Atleta
Il termine, da ἀθλητής, derivato di ἆθλον, "gara", si riferisce a chi pratica un qualsiasi sport a livello agonistico. La prestazione e il comportamento dell'atleta costituiscono un caso particolare dell'agire sociale quale risultante dell'interazione di più componenti: sistema socioculturale, personalità, organismo e ambiente. Condizione essenziale perché nella società attuale l'atleta possa mantenere il ruolo di modello positivo è l'equilibrio tra il desiderio di successo e i valori dell'etica sportiva.
L'immagine dell'atleta classico, che incarna il principio aristocratico della καλοκἀγαθία, l'unione di perfezione fisica e nobiltà d'animo, ha influenzato in maniera determinante, attraverso il recupero della cultura classica del Rinascimento, l'ideale educativo tanto europeo che nordamericano. A questo modello si rifece il barone P. de Coubertin, convinto assertore di una riforma della pedagogia in Francia che avesse a fondamento la pratica sportiva quale via di perfezionamento fisico, morale e spirituale. La rifondazione dei Giochi olimpici nel 1896 su scala internazionale, da lui promossa, ebbe il fine di realizzare questo ideale pedagogico, sostituendo al legame cultuale dell'atleta antico una moderna religio athletae. Ulteriori contrassegni dello spirito olimpionico secondo de Coubertin (1935) sarebbero lo sforzo di conseguire il massimo risultato in condizioni di perfetta parità; la reciproca 'cavalleria' tra i concorrenti; la 'tregua', cioè la cessazione di ogni ostilità durante lo svolgimento dei Giochi; l'intreccio di forza muscolare, spirito e bellezza; l'orgoglio di 'onorare la patria' e, al tempo stesso, il rispetto degli altri popoli. La religio athletae, che potrebbe configurarsi come una sorta di religione 'secolarizzata' che legherebbe i suoi seguaci a valori morali, non è in realtà consapevolmente vissuta dagli atleti. Ma è indubitabile che alcuni dei valori formulati da de Coubertin, come per es. l'impegno al massimo risultato e il rispetto di norme nel conseguimento di esso, costituiscono elementi fondamentali delle aspettative di ruolo degli atleti.
La prestazione sportiva dell'atleta rappresenta un caso particolare dell'agire sociale e può quindi essere vista, per esprimersi nei termini di T. Parsons, come esito dell'interazione di sistema culturale, struttura sociale, personalità e organismo. Questi sottosistemi dell'agire stanno reciprocamente nella doppia relazione gerarchica di subordinazione e controllo e sono inseriti in un ambiente fisico (lo spazio sportivo naturale e costruito). Le culture che danno preminenza al valore di 'realizzazione' rispetto a quello di 'attribuzione' trovano nello sport agonistico uno spazio assai adatto per pubblicizzare e rappresentare simbolicamente la validità del loro principio di stratificazione sociale. Uno studio di P. Seppänen (1972), basato sull'analisi dei risultati dei Giochi olimpici dal 1896 al 1968 e volto a evidenziare l'influsso dei sistemi culturali sul conseguimento di vittorie, nota come i paesi protestanti in quei decenni si siano dimostrati da tre a quattro volte più vittoriosi di quelli cattolici, mentre il successo dei paesi cattolici è stato considerevolmente più alto di quello dei paesi ortodossi e islamici. La spiegazione sarebbe per Seppänen da ricercare nell'atteggiamento di 'ascesi intramondana', incoraggiata soprattutto dal puritanesimo e intesa come impegno di fare del mondo, mediante un lavoro professionale duro e votato al sacrificio, lo strumento della 'potenza divina'. Un influsso ancora più marcato da parte di un sistema culturale, in questo caso la filosofia sociale di indirizzo ateista, si ravvisa, secondo Seppänen, nei risultati positivi conseguiti dai paesi socialisti a partire dal 1960.
A una diversa interpretazione conduce lo studio di A.D. Novikov e M. Maksimenko (1972), per i quali i fattori in grado di influenzare i risultati sportivi sarebbero di natura prettamente socioeconomica (reddito pro capite, contenuto calorico della nutrizione su scala nazionale, speranza di vita alla nascita, tasso di scolarizzazione, densità di popolazione). Questi fattori sono però soltanto risorse utilizzate nello sport in maniera diversa. Quale quota del reddito nazionale venga investita nello sport agonistico, in quale misura gli atleti si nutrano in modo ottimale, come le infrastrutture sanitarie di una regione favoriscano gli atleti, quanto sicuri e affidabili siano i filtri della scoperta dei talenti di una regione, sono fattori che è impossibile spiegare basandosi esclusivamente sui rapporti socioeconomici.
Se nelle società primitive i capi rappresentavano l'integrità e la prosperità del loro popolo, oggi possiamo dire che gli atleti di successo adempiono quasi allo stesso compito, quello di dare un'immagine di potenza e superiorità. Tuttavia, della fama dei primatisti non beneficiano soltanto i governanti dei loro paesi, ma anche gli sponsor economici. Entrambi possono auspicare un incremento delle infrastrutture sportive per dare alle proprie istituzioni un segno fortemente positivo. Nella stessa ottica va considerata la promozione sempre crescente dei processi di identificazione degli spettatori con gli atleti da parte dei mezzi di comunicazione di massa, che dai concorrenti non si aspettano soltanto azioni sportive ricche di tensione, ma anche un modo di presentarsi adeguato.
La struttura sociale rappresenta un fattore determinante per il successo sportivo. Costrizioni possono venire dal fatto che in molti paesi alcune discipline sportive sono spesso inaccessibili a determinati gruppi sociali, e ciò comporta l'esclusione anche di persone dotate di grandi potenzialità atletiche. In generale è stato osservato che, soprattutto in alcuni sport, gli atleti provengono tendenzialmente da famiglie di livello elevato e con capacità di reddito superiore alla media. Le ristrettezze economiche e i limiti nel disporre del proprio tempo spiegano la scarsa presenza degli strati sociali più bassi nello sport agonistico. La famiglia ha comunque una grande importanza nella trasmissione della motivazione sportiva: l'orientamento della classe media al principio della 'ricompensa differita' si conforma assai bene al tipo di preparazione richiesto dallo sport agonistico. Deve essere tenuto presente infine che i rischi connessi allo sport agonistico consentono soltanto a pochi un'ascesa sociale duratura, trattandosi invece spesso di uno status assai fragile.
Interviste con atleti e l'osservazione di un numero consistente di situazioni agonistiche hanno evidenziato che la causa cui va imputato il successo o l'insuccesso è spesso strettamente correlata con le strategie di crescita e di difesa dell'Io (Carron 1980). È comune la tendenza ad attribuire il successo a fattori interni (capacità e sforzo) e l'insuccesso a fattori legati a condizioni esterne (difficoltà del compito, superiorità dell'avversario, sfortuna). Gli atleti in cui si riscontra una motivazione molto forte mostrano in generale un accentuato sentimento d'orgoglio se, nonostante capacità limitate, raggiungono un risultato eccellente e, al contrario, uno spiccato senso di colpa se, nonostante la presenza di capacità superiori alla media, non hanno successo. Dal bilancio che l'atleta trae dei successi e insuccessi personali, misurati anche in termini di corrispondenza del riconoscimento sociale alle proprie aspettative, dipende in genere l'interruzione delle carriere agonistiche, soprattutto tra i giovani, per i quali è stata ripetutamente messa in evidenza una forte correlazione tra impegno sportivo e apprezzamento sociale. Comunque è stato osservato che l'abbandono dello sport agonistico da parte dei giovani è spesso motivato non dalla sensazione di aver raggiunto i limiti del rendimento, ma da un mutamento della propria scala di valori, che porta a ridimensionare l'importanza dello sport rispetto ad altri interessi.
In varie occasioni si è cercato di mettere a punto, con l'aiuto di test della personalità, un 'profilo' psicologico dell'atleta di successo, da tener presente nella ricerca dei talenti, ma si è trattato sempre di tentativi infruttuosi. I risultati di numerosi studi in proposito, riferiti da R. Singer (1986), sono infatti così fragili che affermazioni generali sulla 'personalità degli sportivi', anche se ci si limita allo sport da primato o a una determinata fascia di età, non sembrano realistiche: lo sportivo viene talora descritto come una personalità sana, volitiva, dotata di grande capacità di adattamento, di forte vitalità e facilità al contatto umano, talaltra come un soggetto introverso con tratti ipocondriaci e nevrotici, o infine come un individuo del tutto 'normale', con caratteristiche conformi alla media. Anche volendo operare una distinzione tra sport di squadra e sport individuali, tra specialità e discipline, non sembrerebbero possibili generalizzazioni; l'unico aspetto condivisibile è nel riconoscimento di un nesso tra il ruolo dei giocatori all'interno della squadra e i tratti della personalità, per cui gli attaccanti sarebbero più amanti del rischio, più impulsivi, più aggressivi ed emozionalmente instabili dei giocatori attivi in altri ruoli. Anche il modo in cui simpatia e antipatia tra i membri di una squadra possono influire sulla prestazione dell'intero gruppo è stato oggetto di indagine. Pure in questo caso i risultati non sono univoci, ma sembrerebbe che nelle discipline in cui gli atleti sono impegnati nello stesso movimento (per es. il canottaggio) il rendimento massimo è raggiungibile anche in presenza di conflitti interni, mentre l'esistenza di questi pregiudica il successo negli sport che prevedono un gioco di squadra; la coesione interna può essere riguadagnata in occasione di competizioni importanti o di fronte a un avversario molto forte, ed è comunque influenzata dalla vittoria o dalla sconfitta della squadra.
È evidente che nello sport il corpo, che in altri sottosistemi sociali ha perso significato, continua ad avere un ruolo centrale. Dalla specializzazione ed esagerazione sempre più marcate dell'agonismo nasce l'esigenza di selezionare corpi 'adeguati' (Bette 1989): così, per es., i giocatori di basket di alto livello non sono di regola di bassa statura, le lanciatrici del peso non sono ragazze minute. A seconda delle varie discipline poi assume un'importanza preminente il fattore età. Nello sport agonistico dei bambini il corpo viene rigorosamente messo a profitto grazie a faticose misure d'addestramento e all'allenamento a complicate serie di esercizi cui il corpo degli adulti non può più adattarsi. In molti casi, anche con l'ausilio di medici specialisti, vengono presi provvedimenti atti a rimuovere resistenze fisiche che risultano d'ostacolo al realizzarsi dell'aspettativa agonistica e non di rado gli atleti, pur di conseguire il successo, mettono in conto futuri danni fisici e difficoltà di ordine sociale. Nonostante lo sport agonistico implichi questi sviluppi negativi, il fisico dell'atleta rimane un'immagine di bellezza ideale, soprattutto per i giovani, e va collegata a questo atteggiamento la diffusa ricerca di apparire 'sportivi', ricerca che si risolve per chi non ha un fisico allenato nell'adozione, del tutto esteriore, dell'abbigliamento tipico di chi fa sport.Presupposto dello sviluppo dell'attività agonistica è infine la disponibilità di uno spazio adeguato, costituito da architetture specifiche (stadi, palestre, piscine, campi sportivi ecc.) o da ambienti naturali più o meno modificati per servire allo scopo. Molto spesso, soprattutto per gli sport invernali, si sono apportate all'ambiente massicce alterazioni, assolutamente in conflitto con le esigenze dell'ecologia. Un caso estremo è costituito da un impianto finlandese, in cui la concentrazione di anidride carbonica viene artificialmente corretta per conformarla a quella dell'aria alpina, favorendo così l'allenamento degli sciatori a bassa quota.
La valutazione del rendimento sportivo, che mira a raggiungere una graduatoria dei contendenti, favorisce quella correttezza che consiste nel riconoscere l'avversario come partner dotato degli stessi diritti, indipendentemente dalle sue capacità sportive. Il postulato di correttezza e le modificazioni del regolamento delle singole discipline sono alla base della 'morale ufficiale' dello sport agonistico. In contrasto con questa si è però sviluppata una 'morale sotterranea' in cui il doping, l'azione ingannevole o fraudolenta rappresentano forme di un''illegalità utilizzabile' perché consentono di conseguire la vittoria. Nonostante la responsabilità dell'agire deviante sia di norma ascritta al desiderio di vittoria dell'atleta, in effetti è l'interazione dei quattro sistemi sopra citati (cultura, struttura sociale, personalità e organismo) che influenza complessivamente il comportamento sportivo corretto o scorretto. Lo sport agonistico riflette nella società moderna i valori delle istituzioni dominanti e ne interpreta l'esigenza di offrire un'immagine efficace e immediata di dinamismo. In tal modo sport agonistico, economia politica e mass media costituiscono un sodalizio di interessi convergenti, volto al successo dell'atleta, cui si tende a imporre dall'esterno - dai media, dall'opinione pubblica, dai rappresentanti della politica e, talvolta, dalle istituzioni sportive - sia una funzione politica, sia un ruolo rappresentativo. Inoltre, la competitività sempre crescente fa sì che il successo nello sport sia inteso come un evento eccezionale, che richiede investimenti sempre maggiori da parte delle istituzioni (queste mettono a disposizione dell'atleta una molteplicità di servizi idonei a favorirne il rendimento, in cambio di prestazioni vincenti) e uno stile di vita totalmente subordinato al conseguimento del successo. Questo impegno totale, al quale vengono spesso sacrificati per mancanza di tempo i rapporti con il resto della compagine sociale, genera nell'atleta un desiderio di gratificazione la cui soddisfazione è resa incerta dalla presenza di rivali con pari preparazione professionale. È su questa base, quando nella convinzione dominante l'unico imperativo è vincere, che si può innescare la disponibilità a usare mezzi illeciti pur di ottenere la vittoria; la paura di essere scoperti fra l'altro conta meno del timore della sconfitta, né vale il pericolo che può essere arrecato alla salute dall'uso di sostanze capaci di potenziare il rendimento ma con dubbi effetti collaterali.
Le considerazioni presentate finora mostrano che tanto il rendimento sportivo quanto il comportamento, corretto o meno, degli atleti sono dovuti a influenze culturali, sociostrutturali, personali, organiche e ambientali. Se la scienza dello sport ha compiuto e compie continuamente progressi nella ricerca di fattori che possano aumentare il rendimento sportivo, non sempre altrettanta attenzione è stata prestata alla qualificazione morale degli atleti. Tuttavia, nel futuro l'atleta potrà continuare a mantenere il suo ruolo solo se il desiderio esclusivo di successo sarà bilanciato dal rafforzamento dei valori fondamentali dell'etica sportiva, quali la correttezza nei confronti dell'avversario e il rispetto per il proprio corpo e per lo spazio naturale che ospita lo sport.
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