audienza (anche udienza in vecchie edizioni)
In senso proprio per " ascolto " compare in Vn XIV 10 e propuosile di dire [parole] desiderando che venissero per avventura ne la sua audienza; in Cv II III 1 è da sapere chi e quanti sono costoro che son chiamati a l'audienza mia, cioè " ad ascoltare me ". Più specificamente per " l'attenzione accordata a chi parla ", in Cv II VI 6 a la preghiera fatta de l'audienza, dove D. si riferisce all'invito rivolto agli angeli del terzo cerchio : udite il ragionar ch'è nel mio core (II Voi che 'ntendendo 2); e per " il modo con cui si ascolta ", in Pd XL 134 la tua audienza è stata attenta.
In senso proprio il termine è usato anche in Cv II VI 6 lo dicitore massimamente dee intendere a la persuasione, cioè a l'abbellire, de l'audienza, cioè a render piacevole, gradevole l'ascolto; il Tommaseo-Bellini, seguito da Scartazzini (Enciclopedia), interpretava invece abbellire come ‛ appagare ' e dava quindi ad a. il significato estensivo di " uditorio ", " moltitudine di ascoltatori ".
Quest'ultimo valore il termine dovrebbe avere anche in Fiore LXXXVII 9 Or sì vo' che ci dichi in audienza [" di fronte a tutti ", " pubblicamente "] / ... il luogo dove tu fai residenza.