Vedi ATRI dell'anno: 1958 - 1994
ATRI (v. vol. I, p. 885)
Una lunga serie di campagne di scavo in area urbana e nuove ricerche, segnatamente mirate alla ricostruzione della topografia dell'antica Hatria, permettono oggi di delinearne l'assetto urbano in età romana.
Se si escludono gli sporadici ritrovamenti di frammenti di ceramiche sovradipinte di fabbrica apula (presumibilmente residui del commercio marittimo che precedette l'arrivo dei coloni romani), gli scavi non hanno restituito, nel sito dell'odierna Α., ulteriori tracce dell'ipotetico insediamento preromano, pur indirettamente testimoniato dalla prossimità al centro attuale delle due necropoli picene di Colle di Giustizia e della Pretara, che un riesame recente dei corredi riconduce ai primi tre quarti del VI sec. a.C.
Lo stanziamento della colonia latina nel 289 a.C. (Liv., Perioch., XI), a seguito della conquista della Sabina fino al mare Adriatico a opera di M. Curio Dentato, sembra dunque costituire il primo passo verso l'urbanizzazione di un territorio fino a quel momento regolato da un'organizzazione di tipo paganico-vicano. A tale momento occorre fare riferimento anche per l'inizio della monetazione della serie librale fusa (a legenda HAT), che dovette influenzare la serie della finitima regione vestina e circolare poco dopo fino ad Ariminum, a seguito del progressivo attestarsi della conquista romana in territorio piceno e celtico.
Lungo lo scosceso versante O del colle su cui sorge A. sono state ritrovate le fortificazioni del centro coloniale, realizzate in grossi blocchi squadrati. L'identità dell'opera e del materiale costruttivo (puddinga) impone una datazione analoga anche per la cisterna conservata sotto la cattedrale.
La conformità di orientamento fra questa, gli assi viari basolati e i terrazzamenti in blocchi di puddinga riconosciuti in varie zone dell'attuale abitato, consente di ricondurre anche la prima programmazione urbanistica allo stesso periodo.
Il piano che ne risulta è simile a quello di altre colonie latine coeve, nella riproposta della tipica maglia ortogonale impostata per strigas su un asse principale (l'attuale Corso E. Adriano), con un modulo corrispondente all'actus (35 m), scandito da strade o anche dalle fronti dei terrazzamenti; questi dovevano consentire l'adeguamento del piano urbanistico regolare alla difficile condizione geomorfologica del colle atriano.
La rigidità di un sistema legato alle sostruzioni ha fatto sì che l'assetto della città repubblicana non abbia subito nel tempo che modifiche zonali, a carattere funzionale o di parziale ripristino edilizio: soltanto in epoca rinascimentale, dopo un lungo periodo per il quale precise testimonianze attestano lo stato di abbandono del centro (Paul. Diac., Hist. Lang., II, 19), tutta la zona settentrionale della città venne riedificata su assi che attraversarono liberamente le zone in rovina, su percorrenze rese diagonali dall'attrazione dei poli ecclesiali e dall'esigenza di adeguamento alla conformazione orografica.
Delle emergenze monumentali d'età repubblicana ê ancora da ricordare la domus scoperta nel cortile della Curia Vescovile. L'abitazione presentava muri costituiti da grosse pietre e frammenti di tegole e un ambiente rettangolare con pavimento in cocciopesto, ornato da una fascia perimetrale in graniglia bianca raffigurante mura urbiche con torri a passaggio voltato agli spigoli e torri più piccole lungo i lati. Un consistente riempimento artificiale, ricco di scarti di fornace e frammenti di ceramica a vernice nera, separa questo pavimento da uno soprastante, realizzato in ciottoli di fiume dimezzati con inserti di pietre scistose colorate, e attesta una fase di riedificazione che il materiale ceramico porta a datare non oltre la metà del II sec. a.C.
Le fasi di ripristino edilizio e di arricchimento monumentale più incidenti si collocano in età augustea (è plausibile l'ipotesi di una seconda deduzione coloniale) e adrianea. Alla prima è da ascrivere il teatro, sorto in una zona centrale, ma presumibilmente non ancora edificata a causa dell'andamento altimetrico particolarmente aspro.
L'edificio si viene infatti a collocare lungo il versante E del colle e sfrutta, per i due corridoi anulari che ne costituiscono la cavea, il banco di puddinga formante il substrato costitutivo del sistema collinare. Mentre la scena e la parte inferiore della cavea sono smottate verso valle, le strutture superiori sono state inglobate nell'edificio dell'orfanotrofio come fondazioni per i piani superiori e sono infatti ritornate alla luce grazie alla semplice asportazione dell'intonacatura recente dalle pareti delle cantine del palazzo.
Il ritrovamento di strutture abitative nell'area della piazza della cattedrale, tradizionalmente associata al foro della città romana, ne ha escluso tale funzione a partire dall'età repubblicana, per il rinvenimento di muri e lacerti pavimentali databili in questo periodo. All'età adrianea va invece attribuita la risistemazione della vera area forense, che un'ipotesi più plausibile colloca nell'area dell'attuale piazza del Comune, con la tipica soluzione monumentale dell'ampliamento dell'area disponibile mediante cisterne a schiera, ancora parzialmente conservate nelle cantine del Palazzo Ducale.
La datazione proposta dipende in parte dall'analisi dell'opera costruttiva ma anche dalla considerazione che la rilevanza di questo intervento monumentale sia spiegabile in grazia della particolare attenzione che Adriano dedicò alla città (Ps. Aur. Vict., Epit. Caes., XIV; SHA, Hadr., XIX, I).
È da considerare il diverso orientamento della piazza rispetto al resto dell'impianto urbano, che farebbe comunque pensare a un intervento posteriore. Restano tracce di ulteriori interventi adrianei nel rafforzamento della cisterna repubblicana della cattedrale mediante pilastri in laterizio e nel soprastante impianto termale di cui si conserva un pavimento musivo con figurazioni marine in bianco e nero.
Bibl.: G. Azzena, Atri. Forma e urbanistica, Roma 1987, con bibl. prec.; P. Sommella, Italia antica. L'urbanistica romana, Roma 1988, pp. 72-73, 278-280; P. Gros, M. Torelli, Storia dell'urbanistica. Il mondo romano, Roma-Bari 1988, pp. 138-139.