attempare
L'unica occorrenza di a. nella Commedia è in If XXVI 12, là dove D. allude a una sventura che colpirà Firenze: E se già fosse, non saria per tempo. Così foss'ei, da che pur esser dee! / ché più mi graverà, com' più m'attempo. Qualunque sia il senso della terzina (per il problema della sua interpretazione v. la voce GRAVARE), il verbo, al costrutto intransitivo pronominale, vale " invecchiare ", " avanzare negli anni ".
A. è comune nel volgare trecentesco, specie al participio passato (Francesco da Barberino, Boccaccio); cfr. l'esempio di Fiore LVII 10 chéd' e' non è nessuna sì attempata / ch'ella non si diletti in ascoltando, / e credes'esser più bella che fata.