Atletica
Atletica leggera
I tratti salienti dell'a. leggera all'inizio del 21° sec. riguardano principalmente la notevole quantità di incontri internazionali ad alto livello e il problema della lotta al doping (v.). La Federazione internazionale di a. leggera (IAAF, International Association of Athletics Federations) è tra quelle che prevedono in questo senso le regole più severe, sia attraverso lo stanziamento di mezzi economici adeguati per l'attuazione del programma antidoping, sia mediante la definizione accurata di che cosa si intenda per doping (le sostanze proibite ma anche le tecniche illecite), sia infine grazie all'opera di responsabilizzazione degli atleti.
La comprensibilità, anche per i meno esperti, delle prove principali, la semplicità dei movimenti essenziali (correre, saltare, lanciare oggetti sono gesti naturali nell'essere umano) e la mentalità manageriale di alcuni dirigenti degli anni passati hanno favorito la crescita delle occasioni agonistiche di prestigio: gli atleti hanno tratto stimoli e fama dai momenti di confronto, sempre più numerosi, mentre in passato i migliori si fronteggiavano quasi esclusivamente ai Giochi olimpici. I campionati del mondo in particolare offrono l'opportunità di ottenere eventuali rivincite rispetto ai risultati ottenuti nelle Olimpiadi (v.) precedenti e di preparazione in vista di quelle successive.
Le Olimpiadi del 2000
Alle Olimpiadi del 2000 svoltesi a Sydney, in Australia (nazione che può contare su un altissimo numero di sportivi praticanti e su un pubblico entusiasta e competente), le prestazioni dell'a. leggera non fecero registrare alcun record mondiale, fatto piuttosto inconsueto in una Olimpiade, che venne variamente interpretato. Furono chiamati in causa l'aspetto climatico, il livellamento delle prestazioni e soprattutto l'effettiva circoscrizione del fenomeno doping, dovuta anche all'introduzione dei controlli incrociati sangue-urine. L'a. tuttavia regalò a Sydney alcune storie suggestive, a cominciare da quella di C. Freeman, velocista non a caso scelta come ultimo tedoforo. Australiana aborigena dall'infanzia difficile, divenne ben presto il simbolo dell'integrazione razziale e dello sport come momento di fratellanza tra popoli e culture, e i mezzi di comunicazione le dedicarono ampio spazio. Da atleta di valore quale era, la Freeman si aggiudicò, dieci giorni dopo, la medaglia d'oro sui 400 m piani, in una gara peraltro difficile e incerta, riuscendo così a vincere il suo primo titolo olimpico.
Diversa ma avvincente l'avventura a Sydney della statunitense M. Jones, che fu la prima donna a conseguire cinque medaglie nel corso della stessa edizione delle Olimpiadi. Si impose abbastanza facilmente nei 100 e nei 200 m, aggiudicandosi in seguito il bronzo nel salto in lungo e nella staffetta 4×100 m, per poi vincere, ancora con la squadra del suo Paese, la staffetta 4×400 m. Altra importante prestazione fu quella della velocista giamaicana M. Ottey, che conquistò l'argento nella staffetta 4××100 m a 40 anni, l'età più avanzata di una vincitrice di medaglia olimpica in atletica. A Sydney, in quelle che furono definite Olimpiadi al femminile proprio per le numerose presenze e le notevoli prestazioni delle donne, fu assegnata anche la prima medaglia vinta nell'a. da una rappresentante dello Srī Laṅkā, S. Jayasinghe (bronzo nei 200 m).
In ambito maschile va ricordato il ceco J. Ûeleznì, che vinse a 35 anni il suo terzo oro consecutivo, impresa mai riuscita prima a un giavellottista. Appassionante fu anche la vittoria nei 10.000 m dell'etiope H. Gebrselassie, che sconfisse ancora, e questa volta per meno di un decimo di secondo, il suo avversario di sempre, il keniota P. Tergat. Notevole fu anche la gara dei 100 m, con il vento contrario, che vide l'affermazione di M. Greene con il tempo di 9,87".
Il bilancio non fu particolarmente brillante per gli atleti italiani in quanto si aggiudicarono complessivamente solo due medaglie d'argento. A vincerle furono rispettivamente N. Vizzoni nel lancio del martello che, con un'affermazione inattesa a 79,64 m, si classificò dietro al polacco S. Ziólkowski, vincitore con 80,02 m, e l'atleta inglese di origine giamaicana, naturalizzata italiana, F. May nel salto in lungo, nella gara che vide la tedesca H. Drechsler aggiudicarsi la medaglia d'oro e M. Jones quella di bronzo.
I campionati mondiali del 2001 e del 2003
Anche nei successivi campionati mondiali, che vennero disputati a Edmonton (Canada) dal 3 al 12 agosto 2001, non si registrarono nuovi primati, ma la rassegna ottenne comunque seguito e notevole successo di pubblico. Nel corso delle giornate di gara destarono una certa sorpresa le contemporanee sconfitte, nelle rispettive specialità, di tre atleti molto quotati, il cubano J. Sotomayor, solo quarto nel salto in alto (dove vinse il tedesco M. Buss), l'etiope Gebrselassie, che fu terzo nei 10.000 m (vinti dal keniota Ch. Kamathi) e soprattutto M. Jones, sconfitta nei 100 m, sia pure per soli tre centesimi, dall'ucraina J. Pintusevich. La velocista statunitense si riscattò pochi giorni dopo vincendo l'oro nei 200 m e conquistando così il suo primo titolo mondiale su tale distanza. L'Italia in questa occasione si aggiudicò quattro medaglie: due di bronzo (con E. Perrone nella 20 km di marcia donne e S. Baldini nella maratona), una d'argento (nei 400 m ostacoli con F. Mori, che pure aveva migliorato il tempo con cui era diventato campione mondiale due anni prima a Siviglia) e soprattutto l'oro di F. May nel salto in lungo, con 7,02 m.
I campionati mondiali del 2003 si svolsero in Francia (Stade de France di Saint-Denis, Parigi), dal 23 al 31 agosto. Anche questo evento fu di vasta portata sia tecnica sia mediatica: 210 Paesi e 2000 atleti partecipanti, 24 prove maschili e 22 femminili, 3000 ore di diffusione televisiva nel mondo. Il bilancio fu di 20 medaglie per gli Stati Uniti, 19 per la Russia, 7 per l'Etiopia e la Bielorussia. Furono due i primati del mondo stabiliti in questa occasione, quello dell'ecuadoriano J. Pérez nei 20 km di marcia (1h17'21") e quello del polacco R. Korzeniowski nei 50 km (3h36'03"); quest'ultimo atleta aggiungeva così l'ennesimo successo a una serie personale già molto prestigiosa, avendo vinto in questa specialità le Olimpiadi di Atlanta (1996), i campionati mondiali di Atene (1997), le Olimpiadi di Sydney (2000) e i campionati mondiali di Edmonton del 2001.
Tra gli altri risultati da ricordare emerge in primo luogo il dominio dell'Etiopia nelle gare dei 10.000 m, con due atlete nei primi due posti nella finale femminile (B. Adere e W. Kidane), e tre atleti nei primi tre in quella maschile (molti si aspettavano la quinta vittoria iridata in questa prova di Gebrselassie, superato invece da K. Bekele, mentre terzo si classificava S. Sihine).
L'Italia conquistò tre medaglie: due di bronzo, con S. Baldini nella maratona e M. Martinez (atleta cubana, naturalizzata italiana) nel salto triplo (14,90 m, nuovo primato italiano), ma soprattutto una d'oro nel salto con l'asta, vinta da Gibilisco dopo una gara emozionante, in cui l'atleta ritoccò per ben due volte il record italiano portandolo a 5,90 m. F. May, tornata alle gare dopo un lungo periodo di lontananza dovuto alla nascita della sua bambina, nella finale del salto in lungo non andò oltre un modesto nono posto.
Di Parigi 2003 va ricordata anche la presenza di L. Azimi (prima donna afghana a partecipare a un campionato mondiale) che assunse forti significati simbolici anche se la prova nei 100 m dell'atleta, che in quel periodo si allenava una volta alla settimana in una piccola palestra, risultò comprensibilmente modesta.
Non mancarono le polemiche, in particolare sulla nuova e discussa regola concernente la fase di inizio delle gare di velocità pura (secondo cui dopo una prima falsa partenza chiunque scatti con una reazione inferiore ai 100 millesimi di secondo viene direttamente squalificato, anche se non è l'atleta autore della prima violazione); e non mancarono neppure casi di positività all'antidoping, alcuni dei quali emersi dopo il termine della manifestazione. Tra questi vanno annoverate le vicende dello statunitense C. Harrison, frazionista della vincente staffetta 4×400 m, risultato positivo al modafinil (molecola usata in medicina contro la narcolessia e per particolari pazienti parkinsoniani), e di K. White, campionessa iridata di 100 e 200 m.
Le Olimpiadi del 2004
Le Olimpiadi di Atene del 2004 si sono aperte in modo negativo, all'insegna di fondati sospetti di doping. Il velocista greco K. Kenteris, scelto come ultimo tedoforo, all'ultimo momento non ha infatti partecipato alla cerimonia di apertura né alle gare, adducendo motivazioni poco chiare e dando la sensazione di volersi sottrarre ai controlli antidoping.
Fortunatamente numerosi sono stati anche gli episodi positivi: l'inglese K. Holmes ha vinto a 34 anni sia la finale degli 800 m, sia quella dei 1500 m; il marciatore polacco R. Korzeniowski ha confermato la sua supremazia ormai pluriennale trionfando nella 50 km; la velocista M. Ottey ha disputato ad Atene la sua settima Olimpiade, pur non conseguendo risultati brillanti nei 100 m e nei 200 m.
La Cina, seconda dopo gli Stati Uniti per numero di medaglie vinte, ha proposto numerosi atleti di buon livello, tra cui Huina Xing (prima nei 10.000 m davanti a tre atlete etiopi), e Xiang Liu, che vincendo i 110 m ostacoli ha conquistato il primo oro olimpico cinese nella storia dell'atletica maschile. In questa occasione Xiang Liu ha anche eguagliato il record del mondo della specialità (12,91") stabilito dall'inglese C. Jackson a Stoccarda nel 1993. Un altro primato del mondo è stato conquistato nel salto con l'asta dalla russa Y. Isinbayeva, con 4,91 m.
I controlli antidoping hanno rivelato che più di venti atleti erano fuori norma: tra questi la vincitrice della gara di getto del peso, la russa I. Korzhanenko, che ha dovuto restituire la medaglia d'oro, assegnata quindi alla cubana Y. Cumbá.
Per l'atletica italiana il bilancio dell'Olimpiade non è stato molto brillante: tuttavia, a parte l'ottimo terzo posto nel salto con l'asta del campione del mondo in carica Gibilisco (arrivato ad Atene dopo una serie di problemi ai tendini del ginocchio), due grandi soddisfazioni sono arrivate dalla 20 km di marcia (gara vinta da I. Brugnetti) e soprattutto, nell'ultima giornata dei Giochi, dalla maratona che, proprio nel teatro che ha dato il nome a questa prestigiosa gara, ha visto il trionfo di S. Baldini e il suo vittorioso arrivo nello stadio Panathinaikos.
La gara più suggestiva e importante di tutte le manifestazioni di a. leggera, i 100 m piani, è stata anche la più spettacolare di Atene 2004 per incertezza e qualità del livello tecnico: i primi cinque atleti giunti al traguardo hanno corso tutti in un tempo inferiore ai 9,95". Si è affermato, in 9,85", lo statunitense J. Gatlin.
I campionati del mondo del 2005
Ai successivi campionati del mondo disputati a Helsinki dal 6 al 14 agosto 2005, lo stesso Gatlin, creando un ideale trait d'union con l'Olimpiade 2004, ha vinto ancora la prova sui 100 m piani (due mesi prima il record del mondo su questa distanza era stato portato a 9,77" dal giamaicano A. Powell, assente però a Helsinki per infortunio). Gatlin si è aggiudicato anche i 200 m, superando i compatrioti W. Spearmon e J. Capel. Un'altra brillante conferma rispetto ad Atene è arrivata nel salto con l'asta dalla russa Y. Isinbayeva, che ha ottenuto la medaglia d'oro (la prima in carriera ai mondiali) e il record del mondo, saltando 5,01 m. Nella gara di eptathlon (specialità femminile), definita da qualcuno la più bella di sempre, si è imposta dopo grande incertezza la svedese C. Klüft sulla francese E. Barber.
Per gli atleti azzurri la spedizione a Helsinki si è rivelata estremamente deludente: una sola medaglia conquistata, grazie al terzo posto ottenuto da A. Schwazer nella 50 km di marcia (vinta dal russo S. Kirdyapkin), che ha anche migliorato il primato nazionale nella specialità con il tempo di 3h41'54". Si è trattato del peggior bilancio dell'atletica italiana nella storia dei mondiali. Coloro che avevano fatto bene ad Atene non sono riusciti a ripetersi (Brugnetti e Baldini ritiratisi per problemi fisici, Gibilisco condizionato dal maltempo), ma hanno pesato la programmazione in qualche caso sbagliata e alcune eccessive polemiche tra atleti e federazione.
In questo mondiale tre atleti in particolare sono risultati protagonisti non solo per le vittorie conseguite, ma anche per le storie umane legate a questi successi. La svedese K. Bergqvist, specialista del salto in alto, nel 2004 aveva subito la rottura del tendine d'Achille (infortunio gravissimo per i saltatori a causa delle incognite che gravano sul pieno recupero della competitività agonistica) e dopo la rinuncia alle Olimpiadi si è presentata a Helsinki tra molte perplessità. Malgrado tali difficoltà ha vinto l'oro con la misura di 2,02 m, e ha tentato poi persino di superare 2,10 m. La valente D. Inzikuru si è aggiudicata con relativa facilità la medaglia d'oro nei 3000 m siepi, gara presente, in ambito femminile, per la prima volta nel campionato mondiale. L'atleta proviene dalla zona nord-orientale dell'Uganda (dove il conflitto tra le etnie degli Hutu e dei Tutsi ha provocato gravi lutti nella sua famiglia) e, in base alle antiche leggi tribali ancora in vigore nel suo Paese, in quanto sposata non avrebbe dovuto fare sport a livello agonistico. Ambasciatrice dell'UNICEF e attivamente impegnata per la pace, è invece riuscita a diventare campionessa mondiale. Anche la vittoria di K. Bekele, atleta etiope campione del mondo in carica, campione olimpico e detentore del primato del mondo dei 10.000 m, ha risvolti che vanno al di là della conquista del titolo. L'atleta ha infatti ottenuto ancora una volta la medaglia d'oro e, alcuni giorni dopo, a Bruxelles, ha abbassato il record del mondo nella sua specialità da lui stesso stabilito, portandolo a 26'17,53". Tali successi sono giunti dopo che una tragedia si era abbattuta sulla sua vita: la perdita della fidanzata, A. Techale, atleta anch'essa, avvenuta a gennaio del 2004 in Etiopia e causata da un attacco cardiaco mentre i due si stavano allenando insieme.
In questa edizione dei campionati mondiali gli Stati Uniti hanno vinto 14 medaglie d'oro, collocandosi davanti a Russia ed Etiopia.
Atletica pesante
Alla categoria dell'a. pesante si fanno ormai tradizionalmente appartenere le discipline della lotta e quelle del sollevamento pesi.
Lotta
Nell'ambito delle vicende che hanno interessato questo sport la novità più significativa e importante dell'inizio del 21º ec. è stata l'entrata del settore femminile alle Olimpiadi, avvenuta ad Atene nel 2004. La lotta comprende quindi le discipline della lotta libera, della lotta greco-romana (maschili) e di quella femminile.
Le competizioni maschili. - Alle Olimpiadi di Sydney del 2000 la Russia, Paese di buone tradizioni in questo sport, ha conquistato ben quattro medaglie d'oro nella lotta libera nelle varie categorie di peso, mentre gli avversari più accreditati (Stati Uniti, Canada, Irān e Azerbaigian) si sono aggiudicati un'unica medaglia d'oro ciascuno; nella lotta greco-romana si è determinato invece un maggiore equilibrio (due medaglie d'oro per i russi, rispetto all'unica medaglia d'oro vinta da altre nazioni).
I mondiali di lotta greco-romana disputati a Patrasso, in Grecia, nel 2001, hanno ribadito invece l'esistenza di numerose scuole di buon livello sul piano internazionale. Gli atleti vincitori nelle otto categorie di peso (rispettivamente fino a 54, 58, 63, 69, 76, 85, 97, 130 kg) appartenevano tutti a nazioni differenti (Irān, Uzbekistan, Armenia, Cuba, Svezia, Georgia, Russia e Stati Uniti). Discorso diverso invece per la lotta libera ai campionati mondiali di Sofia dello stesso anno: in questo caso tra i vincitori (le categorie di peso erano identiche a quelle della lotta greco-romana) figuravano un atleta bielorusso, uno canadese, due bulgari e ben quattro russi. Le competizioni del 2002 determinarono invece un ritorno all'equilibrio: ai mondiali di lotta greco-romana tenutisi a Mosca i russi si aggiudicarono due medaglie d'oro come gli atleti svedesi, e ai campionati mondiali di lotta libera di Ṭeherān in nessuna delle categorie di peso (nel frattempo ridotte a sette) furono premiati due atleti della stessa nazione. Nel 2003 il campionato mondiale di lotta greco-romana si tenne in Francia e quello di lotta libera negli Stati Uniti. A Creteil vi fu una leggera prevalenza dei russi che si aggiudicarono due medaglie d'oro (ma la Svezia vinse un oro e un argento e la Georgia un oro e un bronzo). A New York la Russia si impose con tre medaglie d'oro, seguita dall'Uzbekistan con due.
Il tradizionale e più importante momento di verifica anche per gli atleti di queste discipline e per le rispettive federazioni resta comunque l'Olimpiade. L'edizione di Atene 2004 ha visto l'affermazione, anche se non schiacciante, della federazione russa (3 medaglie d'oro nella lotta greco-romana e due nella lotta libera).
I campionati mondiali del 2005, svoltisi a Budapest per entrambi gli stili di lotta, hanno segnato ancora la netta affermazione degli atleti russi nella lotta libera (con quattro vittorie) e maggiore equilibrio nella lotta greco-romana (con due medaglie d'oro andate alla Bulgaria, una d'oro, una d'argento e una di bronzo alla Russia, una d'oro e una d'argento all'Irān). Tra gli atleti più bravi che si sono affermati in questi anni vanno segnalati nella lotta libera il russo B. Saitiev, che nella categoria fino a 76 kg ha vinto i campionati mondiali del 2001 e in quella fino a 74 kg ha conquistato il titolo mondiale nel 2003, quello olimpico nel 2004 e ancora il titolo mondiale nel 2005; e il suo compagno di squadra K. Gatsalov, che nella categoria fino a 96 kg ha compiuto l'identico percorso di Saitiev; mentre nella lotta greco-romana il bulgaro A. Nazarian (fino a 60 kg) è riuscito a conquistare il titolo mondiale nel 2002, nel 2003 e nel 2005, vincendo invece la medaglia di bronzo ad Atene nel 2004.
Le competizioni femminili. - Dal momento che la lotta femminile è stata inserita solo nel 2004 nel programma delle Olimpiadi, i riferimenti statistici sono ovviamente meno significativi. In questo campo inoltre anche l'avviamento all'agonismo ha una storia recente e si osserva un maggiore equilibrio tra i diversi Paesi rispetto alle gare maschili, dove alcune scuole sono invece tradizionalmente competitive.
Tuttavia nelle quattro edizioni dei campionati mondiali tenutesi dal 2001 al 2005 (con l'eccezione del 2004, anno delle Olimpiadi) vi è stata una netta prevalenza delle atlete giapponesi (specialmente a Budapest 2005, con quattro medaglie d'oro vinte su sette categorie di peso) e in misura minore di quelle cinesi. Ad Atene 2004 la supremazia era stata meno evidente (due medaglie d'oro per il Giappone), ma le due lottatrici che hanno conquistato il titolo olimpico in Grecia, Sahori Yoshida nella categoria fino a 55 kg e Kaori Icho in quella fino a 63 kg, hanno puntualmente conquistato l'anno successivo anche la vittoria nel campionato mondiale, stabilendo in tale modo una continuità molto promettente.
Sollevamento pesi
Nelle edizioni olimpiche del 2000 e del 2004 le categorie di peso maschili sono state otto (fino a 56, 62, 69, 77, 85, 94, 105 kg e oltre 105 kg), e quelle femminili sette (fino a 48, 53, 58, 63, 69, 75 kg e oltre 75 kg), mentre le nazioni che nelle competizioni svoltesi dal 2000 in poi si sono dimostrate più competitive sono Russia, Irān e Bulgaria. Tra quelle emergenti in queste specialità vanno invece considerate Turchia e Cina.
Il fatto che questo sport rinnovi in modo visivamente immediato il mito della forza fisica, diffuso peraltro in tutte le culture, basandosi su una relativa semplicità dinamica dei gesti tecnici e degli aspetti agonistici lo rende facilmente fruibile dal pubblico. Esistono infatti due specialità: lo 'strappo', nel quale si deve sollevare il bilanciere sopra la testa in un unico movimento, e lo 'slancio', in cui invece si porta prima il bilanciere all'altezza delle spalle e poi lo si solleva al di sopra della testa. In entrambi i casi gli atleti devono mantenersi fermi dopo la levata e gli arbitri danno il segnale di abbassare il bilanciere non appena l'atleta risulta immobile in tutte le parti del corpo; si compete sia nello strappo sia nello slancio e il riconoscimento finale concerne il maggior peso sollevato sommando i migliori risultati delle due tecniche. Occorre purtroppo sottolineare che questa attività è tra quelle che annoverano i maggiori casi di ricorso alle pratiche di doping, pratiche anche rilevanti soprattutto perché sviluppate in Paesi nei quali lo sport per anni è stato sinonimo di affermazione in chiave politica e il controllo assoluto dello Stato su di esso spesso non è stato corretto.
Nel 2000, a Sydney, le donne hanno preso parte alle competizioni del sollevamento pesi per la prima volta nella storia olimpica. In tale occasione è arrivata anche la prima medaglia d'oro in assoluto vinta dalla Colombia, conquistata da M.I. Urrutia nella categoria di peso fino a 75 kg. Nel settore maschile tanto l'Irān quanto la Grecia hanno ottenuto due medaglie d'oro nell'ambito delle otto categorie di peso. Tra le donne la Cina si è affermata in ben quattro delle sette categorie. Da segnalare, tra le atlete pesanti fino a 48 kg, il settimo posto dell'azzurra E. Giganti.
Ha costituito invece una delusione per la pesistica italiana l'esclusione dalle Olimpiadi di Atene, da parte del CONI, di una propria rappresentativa. In Grecia le donne hanno superato trentasei primati olimpici e venti mondiali, e la Cina ha conseguito altri tre successi, mentre tra gli uomini solo l'iraniano H.R. Zadeh ha migliorato un record mondiale. Ma il fatto che ben undici atleti sono risultati positivi ai controlli antidoping ha costituito l'ulteriore prova che questo problema è tutt'altro che risolto. Esemplare è stato il caso della squalifica dei tre pesisti ungheresi Z. Kecskés, Z. Kovács e F. Gyurkovics. Quest'ultimo, vincitore dell'argento, ha quindi restituito la medaglia pur chiedendo l'annullamento della squalifica. A sua volta il presidente del comitato olimpico indiano, S. Kalmadi, ha squalificato a vita le sollevatrici P. Kumari e S. Chanu, trovate positive ai test antidoping ad Atene. Nel settembre 2005 la federazione turca ha poi subito una sospensione temporanea da tutte le competizioni proprio per violazione del regolamento antidoping.
Tra gli atleti che hanno segnato la storia di questa attività a partire dalla metà degli anni Novanta, vanno ricordati H. Mutlu, appartenente alla minoranza di origine turca residente in Bulgaria, e l'iraniano Zadeh. Mutlu, pesista di appena 1,50 m di altezza (soprannominato affettuosamente 'la piccola dinamo'), dopo essersi trasferito in Turchia ha collezionato titoli e record gareggiando per il suo nuovo Paese. Dopo aver vinto la sua prima Olimpiade nel 1996 (categoria fino a 54 kg), stabilendo un nuovo record del mondo, è rimasto imbattuto fino a Sydney 2000, dove ha nuovamente dominato, stavolta nella categoria 56 kg. Più volte campione europeo e mondiale, imponendosi ad Atene 2004 è diventato uno dei pochissimi pesisti in grado di conquistare tre medaglie d'oro olimpiche e uno dei quattro che siano mai riusciti a sollevare un peso pari al triplo del proprio.
Ancor più suggestiva per gli appassionati di questa attività risulta la figura di Zadeh, che, gareggiando nella categoria dei pesi più alti, solleva naturalmente carichi che appaiono enormi anche ai più esperti di pesistica. Vincitore a sorpresa della medaglia d'oro nel 2000 a Sydney, nel 2002 a Varsavia e nel 2003 a Vancouver ha confermato gli alti livelli raggiunti ai campionati mondiali, per poi vincere il suo secondo oro olimpico consecutivo ad Atene 2004, migliorando anche in questa occasione il record del mondo dello slancio (che già gli apparteneva), portandolo a 263,5 kg, e sollevando un totale di 472,5 kg.