VALDO, Augusto
– Nacque molto probabilmente a Padova intorno al 1460 (fonti riportano che doveva avere trentatré anni nel 1493) da Pietro Valdo, o Baldo, dottore in legge; nulla si conosce della madre.
Ebbe un fratello di nome Prosdocimo, dottore in legge anche lui, che studiò a Padova nello stesso periodo e successivamente diventò lettore nello Studio. Secondo un’epistola scritta nel 1493 dall’udinese Girolamo Amaseo – studente in arti all’università di Padova e dottore in diritto civile – al fratello maggiore Gregorio, i Valdo erano una famiglia padovana di origine nobile, anche se non risultano tracce negli archivi della nobiltà cittadina di una famiglia Valdo, grafia comunemente accettata dagli studiosi sulla base di documenti contemporanei ad Augusto.
Degli inizi della vita di Valdo ben poco è dato sapere, data la scarsità di notizie nei documenti dell’epoca; tuttavia negli Acta graduum academicorum Gymnasii Patavini, il 20 febbraio 1479 è registrato un «Augustinus f. legum doct. d. Petri Baldi» (2001, n. 585) come testimone a un dottorato in diritto: è quindi probabile che «Augustinus» avesse frequentato l’Università di Padova, e che lui e Augusto siano la stessa persona. Parrebbe anche che dopo il dottorato Valdo abbia insegnato alcuni anni nello stesso ateneo patavino; terminus post quem sarebbe il 26 gennaio 1484, come risulta da una lettera di Ermolao Barbaro, il quale aveva studiato a Padova prima di tornare a Venezia, che gli propose il suo aiuto per un nuovo progetto; ciò potrebbe significare che Valdo volesse lasciare la sua città natale in cerca di una nuova sistemazione. Non risulta che Valdo abbia accettato l’invito di Barbaro; forse si era recato a Cesena, dove aveva incontrato l’umanista Francesco Uberti, come risulta da un sonetto che questi dedicò Ad d. Augustum Patavinum Romae graece (?) profitentem, evidentemente scritto quando Valdo si trovava a Roma, stimato professore di greco (Cesena, Biblioteca Malatestiana, Comunitativo 164.5.29, c. 26rv).
Negli anni Ottanta del Quattrocento si dedicò anche allo studio e all’approfondimento della cultura e della lingua greca; in quel periodo va datato con ogni probabilità un suo viaggio in Grecia, del quale aveva avuto notizia Girolamo Amaseo prima di lasciare Padova per recarsi a Firenze. Ancora secondo Amaseo il soggiorno di Valdo sarebbe durato sei anni, quindi tra l’inizio del 1484 (epistola di Barbaro) e il 1489. Il viaggio in Grecia è ricordato anche in una breve biografia di Valdo tracciata da Bernardino Scardeone nel De antiquitate Urbis Patavii, edito nel 1560, nel quale Scardeone afferma come Valdo fosse «dialecticae ac rhetoricae artis scientissimus, et in latinis et graecis litteris, quas in Graeciam profectus diligenti studio sibi conquisierat, eruditissimus» (pp. 242 s.), e suggerisce che durante il soggiorno ellenico Valdo avesse assorbito a tal punto la lingua, la cultura e lo spirito del Paese da vestirsi e atteggiarsi da greco: potrebbe però trattarsi solo di un topos retorico, attribuito allo stesso modo ad altri umanisti imbevuti di cultura classica.
Negli anni Novanta del Quattrocento Valdo fu a Firenze, dove molto probabilmente si dedicò all’insegnamento privato del greco, poiché non risulta né tra i discepoli né tra gli insegnanti dello Studio. La sua presenza nella città toscana è comunque confermata dalla lettera di Amaseo (1493) e da una nota di prestito della Libreria medicea datata 3 ottobre 1491, relativa alle opere di Eschine ed Ermogene. È inoltre citato in alcune lettere di Alessandro Farnese (il futuro papa Paolo III, forse conosciuto proprio a Firenze prima che il cardinale partisse per Roma), dalle quali i due sembrano essere in ottimi rapporti: la prima è indirizzata a Stefano Dell’Aquila che si trovava a Firenze ed è datata 3 agosto 1489, quando Valdo era appena arrivato nella città toscana; successivamente Farnese scrisse direttamente a Valdo, affermando di volerlo aiutare e invitandolo a raggiungerlo a Roma; ma il 20 marzo 1490 questi rispose rifiutando l’offerta.
Tuttavia, alla fine degli anni Novanta, e sicuramente prima del 1498, si trasferì comunque a Roma, ma si ignora il motivo di tale scelta: potrebbe essersi trattato della ricerca di una nuova sistemazione, forse dovuta a necessità economiche, forse per sfuggire a qualche nemico, come si deduce da una lettera al fratello Prosdocimo (Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 3435, cc. 60r-61v), in cui Valdo esprime preoccupazione per la salute della madre e dispiacere per la morte del suo maestro Pomponio Leto, si lamenta per la scomparsa di alcune lettere familiari e soprattutto raccomanda al fratello prudenza, descrivendo con irritazione notevoli problemi, ormai superati, derivanti dall’ostilità di uomini ‘improbi’ e molto potenti, che tuttavia evita accuratamente di nominare. Questa lettera, ripresa e corretta più volte come se si trattasse di una minuta, manca di una datazione certa; ma l’accenno alla recente scomparsa di Leto, morto il 9 giugno 1498, permette di collocarla tra la fine del 1498 e gli inizi del 1499.
Approdato a Roma, Valdo si dedicò all’insegnamento sia privatamente sia come docente di greco all’Università La Sapienza; anche se il suo nome non risulta nei ruoli dell’anno 1496, lo testimoniano le parole «nec publice nec private ab auditorio nostro» (ibid.) della lettera al fratello, dove afferma anche di insegnare mentre Pomponio era ancora in vita; Filippo Maria Renazzi nella sua Storia dell’Università degli studi di Roma raccontò che «la vacante cattedra di Pomponio fu conferita dal Senato Romano ad Augusto Valdo o Baldo nato nella Città di Padova, che con somme fatighe e con lunghi viaggi era giunto ad acquistarsi copioso tesoro di sceltissima erudizione» (1803, p. 231). Nel ruolo del 1514 fu titolare della cattedra di greco de mane insieme con Varino Favorino e Basilio di Demetrio Calcondila; il 4 maggio 1518 prese in prestito dalla Biblioteca Vaticana un codice di Plinio il Vecchio e Filippo Beroaldo il Giovane, allora bibliotecario: «Die IIII maii 1518./ Augustus Patavinus grecarum litterarum in Academia romana professor primam Plinii partem commodato accepit ex bibliotheca parva secreta. Ita est. Ph(ilippus) Beroaldus bibliothecarius. Restituit. (marg.) restituit Plinii pars prima» (Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 3966, c. 7v). Preziosa risulta anche la testimonianza del tedesco Vincent Lang (Vincentius Longinus), il quale nel novembre-dicembre del 1500 raccontò del suo viaggio dall’Austria fino all’Urbe, dicendo di avere assistito alle lezioni di Augusto Patavino, «greco et latino sermone eruditus» (Der Briefwechsel..., 1934, p. 436, n. 256).
Nei suoi anni romani Valdo frequentò, inserendovisi pienamente, i principali circoli culturali della città, partecipando probabilmente anche ai diversi dibattiti tra umanisti; conobbe esponenti dell’Accademia di Pomponio Leto, tra cui Angelo Colocci, e prese parte a quella compagnia di dotti poeti ‘urbani’ che solevano riunirsi negli orti Coriciani, presso i Mercati Traianei.
Molti umanisti contemporanei lo lodarono per la sua conoscenza della lingua greca e la sua competenza filologica: Aulo Giano Parrasio lo consultò su un passo di Ovidio nel De rebus per epistolam quaesitis (Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 5233); Lattanzio Tolomei lo citò nel suo commento all’Anthologia greca (ibid., Vat. gr. 1169); Pierio Valeriano lo ricordò negli Hexametri e ne parlò nel dialogo De litteratorum infelicitate, dove sono descritti i danni inferti a Roma dal sacco del 1527 e la difficile condizione in cui si erano venuti a trovare i dotti intellettuali; Francesco Arsilli lo nominò nel De poetis urbanis, Paolo Cortesi nel De cardinalatu. Valdo fu citato dai suoi contemporanei anche come autore di componimenti poetici e glosse a opere greche, e come valido copista di autori antichi (Napoli, Biblioteca nazionale, gr. II.E.4, ex Farnesiano). Le sole tracce della sua opera sopravvissute sono però le numerose note sulla Naturalis historia di Plinio (Biblioteca apostolica Vaticana, Inc.II.145), tre componimenti presenti nei Coryciana (ms. Siviglia, Biblioteca Capitular y Colombina, 7.1.19), tre postille inserite nell’Epulum populi romani eucharisticon di Giulio Simone Siculo (Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 5336).
Morì in seguito al sacco di Roma, presumibilmente nel mese di maggio del 1527, ma purtroppo manca qualsiasi riferimento testimoniale in merito.
Fonti e Bibl.: La biografia più completa è stata ricostruita in P. Piacentini, A. V. e un Plinio appartenuto a Marcello Cervini, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XX, Città del Vaticano 2014, pp. 621-656. Altre notizie in: B. Scardeone, De antiquitate Urbis Patavii et claris civibus patavinis, libri tres, Basileae 1560, pp. 242 s.; G. Voss, De historicis latinis libri III, Lugduni Batavorum 1651, p. 615; F.M. Renazzi, Storia dell’Università degli studi di Roma detta comunemente la Sapienza, I, Roma 1803, p. 231; Aldi Pii Manutii scripta tria longe rarissima a Iacobo Morellio denuo edita et illustrata, Bassani 1806, pp. 18 s., 35; G. Vedova, Biografia degli scrittori padovani, II, Padova 1836, pp. 377-379; L. Dorez, L’exemplaire de Pline l’Ancien d’Agosto Valdo de Padoue et le cardinal Marcello Cervini, in Revue des bibliotheques, V (1895), pp. 14-20, 214 s.; Der Briefwechsel des Konrad Celtis, a cura di H. Rupprich, München 1934, p. 436, n. 256; E. Barbaro, Epistolae, Orationes, Carmina, a cura di V. Branca, Firenze 1943, I, pp. 81 s., II, p. 160; Carteggio umanistico di Alessandro Farnese (dal cod. Gl. Kgl. S. 2125 Copenhagen), a cura di A. Frugoni, Firenze 1950, ad ind.; G. Pozzi, Da Padova a Firenze nel 1493, in Italia medioevale e umanistica, IX (1966), pp. 191-227; E. Martellozzo Forin, Sulla cronologia delle lauree di Gregorio e Girolamo Amaseo, in Quaderni per la storia dell’Università di Padova, I (1968), pp. 163-165; A.F. Verde, Lo Studio fiorentino 1473-1503. Ricerche e documenti, III, 1, Firenze 1973-1994, p. 346; P.O. Kristeller, Iter Italicum, II, London-Leiden 1977, ad ind.; A. Meschini, Lattanzio Tolomei e l’Antologia Greca, in Bollettino dei classici, s. 3, III (1982), pp. 42-49; M.R. Formentin, A. V. copista di greco, in Mathesis et philia. Studi in onore di Marcello Gigante, a cura di S. Cerasuolo, Napoli 1995, pp. 337-345; J. Haig Gaisser, Pierio Valeriano on the ill fortune of learned men. A Renaissance humanist and his world, Ann Arbor 1999, pp. 117 s., 253, 327 s.; Acta graduum academicorum Gymnasii Patavini ab anno 1471 ad annum 1500, a cura di E. Martellozzo Forin, Padova 2001, n. 585; Repertorium Pomponianum, A. V., http://www.repertoriumpomponianum.it (8 febbraio 2020).