DEGRASSI, Attilio
Nacque a Trieste il 21 giugno 1887, unico figlio di Giuseppe e di Antonia Marchetti, entrambi nativi di Isola d'Istria, luogo di origine della famiglia (sul cognome si veda la lettera del D. al mensile Isola nostra dell'aprile 1968). Nella cittadina istriana trascorse gran parte dell'infanzia, nelle condizioni modeste di vita garantite dalle attività commerciali del padre. Avviato allo studio su incitamento del parroco locale, frequentò le prime quattro classi del ginnasio a Pisino, tra il 1899 e il 1903; passò quindi al ginnasio-liceo comunale di Trieste, dove studiò latino e greco con P. Sticotti, del quale stenderà a mezzo secolo di distanza il necrologio (in Atti e mem. d. Soc. istr. di arch. e st. patria, n.s., VI [1954], pp. 35-41). Con lo Sticotti ebbe modo di recarsi in Grecia nell'aprile 1905 in occasione di un viaggio scolastico. Conseguita la maturità nel 1907, si iscrisse nell'ottobre all'università di Vienna, dove fu allievo del Kubitschek e in particolare - per la storia romana e l'epigrafia latina - di Eugen Bormann, prosecutore della tradizione di studi mommseniana, cui il D. dedicherà nel 1937 il proprio volume sugli Elogia, definendolo "artis epigraphicae magister incomparabilis" (p. XIII).
Conseguì la laurea con il massimo dei Voti il 24 nov. 1911 con una dissertazione dal titolo "De imperatorum Romanorum constitutionibus ad civitatem et conubium veteranorum pertinentibus quaestiones", destinata alla pubblicazione nelle Abhandlungen del seminario archeologico-epigrafico di quell'università, poi impedita dallo scoppio della prima guerra mondiale.
Ottenuta l'abilitazione all'insegnamento, insegnò latino e greco a partire dal 1912 a Trieste prima nel I ginnasio comunale, poi nel ginnasio comunale F. Petrarca, quindi italiano e latino, dal 1929, nel liceo scientifico G. Oberdan.
Risale al 1913 la pubblicazione del suo primo articolo scientifico, una breve nota dedicata alla scoperta di alcune antichità romane nel territorio di Isola d'Istria (Archeografo triestino, s. 3, XI [1913], pp. 125-30). L'anno successivo sposò nell'aprile Irene Verbas, di Pola, dalla quale avrà due figli: Nevio, nel 1915, e Livia, nel 1922. Chiamato alle armi allo scoppio della guerra, riuscì ad evitare di prestare il servizio militare e poté dedicarsi quindi interamente alla famiglia ed all'insegnamento delle lingue classiche (a questo tema dedicherà uno scritto su L'Educazione nazionale, 20 apr. 1920, pp. 5-8). Per venti anni l'attività del D. si svolse tranquillamente tra l'insegnamento nelle scuole secondarie e le ricerche di natura archeologica, topografica ed epigrafica condotte metodicamente nell'Istria e nella Venezia Giulia.
Buon camminatore, esplorò in quegli anni - spesso in compagnia dell'amico Melchiorre Corelli - coste ed entroterra dell'Istria, interessandosi delle antichità preistoriche, protostoriche e classiche così come delle testimonianze medievali e rinascimentali, conducendo vaste ricognizioni dei resti monumentali ed epigrafici sparsi nel territorio e dei codici e manoscritti relativi alle vicende della penisola istriana e del Veneto orientale. A questi interessi si affiancavano ricerche di storia romana, rivolte specialmente alle istituzioni pubbliche e private, militari e municipali. Poté avvalersi nel corso delle sue indagini storico-epigrafiche, da lui rievocate in uno scritto più tardo (I porti romani dell'Istria, in Anthemon. Scritti vari di archeologia e di antichità classiche in onore di Carlo Anti, Firenze 1955, p. 121), di un sussidio della Società istriana di archeologia e, in seguito, dell'aiuto della Soprintendenza alle opere di antichità ed arte di Trieste, nonché dell'amicizia dello Sticotti, da tempo direttore del Civico Museo di storia ed arte della città. Nel 1926 entrò a far parte della Deputazione di storia patria per le Venezie.
Frutto del lungo periodo di attività furono oltre trenta articoli, note e recensioni, tra i quali si segnalano in particolare - oltre i numerosi Notiziari archeologici - lo studio dedicato a Le grotte carsiche nell'età romana (in Le Grotte d'Italia, III [1929], pp. 161-82), notevole per l'intreccio dei dati topografici, epigrafici e archeologici presi in esame, e le ampie e documentate Ricerche sui limiti della Giapidia (in Archeografo triestino, s. 3, XV [1930], pp. 263-99).
Quantunque ancora contenuta nel campo di interessi di uno studioso locale, l'ampia produzione del D. gli valse l'affidamento, da parte dello Sticotti, della cura di due volumi della nuova collana delle Inscriptiones Italiae (fondata nel 1922), dedicati a Parenzo e all'Istria settentrionale. Sin dal 1929 il D. fu quindi ancor più assiduamente impegnato nelle ricerche più propriamente epigrafiche, finalizzate alla stesura delle due opere, tanto che poté ottenere nell'agosto 1933 il comando presso la Soprintendenza triestina per potersi dedicare più completamente al lavoro. Il volume dedicato a Parentium (Inscr. It., X, reg. X, fasc. II) uscirà a Roma nel 1934 e varrà al D. il premio ministeriale dell'Accademia dei Lincei per le scienze storiche; due anni dopo vedrà la luce il fascicolo dedicato alla Histria Septemtrionalis (ibid., fasc. III).
Dal 15 ott. 1934, intanto, il D. era stato trasferito a Roma, presso la Soprintendenza alle antichità di Roma e del Lazio, proprio per attendere alla preparazione dei volumi delle Inscriptiones Italiae, della cui commissione centrale sarà in seguito (marzo 1945) chiamato a svolgere le funzioni di segretario. Vedranno la luce nel frattempo, ultimi frutti del lungo periodo triestino, i cataloghi dedicati a Il museo lapidario parentino (Parenzo 1934) e a Il lapidario albonese (ibid. 1937).
Il trasferimento del D. era collegato alle vicende della pubblicazione nelle Inscriptiones Italiae dei volumi degli Elogia e dei Fasti, che era stata richiesta da un istituto estero alla Unione accademica nazionale, editrice della collana. Al rifiuto opposto dall'allora vicepresidente Vincenzo Ussani aveva fatto seguito l'incarico affidato anche in vista del bimillenario augusteo ad uno studioso italiano già affermato, il D. appunto, da tempo impegnato nella redazione di altri fascicoli della stessa serie.
Ebbe allora inizio un fecondissimo periodo di attività scientifica del D., che nel 1937 vedeva stampato il fascicolo degli Elogia (Inscr. It., XIII, fasc. III), dopo che nell'aprile 1936 aveva già consegnato il testo del fascicolo dedicato ai Fasti consulares et triumphales (ibid., fasc. I), la cui pubblicazione verrà ritardata sino al 1947 (la prefazione del D. sarà stesa nel novembre 1942) dalla raccolta complessa dell'ampio materiale illustrativo e dagli eventi bellici. Risale agli anni immediatamente precedenti al conflitto la felice indagine condotta nel Foro Romano per l'identificazione dell'edificio destinato a conservare i Fasti Capitolini che, avvenuta quando l'impaginazione del voluminoso fascicolo delle Inscriptiones Italiae era già completata, fu trattata a parte in un'ampia comunicazione presso la Pontificia Accademia di archeologia (L'edificio dei Fasti Capitolini, in Rend. d. Pont. Acc. di archeol., XXI [1945-46], pp. 57-104). Le vicende storiche relative invece a La sistemazione dei Fasti Capitolini venivano contemporaneamente esposte dal D. in una nota (Capitolium, XVIII [1943], pp. 327-35) scientificamente rigorosa e priva di qualsiasi accento retorico - nonostante l'anno e la sede della pubblicazione - in coerente sintonia con la sua formazione politico-culturale di matrice laica e liberale. Il D. era entrato a far parte della Accademia pontificia nel 1942, pubblicandovi nei Rendiconti i dati di una importante scoperta topografico-epigrafica avvenuta casualmente nel 1939 al di sotto del palazzo della Cancelleria in Roma (Le iscrizioni del sepolcro di Irzio, in Rend. d. Pont. Acc. di archeol., XIX [1942-43], pp. 389-96). Dal 1941 era divenuto socio corrispondente dell'Istituto archeologico germanico (socio ordinario nel 1953).
Trascorse interamente a Roma gli anni del secondo conflitto mondiale, particolarmente impegnato, specie tra il 1943 e il 1944, negli studi di topografia storica a lungo coltivati nel periodo triestino e quindi per qualche tempo sospesi: frutto di quegli anni di lavoro sarà una monografia (Il confine nord-orientale dell'Italia Romana. Ricerche storico-epigrafiche, in Diss. Bernenses, s. 1, fasc. 6, Bernae 1954), pubblicata con grave ritardo per cause di natura tecnica. Nell'opera il D. dava esempio di rigore scientifico e completezza di analisi e insieme di equilibrio nel rifiuto di ogni tentazione retorica o nazionalistica nella trattazione del tema, a lui pur così vicino, dei confini dell'Istria proprio negli anni che vedevano il distacco della sua regione natale dall'Italia.
Con gli anni '40 il D. si era ormai affermato, non solo in Italia, come un epigrafista di chiara fama (risale al 1940 la prima raccolta della sua bibliografia, dovuta all'amicizia di G. Brusin: L'attività epigrafica di A. D., in Atti d. Istituto veneto di scienze, lettere e arti, [1940-41], pp. 131-142); alieno dalle brighe accademiche, il D. rimaneva tuttavia lontano dall'insegnamento universitario, anche perché sin dal 1935 - "anno fatale per l'epigrafia latina in Italia" secondo le sue stesse parole - la riforma De Vecchi, pur conservando l'insegnamento dell'epigrafia greca, aveva soppresso quello dell'epigrafia latina, sostituendolo con esercitazioni incorporate nell'ambito dell'insegnamento della storia romana. Solo nel 1949, a 62 anni, su consiglio di Plinio Fraccaro e Gaetano De Sanctis, il D. si presentò al concorso alla cattedra di storia greca e romana bandito dall'università di Palermo, che vinse. Optò tuttavia subito per Padova, dove la stessa cattedra si era resa vacante per la chiamata a Roma di A. Ferrabino. Cominciò le lezioni a Padova il 1° febbr. 1950, e vi rimase sino al 1956. Dal 1955 assunse l'insegnamento di storia romana con esercitazioni di epigrafia romana. Risale agli anni dell'insegnamento a Padova la morte della moglie, avvenuta a Roma nel giugno 1954 e, a pochi mesi di distanza, un periodo di relativa inattività connesso ai postumi di un grave attacco cardiaco. Nel 1955 divenne socio nazionale dell'Accademia dei Lincei, della quale faceva parte come Socio corrispondente sin dal 1948.
Appartiene al periodo padovano la pubblicazione di alcuni studi rilevanti dedicati a I Fasti consolari dell'Impero romano dal 30 a.C. al 613 d.C. (Roma 1952) - repertorio fondamentale elaborato parallelamente alla redazione del fascicolo delle Inscriptiones Italiae -, a temi di storia municipale romana (tra cui si segnala l'ampia memoria IIIIviri in colonie romane e in municipi retti da IIviri, in Memorie d. Accad. naz. d. Lincei, cl. di sc. mor., stor. e filol., s. 8, II [1949], pp. 281-345), e a problemi di storia e topografia dell'Istria (I porti romani dell'Istria, in Anthemon..., cit.; L'esportazione di olio e di olive istriane nell'età romana, in Atti e mem. d. Soc. istr. di archeol. e storia patria, n.s., VIII [1956], pp. 104-12). Nel 1953 era succeduto a Camillo De Franceschi nella presidenza della Società istriana di archeologia e storia patria.
Il D. fu chiamato a Roma alla cattedra di epigrafia e antichità romane nel giugno 1956, solo dopo che furono venuti meno - con la morte di Giuseppe Cardinali - gli ostacoli di natura personale ed accademica che si erano frapposti sino ad allora al suo trasferimento nella capitale. La prolusione tenuta a Roma il 26 nov. 1956, dedicata a L'epigrafia latina in Italia nell'ultimo ventennio e i criteri del nuovo insegnamento (Padova 1957), rappresentò un prezioso punto fermo sullo stato della disciplina e insieme il punto di partenza per una nuova stagione, che vedeva restituita all'epigrafia latina una più autonoma possibilità di sviluppo e di insegnamento, svincolata dall'incorporamento forzato nei corsi tradizionali di storia romana.
Consapevole che il lavoro dell'epigrafista non può limitarsi alla lettura di un testo, ma deve tendere al suo inquadramento nel contesto della storia politico-istituzionale, sociale ed economica, il D. affermò la necessità del rigore nel metodo di edizione, sostenuto da una profonda conoscenza delle fonti storiche classiche. Compito dello studioso è, nella sua prospettiva, non solo l'esatta valutazione delle circostanze del rinvenimento del testo iscritto, l'analisi della qualità del supporto (tipo di pietra impiegato, tecniche di lavorazione, ecc.), l'autopsia del testo e l'attento esame delle tecniche di scrittura, con particolare attenzione critica alla paleografia e all'uso dei formulari - momenti in cui la produzione del D. si mostra in più occasioni esemplare -, ma anche un commento del testo che non può prescindere dalla conoscenza delle antichità pubbliche e private, del diritto, della storia della lingua, della topografia e - naturalmente - dell'archeologia. A questa consapevolezza, in particolare, dobbiamo il frequente richiamo del D. alla necessità della illustrazione fotografica delle iscrizioni, per le quali una valutazione limitata al solo dato testuale - secondo un approccio di carattere storico-filologico largamente diffuso - si dimostrava palesemente insufficiente.
Il D. insegnò a Roma un solo anno accademico. Entrato fuori ruolo per limiti di età il 1° nov. 1957, continuò a tenere i corsi di epigrafia e antichità romane nell'ambito della Scuola nazionale di archeologia, di cui tenne anche la direzione, sino al suo collocamento a riposo (1° nov. 1962). Nel 1957 vide la luce il primo volume (il secondo uscirà nel 1962; la seconda edizione del primo nel 1965) della raccolta delle Inscriptiones Latinae liberae rei publicae (Firenze), concepita, anche su istanza dello storico Arnaldo Momigliano, ad uso didattico, ma destinata in realtà a divenire strumento agile ed insostituibile dell'epigrafista come dello storico e dell'archeologo. Studioso ormai di fama mondiale, il D. - dopo la fine del breve periodo di insegnamento universitario romano - sarà chiamato a far parte nel 1958 sia della American Philosophical Society che della British Academy. Nel 1959 entrò nella Accademia di archeologia, lettere e belle arti di Napoli. Il 24 nov. 1961 l'università di Vienna gli decretò il rinnovo della laurea "quinquagesimis votis solutis".
Anche negli anni successivi al suo collocamento a riposo il D. rimase attivissimo. Accanto al secondo volume delle Inscriptiones Latinae liberae rei publicae, il 1963 vide anche l'uscita del monumentale volume dei Fasti anni Numani et Iuliani (Inscr. It., XIII, fasc. II), dedicato ai calendari romani, con il quale veniva portata a compimento l'opera intrapresa sin dal 1934.
I tre fascicoli della collana curati dal D. rappresentano senza alcun dubbio il frutto migliore di quella iniziativa editoriale e scientifica, nata nel primo dopoguerra con l'intento di pubblicare in fascicoli separati ed illustrati tutte le iscrizioni latine dell'Italia romana e delle province appartenenti allora al territorio italiano, ma dimostratasi nel concreto impresa superba e fallimentare - per riconoscimento dello stesso D., che dell'impresa si trovò ad essere per lungo tempo critico animatore - a causa della mole immensa, ed in continuo accrescimento, dei documenti e della cronica mancanza di mezzi, resa ancor più acuta dalla scarsità del personale scientifico adeguatamente preparato, specie in seguito alla soppressione dell'insegnamento autonomo della epigrafia latina dall'ordinamento universitario (giudizi del D. sulla iniziativa: Inscriptiones Italiae, in Actes du II Congrès int. d'épigr. grecque et latine, Paris 1952, Paris 1953, pp. 94-105, in part. pp. 94 s.; Inscriptiones Iugoslaviae, in Latomus, XXIII [1964], pp. 324-29). Allo stesso 1963 risale l'assunzione da parte del D. della presidenza della Association internationale d'épigraphie grecque et latine, costituitasi a Parigi.
La produzione scientifica del D. si esplicò in quegli anni in numerose note, interventi e recensioni, tra cui ricordiamo le comunicazioni tenute ai congressi di epigrafia greca e latina (L'indicazione dell'età nelle iscrizioni sepolcrali latine, in Akte... IV. int. Kongr. f. gr. u. lat. Epigr., Wien 1962, Wien 1964, pp. 72-98; L'epigrafia latina in Italia nell'ultimo quinquennio (1963-67), in Acts... Fifth Int. Congr. gr. lat. epigr., Cambridge 1967, Oxford 1971, pp. 163-74) e in particolare le quattro memorie presentate all'Accademia dei Lincei (Epigraphica I-IV, in Mem. d. Acc. naz. d. Lincei, cl. di sc. mor., stor. e filol., s. 8, XI, 3 [1963], pp. 139-69; XI, 5 [1965], pp. 233-76; XIII, 1 [1967] pp. 1-53; XIV, 2 [1969], pp. 111-41), preziosa raccolta di edizioni, revisioni, commenti e note su materiali epigrafici urbani dell'Italia municipale e provinciale, tra cui spicca, per le rilevanti conseguenze di carattere storico-archeologico, l'analisi delle iscrizioni del santuario della Fortuna Primigenia di Palestrina, rivendicate ad età presillana. L'ultimo suo lavoro di maggiore impegno fu la pubblicazione di un voluminoso Auctarium del Corpus inscriptionum Latinarum, curato per fornire una illustrazione fotografica abbondante alla raccolta delle Inscriptiones Latinae liberae rei publicae (Imagines, Berlino 1965). Rimase invece per il momento inedito il Supplementum al I volume del Corpus inscript. Lat., che aveva potuto consegnare manoscritto alla Accademia di Berlino nell'aprile 1968, poco più di un anno prima della morte, avvenuta a Roma il 1° giugno 1969.
Già nel 1962 un gruppo di amici e di allievi aveva provveduto alla edizione - in occasione del suo settantacinquesimo compleanno - di due volumi di Scritti vari di antichità del D., accompagnati dalla bibliografia aggiornata al 1962. L'ottantesimo anniversario verrà celebrato dalla Società istriana di storia patria con la pubblicazione di un terzo volume cui seguì, a due anni dalla scomparsa del D., un quarto volume, a cura della stessa Società, corredato della bibliografia completa e definitiva del D. comprendente 243 titoli (Scritti vari di antichità, IV, Trieste 1971, pp. VII-XVII).
Bibl.: G. Brusin, L'attività epigrafica di A. D., in Atti d. Istituto veneto di sc., lett. e arti, C (1940-41), pp. 131-42; necr. in Aquileia nostra, XI (1969), coll. 205-13; in Rend. d. Pont. Accad. di archeol., XLII (1969-70), pp. 21-25; in Atti e mem. d. Soc. istr. di archeol. e st. patria, n. s., XVIII (1970), pp. 5-17; S. Panciera, A. D., in Gnomon, XLIII (1971), pp. 733-36; F. Sartori, A. D. (1887-1969), in Praelectiones Patavinae, Roma 1972, pp. 75-87; Encicl. Ital., App. III, 1, p. 471.