atterrare
Il verbo è usato da D. tre volte nel Purgatorio e tre nel Paradiso; due volte appare in Fiore.
Il significato originario di " gettare a terra ", " distruggere ", " radere al suolo " è presente in Fiore LXXXII 8 e CCXVIII 14, riferito a castello e fortezza; in Pd VI 49 Esso [il sacrosanto segno dell'aquila imperiale] atterrò l'orgoglio de li Aràbi, siamo già al senso traslato di " abbattere ", " umiliare " cose astratte, come appunto il folle ardire dei Cartaginesi. In Pg III 81, dove le pecorelle stanno timidette atterrando l'occhio e 'l muso, assistiamo al passaggio semantico da " gettare a terra " a " volgere verso terra ", da " abbattere " ad " abbassare ". Le pecorelle sono viste dunque con " gli occhi e i musi non solo chinati, ma accostati con umiltà alla terra " (Grabher). E ‛ atterrarsi ' varrà perciò " chinarsi ", " volgersi umilmente a terra ", addirittura " inginocchiarsi " (Pg IX 129: l'angelo del Purgatorio ha avuto come precetto da s. Pietro di errare anzi ad aprir ch'a tenerla serrata [la porta dell'espiazione], pur che la gente a' piedi... s'atterri); oppure " dirigersi verso terra ", " piombare a terra ": foco di nube si diserra / ... e fuor di sua natura in giù s'atterra (Pd XXIII 42).
È interessante notare come quest'ultimo passo abbia indotto a leggere, in Pd I 135, l'impeto primo / s'atterra invece di l'atterra, come hanno tutti i codici antichi: incoerente sarebbe l'espressione se significasse "l'istinto si volge verso le cose del mondo "; essa vale invece " l'istinto spinge la creatura umana verso interessi mondani" (cfr. Petrocchi, Introduzione 223).
Intransitivo pronominale il verbo è anche (come in Pg IX 129 e XXIII 42) in Pg VII 133 Quel che più basso tra costor s'atterra, guardando in suso, è Guiglielmo marchese, e vale " sedere in terra ".