AULETICA (gr. αυλός)
È l'arte dell'aulos (αὐλός) inteso come strumento solista: un ramo quindi della musica strumentale pura, distinto dall'altro ramo, la ϕιλὴ κιϑάρισις, che usa come strumento solista la cetra. Col nome di αὐλός s'indicavano genericamente varî strumenti musicali, e cioè le σύριγγες (fistulae) e gli αὐλοί propriamente detti (tibiae), quelle a tubo chiuso da un lato, questi a tubo aperto, il tubo in entrambi i casi munito di fori. Più spesso che un αὐλός solo, era usata la coppia di αὐλοί. L'αὐλός solo si sonava tenendolo obliquo (e si diceva allora πλαγίαυλος), oppure diritto (e si diceva μόναυλος). La coppia si indicava col plurale αὐλοί (tibiae geminae), ma anche e spesso col semplice singolare αὐλός. L'αὐλός doppio era di due diversi tipi: quello di origine frigia, poco usato in Grecia, costituito da un tubo destro diritto e da uno sinistro ricurvo all'estremità a forma di corno e più corto dell'altro; e quello greco-romano, che aveva entrambi i tubi diritti ed uguali (divergenti). In tutt'e due i tipi i tubi hanno imboccatura separata; però i due tubi suonavano sempre simultaneamente.
È uso di tradurre αυλός con "flauto"; in realtà, poiché gli esemplari conservatici mancano d'un bocchino integro, molto si discusse se si trattasse di flauto, di oboe o di clarinetto; il Gevaert fondandosi su Plutarco (De Musica, 14) e sul commento alessandrino alla 12ª ode di Pindaro (che riferisce l'ancia essersi staccata e incuneata nel palato dell'auleta Mida di Agrigento) pone l'αυλός fra gli strumenti ad ancia semplice e lo definisce clarinetto; A. Howard nel suo acuto saggio The Aulos or Tibia (in Harvard Studies, IV, 1893) dimostra che aveva ancia doppia (secondo un passo di Teofrasto, Hist. plant., IV, 11) e tubo cilindrico ed era quindi, per l'ancia, un tipo di oboe, per il tubo un tipo di clarinetto. Al tubo veniva applicato un bocchino; questo era diviso da una strangolatura in due parti: nell'inferiore (ὑϕόλμιον) s'inseriva il tubo; nella superiore (ὅλμος) l'ancia (ζεῦξος, γλῶττα, γλωττίς, lingula). Ed anche il fatto che l'ancia fosse indicata pure col termine ζεῦγος "paio, tiro a due" dimostra, secondo il Reinach, ch'essa era doppia.
Il suonatore (αὐλητής) si applicava una specie di capestro (ϕορβεία, στομίς, περιστόμιον, χειλωτής, capistrum), che sfiorandogli le guance andava ad esser fermato dietro e sopra la testa, ed in esso infilava gli αὐλοί.
Si conservano alcuni esemplari di αὐλοί nei musei di Candia, Alessandria, Napoli, Londra e nella collezione Sambon; i fori variano in essi secondo i numeri 5, 6, 10, 12, 15, 24; le lunghezze variano tra i 30 e i 58 cm.; per quelli di Napoli e di Londra si osservò un'estensione massima dal re in 3ª riga, chiave di basso, al fa in 4ª riga, chiave di violino. Ci restano anche due imboccature, però mal conservate e prive d'ancia. I Greci perfezionarono l'αὐλός frigio, dotandolo di chiavi scorrevoli e di anelli per chiudere anche un foro lontano dal dito o lasciarlo chiuso pur dopo rimosso il dito. Coprendo col dito, con la chiave o con l'anello parte più o meno grande di ciascun foro, si potevano pure ottenere tre diversi suoni, e precisamente con l'otturazione parziale si otteneva un suono più basso di 1/2 tono o di un 1/4 di tono. L'abbassamento di 1/2 tono si ottenne talora anche aggiungendo dei tubetti ai fori.
L'αὐλός si costruiva in paglia o in bosso, sicomoro, loto, alloro, sambuco, corno, avorio, osso, canna (tra cui specialmente quella detta κάλαμος [harundo donax], da cui καλαμαύλης, l'auleta che usava dell'αὐλός di tal sorta di canna).
Ateneo precisa che si avevano αὐλοί di diverse estensioni, cioè: παρϑένιοι (estensione di voce di fanciulla-soprano); παιδικοί (estensione di voce di fanciullo-contralto); κιϑαριστήριοι (adatti ad accompagnarsi con la cetra, estensione media); τέλειοι "perfetti", (detti anche pitici, estensione di tenore); ὑπερτέλειοι "più che perfetti" (estensione di basso).
L'arte dell'auletica fu recata in Grecia, insieme con l'αὐλός doppio, da auleti frigi, personificati in uno o più personaggi leggendarî di nome Olimpo, dal sec. VIII a. C., e fu coltivata specialmente in Argo. Ateneo attribuisce ad essi l'importazione dei modi frigio e lidio; Plutarco quella del genere enarmonico: secondo il Reinach però si tratterebbe non già dell'enarmonico propriamente detto, ma bensì del proto-enarmonico, ossia diatonico semplificato, che il Riemann definisce come pentatonico (re-si-la-sol-mi-re). Le più antiche composizioni attribuite agli auleti frigi erano appunto melodie ieratiche, semplici e incisive; per secoli esse rimasero nel ricordo del popolo.
Nel campo storico l'auletica entra nell'anno 586 a. C., data di quell'agone pitico in cui Sakadas di Argo descrisse col suono dell'αὐλός doppio la lotta fra Apollo e il drago, inaugurando - si potrebbe dire - la musica a programma e, specialmente con la descrizione della morte del drago, quella imitativa; fissò la struttura in cinque parti e il contenuto di quel poema strumentale (αὔλημα) che, col titolo di νόμος πυϑικός, restò d'uso nei concorsi sino al sec. III a. C. Nei secoli VI e V l'auletica, grazie alle scuole di Argo e di Tebe va sempre più affermandosi: si perfeziona lo strumento e la sua tecnica (tanto che esso diviene allora il propalatore del genere enarmonico propriamente detto). e se ne arricchisce il repertorio. E in questo periodo l'auletica ebbe una parte certo preponderante nello sviluppo e nella determinazione delle precipue caratteristiche della musica greca. Secondo Aristotele (Politica, VIII, 6), dopo le guerre mediche lo studio dell'αὐλός entrò a far parte dell'educazione della gioventù ateniese. Più tardi e fino al sec. I a. C., il virtuosismo prende il sopravvento; mentre da ultimo si manifesta un ritorno alle antiche tradizioni e alla sobrietà.
Bibl.: C. Sachs, Reallexikon der Musikinstrumente, Berlino 1914.