ATTICISMO (gr. ἀττικισμός)
(gr. ἀττικισμός). Conviene distinguere nettamente (come per asianismo; v.) un uso linguistico e uno retorico di questo termine: comune ai due è che entrambi suppongono, quale ideale, l'imitazione dei grandi modelli classici attici, e implicano un allontanamento da tutto ciò che è moderno. Il primo è il più antico e il più duraturo.
1. La filologia alessandrina riconobbe presto la necessità di osservare le particolarità dell'uso classico e di distinguerlo da quello moderno, al fine di riconoscere sia falsificazioni che si davano per antiche, sia lezioni recenti insinuatesi nei testi classici. Già nella seconda metà del sec. III a. C. Eratostene parla di pseudoattici; già Aristofane di Bisanzio scrive libri "su ciò che si sospetta non possa essere stato detto dagli antichi". Contrapposti agli "Attici" sono in questa letteratura gli "Elleni", cioè i contemporanei che parlavano la comune lingua ellenistica, attico trasformato sotto l'influsso culturale ionico, talvolta anche gli "Asiani" (v. asianismo), spesso gli Alessandrini. Quest'ultima espressione mostra che i dotti di Alessandria avevano posto mente alla differenza tra il dialetto della città nella quale vivevano e la lingua dei classici; si guardavano tuttavia dal profferire un giudizio di valore, normativo, sub specie boni et mali. Solo nel sec. II Cratete Ateniese, nell'opera "sul dialetto attico", pare abbia considerato questo come norma, gli altri come deviazione, corruzione. Ma questo sfogo di patriottismo locale sembra dapprima rimanere isolato.
L'atticismo non divenne una forza, se non dacché il centro della letteratura e della cultura greca si trasportò a Roma. È naturale che il greco fra stranieri divenisse, in certo modo, una lingua scolastica: ogni scuola, e tanto più quanto più è elementare, ha bisogno del modello e delle regole. La scuola insegnò ai bambini a scrivere con le parole dei classici. La scuola creò i lessici della buona lingua, cioè dell'antico attico.
Questo purismo si affermò teoricamente nell'insegnamento di grammatici e retori greci nella Roma dell'ultima repubblica e sotto Augusto: esso non fu certo generato, ma sostenuto e incoraggiato dallo spirito della restaurazione augustea, che è classicistico. Il successo pratico nella letteratura greca è immenso e duraturo, ma non rapido. Sotto Augusto, Dionisio di Alicarnasso, che pure è teoricamente atticista, scrive una lingua che risente ancora della κοινή. Un secolo più tardi nessuna persona colta avrebbe più osato adoperare consciamente (distrazioni non mancano per fortuna nostra in nessuno scrittore) espressioni che non si trovassero nella letteratura classica. Perché la teoria fosse applicata, occorrevano anche sussidî lessicali, vocabolarî della lingua pura: il primo dizionario dell'uso degli oratori attici è opera del maestro che accanto a Dionisio di Alicarnasso fece sotto Augusto la maggior propaganda per l'atticismo, Cecilio di Calatte in Sicilia (nel complesso l'opera è perduta). E all'atticismo noi dobbiamo le principali opere lessicali giunteci, sia pure in compendio, dall'antichità prebizantina: la Scelta di Frinico e l'Onomastico di Polluce (sec. II d. C.).
Reazione vi fu appunto nel sec. II d. C. Il cosiddetto Antiatticista (di cui ci resta un misero compendio), un contemporaneo di Frinico, contro il quale questi polemizza, non solo mostra che forme ritenute non attiche dagli atticisti compaiono anche in autori attici, ma allarga il canone degli autori da imitare a classici non attici. E anche Polluce è di osservanza meno stretta di Frinico, il quale respinge persino una parte degli Attici (Senofonte, Iperide, Lisia, Andocide, Antifonte, i poeti della commedia nuova). Ma l'atticismo, sia pure in forma meno esclusiva, rimane vincitore nella lotta. I suoi avversarî grammatici ne accettano il principio più importante, l'ideale dell'imitazione linguistica (seppure non la vogliono ristretta a così pochi esemplari), e ne traggono quale conseguenza il divieto di ogni creazione linguistica. L'opposizione dei filosofi e soprattutto dei medici (Galeno) non ebbe effetti sulla cultura generale.
Tutti gli autori greci dal sec. Il d. C. in poi, con pochissime eccezioni, sono puristi, si sforzano di scrivere una lingua letteraria trasmessa loro dall'insegnamento, non quella che parlano. Ogni novità è in essi deviazione inconscia dalla norma. E la vittoria dell'atticismo è la ragione prima delle condizioni linguistiche della Grecia odierna, nella quale il popolo non intende la lingua, classicistica, atticista, dei giornali e delle leggi.
2. Di minore importanza storica è l'atticismo retorico, vale a dire l'imitazione esclusiva nell'eloquenza dello stile di alcuni tra gli oratori attici che meglio sembravano incarnare lo spirito di quella stirpe e di quella cultura. Le testimonianze più antiche di questa tendenza si trovano nelle più recenti opere retoriche di Cicerone, in passi del Brutus e dell'Orator che polemizzano contro queste novità; il cui rappresentante più cospicuo tra i Latini era, secondo Cicerone, dopo la morte di Calvo, Bruto. I passi di Cicerone mostrano però che la polemica era gia stata iniziata, e non da lui ma dagli avversarî.
L'atticismo retorico, se non ha precedenti così antichi come quello linguistico, si afferma tuttavia sin da principio con esclusività e intolleranza molto maggiore. Cicerone rimprovera con ragione agli Attici d'imitare non gli oratori o gli scrittori attici, ma solo quelli più vecchi, Lisia e anche Tucidide e Senofonte, quasi che Demostene non fosse stato ateniese, e di rinunziare così a ogni effetto patetico. Bruto, pur di trovare nella letteratura latina un analogo di Lisia, proponeva a modello il vecchio Catone!
Quello che per l'atticismo linguistico si congettura con certezza, è per quello retorico testimoniato direttamente dal teorico Dionisio di Alicarnasso (nel proemio all'opera intorno agli antichi oratori): esso è sorto in Roma, certo nelle scuole di retori greci.
Echi della polemica atticistica, ma non più che echi, si hanno in Quintiliano (XII, 10). In Roma il criterio dell'imitazione, sia quanto alla lingua sia quanto allo stile oratorio, non prevalse se non molto più tardi e transitoriamente, al tempo di Frontone.
Bibl.: Per tutte tali questioni è fondamentale l'opera del Norden, Die antike Kunstprosa, 2ª ed., Lipsia 1909, dove peraltro atticismo linguistico e retorico, non sono distinti con sufficiente nettezza; altrimenti nel bellissimo articolo del Wilamowitz, in Hermes, 1900, p. 1 segg., 38 segg., che formula anche chiaramente le conseguenze storiche della vittoria dell'atticismo linguistico nel mondo greco. Su precedenti alessandrini dell'atticismo linguistico, Latte, Hermes, 1915, 384. La prima parte dell'articolo è importante anche per la distinzione di correnti diverse nell'atticismo del sec. II d. C., per la quale v. anche Nächsten, De Phrynichi et Pollucis controversiis, Lipsia 1908. Per il tentativo di alcuni scrittori maggiori dell'età imperiale d'imitare l'uso attico: W. Schmid, Attizismus, Stoccarda 1887-96. Sull'atticismo retorico orientano facilmente le prefazioni di W. Kroll alle edizioni commentate del Brutus e dell'Orator, Berlino 1908 e 1913.