NAVIGAZIONE, Atto di
Col nome di Atto di navigazione s'intende generalmente il gruppo organico di provvedimenti approvati il 9 ottobre 1651, dal parlamento d'Inghilterra per proteggere la marina mercantile nazionale contro la concorrenza straniera, particolarmente olandese. Ma effettivamente quello del 1651 non è che uno, e non l'ultimo, di una serie di provvedimenti analoghi, di cui il primo che si conosca risale al 1381.
Fino da allora si era decretato che nessun suddito inglese potesse importare nel regno o esportarne alcuna mercanzia se non su navi inglesi. Il divieto d'impiegare navi straniere era stato rinnovato, evidentemente con poca efficacia, nel 1485, 1488, 1532, 1540. Ma poiché il decreto del 1540 aveva provocato da parte della Spagna un provvedimento di rappresaglia, che escludeva le navi inglesi da tutti i possedimenti spagnoli, esso fu presto revocato. Soltanto dopo la rivoluzione del 1648 la politica di protezionismo navale fu ripresa con nuova energia, anche allo scopo di danneggiare l'Olanda contro la quale si erano fortemente inasprite in quegli anni la rivalità e l'animosità inglesi. Nel 1651 e nel 1660 si approvano i due atti decisivi in tale materia i quali raggruppano e completano in un codice sistematico tutte le disposizioni che erano disperse e quasi nascoste in molte leggi precedenti, e determinano quello che sarà l'indirizzo costante della politica navale inglese nei due secoli successivi.
Con l'atto del 1651, mentre si confermavano le vecchie disposizioni che riservavano alle sole navi inglesi il diritto di esercitare il commercio costiero nel regno e proibivano l'importazione di pesci salati che non fossero pescati con battelli inglesi, si stabiliva che le merci provenienti dall'Asia, dall'Africa e dall'America non potessero essere portate nelle isole britanniche e viceversa che su navi appartenenti a sudditi inglesi, di cui il capitano e almeno la metà dell'equipaggio fossero inglesi o delle colonie inglesi; che le merci provenienti da paesi europei o in essi prodotte potessero essere importate soltanto su navi inglesi o dei paesi di provenienza. Queste misure proibitive, data l'insufficienza della marina mercantile inglese, provocarono un rialzo dei noli e vive proteste del ceto mercantile. Ma l'interesse degli armatori finì per prevalere, tanto che nel nuovo Atto di navigazione del 1660 si elevò dalla metà ai tre quarti la proporzione minima dei marinai inglesi per le navi che esercitavano il commercio con le colonie; si stabilirono dazî differenziali, più elevati per i prodotti europei che fossero importati su navi straniere; e si estesero le misure protezionistiche anche al commercio fra colonia e colonia. I due atti del 1651 e 1660, che finiscono per costituire un tutto solo, furono molto variamente giudicati dai contemporanei e dai posteri. Molti, e fra questi lo stesso Adamo Smith, videro in essi non soltanto un provvedimento imposto da necessità politiche e militari, ma anche l'atto di volontà che rese possibile lo sviluppo e il trionfo della potenza marittima inglese. Altri invece li considerarono più di danno che di vantaggio, e attribuirono i progressi della marina britannica ad altre cause del tutto indipendenti da essa.
Effettivamente nei primi cinquant'anni i benefici determinati da quei provvedimenti furono assai modesti e la stessa industria delle costruzioni navali, ostacolata dal forte rialzo dei costi, non ebbe quell'incremento che se ne sarebbe potuto sperare. Ma, dopo il primo decennio del sec. XVIII, i progressi della marina inglese si fanno rapidissimi, e se essi non sono determinati, sono indubbiamente aiutati dalla rigida osservanza di quei provvedimenti che la liberavano dalla concorrenza schiacciante della marina olandese. E appunto, come riconoscimento di questo beneficio iniziale, l'Atto di navigazione fu mantenuto in vigore anche in un periodo in cui la superiorità della marina britannica era diventata tale da non temere concorrenti; ed esso non fu revocato che nel 1849 dopo il trionfo del libero scambio.
Bibl.: E. Lipson, The economic history of England, III, The age of mercantilisme, Londra 1931.