ATRIO (atrĭum)
È il cortile interno della domus italica nel quale in origine si svolgeva la vita familiare; era quindi ambiente di rappresentanza, di ricevimento, di lavoro, sede del focolare e degli dèi tutelari del nucleo domestico.
L'etimologia della parola è assai dubbia e le diverse proposte affacciate si connettono con teorie sull'origine dell'a. stesso. È stato infatti collegato con il greco ἄτριον (sereno), pensando al fatto che si tratta di un luogo a cielo scoperto, al latino ater, nero, considerando l'annerimento prodotto in esso dal focolare, cui va aggiunta l'etimologia ricordata da Varrone (De lingua Latina, v, 162) che lo fa derivare dagli Atriates etruschi; sta di fatto che il termine athre, forse equivalente di aedes o di una sua parte, ricorre spesso nelle iscrizioni etrusche.
L'origine dell'a. è stata da alcuni ricondotta ad aggruppamenti circolari od ellittici di capanne tenute insieme da una palizzata ed aventi uno spazio centrale scoperto in comune, disposizione documentata dall'urna di Melos. In tal caso il passaggio dall'ambiente unico a più ambienti e l'unificazione del sistema di copertura avrebbero portato alla creazione di un vano centrale di disimpegno a cielo scoperto. Osta tuttavia a questa derivazione il fatto che la capanna circolare od ellittica sembra aver ceduto il posto alla casa a vano unico con le pareti rettilinee e perpendicolari, per cui al momento della moltiplicazione dei vani non era affatto necessario rifarsi ad una disposizione arcaica e forse del tutto dimenticata, o almeno tale ritorno non appare abbastanza giustificato.
Per altri, invece, che riportano l'origine della domus italica alla casa preellenica, l'a. sarebbe il corrispondente perfetto della αὐλή greca nella forma in cui essa si presenta, per esempio, a Tirinto, quale recinto scoperto preceduto dalla αἴϑουσα δόματος e come termine di passaggio al mègaron corrispondente al tablinum. Se è indiscutibile la coincidenza planimetrica, non si può negare che esiste fra l'αὐλή e l'a. una differenza e di alzato e di funzione che riguarda proprio le caratteristiche dell'ambiente. Maggiore attendibilità presenta questa teoria quando propugna essere stati gli Etruschi gli importatori in Italia dello schema di abitazione preellenica comune, sembra, anche all'Oriente; ma anche su tale unità di schema occorre essere molto cauti poiché la realtà offre grande varietà di tipi. A prescindere infatti dalla tradizione erodotea sulla provenienza degli Etruschi, si riconosce ad essi una parte importante nell'elaborazione dell'a. della casa paleoitalica. L'aggiunta di un cortile di disimpegno diviene del resto una necessità nel passaggio della casa da uno a più vani per cui l'a. potrebbe essere nato dalla gemmazione, per così dire, del vano unico, cui si aggiunsero dapprima un portico e in seguito un'area scoperta. Un'idea dell'ampliamento e della evoluzione della casa può trarsi dalla serie delle tombe etrusche, in particolare di Cerveteri, anche se in esse il vano corrispondente all'a. non presenta, pure in esemplari abbastanza tardi, il caratteristico sistema di copertura ad impluvio, visibile solo in un esemplare di Tarquinia.
Vitruvio (vi, 3) distingue cinque tipi diversi di a.: tuscanico, corinzio, tetrastilo, displuviato e testudinato. Il primo è quello nel quale le quattro falde del tetto convergono verso l'interno (impluvium) e sono sorrette da travi orizzontali ed oblique incastrate nella parete perimetrale a guisa di tettoia senza sostegni sorgenti da terra. Un esempio ne offre la Casa di M. Lucrezio Frontone a Pompei, in cui la disposizione può essere considerata arcaicizzante poiché la casa risale ad età augustea. Il secondo tipo è quello circondato da un colonnato che sorregge le falde del tetto inclinate verso l'interno formando un vero porticato, cosicché risulta assai simile ad un peristilio greco; si tratta di una trasformazione dell'antico a. sotto l'influsso dell'ellenismo; di questo tipo è quello della Casa di Elpidio Rufo a Pompei. L'a. tetrastilo è quello in cui l'impluvio del tetto intorno allo spazio centrale scoperto è sostenuto da quattro colonne angolari come nella Casa delle Nozze d'argento a Pompei. Vitruvio ne elogia la stabilità e la sicurezza. Nel tipo displuviato l'andamento delle falde del tetto è opposto a quello dei tipi finora considerati e diretto verso l'esterno; Vitruvio afferma che essi sono adatti per abitazioni invernali, poiché il compluvio rialzato non toglie luce alle stanze, ma conviene che essi siano causa di stillicidio sulle parti per difficoltà di smaltimento dei canali e per le difficoltà che offrono in caso di riparazioni. Il tipo comunque doveva essere di alta antichità, anche se non molto frequente, perché un esempio ce ne offre l'urna di Poggio Gaiella. L'a. testudinato era cosi chiamato per la somiglianza che offriva con la "testudo" formata in guerra dalla unione degli scudi; in sostanza era simile a quello displuviato per quanto si riferisce all'andamento delle falde, ma chiuso al centro e coperto da un solaio in piano, al quale si ancorava la struttura leggera che formava la finta vòlta. Esso offriva il vantaggio di ricavare al di sopra del solaio spaziosi ambienti, ma snaturava l'aspetto tradizionale e più comune dell'atrio.
Circa le dimensioni dell'a., Vitruvio prescrive che il rapporto fra la larghezza e la lunghezza sia di 2 a 3 o di 3 a 5 oppure quella del lato del quadrato rispetto alla diagonale, cioè di 1 alla radice quadrata di 2 (1,414). L'altezza dei vano, non compresa quindi la pendenza del tetto, sempre secondo Vitruvio, doveva essere pari ai tre quarti della larghezza. Naturalmente in pratica le proporzioni possono variare notevolmente.
La tessitura piuttosto complicata del tetto nelle varietà di a. tuscanico e tetrastilo ed insieme la scarsa luce che poteva passare dal compluvio relativamente piccolo rispetto al tratto coperto, ne determinarono la decadenza dal I sec. dell'Impero a profitto di un cortile porticato in tutto simile a un peristilio e del quale la varietà corinzia già offriva un termine di passaggio. Perdute le sue caratteristiche più spiccate ed assunta forma diversa, esso mantenne quella di essere il vano centrale scoperto intorno al quale si sviluppa la casa e non spinto ai margini estremi di essa e magari a contatto con il giardino, come accade spesso ai peristilî pompeiani. Per conseguenza possono considerarsi come una tarda trasformazione dell'a. i cortili porticati della Domus Augustana o quello della casa delle Vestali che di Atrium conservò anche il nome. Ugualmente trasformazioni dell'antico a. vanno considerati i cortili delle insulae ostiensi o i cortili porticati delle domus d'età adrianea nella stessa città. Nelle domus più tarde del sec. IV il cortile porticato conserva dell'a. solo la disposizione della copertura con pendenza interna ed un più stretto legame spaziale con l'ambiente posto in asse con l'ingresso, ultima trasformazione dell'antico tablinum. Un semplice cortile con piccolo tratto porticato si trova anche nella domus ecclesiastica di Dura Europos o in case parrocchiali che affiancarono le chiese nella Siria del sec. IV, come, ad esempio, ad Umm el-Gemāl, Babisqa, Sohani, ecc.
Prende poi il nome di a. il cortile porticato a guisa di peristilio che precede assai spesso la basilica cristiana. Si ha notizia di ben pochi, ma essi dovevano essere più numerosi di quanto non si ritenga, in quanto sono andati molto spesso distrutti senza lasciare altra traccia che una piazza antistante la chiesa. A Roma, ad esempio, oltre quelli sicuri di S. Pietro, S. Paolo e S. Clemente, se ne deve supporre l'esistenza per tutte quelle chiese la cui parete d'ingresso è traforata da un complesso di tre o cinque grandi aperture come SS. Giovanni e Paolo, S. Maria Maggiore, S. Pudenziana, S. Agnese, S. Sebastiano, S. Pietro in Vincoli, S. Vitale ecc. e cioè in tutti quei casi nei quali esiste un più intimo rapporto spaziale fra a. e navate in tutto simile a quello esistente fra cortile e sala o tablinum nelle domus ostiensi del tardo Impero. Il cantarus o fontana centrale delle abluzioni è la dipendenza diretta della vasca nella quale confluivano le acque piovane dell'antica disposizione compluviata. La presenza dell'a. è provata anche per costruzioni a sistema concentrico, come il S. Lorenzo di Milano, quando non si riduce al sistema detto a forcipe: un semplice braccio porticato con absidiole estreme sui lati corti (Roma: S. Costanza, Battistero Lateranense; Ravenna: S. Vitale). Abbastanza comune in Grecia (S. Demetrio di Salonicco, basilica A di Filippi), l'a. sembra sia stato più raro in Asia Minore ed in Siria. In Palestina si trova nella basilica della Natività a Betlemme, dinanzi alla cattedrale di Gerasa ed in forma di cortile che serve di raccordo alla rotonda dell'Anastasis includendo l'edicola del Golgota dietro il martyrion di Gerusalemme; in Egitto era forse solo nella basilica di S. Menna a Medīnet Habu; nell'Africa settentrionale i casi noti sono piuttosto pochi. Una ultima trasformazione dell'a. possono considerarsi le esedre a destinazione funeraria nelle chiese a doppia abside come Damus el-Karita.
Bibl.: A. Mau, Pompeji in Leben und Kunst, Lipsia 1908; F. von Duhn, Pompeji, Lipsia 1918; T. Warscher, Pompeji, Berlino 1926; G. Patroni, L'origine della domus, in Rendic. Lincei, Sc. Morali, serie V, XI, p. 463 e ss.; Daremberg-Saglio, Dict. Ant., s. v. Atrium.