Augusto
. " Salvator voluit sub tanto principe nasci; / Nam pax sub pacis principe nata est ": in questi due versi di Alessandro Neckam (De Laudibus divinae sapientiae V 209-210) è sintetizzata efficacemente l'interpretazione medievale del principato augusteo come il momento privilegiato nella storia del mondo, in cui si realizzano le condizioni lungamente preparate da Dio per l'avvento del Redentore. A tale concezione si riconduce anche il giudizio di D., configurandosi peraltro, soprattutto nel Convivio e nella Monarchia, secondo le esigenze di una complessa visione storico-politica.
Della vita di A. gioverà ricordare solo quanto è necessario a chiarire le allusioni dantesche. Nato a Roma nel 63 a.C., fu adottato da Cesare nel 45 e assunse il nome di C. Giulio Cesare Ottaviano. Dopo l'uccisione del dittatore si condusse con accorta ambiguità: dapprima avversario e vincitore di M. Antonio nella cosiddetta guerra di Modena (43), si accordò in seguito con lui e nel 42 sconfisse a Filippi le forze repubblicane di Bruto e Cassio. Negli anni successivi represse duramente altri tentativi di riscossa senatoria, fra i quali, nel 40, quello di L. Antonio stroncato con la presa di Perugia e il massacro di 300 fra senatori e cavalieri ivi rifugiati. La vittoria navale di Azio (31) e l'invasione dell'Egitto seguita dal suicidio di M. Antonio e di Cleopatra (30) conclusero il periodo delle guerre civili liberando Ottaviano dagli ultimi rivali e lasciandolo detentore di un potere praticamente assoluto che egli tuttavia esercitò nel formale rispetto degli antichi istituti repubblicani. Con il ritorno della pace, che volle celebrato dalla solenne chiusura del tempio di Giano, A. (cui questo titolo fu conferito dal Senato nel 27) poté attuare un'importante riforma dell'amministrazione dell'Impero conforme alla nuova situazione di fatto. Promosse inoltre un'alacre restaurazione morale e religiosa che cancellasse gli effetti delle guerre civili e contribuisse alla stabilità del nuovo assetto politico; e con la consacrazione dell'Ara pacis riconfermò nel 9 d.C. la fedeltà a un ideale di pace del quale, come degli altri aspetti del suo programma, si erano fatti interpreti i poeti che egli amò e protesse, primo fra tutti Virgilio. Gli ultimi suoi anni furono tuttavia amareggiati dalle sventure familiari e dalle fortune non sempre fauste delle campagne che, sia pure con intenti per lo più difensivi e con dolorosa coscienza del sangue costato, dovette organizzare ai confini dell'impero. Morì a Nola il 14 d.C.
La rassegna delle imprese di A. in Pd VI 73-81 non consente, per la sua sinteticità, una precisa ricognizione delle fonti dantesche. É possibile pensare a una traccia di dati forniti da Orosio (Hist. VI passim), o anche da generiche reminiscenze di scuola come sembra essere il caso del vago accenno al trionfo di A. in Pg XXIX 116; ma agiscono forse con più viva instanza suggestioni di poesia antica, da Lucano (I 41, per le vittorie di Modena e di Perugia) a Virgilio (Aen. VI 791 ss. e VIII 671 ss., con le chiose di Servio, per la battaglia di Azio e la morte di Cleopatra). La notizia sulla meteora comparsa alla morte di A., riferita in Cv II XIII 22 sull'autorità di Seneca (cfr. Nat. quae. I 1) proviene in realtà da Alberto Magno (Meteor. I IV 9). Per i rapporti con Virgilio, cui si accenna in If I 71-72 e Pg VII 6,
Il positivo giudizio di D. sulla personalità di A., definito 'l buono Augusto in If I 71, non esce dalla norma medievale confortata da gran numero di testimonianze antiche; basti citare a riscontro s. Tommaso De Regimine principum I XI (ed. Spiazzi 796), dove si annovera A. tra i " boni reges " e si conferma che egli " modestissime imperio usus est " (cfr. anche Agostino Civ. III XXX). Un tale apprezzamento è del resto il presupposto essenziale per la validità del rapporto fra la pace augustea e la nascita di Cristo. Che per questa visione D. si ispirasse a Orosio è abbastanza probabile, anche se essa era ormai largamente recepita nel pensiero storico medievale. L'interpretazione dell'evento si articola presso Orosio su due constatazioni fondamentali, cioè che " opportune compositis rebus Augusti Caesaris natus est Dominus Christus " (Hist. VI XVII 10); e che il Salvatore, nascendo al tempo del censimento ordinato da A. (Luc. 2, 1 ss.) non solo " inveniri hominem adscribique inter homines voluit " (Hist. VI XXII 7) ma si confermò " civis Romanus census professione Romani " (VI XXII 8; cfr. VII III 4). Ambedue i concetti sono ripresi in Cv IV V 6-9, Mn I XVI 1-3, II VIII 14, X 6-8 (cfr. E. VII 14); gli sviluppi di D., però, sono in gran parte indipendenti dalle premesse ideologiche di Orosio, il quale mira soprattutto a stabilire che la felicità del governo augusteo " non magnitudine Caesaris sed potestate filii Dei, qui in diebus Caesaris apparuit, extitisse " (Hist. III vlii 8) e a negare, come è stato osservato dal Davis, una dignità indipendente alla giurisdizione civile. In D. l'argomento è capovolto; la ‛ scelta ' divina è addotta a garantire la necessità e la legittimità degl'istituti imperiali riconosciuti da Cristo stesso quando si sottopose all'editto del censimento approvandolo come giusto, giacché cum ad iuste edicere iurisdictio sequatur, necesse est ut qui iustum edictum persuasit iurisdictionem etiam persuaserit (Mn II X 8). In tal modo è rivendicata ad A. una funzione altissima e autonoma, sotto il segno dell'approvazione divina : quella di deuteragonista nella vicenda capitale della salvazione alla quale la potestà civile concorre esercitandosi liberamente nella propria sfera. Peraltro anche questa interpretazione del sincronismo tra il principato di A. e la nascita di Cristo ha vari antecedenti nella storiografia medievale; particolarmente opportuno a illustrare il pensiero di D. al riguardo è il seguente passo di Martino Polono : " Caesar Augustus... cunctis gentibus una pace compositis, cum ipsum pro deo Romani colere vellent, prohibuit, nec dominum se appellari permisit. Et eodem tempore natus est Ihesus Christus. Tunc concurrerunt duo regimina Romanae urbis et tocius orbis, pontificale et imperiale : pontificale regimen per Christum, imperiale per Octavianum " (Chronicon, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, XXII, p. 406).
Ai suddetti riferimenti è da aggiungere il passo di Pg VII 6 fur l'ossa mie per Ottavian sepolte.
Bibl. - E. Moore, Studies in D., I, Oxford 1896, 279-280; P. Toynbee, D. Studies and Researches, Londra 1902, 132-134; C. Till DAvIs, D. and the Idea of Rome, Oxford 1957, 58 ss.