MURRI, Augusto
– Nacque a Fermo (Ascoli Piceno) l’8 settembre 1841 da Giovambattista, magistrato, deputato alla Costituente della Repubblica Romana, e da Teodolinda Polimanti.
Il padre, costretto all’esilio per motivi politici prima a Corfù poi a Genova, lasciò la moglie e i suoi cinque figli in ristrettezze economiche. Secondo i biografi Dante Manetti (1923) e Aldo Spallicci (1944), Murri a 15 anni era ancora quasi illetterato, essendosi il padre opposto a che frequentasse le scuole di Fermo, rette dai gesuiti. Trasferitosi a Firenze con la madre, studiò dai padri scolopi in S. Giovannino, riuscendo a conseguire la licenzia ginnasiale in due anni e quella liceale in uno. Frequentò l’università dapprima a Firenze, dove seguì le lezioni di Carlo Ghinozzi, docente di clinica medica, poi a Pisa dove studiò fisiologia con Cesare Studiati, laureandosi infine nel 1864 in clinica medica con Cesare Federici presso l’Università di Camerino. Dopo la laurea si recò a Parigi per seguire le lezioni di Ernest Bazin, Louis Fournier e Armand Trousseau e in Germania per perfezionarsi con Ludwig Traube e Friedrich Theodor von Frerichs. Tornato in Italia prese l’incarico prima della condotta di San Severino Marche, Cupramarittima e Fabriano e poi di quella di Civitavecchia. Il 2 giugno 1869 sposò, con rito religioso, Giannina Murri, figlia di un negoziante di Cupramarittima. I due erano omonimi senza essere parenti. Nel 1871 a Fermo nacque la prima figlia, Teodolinda detta Linda, seguita due anni più tardi da Tullio.
Nel 1870 fu chiamato a Roma, come primo assistente presso la cattedra di clinica medica, da Guido Baccelli, che era rimasto favorevolmente impressionato dal suo studio Sulla natura del processo morboso dell’itterizia grave, pubblicato sulla rivista fiorentina Lo sperimentale nel 1868 (XX, pp. 97-112, 238-254, 349-357, 422-444, 521-544), in cui Murri confutava le teorie di Frerichs collegando la malattia a una profonda modificazione delle proprietà del fluido sanguigno, mentre l’opinione dominante era che traesse origine da causa meccanica. Murri anticipava quel metodo razionalista che sarebbe rimasto il segno distintivo suo e della sua scuola. La clinica italiana, rappresentata da Baccelli, Antonio Cardarelli e Murri, si schierava così contro l’impostazione, radicata in Germania, di una diagnosi basata prevalentemente su esami in laboratorio, propugnando piuttosto l’importanza dell’osservazione diretta e attenta del malato e la necessità del ragionamento clinico.
Nello stesso periodo si applicò allo studio sull’arseniato di chinina ad alte dosi nelle febbri malariche. Nel 1873 ancora le pagine de Lo Sperimentale (XXV, pp. 43-66, 117-144, 229-257) ospitarono un suo studio su Il potere regolatore della temperatura animale. L’anno successivo diede alle stampe per la tipografia Bacher di Fermo il lavoro Sulla teoria della febbre che, lodato da Maurizio Bufalini, lo pose all’attenzione della comunità accademica italiana e internazionale.
Ugualmente rilevanti furono gli studi sulle lesioni cerebrali e cerebellari, sull’emoglobinuria da freddo, sull’organotopia e l’insufficienza ghiandolare, sul meccanismo di compenso fisiopatologico del cuore. Nel 1874 partecipò, senza successo, al concorso per la cattedra di clinica medica di Torino. Due anni più tardi, nel 1876, con mandato del ministro della Pubblica Istruzione Ruggero Bonghi, fu incaricato di dirigere la clinica medica dell’ateneo bolognese, divenuta vacante dopo il trasferimento di Luigi Concato all’Università di Padova.
Murri era indubitabilmente molto giovane per un simile incarico, mentre Concato era amatissimo dagli studenti e molto stimato in città per aver risollevato le sorti della clinica medica trasferendola dal fatiscente ospedale Azzolini ai più adeguati spazi del S. Orsola. La scelta di Murri come sostituto di Concato non fu dunque senza contrasti. La prolusione al corso di clinica medica, letta il 19 gennaio 1876 (pubblicata lo stesso anno da Zanichelli), fu possibile grazie all’intervento dei professori Pietro Loreta, clinico chirurgo, e Gian Battista Ercolani, titolare della cattedra di zooiatria e preside di Facoltà, che convinsero all’ascolto studenti riluttanti e in parte dichiaratamente ostili.
Nei decenni successivi la presenza di Murri divenne un vanto per l’ateneo di Bologna di cui, dal 1888 al 1889, fu anche rettore. Le sue lezioni furono sempre seguitissime e considerate avvincenti al pari di quelle di Carducci e i suoi consulti erano richiesti in tutta la penisola.
Appassionato lettore dei Ricordi di Marco Aurelio, nell’ultimo scorcio dell’Ottocento si impegnò direttamente nella vita politica cittadina entrando a far parte, come radicale, del consiglio comunale, dove sedevano non pochi colleghi d’ateneo.
I suoi interessi si rivolsero soprattutto ai temi della sanità e dell’istruzione. Nel dicembre 1895 sostenne una dura polemica, esclusivamente di principio, sull’istruzione religiosa nella scuole originata da un regolamento dell’allora ministro della Pubblica Istruzione, il suo maestro Baccelli, che seguendo le direttive della legge Casati prevedeva che l’istruzione religiosa fosse impartita a chi ne avesse fatto richiesta esplicita. Fu l’occasione per Murri per attaccare l’educazione cattolica, incapace, a suo dire, di ottenere alcun fine moralizzatore.
Il 23 novembre 1890 fu eletto deputato, come radicale di formazione mazziniana, nel collegio unico di Ascoli Piceno per la XVII legislatura, ma decadde dal mandato il 27 giugno 1891, escluso per sorteggio per eccedenza nel numero dei deputati professori. Il 4 gennaio precedente aveva pronunciato a Fermo un discorso su La vera e la falsa grandezza dell’Italia nuova, pubblicato lo stesso anno dallo Stab. Tip. Monti a Bologna.
Nel 1902 l’editore bolognese Gamberini e Parmeggiani pubblicò tre volumi che raccoglievano sotto il titolo di Scritti medicila summa della sua produzione scientifica. Lo stesso anno, la mattina del 2 settembre, in via Mazzini 39, oggi Strada Maggiore, venne trovato il cadavere di Francesco Bonmartini, marito di Linda Murri, ucciso a coltellate. Alcuni giorni dopo fu proprio Murri a rivelare che l’assassinio era stato perpetrato dal suo secondogenito Tullio, avvocato, anch’egli molto noto in città per essere il direttore del periodico socialista La Squilla, oltre che consigliere comunale. Ne derivò un intricatissimo caso giudiziario, affollato di protagonisti e comparse e presto divenuto il più discusso fatto di cronaca dell’Italia giolittiana. L’eco sulla stampa italiana e straniera fu enorme e inedito. In particolare il quotidiano cattolico L’Avvenire d’Italia, diretto dall’anconetano Cesare Algranati, uso a firmare i suoi editoriali con lo pseudonimo Rocca d’Adria, non mancò l’occasione di avviare una virulenta campagna contro Murri e attraverso di lui contro il razionalismo laico, gli ambienti socialisti e massoni. Subito dopo aver denunciato il figlio, Murri, provatissimo, lasciò l’insegnamento e si allontanò da Bologna. Visse tra Berceto, nel Parmense, e Rapallo, trasferendosi negli ultimi mesi del 1904 a Torino per seguire il processo a Tullio e Linda, accusata di essere complice e mandante.
Il processo si concluse nel 1905 con una sentenza di colpevolezza per tutti gli imputati. Linda, condannata a 10 anni di reclusione, fu liberata nel 1906 con un decreto di grazia; Tullio, condannato a 30 anni, lasciò il carcere nel 1919.
Nonostante le insistenze dei suoi allievi Luigi Silvagni e Giovanni Vitali che premevano per un suo ritorno in clinica e all’università, Murri riprese l’insegnamento solo nel 1905 con due prolusioni dedicate a Il pensiero scientifico e didattico della Clinica medica bolognese, enunciate il 14 e il 17 gennaio davanti a una folla di studenti e colleghi e poi edite in un opuscolo (Bologna, Zamorani e Albertazzi, 1905), a beneficio del convitto perugino che ospitava gli orfani dei medici. Le due prolusioni confluirono poi nella raccolta intitolata Lezioni di clinica medica edite ed inedite date nella R. Università di Bologna (Milano, Società Editrice Libraria, 1908) e nella raccolta Pensieri e precetti, curata da Antonio Gnudi e da Alberto Vedrani (Bologna, Zanichelli, 1913).
Evitando di parlare a braccio come era solito fare, Murri si concentrò su questioni metodologiche e approfondì alcuni problemi epistemologici sottolineando il fatto che la medicina si trovava in un «periodo fortemente e felicemente rivoluzionario per cui ogni giorno si corregge un errore, ogni giorno si migliora», in considerazione del fatto che l’ultimo quarantennio aveva visto «una successione sempre più rapida d’idee e di fatti nuovi» che avevano «interamente mutato il concetto e la pratica dei medici». Ricorse a citazioni da Auguste Comte per riaffermare il suo positivismo, affermando poi che «nella clinica come nella vita, bisogna avere un preconcetto, uno solo, ma inalienabile – il preconcetto, che tutto ciò che si afferma e che par vero può essere falso: bisogna farsi una regola costante di criticar tutto e tutti, prima di credere: bisogna domandarsi sempre come primo dovere “perché devo io credere questo?”» (Pensieri e precetti, p. 53).
Le Lezionidi clinica medica rappresentavano una sintesi dell’attività accademica e medica di oltre un trentennio, rivolta agli specialisti ma anche ai medici, cui Murri suggeriva scrupolosa osservazione e analisi dei fenomeni per giungere a una diagnosi corretta e infine a una terapia adeguata. È in queste pagine che si rintraccia la «duplice radice della formazione di Murri: l’empirismo inglese e il positivismo francese» – in particolar modo quello del fisiologo Claude Bernard – che egli seppe coniugare arrivando a una «prospettiva metodologica originale» (Quarta, 1993, p. 86).
Nel 1911 gli venne intitolato l’Ospizio marino provinciale bolognese, la prima colonia marina permanente in Italia al cui mantenimento Murri destinò un capitale di 150.000 lire e gli introiti della vendita dei prodotti farmaceutici da lui brevettati, in particolare il notissimo RIM - Regolatore Intestinale Murri. La struttura, realizzata a Rimini dall’ingegnere Giulio Marcovigi, prevedeva un reparto per l’isolamento dei bambini malati di morbillo, scarlattina e difterite. A Rimini Murri, convinto assertore dei benefici dei soggiorni balneari, aveva già sostituito nel 1879 Paolo Mantegazza nella direzione sanitaria dello Stabilimento idroterapico, adibito dal 1876 alle cure marine e fornito di attrezzature assai moderne.
Alla vigilia del primo conflitto mondiale, pur avendo in precedenza «aspirato ad una Italia […] cooperatrice ardente di pace vera e di progressi umani» (Spallicci, 1944, p. 182), Murri si dichiarò convinto interventista e in una lettera inviata al Popolo d’Italia affermò che non si combatteva «per l’indipendenza nostra» ma «per l’indipendenza di tutti i popoli civili» (Manetti, 1923, p. 122). Nel 1916, al compimento del settantacinquesimo anno fu collocato a riposo per sopraggiunti limiti d’età.
Alla fine della guerra accolse l’invito di un suo nipote volontario e si recò a Fiume dove «protetto da un colonnello che [aveva] una mezza dozzina di nastri sul petto» incontrò D’Annunzio che ne lodò le doti scrittore e con cui parlò a lungo di Eleonora Duse (Spallicci, 1944, p. 199). Alcuni anni più tardi le strade del medico e del poeta si incrociarono di nuovo. Murri pose, infatti, un suo scritto accanto a quello di D’Annunzio come prefazione a Il libro d’oro: i medici italiani ai loro eroi, un elenco celebrativo dei medici caduti durante la Grande guerra, pubblicato da Alfieri & Lacroix nel 1924. Murri ribadì in quell’occasione che «l’Italia era vissuta senza mai giungere a possedere i confini che natura le aveva assegnato così distintamente come forse a nessuno dei popoli contemporanei». Celebrava «i medici italiani, sempre gli amici dei poveri e i servi più fedeli della patria» che si erano spesi «entusiasticamente tra le file dei difensori d’Italia, ben sapendo che, se uccidere gli uomini è far onta alla propria natura, diventa un’opera divina, quando ci son uomini perversi che uccidono chi difende solo il più sacro dei propri diritti» (pp. XII s.).
Ormai ottantaduenne, dimostrando familiarità con la letteratura psicoanalitica, scrisse Nosologia e psicologia, pubblicato nel 1923 da Zanichelli, in cui asserì non esservi alcuna differenza di natura tra le psicopatologie e le patologie organiche. In questa sua ultima opera, si dedicò specialmente all’isterismo, confutando le dottrine di Joseph Babinski e spingendosi a criticare le teorie freudiane sulla repressione dei desideri sessuali infantili come causa dell’isteria.
Morì a Bologna l’11 novembre 1932. La sua salma venne tumulata a Fermo.
Fonti e Bibl.: La raccolta delle lettere (riprodotte) di Murri è conservata presso la Biblioteca Giulio Cesare Croce di San Giovanni in Persiceto (Bologna). A. Rovighi, Per il giubileo clinico di A. M., in Giornale della clinica medica italiana, XL (1901), pp. 1-11; D. Manetti, A. M., con 35 lettere inedite al figlio, Firenze 1923; G. Boschi, Necrologie: A. M., Ferrara 1932; F. Vitali, A. M., Venezia 1933; G. Viola, A. M., Bologna 1933; U. Riva, A. M. e la psicanalisi, Roma s.a. [dopo 1933]; L. Silvagni, A. M. maestro ed educatore, Bologna 1934; F. Vitali, A. M.: discorso commemorativo tenuto aFermo il 7 settembre 1941 nel dì centenario della sua nascita, Venezia 1941; G. Pieri, A. M. e la Società operaia di m. s. di Porto San Giorgio: con dieci lettere inedite, Fermo 1941; A. Gnudi, Parole di Antonio Gnudi per lo scoprimento della lapide nella casa di A. M. in Bologna, Bologna 1941; L. Silvagni, Nel centenario della nascita di A. M., Bologna 1942; G. Collina Graziani, Impressioni di uno studente alla lezione di A. M., Napoli 1942; A. Spallicci, A. M. e il suo metodo d’indagine clinica (con 21 illustrazioni), Milano-Verona 1944; Id., A. M. umanista: con lettere inedite, in Nuova antologia, 1964, n. 1959, pp. 356-372; G. Tecce et al., M. oggi: un bilancio metodologico, in A. Murri, Quattro lezioni e una perizia, a cura di L. Fiume, Bologna 1972; M. Baldini, Il razionalismo critico di A. M., in Medicina nei secoli, III(1975), pp. 363-381; G. Cosmacini, Medicina, ideologie, filosofie nel pensiero dei clinici tra Ottocento e Novecento, in Storia d’Italia. Annali, IV, Intellettuali e potere, a cura di C. Vivanti, Torino 1981, pp. 1157-1194; G. Pancaldi, La nascita della clinica sperimentale a Bologna: A. M. e Pietro Albertoni, in Lo Studio e la città: Bologna 1888-1988, a cura di W. Tega, Bologna 1987, p. 316; G. Cosmacini, A. M. e la scuola medica bolognese, in Storia illustrata di Bologna, a cura di W. Tega, VI, Milano 1989, pp. 408-410; G. Quarta, Il problema del metodo e l’esperienza clinica in A. M., in Idee, XXIII (1993), pp. 81-105; A. M., medico e epistemologo. Atti della giornata di studio, a cura di R. Morresi, Fermo 1996; V. Cagli, Elogio del metodo clinico: mutamenti e problemi della “medicina al letto del malato”, Roma 1997, pp. 49-72; L. Serianni, A. M. scrittore di medicina, in Lingua stili traduzioni. Studi di linguistica e stilistica italiana offerti a Maria Luisa Altieri Biagi, a cura di F. Frasnedi - R. Tesi, Firenze 2004, pp. 339-357; M. Veglia, A. M. e la ricerca del vero, in Il Ponte, LXIII (2007), pp. 91-108; Amore e scienza: lettere di A. M. a Nannina, a cura di V.P. Babini, Reggio Emilia 2007. Sull’attività politica di Murri: T. Zannoni, Il pensiero politico e sociale di A. M.: rievocazioni di attualità in relazione al momento storico presente, Ascoli Piceno 1946; T. Lucherini, Il pensiero mazziniano di A. M., Roma 1950; M. Severini, Protagonisti e controfigure. I deputati delle Marche in età liberale (1861-1919), Ancona 2002, pp. 77, 154, 179 e ad indicem. A proposito del cosiddetto ‘delitto Murri’ la letteratura è vastissima; si vedano almeno: A.G. Bianchi, Autopsia di un delitto. Processo Murri-Bonmartini, prefazione di G. Ferrero, Milano 1904; K. Federn, La verità sul processo contro la contessa Linda Murri-Bonmartini, Bari 1908; Roiss (Enzo Rossi), Il delitto Murri. Documenti, foto e testimonianze originali con 53 lettere di A. M., Bologna 1974; N. Tranfaglia, Un delitto di gente per bene. Il processo Murri (1902-1905), in Storia d’Italia. Annali, XII, Torino 1997, pp. 528-552; G. Murri, La verità sulla mia famiglia e sul delitto Murri, Bologna 2003; V.P. Babini, Il caso Murri. Una storia italiana, Bologna 2004.