien de Saint-Martin; è l'Atlas Universel in 90 carte, che si segnala per l'accuratissima esecuzione; ma, condotto innanzi lentissimamente (da Fr. Schrader, dopo la morte del Vivien de Saint-Martin), esso fu compiuto solo nel 1912, quando le prime carte erano già molto invecchiate; se ne ha una nuova edizione pubblicata dopo la guerra mondiale, ma inferiore alla prima per esecuzione tecnica, e non compiutamente rimodernata.
L'Italia si è cominciata ad affermare onorevolmente nel campo degli atlanti moderni, con l'Atlante di Geografia Moderna curato da Giuseppe Dalla Vedova (1890-1901), purtroppo rimasto incompleto. Dopo la guerra apparve il Grande Atlante dell'Istituto geografico De Agostini di Novara (1ª ed. 1922 in 102 carte, 3ª ed. 1927 in 147 carte), poi l'Atlante Internazionale del Touring Club Italiano, in 170 tavole (1927; 3ª edizione 1929), che, diretto da L. V. Bertarelli e da O. Marinelli, può essere considerato come la più grande opera di questo genere apparsa nel sec. XX e ha assicurato al nostro paese un primato non facilmente superabile.
Il nome atlante è rimasto anche a raccolte di carte in sussidio degli studî storici e antiquarî, alcune delle quali datano pure dal sec. XVI e talora si accompagnano, come complemento, agli atlanti moderni (così il Parergon annesso al Theatrum Orbis Terrarum dell'Ortelio); il sec. XIX ne ha vedute di notevoli soprattutto in Germania (Kiepert, Spruner, Menke, Sieglin). Il sec. XIX ha veduto poi altri atlanti speciali, p. es. per lo studio della geografia fisica (massimo tra essi il Physikalischer Handatlas di E. Berghaus; 3ª ed., Gotha 1886-92, in 75 carte), come per lo studio della geografia economica; e ancora atlanti nautici, militari, ecc.
Bibl.: A List of Geographical Atlases in the Library of Congress, compilato sotto la direzione di Filippo Lee Phillips, Washington 1909-1920, voll. 4. Quest'opera contiene l'elenco di 5234 Atlanti dal sec. XVI ai giorni nostri, posseduti dalla Library of Congress di Washington; per molti tra essi, specialmente dei maggiori, è dato anche l'elenco delle carte.
Atlante celeste.
Si designano col nome di atlanti celesti le raccolte di carte riproducenti regioni più o meno estese del cielo, con la posizione e grandezza delle stelle, delle nebulose, degli ammassi stellari, ecc. A seconda dello scopo al quale sono destinati, vengono usati particolari e appropriati sistemi di proiezione analoghi a quelli delle carte geografiche. Gli atlanti più diffusi sono quelli che dànno un quadro delle configurazioni stellari visibili a occhio nudo o con piccoli strumenti, e permettono l'identificazione delle stelle più brillanti. Altri, destinati alla ricerca dei pianetini, delle comete, delle stelle doppie o variabili, rappresentano porzioni limitate del cielo con l'indicazione delle stelle visibili anche con mezzi di discreta potenza. Un terzo tipo di atlante è quello che comprende carte destinate a facilitare ricerche particolari (p. es., lo studio di stelle variabili): le carte rappresentano allora regioni limitatissime del cielo.
L'atlante più antico è l'Uranometria Nova di Bayer, che venne pubblicato nel 1603, e dove per la prima volta vennero designate le stelle delle singole costellazioni con le lettere dell'alfabeto greco. Seguirono poi gli atlanti del padre agostiniano J. Schiller, Coelum stellatum christianum, 1627; di G. Heveliom Firmamentum Sobiescianum, Danzica (Gedanum) 1690; di G. Flamsteed, Atlas coelestis Flamstedii, Londra 1729; di J. E. Bode, Représentation des astres, 2ª ed., Berlino 1805, ecc. Fra gli atlanti moderni del primo tipo vanno citati: F. Argelander, Uranonetria nova, Berlino 1843; B. A. Gould. Uranometria argentina, Buenos Aires 1879; Heiss, Neiter Himmelsatlas, 1872; H. J. Klein, Sternatlas, Lipsia 1888; Schurig-Götz, Tabulae caelestes, Lipsia 1916; D. Stuker, Sternatlas, Stoccarda 1926. Fra quelli del secondo gruppo vanno ricordati: Harding, Atlas novus coelestis, 1822; F. Argelander, Atlas des nördlichen gestirnten Himmel, Bonn 1857; E. Schönfeld, Atlas der Himmelszone zwischen 1° und 23° südl. Declination, Bonn 1887; J. M. Thome, Atlas de todas las estrellas ecc.., 1893. Nel terzo gruppo infine va ricordato l'Atlas stellarum variabilium (1889-1908), del padre gesuita J. Hagen. Anche in Italia venne compilato un atlante degno di menzione: quello edito dalla R. Accademia delle Scienze di Torino nel 1882, per cura dell'ing. A. Dorna.
Atlanti nautici.
Gli atlanti nautici sono raccolte di carte marine sulle quali sono tracciate le rotte principali da seguirsi fra i porti principali, da piroscafi e velieri, in varie direzioni, secondo i paraggi e le stazioni. Lo scopo degli atlanti nautici (dei quali i più antichi risalgono già al sec. XVI) è di facilitare ai naviganti la determinazione della migliore rotta da seguire in relazione ai venti e alle correnti dominanti in dati paraggi. In America vengono pubblicate mensilmente, a cura dell'ufficio centrale di meteorologia di Washington, carte pilota, note col none di pilot-charts, le quali forniscono con segni grafici tutte le notizie relative alla navigazione nell'Atlantico e nel Pacifico settentrionale in base alle relazioni pervenute a detto ufficio il mese precedente e cioè: la posizione dei ghiacci galleggianti, i limiti degli alisei, i venti dominanti per ogni cinque gradi di latitudine e longitudine, le correnti dominanti, le calme, le tracce di cicloni, le regioni delle nebbie e così via.