BARTHÉLEMY, Auguste-Marseille
Nacque a Marsiglia nel 1796; morì nella stessa città il 23 agosto 1867. Ebbe un periodo di larga popolarità (1825-1832), che raggiunse il suo massimo con la pubblicazione di Némésis, satira politica settimanale in versi, uscita regolarmente dal 27 marzo 1831 al 1° aprile 1832. La borghesia liberale francese poté allora illudersi che l'opposizione avesse trovato un nuovo apostolo; ma si trattava in realtà d'un semplice avventuriero della penna, senza nessuna generosità verso le idee e verso gli uomini, capace della piccola fronda antiministeriale, ma inetto a qualsiasi dibattito un po' elevato, non privo letterariamente di qualche felice tendenza, di quelle che fanno il brillante improvvisatore, ma negato alla poesia ed inferiore a un vero e proprio sforzo d'arte. Avido di uscire in qualche modo dall'oscurità e dalla miseria, aveva debuttato con un articolo contro la libertà di stampa e con versi di ossequio alla corona. Poi aveva saggiato un altro pubblico: l'enorme successo di alcuni poemetti caricaturali, senza portata politica, ma costruiti con una certa irriverenza monellesca su uomini e fatti del giorno, l'incontro soprattutto della Villéliade (1827), gli avevano mostrato che vasta risonanza avessero i minimi accenti contro gli uomini della reazione. Del mondo poetico caro alle fantasie liberali aveva allora fatto proprio il motivo più suggestivo e più ricco, quello praticamente meno rischioso: il culto allora tipico, per Napoleone. Non fu, come venne ingenuamente affermato (v. J. Garsou, Les créateurs de la légende napoléonienne, Barthélemy et Méry, nei Memoires couronnés Lautres mémoires publiés par l'Académie royale de Belgique, LVIII, 1899) uno dei creatori della leggenda napoleonica, ma è certo che dei suoi varî atteggiamenti politici fu quello forse il meno superficiale e insincero. Il suo poema Napoléon en Égypte, fiacco come insieme ma accademicamente levigato nei dettagli, Le fils de l'homme, abile racconto poetico di un viaggio a Vienna per visitare il duca di Reichstadt e presentargli il poema dedicato alla gloria paterna, procurandogli tre mesi di prigionia a Santa Pelagia, avevano aumentato il suo ascendente sul pubblico. Benché la rivoluzione del luglio gli avesse valso una pensione dal nuovo governo, non seppe rinunciare a sfruttare letterariamente il grande prestigio che gli veniva dalla prigione subita e dalla partecipazione alle tre giornate ed ebbe l'idea genialmente ardita di lanciare la Némésis. Con la cessazione di Némésis, non avvenuta probabilmente senza accordi proficui col ministero, soprattutto dopo la Justification de l'état de siège (opuscolo nettamente reazionario, apparso anonimo, ma subito riconosciuto, con penoso stupore, come opera dell'oppositore idoleggiato), il B. si può considerare come finito. Invano egli pubblica la sua fiacchissima justification (1832). Il suo poema Les douze journées, collana di dodici quadri tipici della storia rivoluzionaria, fatto per blandire doppiamente l'opposizione liberale, con la sua difesa della rivoluzione e con la nobile parte che vi è lasciata a Napoleone, cadde nel vuoto. Tenta inutilmente con la Nouvelle Némésis (dal 3 novembre 1844 al 9 novembre 1845) e con lo Zodiaque (1846) di dare un seguito alla Némésis e di ritrovare i bei successi di un tempo. Ma dopo il 1832 la sola cosa che ancora interessi è la smentita, sempre più spudorata, ch'egli dà, come poeta politico ufficiale, alle idee fatte proprie un tempo, fino al punto da chiamare nell'Armé d'Italie 1849) "fantasma bastardo e brigantesco" la repubblica romana di Mazzini, egli che aveva scritto nella Némésis che sarebbe stata onta suprema trasformare i soldati francesi in sergents de police per il papato. Anche la verve dell'improvvisatore va gradatamente sparendo: si veda il piattissimo sproloquio in alessandrini Garibaldi ou le réveil du lion (1861). La produzione puramente letteraria cui allora si consacra, non senza qualche miraggio accademico, prova la sua frivolezza e la sua assenza d'ispirazione (L'art de fumer, Le bois de Boulogne, La bouillotte, Le bacara, La vapeur, ecc.). I suoi lavori più importanti in questo secondo periodo sono la traduzione in versi dell'Eneide (1835-38) e quella, pure in versi, d'un frammento del Fracastoro.
Opere: Il B. ebbe a collaboratore, per la Némésis e per la maggior parte degli scritti anteriori, il compaesano Méry (alla Némésis collaborarono pure Louis Reybaud e, se dobbiamo credere a Maxime Du Camp, il famigerato Lacenaire), senza che si possa per ora separare chiaramente la parte di ciascuno. Le opere scritte insieme col Méry, prima di Némésis, furono raccolte nel 1831 in 4 voll.: Øuvres de B. et Méry, Parigi s. a., oggi introvabili (l'esemplare della Bibl. naz. di Parigi manca del II e III vol.). Una scelta, con Némésis, fu ristampata più volte ed è reperibile nella ediz. Garnier del 1878. Per le opere, non mai raccolte, cfr. Bourquelot, La litt. franc. contemporaine, Parigi 1842,1, pp. 168-175 e Ch. Nauroy, Bibl. des plaquettes, Parigi 1882, pp. 94-122.