Aulo Cornelio Celso
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Aulo Cornelio Celso è autore di un trattato enciclopedico andato perduto, eccezion fatta per il libro Sulla medicina. Esso è una summa del sapere medico antico, ed integra le teorie di stampo ippocratico con notazioni che provengono da una profonda conoscenza dello stato di esercizio della medicina a Roma. La prefazione del libro contiene, inoltre, la prima storia della medicina che si conosca.
Aulo Cornelio Celso ha a lungo rappresentato un problema per la storiografia; le fonti antiche non parlano se non saltuariamente di lui né danno informazioni sulla sua vita, mentre la prefazione al suo trattato Sulla medicina (De medicina), articolato in otto libri, costituisce per noi fonte privilegiata per la conoscenza della storia delle correnti di pensiero medico dell’antichità greca, ellenistica e romana. Il grado di conoscenza delle teorie mediche nella sua opera sopravvissuta è così alto che a lungo ha indotto la critica a discutere se Celso potesse essere medico di professione, o perlomeno essersi formato negli studi medici; essere un giurista, come ha sostenuto M. Wellmann, o semplicemente essere un notabile romano, cresciuto in ambito culturale greco, ben formato nell’idea che la cultura sia un tutto composto di più parti di uguale importanza; un enciclopedista, insomma, di grandissimo livello (Sconocchia), capace di riassumere in un trattato la summa della medicina antica, di renderla accessibile a un pubblico non ancora del tutto propenso all’accoglimento culturale del sapere scientifico greco, di rendere questo sapere comprensibile attraverso uno sforzo di integrazione e la creazione di un linguaggio “nuovo”, con vocaboli appositamente creati per rendere il senso degli originali greci.
L’opera celsiana è, infatti, scritta in latino, il che implica per l’autore, vissuto a cavallo tra I secolo a.C. e I d.C., la necessità di forgiare una lingua che aveva a disposizione ben pochi calchi tecnici sui quali appoggiarsi. L’opposizione di Plinio e Catone alla medicina greca, alle sue teorie e alle terapie che essa aveva importato a Roma non facilitava certo l’opera; solo Cicerone poteva fornire, almeno parzialmente, un materiale sul quale appoggiarsi nel tentativo di creare una nuova lingua medica latina. Di fatto, lo sforzo di Celso è riconosciuto da alcune autorità antiche: Columella esprime su di lui un giudizio molto positivo, ritenendolo ben formato in tutte le arti, Plinio nella Storia Naturale lo colloca tra le autorità culturali di riferimento, Quintiliano, che pure lo definisce mediocri vir ingenio (Institutiones oratoriae, XX 11, 24), gli riconosce affidabilità in più settori dello scibile umano. Poco per dire chi effettivamente Celso sia stato, sufficiente a chiarire la valutazione fondamentalmente positiva attribuita al suo lavoro già dalla critica antica.
L’opera di Celso faceva parte di un lavoro molto più vasto, intitolato Artes e dedicato alla trattazione di temi salienti di agricoltura, disciplina e arte militare, filosofia, retorica, e diritto: i cinque libri dedicati all’agricoltura furono apprezzati da Columella. Dell’opera complessiva sopravvive solo la parte dedicata al sapere medico, che sembra aver avuto, come segnala Mazzini, una buona fortuna anche nella tarda antichità e nel Medioevo, prima di essere riscoperta nel 1426 e pubblicata per la prima volta da Bartolomeo Fonzio negli anni Settanta dello stesso secolo (1474), inaugurando una ricchissima tradizione di edizioni rinascimentali. Il trattato De medicina, per la sua lingua elegante e il suo stile scorrevole fu ammirato dagli antichi e dai moderni: Giacomo Leopardi in una lettera a Pietro Giordani e nello Zibaldone presentava l’autore come il diretto seguace di Ippocrate, “vero e forse unico modello tra gli antichi ed i moderni del bello stile scientifico esatto”.
Il De medicina è un trattato di terapeutica, organizzato in dietetica, farmacologia e chirurgia, secondo la tripartizione alessandrina; è articolato in un proemio, che contiene la più antica storia della medicina a nostra disposizione; due libri di igiene, semeiotica e terapia; segue un libro sulle malattie interne, con particolare riguardo alle febbri, che costituiscono anche l’oggetto del terzo e del quarto libro, insieme all’epilessia, alla letargia, alle malattie cardiache, all’itterizia e alle paralisi, alle malattie polmonari e gastrointestinali, e alle patologie articolari. Il quinto libro è dedicato alla trattazione dei rimedi farmacologici, alla cura delle ferite e in genere delle lesioni del corpo; il sesto alla cura delle malattie oftalmiche e delle patologie locali; il settimo e l’ottavo libro sono veri e propri trattati di tecnica chirurgica e ortopedica, che ci forniscono importante testimonianza sia sullo stato dello strumentario chirurgico in uso a Roma, sia sulle tecniche operatorie e di riduzione di fratture e lussazioni.
Non è facile dire quale sia l’impostazione teorica che caratterizza l’opera di Celso, già nel proemio aperta ad accogliere suggestioni di scuole mediche diverse, operanti a Roma; in genere si tratta di un approccio sincretico, fortemente influenzato dalla tradizione ippocratica, ma aperto anche a suggestioni romane, per esempio nell’approccio etico alla discussione di alcune tematiche. Sua è la definizione delle qualità fisiche e morali che fanno l’ottimo chirurgo: giovane e forte, fermo di mano e coraggioso, pietoso nei confronti dell’ammalato ma in modo tale da conservare netta l’idea che il suo primo scopo è quello di ottenerne la guarigione, e pertanto apparentemente indifferente al suo dolore e alle sue preghiere.