VANNUCCI, Atto
– Nacque a Tobbiana, nel comune di Montale (Pistoia), il 30 dicembre 1810 da Giuseppe e da Maria Domenica Bartoletti, contadini, proprietari di alcuni terreni.
Dopo aver appreso le prime nozioni scolastiche dal parroco del paese Onorato Fini e, in seguito, dallo zio paterno don Francesco Vannucci, abate di San Martino in Campo nel comune di Carmignano, nel 1825 entrò come alunno esterno nel collegio Forteguerri di Pistoia e nel 1827 come convittore nel seminario vescovile. Qui ebbe per maestro il canonico Giuseppe Silvestri, il quale, quando nel 1831 fu chiamato a dirigere il collegio Cicognini di Prato, gli propose di seguirlo, affidandogli nel novembre del 1831 la carica di prefetto di camerata e dal dicembre del 1832 un insegnamento straordinario di storia riservato ai migliori studenti. Nel 1833 Vannucci ottenne la cattedra di umanità che tenne fino al 1840, quando passò a quella di cronologia e storia universale. Nel frattempo, nel giugno del 1834, fu ordinato sacerdote, un ruolo che fin da allora interpretò con spirito libero, mostrando una spiccata avversione per le gerarchie ecclesiastiche e cercando di conciliare la religione cattolica con le idee di libertà e di modernità. Decisiva in tal senso fu l’influenza delle opere di Félicité-Robert de Lamennais, che egli ebbe modo di conoscere personalmente durante una sua visita a Prato nel luglio del 1832 e di incontrare successivamente a Parigi.
A Prato, Vannucci entrò in contatto con il cenacolo intellettuale che ruotava intorno all’avvocato Giovacchino Benini ed era frequentato, fra gli altri, da Giuseppe Arcangeli, Cesare Guasti, Zanobi Bicchierai, Carlo Livi, Giuseppe e Giovan Battista Mazzoni. Uomini con idee e opinioni politiche diverse, che erano tenuti insieme da una comune passione culturale e civile e da un sentimento nazionale che con gli anni divenne sempre più convinto. Uno dei luoghi di ritrovo del gruppo era l’Accademia degli Infecondi, di cui Vannucci nel 1838 venne eletto segretario. Fu all’interno di questo circolo che nacque l’idea di una Biblioteca dei classici latini con commenti italiani per uso delle scuole, che fu edita dalla Tipografia Aldina, di proprietà di Benini, ed ebbe in Vannucci uno dei più assidui collaboratori. Fra il 1840 e il 1850 egli curò per la collana le edizioni di testi di Ovidio, Fedro, Orazio, Sallustio, Tacito, Cornelio Nepote, Catullo, Tibullo e Properzio, raccogliendo più tardi i saggi introduttivi nel volume Studi storici e morali intorno alla letteratura latina (Torino 1854), più volte ristampato. Fin dal 1837 si era peraltro cimentato in un genere letterario, le biografie di italiani illustri, di cui sarebbe diventato un maestro riconosciuto. Una trentina di voci furono infatti da lui redatte per la Biografia degli italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti del secolo XVIII e de’ contemporanei compilata da letterati italiani di ogni provincia e pubblicata per cura del professore Emilio De Tipaldo (I-X, Venezia 1834-1845). Esse comparvero nei volumi dal IV (1837) al VII (1840).
Al settembre-ottobre del 1834 risale il primo contatto di Vannucci con Giovan Pietro Vieusseux e con l’ambiente culturale che gravitava intorno al Gabinetto scientifico e letterario, con il quale iniziò una collaborazione duratura. Il soggiorno fiorentino rappresentò per Vannucci la prima occasione di visitare luoghi diversi rispetto a Pistoia e Prato, dove aveva vissuto fino ad allora. Negli anni seguenti egli prese l’abitudine di utilizzare i periodi di vacanza dagli impegni scolastici per compiere lunghi viaggi, di cui lasciò memorie e diari manoscritti. Nel 1835 visitò il Mugello, il Casentino e la Valdichiana, nel 1837 la Lombardia e Milano, nel 1838 Roma, nel 1839 la montagna pistoiese e Pisa, dove partecipò al primo congresso degli scienziati italiani, nel 1843 Parigi e alcune città della Francia, della Germania, della Svizzera e dell’Alta Italia, nel 1845 la Campania e la Sicilia, nel 1846 Genova e la Provenza, nel 1847 di nuovo Roma.
Assai importante, anche per gli immediati riflessi che ebbe sull’evoluzione del suo pensiero politico, fu il viaggio a Parigi, che si protrasse dal 24 gennaio al 9 maggio 1843. Qui, oltre ad assistere ad alcune lezioni alla Sorbonne e al Collège de France, ebbe modo di incontrare nuovamente Lamennais e soprattutto di conoscere e frequentare alcuni patrioti italiani in esilio, fra i quali Giovanni Arrivabene, Terenzio Mamiani della Rovere, Giuseppe Ricciardi, Michele Amari, Giovanni Berchet, Giuseppe Lamberti e Pietro Giannone. Lamberti, che teneva le fila del movimento mazziniano a Parigi, e Giannone, con il quale strinse subito una profonda amicizia, introdussero Vannucci negli ambienti della Giovine Italia e, secondo fonti di polizia che lasciano però alcuni margini di dubbio, egli aderì a questa organizzazione. Certo è che dopo questo viaggio si spostò su posizioni repubblicane assai vicine a quelle di Giuseppe Mazzini e consolidò i propri sentimenti patriottici, coniugandoli con valori laici e anticlericali che divennero con il tempo sempre più marcati. Fiero avversario del neoguelfismo, espresse perciò dure critiche nei confronti di Vincenzo Gioberti e del suo Del primato morale e civile degli italiani (Bruxelles 1843), salvo assumere un atteggiamento più indulgente l’anno successivo quando questi si scagliò contro i gesuiti e il gesuitismo nei Prolegomeni del primato morale e civile degli italiani (Bruxelles 1844) .
Nel frattempo, mentre proseguiva la sua produzione di opere storico-letterarie (Poesie edite e inedite di Bartolomeo Sestini e notizie biografiche raccolte da Atto Vannucci pistoiese, I-II, Pistoia 1840; Documenti del sacco dato a Prato dagli Spagnoli nel 1512, pubblicati e illustrati per cura di Atto Vannucci, Firenze 1841; Memoria della vita e degli scritti di Giuseppe Montani, Capolago 1843), Vannucci iniziò a collaborare con alcune riviste che facevano capo a Vieusseux, come la Guida dell’educatore e l’Archivio storico italiano, cui destinò vari articoli fra il 1842 e il 1846 e poi di nuovo dal 1854. Fu nel supplemento mensile della Guida dell’educatore – le Letture per la gioventù – che pubblicò una serie di articoli poi raccolti nel volume Sulla storia fiorentina. Discorsi di Atto Vannucci estratti dalle Letture per la gioventù (Firenze 1844), più avanti ristampato con il titolo definitivo I primi tempi della libertà fiorentina (Firenze 1853). Fra il 1844 e il 1845 collaborò inoltre a La Rivista, diretta da Enrico Montazio.
Nel maggio del 1847, quando Leopoldo II concesse la libertà di stampa nel Granducato di Toscana, Vannucci era dunque un intellettuale già affermato e conosciuto per i suoi ideali democratici e patriottici. Fu uno dei redattori del giornale L’Alba, che vide la luce nel giugno del 1847 e sostenne posizioni politicamente molto avanzate, fino a teorizzare l’avvento della repubblica. Vannucci, che nel gennaio del 1848 fu nominato accademico della Crusca, lo diresse dal 10 febbraio al 22 marzo 1848, allorché si dimise per protestare contro la censura granducale che aveva ripreso vigore. In quel periodo lasciò l’insegnamento per dedicarsi all’impegno politico e giornalistico. Candidatosi al Parlamento toscano nelle elezioni del giugno e novembre del 1848 per il collegio di Porta San Marco e Montale, fu entrambe le volte sconfitto. Nel frattempo dette alle stampe una delle sue opere più famose, I martiri della libertà italiana dal 1794 al 1848 (Firenze 1848), in cui raccolse una serie di profili biografici originariamente pubblicati su L’Alba e su L’Inflessibile, giornale di ispirazione guerrazziana che uscì fra il luglio e l’agosto del 1848. Tale opera, cui Vannucci lavorò per tutta la vita correggendola e accrescendola, ebbe uno straordinario successo editoriale e fu più volte ristampata.
Nel dicembre del 1848 fu a Roma come rappresentante del circolo di Prato nel comitato che intendeva promuovere una Costituente italiana. Rientrato a Firenze, dopo la fuga del granduca nel febbraio del 1849 assunse dapprima la guida della città di Prato insieme a Giuseppe Campani e Augusto Carradori e subito dopo (11 febbraio) l’incarico di inviato straordinario del governo provvisorio toscano presso la Repubblica Romana. Egli si batté perché anche il governo toscano proclamasse la repubblica e si unisse a quello di Roma, ma questa sua proposta, soprattutto per l’opposizione di Francesco Domenico Guerrazzi, non venne approvata.
Dopo la restaurazione granducale fu costretto a esiliare in Francia e fu quello il momento in cui decise, di fatto, di abbandonare anche il sacerdozio. Si stabilì a Parigi dove restò, tranne alcuni mesi nel 1850 trascorsi a Brighton e un breve soggiorno in Belgio nel 1852, fino all’ottobre del 1852, quando si trasferì a Lugano per insegnare lettere italiane, latino e storia nel locale liceo.
Durante il periodo dell’esilio tornò a dedicarsi agli studi e scrisse la sua opera storica più importante, Storia d’Italia dai tempi più antichi fino all’invasione dei Longobardi (I-IV, Firenze 1851-1855), poi ripubblicata da Le Monnier con il titolo Storia dell’Italia antica (I-IV, Firenze 1863-1864).
Rientrato in Toscana sul finire del 1854, Vannucci rimase per qualche anno estraneo alla vita politica e solo nel febbraio del 1857, con il mensile Rivista di Firenze e Bullettino delle arti del disegno, da lui fondato e diretto fino al gennaio del 1860, tornò all’impegno giornalistico. Riprese l’attività politica nel 1859, quando ormai aveva abbandonato le posizioni mazziniane di dieci anni prima per avvicinarsi a quelle liberali, unitarie e monarchiche di Cavour. Membro dell’Assemblea toscana nel 1859, nel 1860 fu eletto deputato di Firenze al Parlamento subalpino e nell’ottobre del 1865 fu nominato senatore del Regno d’Italia.
Con decreto del 4 maggio 1859 il governo provvisorio toscano gli affidò la direzione della Biblioteca Magliabechiana, carica che detenne fino al marzo del 1860 e poi di nuovo dal febbraio del 1861 al febbraio del 1862. Egli fu così, fino al luglio del 1862, il primo direttore della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, che nacque nel dicembre del 1861 dall’unione delle biblioteche Magliabechiana e Palatina. Sempre nel 1859 ebbe la cattedra di letteratura latina all’Istituto di studi superiori di Firenze, che conservò fino al 1864.
Afflitto da tempo da una grave malattia agli occhi, cui si aggiunse un disturbo all’udito, che lo avrebbe portato alla sordità assoluta, trascorse l’ultima parte della vita assorbito ancora dagli studi.
Oltre all’aggiornamento e alla riedizione di opere già pubblicate negli anni precedenti, dette alle stampe i Ricordi della vita e delle opere di Giovan Battista Niccolini (I-II, Firenze 1866), il Ricordo di Giovanni Frassi (Firenze 1868), il Ricordo di Giuseppe La Farina (Firenze 1868), i Proverbi latini illustrati da Atto Vannucci (I-III, Milano 1879-1883).
Si ritagliò inoltre uno spazio nella sfera pubblica come interprete delle memorie patriottiche e fu spesso invitato a far parte di comitati o a tenere discorsi intorno alla storia nazionale più o meno recente. Emblematici furono quello pronunciato nel 1867 per ricordare gli eroi di Curtatone e Montanara (Nel XIX anniversario di Curtatone e Montanara, parole dette a Curtatone il 29 maggio 1867, in Prima commemorazione dei morti a Montanara e Curtatone nel 29 maggio 1848, Mantova 1867), oppure quello per il centenario di Machiavelli (Nel quarto centenario della nascita di Niccolò Machiavelli, Firenze 1869), che gli offrì l’occasione per ribadire i suoi immutati convincimenti anticlericali.
Morì a Firenze il 9 giugno 1883. Fu sepolto nel cimitero Monumentale di San Miniato al Monte.
Fonti e Bibl.: Il nucleo maggiore dell’archivio di Vannucci si trova presso la Biblioteca nazionale centrale di Firenze (circa 1300 lettere e varie cassette di appunti manoscritti). Di notevole interesse sono anche le Carte Vannucci conservate a Firenze presso l’Archivio contemporaneo - Gabinetto Vieusseux, sulle quali si rimanda a Le Carte Vannucci presso l’Archivio contemporaneo del Gabinetto G.P. Vieusseux, inventario e regesti a cura di C. Del Vivo, Firenze 1986. Un elenco dettagliato dei documenti di Vannucci conservati in altre biblioteche toscane e italiane è in A. Bolognesi, A. V. di Tobbiana. Intellettuale, politico, patriota dell’800, Pistoia 1998, pp. 17-19, cui si rimanda anche per l’esauriente bibliografia delle sue opere e degli studi apparsi su di lui, a cominciare dai necrologi pubblicati in occasione della morte (pp. 9-16 e 27-38). Fra i volumi a carattere monografico: G. Borghi, Il patriottismo di A. V. nella vita e nelle opere, Firenze 1901; F. Rosso, A. V. (1810-1849). Da ricordi contemporanei e dallo spoglio di 1500 lettere inedite, Torino-Firenze 1907; E. Apostolo, A. V. Vita, opere, carteggio, Vercelli 1920; G. Adami, A. V. maestro di umanità e storico moralista, Prato 1968; A. Bolognesi, A. V. nel centenario della morte, Pistoia 1983. Fra i contributi più recenti: L. Fournier-Finocchiaro, Machiavel et la tradition anticléricale italienne au XIXe siècle. Le discours d’A. V. pour le quatrième centenaire de 1869, in Laboratoire italien. Politique et société, VII (2007), pp. 199-216; A. V. nel bicentenario della nascita, Atti del Convegno... 2011, a cura di G. Petracchi - G. Bini, Pistoia-Montale 2013; Le lettere di A. V. a Enrico Bindi nella Biblioteca Leoniana del Seminario vescovile di Pistoia, a cura di A. Bolognesi, Montale 2013; Viaggio nel Mugello, Casentino, Val Tiberina, Val di Chiana nel Fondo Vannucci della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, a cura di A. Bolognesi, Pistoia 2013.