ATTONE di Vercelli
Nato negli ultimi decennî del secolo IX, figlio del visconte Aldsgario, signore di Corteregia, fu eletto vescovo nel 924 e morì il 31 dicembre 961. Amico del re Lotario II, ottenne da lui notevoli privilegi per la chiesa cattedrale di Vercelli e si oppose con la dottrina e con l'opera ai costumi corrotti e alla crescente ignoranza del clero. Con fervore d'apostolo visitò costantemente ogni anno la sua diocesi, pubblicò cento decreti per la riforma ecclesiastica, prendendo l'ispirazione dal capitolare di Teodulfo d'Orléans, e attese con ogni cura alla compilazione delle sue numerose opere. Ci restano di lui i Canones rursus statutaque Vercellensis ecclesiae, approvati dal sinodo; le Conciones, in numero di 117, discorsi brevi e di particolare efficacia didattica, tenuti al popolo; l'Expositio in epistolas Pauli, che fu molto pregiata per purezza di lingua e per dottrina; le Epistolae, inviate per ragioni d'ufficio su questioni che gli si proponevano, e il trattato De pressuris ecclesiasticis. In questo, Attone s'indugia sulla disciplina del clero, sul giudizio dei vescovi, sulle elezioni e sulle ordinazioni; si lamenta delle vendette dei laici sul clero, e ha parole di sdegno contro i simoniaci e i preti licenziosi. Un ultimo scritto è il Polypticum o Perpendiculum, trattato di morale sui vizî degli uomini, pubblicato in due redazioni diverse. Le opere di Attone furono edite, le prime dal D'Achery nel suo Spicilegium, VIII, 401-442 e seg. (Parigi 1723) e l'ultima da A. Mai, Scriptorum veterum nova collectio, VI, 2, 43 e seg. (Roma 1832). Un'altra edizione fu intrapresa da C. Buronzo del Signore, Opere di Attone, Vercelli 1768 e fu riprodotta in Migne, Patrol. Lat., CXXXIV.
Bibl.: J. Schultz, Atto von Vercelli, Gottinga 1885; M. Manitius, Geschichte der lateinischen Literatur des Mittelalters, II, Monaco 1923, pp. 27-34.