SIGNORETTI, Aurelio
SIGNORETTI, Aurelio. ‒ Figlio di Paolo e di Anna (se ne ignora il cognome), nacque venerdì 25 aprile 1567 a Reggio Emilia e fu battezzato la domenica seguente (Casali, 1973, p. 208).
Non è noto l’iter studiorum, verosimilmente declinato in due istituzioni afferenti alla cattedrale: la scuola di grammatica e canto per i chierici, e la cappella musicale, diretta nell’ultimo quarto del Cinquecento da illustri maestri come Bartolomeo Spontoni, Girolamo Carli e Orazio Vecchi.
Si ha notizia del suo accesso al diaconato nel dicembre 1591, vale a dire la concessione di una lettera dimissoria nella quale il vescovo lo autorizzava a ricevere l’ordine sacro «a quocumque episcopo» di altra diocesi (Archivio vescovile di Reggio Emilia, AVRe, Sacre ordinazioni, aa. 1591-1596, c.sc.). Ne deriva che la data dell’ordinazione presbiterale, finora irreperita, vada ascritta al 1592.
Esaminato e giudicato idoneo al canto dai quattro sacerdoti guardacoro della cattedrale di Reggio, Signoretti fu ammesso «ad distributiones [...] in choro» il 26 maggio 1593 (non il 27, come si legge in Casali, 1973, p. 209), fu cioè autorizzato a cantare le ufficiature quotidiane insieme a canonici, presbiteri e chierici, nonché a percepire la spettante retribuzione. Tre anni dopo, il 16 marzo 1596, risultava cantore della cappella, con annuo salario di «sei scudi da lire sette e soldi quattro» (ibid.); dal 1597 fu inoltre addetto all’intonazione solistica dell’epistola durante la celebrazione delle messe solenni (Rodolfi, 2014, p. 240).
Con delibera unanime, compensativa di prestazioni canore largamente apprezzate, i canonici iniziarono a raddoppiargli la paga dal 2 gennaio 1598 (Casali, 1973, p. 209), aumentandola pochi anni dopo allorché gli prescrissero ulteriori incombenze. Il 2 gennaio 1602 gli ordinarono di «insegnare a cantare alli chierici» (ibid.), poi a settembre lo indirizzarono allo studio di uno strumento a fiato, ossia «levandogli la carica di insegnare alli chierici ma con l’obbligo di imparare, et imparato ch’avrà, di sonare il trombone» (ibid., p. 210). Peraltro l’aerofono gli era stato già consegnato il 13 giugno 1601 a titolo di comodato, trattandosi di un «trombono de’ piccioli, nuovo, con doi bocchini et doi torti, sano et intiero, con la sua cassa, chiave et chiavatura» di ragione della cattedrale (Rodolfi, 2014, p. 243).
Avanzando in considerazione e prestigio, Signoretti divenne maestro di cappella interinale dal novembre 1603 al marzo successivo, nel lasso di tempo intercorso tra le dimissioni del titolare Giulio Belli e il servizio del subentrante Feliciano Caporizzi. Successivamente, in concomitanza con la nomina del nuovo maestro Pompilio Pisanelli nell’agosto 1604, fu esonerato dalla carica di cantore dell’epistola perché richiamato al vertice della compagine musicale, sebbene nel ruolo complementare di maestro sostituto: «a don Aurelio Signoretti, oltre li dodici scudi [...] di provigione, se gli ne diano altri dodici [...] per [...] questo corrente anno et per l’anno a venire 1605, levandoli la carica di cantare l’epistola et con conditione che quando il maestro di cappella sarà impedito, detto don Aurelio supplisca per lui, et in scuola et in cappella» (Casali, 1973, p. 210). Divenne infine maestro di cappella effettivo a seguito della cessazione di Pisanelli, segnatamente dal novembre 1606 al 1631. A convalida della definitiva titolarità di Signoretti sta la consegna fattagli il 28 dicembre 1606 di tutti i libri polifonici della cappella, essendo tenuto a servirsene in chiesa, a custodirli «nella scuola di musica» e restituirli a fine mandato (Rodolfi, 2014, pp. 253 s.).
Nel 1609 il maestro iniziò a farsi un nome anche come compositore, licenziando il mottetto a due voci O altitudo divitiarum sapientiae e un Agnus Dei a cinque, ospitati nei Sacra cantica del benedettino milanese Serafino Patta (Venezia 1609), il quale proprio in quell’anno era stato nominato organista della chiesa correligionaria di S. Pietro a Reggio. Trasferitosi poco dopo a Pavia, il monaco dedicò al collega un mottetto a cinque voci che incluse nel proprio Sacrorum canticorum [...] liber secundus (Venezia 1613).
Il vero esordio compositivo di Signoretti avvenne nel 1615, quando a Venezia, con i tipi di Vincenti, vide la luce il suo Primo libro de motetti a due, tre, quattro, cinque, sei e otto voci con il basso per sonar nell’organo, dedicato a Giacomo Cremi, Anziano di Reggio. È invero lo stesso autore a definirsi esordiente laddove scrive nella dedicatoria: «ho risoluto che spunti dall’infecondo e sterile terreno del mio debil ingegno questo [...] mio primo parto».
In realtà il sacerdote era ormai il maggior esponente dell’ambiente musicale reggiano e il compositore ufficiale della città, conteso da committenze e istanze celebrative di provenienza sia ecclesiastica sia civile. Nel maggio del 1619, allorché si volle solennemente traslare una miracolosa immagine della Madonna da un luogo ortivo all’interno della nuova chiesa dei Servi di Maria, l’Anzianato di Reggio, promotore dell’evento, commissionò appunto a Signoretti un’opera che rappresentasse il culmine sonoro della traslazione: una sontuosa messa a sette cori e strumenti (oggi dispersa), assai lodata da un resoconto coevo, composta in soli otto giorni e diretta dall’autore (Rodolfi, 2015). Solerte nella committenza, l’Anzianato fu poi scorretto negli adempimenti contrattuali, tanto che nel novembre del 1621 il compositore era ancora in attesa del compenso dovuto (Casali, 1973, p. 220).
Risale altresì al 1619 il mottetto a tre voci Ducite fideles Christi, edito nella collettanea Sacrae et divinae cantiones (Venezia 1619), promossa dal carmelitano bolognese Zaccaria Zanetti, nella quale figurano pagine anche di altri reggiani, quali Giovanni Battista Crivelli e Giovanni Bernardo Colombi (di origini veneziane ma vissuto e morto a Novellara). Sempre su richiesta dell’Anzianato, nel maggio del 1626 Signoretti compose due mottetti (andati dispersi), eseguiti durante una messa celebrata dal vescovo per impetrare la guarigione del duca Cesare d’Este (Casali, 1973, p. 214): almeno quella volta ricevette dagli amministratori della città un rapido e generoso onorario «in recompensatione fructus eius ingenii» (Archivio di Stato di Reggio Emilia, Archivio del Comune di Reggio, Massaria, Mandati, a. 1626, c. 90r). Sono egualmente datati al 1626 altri suoi lavori dedicati al Capitolo della cattedrale e inclusi in un manoscritto intitolato Beatae Virginis cantica octo et missae quatuor quaternis vocibus modulatae... (Biblioteca Municipale di Reggio Emilia, Musica sacra, b. 10). Nel manoscritto spettano a Signoretti otto Magnificat (uno per ogni tono gregoriano, con versetti a tre o quattro voci in alternatim e una quinta voce in canone nei Gloria Patri dei Magnificat I, III, V e VII) e tre messe a quattro voci (Loquebantur variis linguis, costruita su soggetti desunti dall’omonimo mottetto di Giovanni Pierluigi da Palestrina; la II e la III senza titolo; una IV messa è la palestriniana Iste confessor). Rivelano una scrittura affine a quella della scuola polifonica romana tardocinquecentesca, nitida nell’articolazione armonica e trasparente nelle sezioni contrappuntistiche, con un sapiente ed equilibrato moto delle parti.
Signoretti coronò le fatiche compositive pubblicando e dedicando all’Anzianato le Vespertinae omnium solemnitatum psalmodiae a cinque e nove voci con il basso continuo (Venezia 1629). All’occasione si era pure cimentato in campo profano: stando ad alcune fonti epistolari, aveva musicato in stile monodico taluno componimento dei poeti reggiani Giacinto Campana e Ridolfo Arlotti, suoi amici (Casali, 1973, p. 220). Quest’ultimo, in una lettera databile intorno al 1610, invitava Campana a scrivere «una canzoncina in lode di certa giovanetta [...] che don Aurelio la porrà in musica e che [Antonio Sani detto] lo Spagnolino la canterà, secondo la maniera di Giulio [Caccini] romano, sicché per l’eccellenza del poeta, del musico e del cantore, l’opera riuscirà degna di lode» (Guasco, 1711, p. 179).
A costo di non poche inquietudini, Signoretti volle talvolta precludere ai suoi sottoposti la concessione di licenze o scritturazioni esterne onde tutelare le prerogative e l’organico della cappella (Casali, 1973, pp. 212 s., 214). Proprio come accadde il 27 settembre 1626, quando don Gaspare Pozzuoli, influente arciprete (e buon dilettante di musica) della parrocchia forese di Pieve Modolena, intento ad allestire con gran pompa l’annuale festa del santo patrono, scrisse adirato al vicario generale del vescovo accusando Signoretti di negargli alcuni cantori: «tutte le cose sono per tal effetto in pronte eccetto che la musica, la quale ci viene impedita dal maestro di capella del duomo» (AVRe, Lettere, ricorsi ed affari diversi, b. 1, aa. 1561-1629, c.sc.).
Le tracce del maestro si perdono durante l’acuirsi a Reggio dell’epidemia di peste. La data della morte, finora irreperita, andrà collocata tra il 1631 e il 2 novembre 1635, giorno in cui i canonici della cattedrale risolsero di acquistare alcune «compositioni del già don Aurelio Signoretti» da un certo dottor Gabbi (Casali, 1973, p. 216), verosimilmente un erede del musicista.
Fonti e Bibl.: G. Guasco, Storia litteraria, Reggio 1711, p. 179; S. Bonicelli, Canto gregoriano e polifonia classica nelle opere del sacerdote Aurelio Signoretti, diss. accademica, Pontificio Istituto di Musica sacra di Roma, Archivio storico, f. 608, a. 1942, dattiloscritto; G. Casali, La cappella musicale della cattedrale di Reggio Emilia all’epoca di A. S. (1567-1631), in Rivista italiana di musicologia, VIII (1973), pp. 208-220; S. Rodolfi, Musica e musicisti nella cattedrale di Reggio nell’Emilia dal medioevo all’inizio del secolo XVII (1058-1614), in Vere Dignum. Atti della III Giornata di studio..., Reggio Emilia... 2006, a cura di C. Ruini, Bologna 2014, ad ind.; Id., «Voci elette et istrumenti rari»: albori musicali nella basilica della Ghiara di Reggio Emilia (1619-1639), in I Servi di Maria a Reggio Emilia (1313-2013). Atti del Convegno..., ... 2013, a cura di E. Bellesia - A. Mazza, Reggio Emilia 2015, pp. 53 s.