Augusto Righi
Augusto Righi può essere ritenuto il maggior fisico italiano dell’Ottocento e tra i più significativi in Europa. Fu uno dei padri delle teorie elettroniche e ioniche della struttura della materia, e fra quanti maggiormente contribuirono alla nascita della fisica atomica e subatomica e alla conferma definitiva della teoria elettromagnetica della luce di James Clerk Maxwell. Diede impulso alla riorganizzazione e allo sviluppo della fisica italiana, partecipando alla fondazione della Società italiana di fisica (1897) e realizzando il nuovo Istituto di fisica di Bologna (1907).
Nato a Bologna il 27 agosto 1850 da Francesco, medico, e da Giuseppina Zanelli, dopo aver frequentato il triennio delle scuole tecniche e quello dell’Istituto tecnico, dove ebbe come insegnante di fisica Antonio Pacinotti (1841-1912), Righi poté accedere alla facoltà di Matematica dell’Università di Bologna (1867), dove fu allievo di Eugenio Beltrami (1836-1900). Dopo aver completato i quattro anni di studi passò al quinto, integrativo, del Corso pratico di ingegneria civile, in cui si laureò nel 1872. La sua dissertazione, di tipo sperimentale, consistette nella realizzazione di una macchina elettrostatica: l’elettrometro a induzione, che può essere considerato il modello di riferimento dell’acceleratore (1929) di Robert J. Van de Graaff. Nell’anno in cui Pacinotti lasciò Bologna (1873) per l’insegnamento universitario a Cagliari, fu proprio Righi, che era appena divenuto ingegnere, a succedere al suo maestro, ottenendo la cattedra di fisica presso l’Istituto tecnico, incarico mantenuto fino al 1880.
La sua formazione contribuì alle sue qualità di sperimentatore e alla sua notevole competenza matematica. Già in questi anni l’attività di ricerca di Righi fu intensa e apprezzata, tanto che nell’agosto 1875 ricevette un premio di 1000 lire dall’Accademia delle scienze di Bologna che, nello stesso anno, lo cooptò fra i suoi soci. Nel 1877 ottenne la Menzione onorevole dell’Accademia dei Lincei e la libera docenza in fisica all’Università di Bologna. Nel 1878 presentò all’Esposizione universale di Parigi un suo telefono «che si ascolta a distanza» (sistema di telegrafia con i fili). Alexander Graham Bell aveva da poco brevettato il suo apparecchio (1876), e il dispositivo di Righi, benché molto interessante, non ottenne il successo commerciale sperato.
Intrapresa la carriera accademica, Righi insegnò dal 1880 al 1885 a Palermo, dove lasciò una traccia profonda, tanto che anni dopo Orso Mario Corbino poté considerarsi suo allievo indiretto. Nel 1885 accettò di trasferirsi a Padova, dove restò fino al passaggio a Bologna (1889). Nella prospettiva di rinnovamento civile e sociale della città si inserì l’iniziativa di Righi per la fondazione dell’Istituto di fisica (1907). Nel corso degli anni la sua attività scientifica fu ripetutamente contrassegnata da importanti riconoscimenti. Già nel 1886 gli era stata assegnata la medaglia d’oro del premio Matteucci della Società dei XL. Nel 1905 gli fu conferito il premio Hughes dalla Royal society di Londra. Nello stesso anno venne nominato senatore del Regno per meriti scientifici e didattici. Insegnò a Bologna fino alla morte, avvenuta l’8 giugno 1920.
Gli studi di Righi riguardarono principalmente l’ottica e l’elettromagnetismo, e tra queste discipline egli seppe stabilire un ponte attraverso la conferma della teoria elettromagnetica della luce di Maxwell. Le sue pubblicazioni spaziano, però, tra vari ambiti, tentando un’indagine completa del mondo fisico: dalla composizione dei moti ondulatori alla costruzione di macchine elettrostatiche, allo studio delle scariche elettriche, alla realizzazione di un sistema di telefonia a distanza, alla telegrafia senza fili, alla creazione dell’ottica delle onde corte. E ancora, dallo studio delle radiazioni, inclusi i raggi X, alla sperimentazione sulle ombre elettriche (anticipazione delle tecniche fotostatiche); dalla magnetoottica, allo studio dell’effetto fotoelettrico, all’analisi conoscitiva della natura dei raggi catodici; dagli studi sui fenomeni di stato solido nel bismuto e nel selenio, a quelli dell’interazione tra materia, luce e campi elettrici e magnetici; dagli studi di fisica atomica e subatomica sino a quelli sulla radioattività e sulla relatività. A queste pubblicazioni si aggiungono numerosi libri divulgativi. La produzione di Righi (circa 250 titoli) è distribuita tra il 1872 e il 1920, e i suoi lavori sono quasi tutti firmati senza collaboratori o coautori. Intrattenne ampia corrispondenza con molte personalità italiane e straniere e con i maggiori scienziati dell’epoca. Circa 1300 lettere sono conservate dall’Accademia delle scienze detta dei XL; un altro migliaio presso il Museo di fisica dell’Università di Bologna.
Il livello dei suoi contributi fu giustamente considerato tra i più alti del tempo. Le sue pubblicazioni furono accettate in tutte le principali riviste straniere. La fiducia dei colleghi (anche non italiani) nelle sue capacità fu tale da eleggerlo quasi a giudice supremo di controversie scientifiche. Ne è testimonianza l’opinione di Corbino che, nella commemorazione di Righi ai Lincei, lo definì «il fisico più eminente che abbia avuto l’Italia dall’epoca di Alessandro Volta» (O.M. Corbino, Commemorazione di A. Righi, «Atti dell’Accademia nazionale dei Lincei», s. V, 1921, 30, p. 215).
Un primo gruppo di lavori (1872-1880) elaborati da Righi riguarda il comportamento degli isolanti, dei condensatori, delle macchine a induzione. Tale argomento era di grande attualità, sia in Italia sia all’estero. Ricordiamo gli studi di Michael Faraday, poi ripresi e sviluppati da Maxwell nel Treatise on electricity and magnetism del 1873, nei quali il ruolo del dielettrico e delle correnti di spostamento aveva importanza fondamentale. È in quest’epoca che nacque l’elettrotecnica e si posero le basi per lo sviluppo delle comunicazioni elettriche, che favorirono l’avvento delle telecomunicazioni mediante onde elettromagnetiche.
Un altro settore in cui Righi operò fu quello dei fenomeni magnetici. Egli mosse dalla teoria della magnetizzazione di Wilhelm Eduard Weber, ne evidenziò previsioni sperimentali non note, le dimostrò, confermando la teoria, e ne ricavò una legge sorprendente: quella dell’isteresi magnetica. Questo avvenne diversi mesi prima della fine del 1881, epoca in cui Emil Gabriel Warburg, a cui normalmente si attribuisce tale scoperta, presentò la sua dettagliata comunicazione sull’argomento.
Grazie a questi suoi contributi Righi, a cui era già stato assegnato nel 1875, a soli 25 anni, il premio della Società dei XL, fu nominato professore di fisica sperimentale a Palermo (1880). Nel 1885, chiamato dall’Università di Padova, affrontò lo studio teorico e sperimentale della riflessione della luce polarizzata su superfici metalliche in campo elettrico o magnetico. I suoi studi contribuirono alla conoscenza e alla chiarificazione degli effetti Kerr (1875) e Hall (1879): ne approfondì in seguito molti aspetti grazie a un’acuta analisi teorica e a un’abilissima ricerca sperimentale. Si deve a Righi la scoperta dell’effetto termomagnetico (1887), oggi noto come effetto Righi-Leduc. Si tratta di studi in cui si manifestano singolari comportamenti della materia quando viene sottoposta a campi elettrici e magnetici. Segno evidente – come quello dell’esistenza delle righe spettroscopiche degli elementi chimici – della presenza di componenti subatomiche all’interno della struttura atomica.
Proseguendo questi studi, nei primi mesi del 1888 Righi scoprì che una lastra conduttrice investita da un fascio di luce ultravioletta si carica di elettricità positiva con un effetto che chiamò effetto fotoelettrico. Si trattava del fenomeno individuato e descritto in precedenza (1886) da Heinrich Rudolf Hertz. Questi non si era reso conto del tipo di effetto fisico incontrato, ma aveva notato che la luce ultravioletta faceva abbassare il potenziale di scarica tra gli elettrodi di una macchina elettrostatica. Dopo l’interpretazione einsteiniana dell’effetto fotoelettrico (1905), si comprese che l’estrazione di fotoelettroni dalla lamina metallica favorisce la manifestazione anticipata della scarica elettrica. In realtà, qualche tempo dopo la scoperta di Hertz, Wilhelm Hallwachs aveva sospettato la presenza della carica positiva sulla lastra metallica, ma non l’aveva accertata sperimentalmente. Quindi è a Righi che deve essere riconosciuto grande merito per la comprensione di questo effetto.
Fu nel contesto ora indicato che Righi si dedicò all’analisi sistematica delle proprietà delle onde elettromagnetiche che si manifestano nelle scariche elettriche. Il suo obiettivo era quello di trovare conferma sperimentale alla teoria elettromagnetica della luce di Maxwell, secondo la quale i fenomeni luminosi sono della stessa natura fisica dei fenomeni elettrici e magnetici e viceversa, cioè obbediscono alle stesse leggi. Tale concezione non era ancora accettata all’epoca, anzi avversata persino da William Thomson lord Kelvin (Notes of lectures on molecular dynamics and the wave theory of light, 1884), maestro e amico di Maxwell. Hertz aveva verificato tale teoria sin dal 1887, usando onde di lunghezza di circa 66 cm, che tuttavia risultavano scomode per una conferma in laboratorio. La prematura scomparsa di Hertz (1894) aveva bloccato il processo di conferma della teoria.
Righi riprodusse sistematicamente gli esperimenti di Hertz, intuendo che ulteriori progressi nella conferma della teoria potevano venire solo da esperimenti con onde più corte di quelle usate fino allora. Egli realizzò onde di 2,5 cm, aprendo così il campo delle onde corte e delle microonde, con cui verificò tutte le proprietà ottiche delle onde elettromagnetiche. Era la consacrazione definitiva e ufficiale della teoria elettromagnetica della luce di Maxwell, di cui Righi diede documentata e riassuntiva dimostrazione in Sulle oscillazioni elettriche (1894). In questo contributo fornì dettagliate indicazioni per produrre e rilevare onde corte (o lunghe) e per riuscire a inviarle a distanze sempre maggiori a seconda delle caratteristiche degli oscillatori e risonatori usati in conseguenza della presenza o meno di specchi parabolici. In questi esperimenti Righi raggiunse la distanza massima, nell’invio e nella ricezione delle onde elettromagnetiche, di 25 m e oltre.
Proprio in questi anni, dal 1892 al 1895, Guglielmo Marconi seguì le sue lezioni e ne frequentò il laboratorio e la biblioteca. Venne messo così in contatto con questi elementi tecnici, di cui intuì immediatamente la portata straordinaria e le potenzialità applicative, avviandosi rapidamente alla realizzazione del suo sistema di telegrafia senza fili e al premio Nobel per la fisica (1909), condiviso con Karl Ferdinand Braun. Righi, da parte sua, sembrava soddisfatto di aver trovato una conferma ulteriore e didatticamente efficace della teoria elettromagnetica della luce, riscrivendo le equazioni di Maxwell in maniera compatta nel suo lavoro Sui campi elettromagnetici (1901). Anche se non mancarono rimostranze private nei confronti di Marconi, Righi gli riconobbe l’indiscutibile merito di inventore del sistema di telegrafia senza fili.
Dopo la scoperta dell’effetto fisico dei campi magnetici sulle righe spettrali condotta da Pieter Zeeman (1896) – effetto immediatamente interpretato su basi classiche da Hendrik Antoon Lorentz, che ne derivò in seguito l’esistenza dell’elettrone, la sua massa piccolissima e la sua carica negativa – Righi approfondì tutti gli aspetti dell’interazione dei campi magnetici con le righe degli elementi chimici. Era la via principale per comprendere la struttura della materia. Righi aveva compreso e subito divulgato il modello atomico planetario proposto da Hantaro Nagaoka nel 1903. Si trattava di un modello costituito da una carica centrale positiva circondata da particelle negative rotanti attorno a essa e che trovavano stabilità (altrimenti elettricamente impossibile) sulla base di un’analogia con gli anelli di Saturno. Righi accettò le caratteristiche subatomiche e, in particolare, l’esistenza degli elettroni, così come la convinzione, sin dal 1907, che esistessero elettroni positivi, sperimentalmente individuati solo nel 1932. In questo contesto risulta chiara la sua abilità matematica: la sua competenza è documentata, oltre che dai suoi articoli, dai manoscritti. Sin dal 1908 egli riuscì a elaborare matematicamente il comportamento, in campo magnetico costante, del moto di un elettrone attorno a un corpo piccolissimo massivo di carica positiva uguale a quella dell’elettrone, nei termini di un movimento di tipo ellittico e precessionale. Si trattava di un’analisi fisico-matematica classica che precorse le concezioni di Niels Bohr ed Erwin Schrödinger.
Negli ultimi venti anni della sua attività, egli si concentrò sempre di più sullo studio delle radiazioni iono-magnetiche, da lui così denominate, intendendo riferirsi a particolari sistemi legati dei componenti subatomici (per es., tra elettroni negativi e ioni positivi) che avrebbero dovuto costituire una sorta di quarto stato della materia. Gli esperimenti condotti anticiparono, in un certo senso, la successiva fisica dei plasmi. La fisica internazionale stava tuttavia prendendo strade diverse, lungo le quali si mossero Ernest Rutherford, Bohr, Schrödinger e gli altri fondatori della meccanica quantistica. Fu proprio a causa dell’insistenza sui ‘raggi magnetici’, difficilmente riproducibili dagli altri scienziati, che Righi consolidò quel credito che lo aveva portato in numerose occasioni vicino al premio Nobel per la fisica; premio che, tuttavia, non gli fu mai assegnato, benché fosse inserito nella lista dei meritevoli ininterrottamente dal 1905 al 1920.
Righi seppe riflettere da filosofo della scienza sia sul suo operato, sia su quello della fisica del suo tempo. Una sintesi in tal senso – chiaramente ispirata dalla sua ammirazione per gli articoli di Albert Einstein del 1905 – è offerta dalla conferenza inaugurale dell’Istituto di fisica di Bologna (1907). Il suo obiettivo fu quello di chiarire, approfondire, far conoscere a tutti ogni caratteristica del fenomeno scoperto. L’accento per Righi non doveva essere posto solo sulla novità della scoperta e sulla bellezza della teoria proposta, ma, e con il massimo rigore possibile, sul completo riconoscimento delle caratteristiche fisiche del fenomeno o sull’accertabilità sperimentale della teoria. Questo può spiegare in parte le resistenze di molti fisici sperimentali del tempo di fronte alle teorie della fisica moderna come la teoria dei quanti e la teoria della relatività, accusate di non aver ancora sufficiente riscontro o, per usare un’espressione di Karl Popper, corroborazione sperimentale. E motiva il comportamento dei contemporanei di Righi, che consideravano fondamentali i suoi contributi per la chiarificazione matematica e sperimentale anche di fenomeni di cui egli non era stato lo scopritore.
Nel 1902 Lorentz e Zeeman lo citarono per i suoi risultati nel campo della magnetoottica; nel 1905 un altro premio Nobel, Philipp von Lenard, lo ricordò per i suoi lavori sui raggi catodici. Nel 1909 Marconi e Braun lo citarono per la telegrafia senza fili. Nel 1921 fu la volta di Einstein, per il suo contributo alla conoscenza dell’effetto fotoelettrico. Per l’insieme dei suoi studi e delle sue ricerche sperimentali, Righi può essere considerato uno dei fondatori, assieme a Svante August Arrhenius, della teoria ionico-elettronica della materia.
L’Elettrometro ad induzione, «Il Nuovo Cimento», 1872, 7-8, 1.
Il telefono che s’ascolta a distanza, «L’Elettricista», 1878, 2, 13.
Contribuzioni alla teoria della magnetizzazione dell’acciaio, «Memorie dell’Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna», s. IV, 1880, 1.
Le ombre elettriche, «Memorie dell’Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna», s. IV, 1881, 3.
Influenza del calore e del magnetismo sulla resistenza elettrica del bismuto, «Memorie della R. Accademia dei Lincei. Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali», s. III, 1884, 19.
Ricerche sperimentali e teoriche intorno alla riflessione della luce polarizzata sul polo d’una calamita, «Memorie della R. Accademia dei Lincei. Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali», s. IV, 1885, 1.
Sulle oscillazioni elettriche a piccola lunghezza d’onda e sul loro impiego nella produzione di fenomeni analoghi ai principali fenomeni dell’ottica, «Memorie dell’Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna», s. V, 1894, 4, pp. 485-592.
Sui tubi produttori dei raggi X, «Memorie della R. Accademia dei Lincei. Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali», s. V, 1896, 5, 2.
Sul fenomeno di Zeeman nel caso generale d’un raggio luminoso comunque inclinato sulla direzione della forza magnetica, «Memorie dell’Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna», s. V, 1899, 8.
Sui campi elettromagnetici e particolarmente su quelli creati da cariche elettriche o da poli magnetici in movimento, «Memorie dell’Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna», s. V, 1901, 9, pp. 3-28.
Esperienze dimostrative sulla radioattività, «Memorie dell’Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna», 1904.
La moderna teoria dei fenomeni fisici, Bologna 1904.
Ricerche sperimentali sui raggi magnetici, «Memorie dell’Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna», s. VI, 1908, 5.
Sulla traiettoria percorsa da un elettrone attorno ad uno ione nel campo magnetico, «Memorie dell’Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna», s. VI, 1909, 7.
L’esperienza di Michelson e la sua interpretazione, «Memorie dell’Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna», s. VII, 1919, 6, pp. 37-54.
Sulle basi sperimentali della teoria della relatività, «Memorie dell’Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna», s. VII, 1920, 7.
G. Valle, La vita e l’opera di Augusto Righi, «Il Nuovo Cimento», s. IX, 1951, 8, supplemento, pp. 18-26.
M.G. Speroni, La scoperta dell’effetto fotoelettrico, «Il Giornale di fisica», 1970, 4, pp. 294-99.
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D. Graffi, Nel cinquantesimo anniversario della morte di Augusto Righi, «Atti dell’Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna», Rendiconti classe scienze fisiche, s. XII, 1971, 8, pp. 34-42.
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Per Augusto Righi, a cura di G. Dragoni, Bologna 2010 (rist. anast. di Le Feste giubilari di Augusto Righi per la inaugurazione del nuovo Istituto di fisica (XII aprile MCMVII), Bologna 1907).