Aung San Suu Kyi
Donna politica birmana, nata a Rangoon il 19 giugno 1945. È stata insignita nel 1991 del premio Nobel per la pace come simbolo dell'opposizione democratica e non violenta al regime militare del suo paese. Figlia del generale Aung San U, leader del movimento nazionalista birmano rimasto vittima nel 1947 di un attentato a opera di estremisti di destra, lasciò il paese all'età di quindici anni insieme alla madre, nominata ambasciatrice in India. Nel 1964 si stabilì in Inghilterra dove frequentò l'università di Oxford e conobbe M. Aris, studioso dell'Estremo Oriente, che sposò nel 1972 e dal quale ebbe tre figli. Rimasta profondamente legata al suo paese e alla figura di suo padre, maturò un crescente interesse per la situazione politica della Birmania, dove tornò nell'aprile 1988. Qui visse in prima persona le drammatiche vicende che accompagnarono il tentativo di abbattere il regime: per fronteggiare l'esplosione della protesta popolare, che aveva costretto Ne Win (capo di Stato e leader del partito unico al potere) a dimettersi, i militari attuarono una durissima repressione che provocò migliaia di morti, e riuscirono nel settembre 1988 a riprendere il controllo della situazione.
Segnata da tale drammatica esperienza, decise di impegnarsi attivamente per la democratizzazione del proprio paese e fu tra i promotori della Lega nazionale per la democrazia, di cui fu nominata segretario generale; acquistò così in breve tempo un'enorme popolarità sia in patria che all'estero, attirando su di sé la dura reazione governativa. Nel luglio 1989 fu posta agli arresti domiciliari e fu oggetto di una intensa campagna diffamatoria orchestrata dal regime per minarne la credibilità e depotenziare il suo movimento politico, anche in vista delle prime elezioni multipartitiche fissate per il maggio 1990, finalizzate alla formazione di un'Assemblea costituente. Fallito vistosamente tale tentativo (la Lega nazionale per la democrazia conseguì alle elezioni l'82% dei consensi), nell'aprile 1991 fu estromessa dalla Lega su richiesta dei militari, i quali continuarono a ostacolare la convocazione dell'Assemblea costituente. Il conferimento del premio Nobel per la pace nell'ottobre dello stesso anno provocò una forte mobilitazione dell'opinione pubblica internazionale e accrebbe l'isolamento diplomatico della Birmania. Liberata nel luglio 1995, anche in seguito alle pressioni degli Stati Uniti e delle Nazioni Unite, assunse nuovamente in ottobre il suo incarico all'interno del partito, rilanciandone l'attività di opposizione. Negli anni successivi continuò a essere oggetto di ripetuti provvedimenti restrittivi.
Tra le sue opere: Freedom from fear. And other writings, ed. M. Aris (1991; trad. it. 1996); La voix du défi. Conversations avec Alan Clements (1996); Letters from Burma (1997).
bibliografia
J. Parenteau, Prisoner for peace. Aung San Suu Kyi and Burma's struggle for democracy, Greensboro (N.C.) 1994.
S. Whitney, Aung San Suu Kyi. Fearless voice of Burma, Minneapolis 1997.
B. Victor, The lady. Burma's Daw Aung San Suu Kyi, Boston 1998.