ATTAVANTI, Attavante degli
Miniatore. Attavante di Gabriello di Vante di Francesco di Bartolo degli Attavanti nacque, a quanto sembra, nel 1452, in Castelfiorentino di Valdelsa, da nobile famiglia del luogo, le cui prime memorie risalgono agl'inizî del sec. XIV. Un ramo della famiglia dalla Valdelsa passò in Firenze, ove ebbe casa nel quartiere di S. Spirito. Il nostro artista fu secondogenito di sei figli ch'ebbe monna Bartola, figlia naturale di messer Stoldo de' Rossi, pievano di Castelfiorentino. In Firenze A. abitò una casa in via Fiesolana acquistata nel 1491, e un'altra ne possedette a S. Maria a Montici. Le più tarde memorie di lui non vanno oltre il 1517. Col figlio Francesco, si estinse con ogni probabilità, a mezzo il sec. XVI, la sua discendenza.
Le poche notizie che di A. ci dà il Vasari non sono troppo attendibili. Infatti egli lo ricorda in più d'una delle sue Vite, ma sempre di sfuggita e con imprecisione; e ora lo dice contemporaneo dell'Angelico, ora discepolo di don Bartolomeo della Gatta, ora infine, con maggior verosimiglianza, "amico, compagno e coetaneo di Gherardo". L'unica opera di miniatura che il Vasari indica espressamente come sua è un Silio Italico, già nella chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo di Venezia e ora conservato mutilo nella Biblioteca Marciana, codice che ad evidenza è di varî decennî anteriore all'attività artistica di A. Data questa incompiutezza delle notizie vasariane, non è possibile precisare di chi sia stato scolaro, o almeno quale maestro abbia potuto influire sulla sua arte. Non certo Bartolomeo della Gatta, e neanche, come si è detto, il miniatore Francesco di Antonio del Cherico, che deriva dall'Angelico e possiede una personalità del tutto diversa. Con maggiore attendibilità è stato fatto il nome del Verrocchio, di cui A. in una sua composizione ha copiato il celebre Battesimo degli Uffizî; e questa ipotesi trova conferma nel fatto che tra lui e Leonardo da Vinci dovettero esistere vincoli di amicizia, nati forse nella stessa bottega del Verrocchio. Tra le carte del Vinci si legge infatti questa nota: "Ricordo come a dì 8 d'aprile 1503 io Leonardo da Vinci prestai a Vante miniatore quattro ducati d'oro in oro".
A. esordì e rimase sempre miniatore. Un'unica opera che non sia di miniatura gli viene attribuita dall'Albertini nel suo Memoriale di molte statue e picture che sono nella inclyta ciptà di Florentia (ed. Horne, Firenze 1904), laddove informa che A. fece le "palle della terra", cioè la sfera terrestre, nel famoso orologio di Lorenzo della Volpaia, menzionato dal Vasari nella Vita del Baldovinetti. Un documento riferito da G. Gaye nel suo Carteggio inedito d'artisti (Firenze 1839-1840) informa inoltre che A. fu uno degli artisti chiamati nel 1503 a giudicare ove fosse da porsi il David di Michelangelo. A. ha goduto sino ad oggi di una rinomanza ingiustificata, se si paragona l'opera sua con quella di altri miniatori contemporanei, men noti ma ben più grandi di lui. Egli si ripete troppo spesso per essere annoverato tra i sommi maestri della miniatura; quasi mai riesce ad emanciparsi da alcuni pochi schemi e le sue composizioni sono popolate tutte di figure che mancano di vivacità e di vita. Invano si cercherebbe in tutta l'opera sua un riflesso della grande arte pittorica, un effetto illusionistico, una determinazione psicologica nei tipi delle figure. Usa colori stridenti; tratta di maniera il panneggio; lumeggia sempre allo stesso modo le teste, dalle carni languide e fredde. Soltanto nelle parti ornamentali crea talora piccoli capolavori.
Ricordiamo alcune delle opere sue principali. Nel 1476-78 lavora per il duca d'Urbino la famosa Bibbia, adesso prezioso cimelio della Biblioteca Vaticana. È questo l'esemplare della libreria di Urbino, dinnanzi al quale Vespasiano da Bisticci ebbe ad esclamare: "Questo è libro che in questa età non se n'è fatto uno simile!" A. era appena trentenne quando nel 1483 Thomas James, arcivescovo di Dol in Bretagna, gli commise un sontuoso messale, oggi nella Cattedrale di Lione, ed è lavoro tra i suoi migliori. Negli anni che seguono l'artista fu tutto occupato per re Mattia Corvino di Ungheria. Oggi i codici corviniani si trovano dispersi nelle varie biblioteche d'Europa: tra essi ci limitiamo a ricordare il messale della Biblioteca reale di Bruxelles, il messale della Biblioteca Vaticana e il Marciano Capella della Biblioteca Marciana di Venezia. Dei codici corviniani, comprati dagli Estensi a Venezia nel sec. XVI, due furono ceduti nel 1847 all'Ungheria da Francesco V; nel 1920 furono resi all'Italia e nel 1927 ridati all'Ungheria. Notevole fu del pari l'operosità spesa da A. a pro' della biblioteca di Lorenzo il Magnifico, e ne resta documento la larga serie di codici da lui decorati, che tuttora si conservano nella Mediceo-Laurenziana. A. ebbe anche parte importante nella decorazione della magnifica Bibbia in sette volumi, che Giulio II donò a Emanuele re di Portogallo e che è stata ai nostri giorni rinvenuta nel monastero di Belem presso Lisbona.
Col sec. XVI, forse per effetto della sempre maggior diffusione della stampa, l'attività di Attavante si rallenta, e anche qualitativamente molte delle sue opere sembrano aver perso la gaia festività dei suoi anni giovanili.
Bibl.: Per la biografia di Attavante e l'opera sua in genere v. P. D'Ancona, La miniat. fiorent., Firenze 1914, I (con la bibl. preced.). Per i codici corviniani v. A. de Hevesy, La Bibl. du roi Matthias Corvin, Parigi 1923.