HORTIS, Attilio
Nacque a Trieste, il 13 maggio 1850, da Arrigo ed Elisa Romano. Compì i primi studi nel ginnasio tedesco, frequentando, quindi, quello italiano - formatosi nel 1863 - dove fu allievo, tra gli altri, dell'erudito O. Occioni. Nel 1866, seguì il padre, espulso da Trieste per ordine della polizia che temeva manifestazioni filoitaliane, dapprima a Vienna, quindi attraverso la Baviera e la Svizzera, in Italia. A Milano conobbe gli ambienti del Comitato triestino istriano.
Sulla spinta emozionale di questi contatti cercò e raccolse, nella Biblioteca di Brera, gli elementi a suffragio di una petizione che gli emigrati giuliani vollero far pervenire al cancelliere tedesco O. von Bismarck.
Iniziò a viaggiare, iscrivendosi all'università e laureandosi dapprima a Padova, in giurisprudenza e in lettere (1871), e quindi a Graz (1872), per farsi riconoscere il titolo nei territori imperiali. Ebbe come maestri L. Luzzatti e A. Pertile nel diritto, G. Zanella per l'italiano, G. De Leva in storia. Dopo la laurea, aiutato dalla disponibilità economica del padre, continuò a viaggiare e a frequentare le biblioteche di Firenze, Parigi, Oxford, Basilea, Bruxelles, Monaco, dove, con grande determinazione, cercò manoscritti riguardanti Petrarca e Boccaccio e mise in piedi una proficua rete di contatti. Al rientro a Trieste, il 10 ott. 1873 vinse il concorso per bibliotecario civico, incarico che resse per cinquant'anni, nella tradizione di erudizione e impegno politico che aveva contraddistinto i due illustri predecessori, D. Rossetti e P. Kandler. Gli studi sul Petrarca, sulle opere latine del Boccaccio e più in generale sull'umanesimo gli aprirono le strade della comunità italiana dei dotti, senza escludere proficui contatti anche con studiosi stranieri, come F. Gregorovius.
"Nel Petrarca egli ammirava il pioniere di quell'Umanesimo che al di là dell'imperialismo medievale […] cercava di riconquistare all'Italia il dominio universale almeno nel mondo della coltura: ma ammirava anche, del pari, quell'entusiasmo, sì ristretto in apparenza, sì profondo in sostanza, per il quale l'attaccamento al campanile diventava a poco a poco affetto alla nazione e la piccola patria, "che un muro ed una fossa serra", si allargava sino a comprendere in una patria più grande, tutti i municipi, tutte le singole regioni, sino a dare […] a questa patria più grande tutta la forza materiale […] di cui aveva bisogno". In questo modo, la voce del Petrarca lo ricondusse alla visione di un'Italia, "una, forte e concorde", auspicata sin dalle "impazienze sconsolate di Nicolò Machiavelli" (Pasini, pp. 9 s.).
Il suo capolavoro, ben mille pagine, furono gli Studi sulle opere latine del Boccaccio (Trieste 1879), il cui valore, giunto intatto sino agli studi più recenti, "incute ancor oggi soggezione per l'ampiezza, il rigore, l'esasperante compiutezza dell'indagine" (M. Gentile, p. 6), fornendo un contributo decisivo alla comprensione del Boccaccio filologo, storico e moralista. In questo seppe intuire il bisogno della cultura accademica italiana di innervare assieme, facendole convergere, erudizione e filologia, traducendo questa esigenza nella maggior circolazione degli scrittori del Trecento.
Direttore dal 1875 (poi anche presidente) della Società di Minerva, l'anno seguente assunse la direzione del periodico Archeografo triestino, rivista di storia e archeologia, che tenne sino al 1887, pubblicando vari e approfonditi saggi. Dopo il 1880 si dedicò quasi esclusivamente alla storia di Trieste, della quale pubblicò frammenti di una più vasta opera che non riuscì a completare, sempre diviso tra l'interesse culturale e l'impegno politico di rilancio dell'italianità di Trieste. La tragedia del suicidio del padre (1878) lo impoverì, poiché volle vendere gran parte dei beni di famiglia per soddisfare i creditori e riassicurare alla famiglia, e alla memoria del padre, una giusta onorabilità. La disgrazia contribuì a fargli intraprendere la carriera politica a fianco di quella di studioso: negli anni Ottanta, l'H., anche a causa delle strettezze finanziarie in cui si trovò, rinunciò espressamente alle proprie ambizioni letterarie, a favore di un rinnovato impegno nella lotta per l'italianità di Trieste. E ciò nonostante la posizione di estremo rilievo assunta durante il congresso bibliografico internazionale di Parigi (1878), la vasta eco del discorso per l'inaugurazione del monumento a Boccaccio a Certaldo (1879), l'offerta di una cattedra di filologia romanza all'Università di Graz o della prefettura alla Biblioteca nazionale di Roma, che declinò entrambe.
Gli studi (inediti) su Trieste medievale, che gli fruttarono il premio Rossetti (1883), e gli altri scritti storici dell'H. si segnalano per la modernità dell'approccio storiografico, in cui la ricerca d'archivio supera l'erudizione ottocentesca a favore dell'iscrizione di Trieste in un più ampio panorama italiano ed europeo.
A lungo consigliere comunale, con le prime elezioni a suffragio universale dell'Impero austro-ungarico venne pubblicamente investito, al politeama Rossetti dal capo del movimento nazionale F. Venezian, della candidatura al Parlamento di Vienna, dove fu eletto in modo plebiscitario l'8 marzo 1897 (e poi nel 1901).
Portò a Vienna "il grido di dolore della sua gente offesa" dalla dominazione austro-ungarica e propugnò l'obiettivo della creazione di un'università italiana a Trieste, in un celebre discorso, pronunciato in tedesco, nel 1902. "Il documento maggiore della sua partecipazione […] manifesta […] questa vitale consonanza tra dottrina e sentimento, tra l'autorità dello studioso di fama universale e la precisa rilevanza del mandato rappresentativo": parlando a rappresentanti di nazionalità diverse, spesso ostili, di certo estranei al problema, riuscì a catalizzare l'attenzione dell'aula, con precisi riferimenti giuridici e facendo appello alla solidarietà reciproca (M. Gentile, pp. 13 s.). Fu questo un periodo di fortunati discorsi pubblici ("ogni sua comparsa era un'apparizione. L'imprecisione imaginosa del sentimento popolare ne faceva forse una specie di dottor Faust, in cui le leggi del tempo, la notte e il giorno, la natura e la soprannatura si confondessero nel prodigioso arcano del sapere", Benco, p. 367) e di positivi contatti diplomatici, in cui la posizione dell'H. plaudì agli accordi commerciali franco-italiani, visti come primo passo verso il superamento della Triplice alleanza e la fine del dominio austriaco a Trieste, come disse alla Società progressista, il 28 nov. 1898. Atti, questi, che portarono al conferimento della cittadinanza onoraria (1° febbr. 1907) da parte del Consiglio comunale.
Nel 1908 intraprese un viaggio diplomatico, nel quale ebbe importanti colloqui sull'irredentismo, in Italia, a Londra e a Parigi, dove incontrò il primo ministro G. Clemenceau, dieci anni dopo tra i più sensibili al problema di Trieste italiana. Nel 1915, dopo avere scritto al re perché adempisse, su Trieste, al voto di suo nonno, lasciò la città e vi tornò nel 1918. Nel frattempo rifiutò la cattedra di storia del Risorgimento all'Università di Bologna (1916) e ritardò la nomina a senatore del Regno al febbraio 1919. L'11 dicembre di quell'anno venne eletto vicepresidente del Senato (Salata, pp. 167-171).
Fu cavaliere di gran croce dell'Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro, socio della Società bibliografica italiana, dei Lincei, della Crusca e di oltre una dozzina di accademie, tra cui quelle di Napoli e di Palermo, dell'Istituto veneto di scienze lettere e arti e dell'Ateneo veneto, della Royal Society of literature di Londra. Nel settembre 1921, già malato, tenne la presidenza dell'XI riunione della Società italiana per il progresso delle scienze, a Trieste, con una prolusione sul ruolo politico dei congressi degli scienziati nell'Italia prequarantottesca.
Il G. morì a Trieste il 23 febbr. 1926.
Opere. Lasciò le sue carte e 11.000 volumi alla Biblioteca civica, che, dopo la piazza dove sorge l'edificio (1926), nel 1950 venne intitolata alla sua memoria. L'archivio privato dell'H., conservato a Trieste nella Biblioteca civica Attilio Hortis (Archivio diplomatico, ordinato in circa 160 pezzi, ma non inventariato), contiene carte letterarie e politiche. Tra i lavori dell'H. - oltre a una trentina di interventi di vario genere editi sull'Archeografo triestino, dal 1875 al 1886, anni nei quali ne fu il direttore, e a vari altri articoli apparsi su Pagine istriane, L'Operaio, Il Piccolo, L'Indipendente e altri periodici minori - si ricordano ancora gli scritti letterari: Tesi che A. Hortis di Trieste si propone di sostenere nella sua promozione al grado di dottore in ambe le leggi nella R. Università di Padova nel gennaio 1871, Padova 1871; Scritti inediti di F. Petrarca, Trieste 1874; Catalogo delle opere di F. Petrarca esistenti nella petrarchesca Rossettianaaggiuntavi l'iconografia della medesima, ibid. 1874; Dante e il Petrarca. Nuovi studi, in Rivista europea, VI (1875), pp. 277-283; G. Boccacci, ambasciatore in Avignone e Pileo da Prata proposto dai Fiorentini a patriarca di Aquileia, Trieste 1875; Alcune (LIII) lettere inedite di P. Metastasio, pubblicate dagli autografi, ibid. 1876; Documenti che riguardano la storia di Trieste e dei Walsee, ibid. 1877; Cenni di G. Boccacci intorno a Tito Livio, ibid. 1877; Le donne famose descritte da G. Boccacci, ibid. 1877; Accenni alle scienze naturali nelle opere di G. Boccacci e particolarmente del libro De montibus, silvis, etc., ibid. 1877; M.T. Cicerone nelle opere del Petrarca e del Boccacci, ibid. 1877; Studi sulle opere latine del Boccaccio Aggiuntavi la bibliografia delle edizioni, ibid. 1879; La corografia di Pomponio Mela attribuita falsamente al Boccaccio, ibid. 1879; Commemorazione di D. Rossetti, ibid. 1892; Gli antichi podestà di Trieste. Per le nozze R. Pitteri - C. Artelli, ibid. 1895; Nel VI centenario della visione dantesca, ibid. 1900; Per la Università italiana di Trieste, ibid. 1902; Ravenna alle terre redente in testimonianza dell'attesa, Ravenna 1916; MDCCCLXIII-MCMXIII, Nel cinquantenario dalla fondazione del Ginnasio comunale, Trieste 1913, pp. 5-37; cui si aggiungono gli interventi alla Camera dei deputati di Vienna e i discorsi pronunciati nella sua attività di senatore del Regno.
Fonti e Bibl.: Necr. in Archeografo triestino, XL (1925-26), pp. 347-358 (con bibl.); G. Costantini, L'opera letteraria di A. H., in Miscellanea di studi in onore di A. H., Trieste 1910, pp. 7-112 (cui si rimanda anche per la bibliografia sino al 1909); A. Tamaro, Storia di Trieste, Roma 1924, II, passim; S. Benco, Commemorazione di A. H., in Archeografo triestino, XLI (1926), pp. 359-374; F. Salata, A. H. e la sua opera politica, in Nuova Antologia, 16 marzo 1926, pp. 150-173 (anche per la bibl. completa); F. Pasini, Ricordo di A. H. (1850-1926), in Convegno petrarchesco, Arezzo… 1928, in Atti e memorie della R. Accademia Petrarca di scienze, lettere ed arti, n.s., VII (1928), pp. 8-11; F. Cusin, Un aspetto caratteristico della coltura triestina nell'opera di D. Rossetti e di A. H., Trieste 1931, pp. 66-125; L. Gasparini, Corrispondenti triestini e istriani del Carducci, in La Porta orientale, VI (1936), pp. 305-307; A. Gentile, La persona di A. H., ibid., XXIII (1953), pp. 431-446; Id., Arrigo e A. H. e il liberalismo triestino, in Rass. stor. del Risorgimento, XLII (1955), pp. 281-288; I documenti diplomatici italiani, s. 3, III, 1898-1900, a cura di G. Perticone, Roma 1962, p. 73; M. Gentile, A. H. nel cinquantenario della morte, Trieste 1976; F. Salimbeni, Storiografia triestina, in Atti e memorie della Società istriana di archeologia e storia patria, n.s., XXV (1977), pp. 413-422; A. Stella, Il Comune di Trieste, in Storia d'Italia (UTET), XVII, Torino 1987, pp. 168-170; A. Trampus, Vie e piazze di Trieste moderna, Trieste 1989, pp. 307-309 (con bibl. recente); G. De Gregori - S. Buttò, Per una storia dei bibliotecari italiani del XX secolo. Diz. bio-bibliografico 1900-1990, Roma 1999, pp. 108 s.