Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
August Strindberg rappresenta – nell’ambito del dramma e della narrativa – la rottura di ogni schema ottocentesco e realistico, nonostante parte della sua opera si ponga all’insegna del naturalismo, mai evitando tuttavia la contaminazione con elementi romantici, pessimistici e mistico-barocchi. La modernità di Strindberg consiste proprio nella screziata ampiezza dei suoi riferimenti ed esperimenti alla ricerca d’inedite forme di espressione come nella noncuranza delle norme estetiche e talora sociali.
Il più moderno dei moderni
Nel 1924 lo scrittore americano Eugene O’Neill definisce August Strindberg "il precursore della modernità nel nostro odierno teatro" e senz’altro "il più moderno fra i moderni". È indubbio che l’autore svedese abbia ricevuto nel tempo sia il tributo degli espressionisti (che cadevano in una specie di "estasi strindberghiana"), sia di Franz Kafka ("Non leggo Strindberg per leggerlo, ma per posare la testa sul suo petto"), sia di André Gide (che lo annoverava fra "i personaggi eminenti dell’umanità") e che oggi si ponga all’origine del teatro dell’assurdo come delle correnti narrative più sperimentali, per non parlare del suo determinante influsso sul cinema, in particolare quello di Ingmar Bergman, che l’ha eletto "compagno costante" della sua arte.
Ferma questa centralità e influenza nel panorama della modernità e della postmodernità, la sua opera, varia ed estesa, presenta caratteri assai più complessi, pure riconducibili al romanticismo e al misticismo visionario barocco.
Lo Zola svedese
August Johan Strindberg nasce a Stoccolma il 22 gennaio 1849, terzogenito della numerosa prole di uno spedizioniere marittimo, Carl Oscar e di una ex cameriera, Ulrika Eleonora Norling. Sull’origine materna Strindberg ricamerà il mito di essere "il figlio della serva", tanto da intitolare in tal modo l’autobiografia del 1886, nella quale descrive un’infanzia triste e declassata. Certo l’ambiente patriarcale, il diffuso, rigoroso pietismo religioso e la precoce morte della madre tubercolotica nel 1862, con l’acquisizione di una matrigna, incidono sul suo carattere, ma la sua famiglia presenta nell’insieme un profilo borghese e Strindberg, del resto, ha i mezzi per iscriversi all’università a Uppsala. Qui frequenta corsi di medicina e di estetica senza tuttavia concludere gli studi, ma orientandosi, dal 1869, verso una precoce vocazione di drammaturgo che, già nel 1870, lo fa esordire al Teatro Reale di Stoccolma con un atto unico.
Nel 1872 Strindberg si stabilisce nella capitale come giornalista e, in estate, nell’arcipelago, termina il suo primo notevole dramma, Maestro Olof, incentrato sulla figura del "Lutero svedese", Olaus Petri, e caratterizzato da un marcato radicalismo nei concetti ("La verità è sempre sfrontata"), nella presentazione del protagonista (un eroe nazionale umanizzato nelle sue insicurezze esistenziali e colto "at home") e nella forma prosastica. Nel dramma si fanno evidenti gli influssi del nuovo realismo critico di Georg Brandes e dell’esperienza religiosa di Søren Kierkegaard. Maestro Olof viene tuttavia rifiutato dal Teatro Reale come "immaturo" e sarà rielaborato dall’autore in varie versioni, trovando la via del palcoscenico solo nel 1881.
Alla fine del 1874 Strindberg è amanuense alla Biblioteca Reale di Stoccolma, e, l’anno successivo, fa la conoscenza della baronessa Siri von Essen, infelicemente sposata a un ufficiale della guardia e desiderosa di calcare le scene. Nel marzo del 1876 lo scrittore le indirizza un’appassionata dichiarazione d’amore; la donna divorzia per sposarlo nel 1877. Due anni dopo arriva il successo letterario con il romanzo La sala rossa, sarcastico "studio in vivis" – ispirato a Dickens, ma di stile impressionista – della Svezia in fase di modernizzazione. Il romanzo – un insieme di sciolti "quadri di vita di artisti e di scrittori" – impone Strindberg come "lo Zola svedese" ovvero lo scrittore realista per eccellenza. Un titolo che l’autore contesta, considerandosi – come scrive nell’autobiografia – soprattutto “un aggregato di transizione, che conservava le peculiarità sia del romantico sia del naturalista”.
Seguendo una sua persistente pulsione a non assecondare il successo e a non farsi integrare nel corpo sociale, nel 1882, con il pamphlet roussoiano, Il nuovo regno – attaccando, frontalmente e in termini nichilistici, quella “consorteria di cricche, tutte governate dalla cricca monarchica” che, a suo parere, costituisce la Svezia – Strindberg pone i presupposti del lungo autoesilio che, dal 1883 al 1889, lo vede, con una consistente famiglia (nel 1880-1881 nascono le figlie, Karin e Greta; il terzogenito Hans viene al mondo all’estero), spesso in difficoltà economiche, in Francia, Svizzera, Italia, Germania, Austria e Danimarca.
1884: la resa dei conti
Nel 1884 la resa dei conti con l’establishment svedese: in patria viene intentato un processo per blasfemia alla prima raccolta delle "novelle coniugali" di Sposarsi e Strindberg è costretto a rientrare precipitosamente dalla Svizzera a Stoccolma, dove rischia il carcere. Il 17 novembre, dopo giorni di tensioni e di vibranti polemiche, lo scrittore viene assolto, ma è distrutto psicologicamente e abbandonato a poco a poco dai radicali che lo avevano sostenuto, pur senza condividere le posizioni del suo libro giudicate poco femministe e antiibseniane. Si apre, per Strindberg, una fase di "assolutamente inaudita impopolarità", per citare il suo editore, e di autentico boicottaggio.
Tuttavia, seguendo la consueta strategia dell’aggravamento, Strindberg nel 1885 lancia una seconda e più acre raccolta delle novelle di Sposarsi, nella quale s’intravedono personali dissidi coniugali e, soprattutto, si mettono esplicitamente in guardia i maschi dall’affermazione dell’incipiente matriarcato, che si servirebbe del femminismo per schiacciare un maschio già asservito nel ruolo sociale di "colui che mantiene la famiglia". Così si fissa l’immagine – fin troppo proverbiale – dello Strindberg misogino, ma va tenuto presente che la misoginia dello scrittore è, in primo luogo, "teoretica", una variante cioè del suo pessimismo; inoltre, si struttura sulla necessità di ritagliarsi uno spazio letterario autonomo al di fuori del malinteso ibsenismo imperante all’epoca fra gli intellettuali progressisti. Per il resto, Strindberg – almeno nel primo e socialisteggiante Sposarsi – chiede una maggiore spontaneità, parità e soprattutto amicizia nei rapporti fra i sessi e, in assoluto, dichiara: “Io non detesto le donne quando sono semplici e naturali! È l’artificio e la falsità che non riesco a sopportare in esse”. Resta vero che l’amara esperienza del processo, le crescenti disarmonie familiari e, a monte, l’impronta patriarcale della sua educazione lo orientano sempre più a concepire l’esistenza come "lotta tra i sessi", nella quale comunque il maschio non appare affatto il più forte, bensì l’essere più ingenuo e vulnerabile.
La psicologia e la nuova formula del dramma
Dopo il secondo Sposarsi e ancor più dopo le novelle di Utopie nella realtà del 1884-1885, lo scrittore comincia a proiettarsi oltre l’orizzonte dell’impegno e delle polemiche sociali che l’ha visto militare nel campo del socialismo agrario e – con la ricognizione psicologica dell’autobiografia Il figlio della serva, in quattro volumi – entra, nell’86, "nell’ambito neutro della scrittura e del pensiero".
Nel 1887-1888 la passione di Strindberg per la natura si riverbera in romanzi e racconti, che sono vividi quadri dell’arcipelago di Stoccolma: La gente di Hemsö e Vita dell’arcipelago, nei quali, tuttavia, il gusto per l’idillio è bilanciato dal crescente interesse dell’autore per la dimensione psicopatologica dell’uomo (all’insegna degli studi di Ribot, Maudsley, Charcot e Bernheim), messa peraltro a fuoco negli schizzi delle Vivisezioni dell’87, che sviluppano l’idea che ogni rapporto interpersonale si risolva all’insegna del "combattimento dei cervelli", che è poi una lotta interpsichica e suggestiva per il potere tra personalità grandi e meschine, fra maschi e femmine.
A questo punto Strindberg riprende il filo della scrittura drammaturgica e – alla ricerca della "nuova formula" della drammaturgia naturalistica come all’insegna delle concezioni dell’"omicidio" e del "suicidio psichico" – fra il 1887 e il 1888 compone una trilogia di sintetici, ipnotici e cupi drammi: Il padre, La signorina Julie e Creditori. In Danimarca, nel novembre dell’88, fonda una scena sperimentale sul modello del parigino Théâtre Libre di André Antoine, che ha una vita breve e precaria.
Nel 1887-1888 Strindberg produce un crudele romanzo psicologico, in francese, che riflette la disarmonia del suo rapporto con Siri von Essen, L’autodifesa di un folle, e, nel 1889-1890, con Sul mare aperto, descrive in termini pressoché faustiani il “naufragio dell’Individuo nell’anelito all’Individualismo assoluto”, rispecchiando il suo interesse per il Superuomo di Friedrich Nietzsche
1892-1898: la crisi religiosa
Il 1892 è l’anno del divorzio di Strindberg da Siri e del suo trasferimento a Berlino, dove diventa il punto di riferimento di una cerchia d’intellettuali, che si riunisce nei locali dello Zum schwarzen Ferkel. Strindberg ora dipinge e frequenta il pittore Edvard Munch. Nel 1893 sposa a Helgoland la giornalista austriaca Frida Uhl e, l’anno dopo, diventa padre di una bambina, Kerstin. L’unione però dura poco e, nell’ottobre del 1894, la coppia si separa a Parigi.
Giusto in quell’anno Strindberg pubblica Antibarbarus, un trattato d’impostazione monistica, che marca il suo distacco dalla letteratura e indica i suoi nuovi interessi scientifici. Da questo momento, si sviluppa – in una peregrinazione inquieta tra Francia, Svezia e Austria – la crisi spirituale, che sarà narrata, nel 1897, nei romanzi del ciclo Inferno. Strindberg si sprofonda nell’alchimia, nell’occultismo ed è affascinato dal mistico barocco Emanuel Swedenborg, il visionario svedese che ha viaggiato nell’aldilà e su altri pianeti. Dopo una problematica fase di ateismo, fa così ritorno a un personalissimo "cristianesimo aconfessionale".
Si è talora interpretata questa crisi all’insegna di un vero e proprio squilibrio psichico ovvero della paranoia dell’autore. Certo il periodo 1894-1898 è agitato e persino angoscioso per Strindberg, ma si è spesso scambiato per patologia il suo approccio sperimentale alla scienza e alle esperienze di vita in genere, in sintonia con l’occultismo e il simbolismo largamente diffusi a Parigi in quella fine di secolo. Peraltro, anche il cosiddetto nuovo espressionismo strindberghiano, che affiora nei romanzi del ciclo di Inferno come nello straordinario dittico drammaturgico di Verso Damasco del 1898 (basato in termini sperimentali sull’idea mistica ed epica del dramma a stazioni), risente in larga parte della sensibilità barocca di Swedenborg come del romanticismo spirituale di Kierkegaard.
1899-1912: cristiano e socialista
Nel 1899 Strindberg fa ritorno in patria; sino alla morte risiederà a Stoccolma, avviando un’intensa produzione drammaturgica. In primo luogo un ampio ciclo di drammi sulla storia svedese d’impronta mistico-shakespeariana e, nel 1900-1901, alcuni capisaldi del repertorio occidentale: la prima parte di Danza di morte e Un sogno, nel quale "si cerca di imitare la forma onirica sconnessa, ma in apparenza logica".
Nel maggio del 1901 Strindberg sposa la giovane attrice norvegese Harriet Bosse; l’anno dopo nasce la figlia Anne-Marie. Nel 1903, con l’intenso romanzo Solo, comincia anche una nuova stagione narrativa, in parte all’insegna di Balzac, cui fanno seguito, nel 1906, intensi racconti come La copertura della casa (Taklagsöl) (che sembra anticipare lo stream of consciousness di James Joyce) e Il capro espiatorio. Nel 1904 più pungenti romanzi satirici come Sale gotiche e Bandiere nere (pubblicato nel 1907) riaprono le polemiche sulla posizione di Strindberg, spietatamente critico – dal suo acquisito punto di vista moralistico-religioso – verso il materialismo del suo tempo e il destino sociale e spirituale della civiltà occidentale.
August Strindberg
Un sogno
Una stanza molto semplice dietro lo studio legale. A destra un grande letto matrimoniale con cortine, accanto una finestra. A sinistra una stufa metallica con pentole. Kristin sta incollando le finestre interne. Sul fondo la porta aperta dello studio; si vede povera gente in attesa di essere ricevuta.
KRISTIN: Io incollo, io incollo!
LA FIGLIA (pallida e sciupata, siede vicino alla stufa): Togli l’aria! Soffoco!
KRISTIN: Adesso è rimasta solo una piccola fessura!
LA FIGLIA: Aria, aria, non riesco a respirare!
KRISTIN: Io incollo, io incollo!
L’AVVOCATO (in piedi sulla porta con un foglio in mano): Ha ragione Kristin, il calore è prezioso!
LA FIGLIA: Oh, è come se mi sigillassi pure la bocca!
L’AVVOCATO: Il bambino dorme?
LA FIGLIA: Sì finalmente!
L’AVVOCATO (mite): Gli strilli spaventano i miei clienti!
LA FIGLIA (amichevole): Che ci si può fare?
L’AVVOCATO: Niente!
LA FIGLIA: Dovremmo prendere un appartamento più grande!
L’AVVOCATO: Non ci abbiamo i soldi!
LA FIGLIA: Posso aprire la finestra; quest’aria cattiva mi soffoca!
L’AVVOCATO: Allora se ne va il calore, e noi geliamo!
LA FIGLIA: È orribile! Possiamo pulire là fuori almeno?
L’AVVOCATO: Tu non ce la fai a pulire, io neanche, e Kristin deve incollare; tutta la casa deve incollare, ogni fessura, sul soffitto, sul pavimento, sulle pareti!
LA FIGLIA: Alla povertà ero pronta, non alla sporcizia!
L’AVVOCATO: La povertà è sempre relativamente sporca!
LA FIGLIA: È peggio di come me l’ero sognata!
L’AVVOCATO: Non ce la passiamo neanche malaccio! Finché c’è cibo in pentola!
LA FIGLI: Ma quale cibo?
L’AVVOCATO: Il cavolo è economico, nutriente e buono!
LA FIGLIA: Per quelli a cui piace il cavolo! A me fa ribrezzo!
L’AVVOCATO: Perché non l’hai detto?
LA FIGLIA: Perché ti voglio bene! volevo sacrificare i miei gusti!
L’AVVOCATO: Allora debbo sacrificare io il gusto per il cavolo! Il sacrificio dev’essere reciproco
LA FIGLIA: Che mangiamo allora? Pesce? Ma tu il pesce lo detesti.
L’AVVOCATO: Ed è caro!
LA FIGLIA: È più dura di quanto credevo!
L’AVVOCATO (amichevole): Vedi quant’è dura! E il bambino, che avrebbe dovuto essere il legame e la benedizione! diventa la nostra rovina!
LA FIGLIA: Amore! Io muoio in quest’aria, in questa stanza, con vista sul cortile di servizio, con questi strilli del bambino all’infinito, senza dormire, con quella gente là fuori, e il loro strazio, le liti e le accuse… Debbo morire qua dentro!
L’AVVOCATO: Povero piccolo fiore, senza luce, senz’aria…
LA FIGLIA: E tu dici che ci sono quelli che se la passano peggio!
L’AVVOCATO: Io nel quartiere sono fra quelli che invidiano!
LA FIGLIA: Tutto funzionerebbe, se solo potessi avere un po’ di bellezza in casa!
L’AVVOCATO: Lo so che intendi un fiore, un eliotropio in particolare, ma costa una corona e cinquanta centesimi, sono sei litri di latte o quattro sacchi di patate.
LA FIGLIA: Potrei stare volentieri senza mangiare se solo potessi avere il mio fiore.
L’AVVOCATO: C’è un genere di bellezza che non costa niente, e la cui carenza in casa è la tortura più grande per chi ha il senso del bello!
LA FIGLIA: Qual è!
L’AVVOCATO: Se te lo dico, t’arrabbi!
LA FIGLIA: Abbiamo fatto il patto di non arrabbiarci!
L’AVVOCATO: Abbiamo fatto il patto… Va bene, Agnes, solo non toni secchi, duri… li conosci? Non ancora!
LA FIGLIA: Mai dobbiamo sentirli!
L’AVVOCATO: Mai per quanto mi riguarda!
LA FIGLIA: Adesso parla!
L’AVVOCATO: Be’; quando entro in una casa, la prima cosa che noto è come cade il tendaggio… (S’avvicina alla tenda della finestra e l’aggiusta) se cade come un capestro o una pezza… me ne vado subito! Quindi do un’occhiata alle sedie… se sono in ordine, mi fermo!… (Aggiusta una sedia contro la parete) Poi guardo le candele sui candelieri… Se sono storte, allora la casa è in disordine! (Aggiusta una candela sul comò) È questa, vedi mia piccola amica, la bellezza che non costa niente!
LA FIGLIA (china la testa al petto): Non toni secchi, Axel!
L’AVVOCATO: Non erano secchi!
LA FIGLIA: Sì, lo erano!
L’AVVOCATO: Ecco, maledizione!
LA FIGLIA: È modo di esprimersi?
L’AVVOCATO. Perdonami, Agnes! Ma io ho sofferto del tuo disordine tanto quanto tu soffri della sporcizia! E io stesso non ho osato mettere mano a rigovernare, perché allora t’arrabbi come se io ti rimproverassi… uff! la finiamo adesso?
LA FIGLIA: È orribilmente difficile essere sposati… è la cosa più difficile di tutte! Bisognerebbe essere un angelo, credo!
L’AVVOCATO: Sì, lo credo anch’io!
LA FIGLIA: Credo di cominciare a odiarti dopo questo!
L’AVVOCATO: Guai a noi, allora! L’odio preveniamolo! Ti prometto che non ti farò più nessuna osservazione sul governo della casa… sebbene per me sia un supplizio!
LA FIGLIA: E io mangerò cavolo sebbene sia una pena per me!
L’AVVOCATO: E così una convivenza nella pena! Il godimento dell’uno, è la tortura dell’altro!
LA FIGLIA: Che peccato gli uomini!
L’AVVOCATO: Te ne rendi conto?
LA FIGLIA: Sì! Ma in nome di Dio evitiamo gli scogli, adesso che li conosciamo così bene!
L’AVVOCATO: Facciamolo! Siamo gente umana e illuminata; possiamo perdonare e chiudere un occhio!
LA FIGLIA: Possiamo sorridere delle sciocchezze!
L’AVVOCATO: Noi, soltanto possiamo! Sai, oggi leggo sul "Mattino"!… a proposito – dov’è il giornale?
LA FIGLIA (imbarazzata): Quale giornale?
L’AVVOCATO (duro): Ci ho più d’un giornale io?
LA FIGLIA: Sorridi adesso, e non parlare duramente… Col tuo giornale ho acceso il fuoco…
L’AVVOCATO (violento): Mannaggia!
LA FIGLIA: Sorridi adesso! L’ho bruciato perché scherniva ciò che per me è sacro…
L’AVVOCATO: Che per me è profano! Proprio! (Batte le mani, fuori di sé) Sorriderò, sorriderò fino a mostrare i molari… sarò umano, e le ficcherò sotto la sedia le mie opinioni, e dirò sì a tutto, e mi eclisserò e dissimulerò! Be’ hai dato alle fiamme il mio giornale! be’! (Aggiusta la cortina del letto attorno a una delle aste) Così! adesso sto rimettendo in ordine e tu t’arrabbierai! Agnes, questo è proprio assolutamente impossibile!
LA FIGLIA: Sicuro!
L’AVVOCATO: E comunque dobbiamo resistere, non per il vincolo della promessa, ma per il bambino!
LA FIGLIA: È vero! per il bambino! Oh! Oh! Dobbiamo resistere!
L’AVVOCATO: E adesso debbo tornare dai miei clienti! Senti, mormorano dall’impazienza di farsi a pezzi a vicenda, di trascinare alle ammende e al carcere… spiriti dannati…
LA FIGLIA: Poveri, poveri uomini! E questo incollare! (China la testa al petto in muta afflizione).
KRISTIN: Io incollo, io incollo!
August Strindberg, Un sogno, trad. it e cura di F. Perrelli, Bari, Edizioni di Pagina, 2008
Tra il 1907 e il 1910 – in collaborazione con il giovane attore August Falck – Strindberg gestisce a Stoccolma il Teatro Intimo, completamente dedicato al suo repertorio, allestendovi, senza successo, anche gli audaci "drammi da camera" del 1907: Temporale, La casa bruciata, la visionaria Sonata di spettri e Il pellicano. Nel 1908, dissolto il suo legame (quasi subito fallito) con la terza moglie, Strindberg si ritira nella Torre Azzurra, dove, nel 1909, scrive il suo ultimo dramma-confessione, La grande strada maestra. Fra il 1910 e il 1912, scoppia la cosiddetta Strindbergsfejden, un’ulteriore vasta polemica giornalistica in cui l’autore difende il suo punto di vista di "cristiano e socialista", attaccando soprattutto gli intellettuali decadenti e il conservatorismo nazionalista, trovando una sponda negli ambienti più radicali della sinistra.
Ricevuto, grazie a una sottoscrizione popolare, una specie di antipremio Nobel, Strindberg, malato di tumore, si spegne il 14 maggio 1912.