DE MARINI, Aurino
Nacque a Genova agli inizi del sec. XIII. Problematica appare per noi la sua identificazione prima del 1248, a causa dei numerosi omonimi che compaiono citati nei documenti genovesi della prima metà del secolo.
Nel 1218 è ricordato un Marino "de Marino", giudice come il D., ma non identificabile con lui per evidenti ragioni cronologiche (cfr. A. Basili-L. Pozza, Le cartedel monastero di S. Siro di Genova, Genova1974, doc. 239 p. 268); è possibile, però, che per un certo periodo i due omonimi siano vissuti contemporaneamente, senza che per noi sia possibile distinguerli ora in modo puntuale. Un altro Marino "de Marino", figlio di Ugo, è ricordato in un atto del 1226 dove, tuttavia, non è indicata la sua professione; con questo personaggio il Monleone e altri storici identificano lo "iurisperitus" autore di parte degli Annali genovesi. Per il 1273 è segnalato il cartolario di un Marino "de Marino", notaio (professione ormai distintasi anche a Genova da quella di giudice), considerato erroneamente dal Ferretto l'annalista del Comune. Un atto del 1253, segnalato dal Belgrano, ricorda ancora un altro Marino "de Marino", figlio di Ogerio, dottore in legge e identificato dall'illustre storico col R; tuttavia, la lapide posta sopra la sua sepoltura nell'abbazia di S. Andrea di Sestri Ponente (iscrizione oggi perduta e segnalata dall'erudito settecentesco G. Giscardi) riporta la data 1271, quando l'annalista del Comune era ancora vivo (cfr. L. T. Belgrano, 1859, p.175). Nel novembre 1240, trovandosi Genova alle prese con la campagna militare di Federico Il nelle Riviere, un Marino De Marini fu inviato, insieme col capitano del Popolo Rosso Della Turca, a difendere per mare il castello di Pietra Ligure, assediato dall'esercito imperiale.
Addottoratosi in legge, il D. entrò a far parte di quella cerchia di giurisperiti, cui il Comune genovese affidò il delicato compito di definire e di gestire le sue relazioni esterne. Eletto nel Consiglio maggiore, nel 1248 fu presente all'atto in cui gli uomini del castello di Groppo si sottomisero a Genova; sempre nello stesso anno, fu chiamato a far parte degli Otto nobili, detti anche clavigeri, incaricati di affiancare il podestà nell'amministrazione finanziaria del Comune. In seguito, come consiliator fu presente a vari atti: nel 1254 all'invio di Enrico del Bisagno come ambasciatore presso il Comune di Firenze, scelto come arbitro delle controversie tra Genova e Pisa; nel 1256, alla conferma del trattato stretto dagli ammiragli genovesi Simone Guercio e Nicolò Cigala col giudice di Cagliari Guglielmo III (in quest'anno è ricordato tra i creditori del banco di Gregorio Negrobono, che era fallito); nel 1260 presenziò all'atto in cui vennero ceduti al capitano del Popolo di Genova Guglielmo Boccanegra i diritti sul castello di Montaldo; nel 1263, di nuovo come membro del Consiglio, approvò il mutuo di 30.000 libre di genovini per provvedere, ai territori dell'Impero bizantino passati sotto il controllo genovese dopo il trattato del Ninfeo.
La sua continua partecipazione agli affari politici della citta, nonché la sua preparazione giuridica, fecero sì che egli venisse chiamato, alla fine del 1265, a far parte della commissione incaricata di redigere gli Annali ufficiali del Comune: al suo fianco furono Marino Usodimare, Giovanni Suzobono, e un altro giurisperito, Guglielmo da Multedo. Nel 1266, ancora in carica come annalista, sarebbe stato inviato a Venezia, con cui si stavano intavolando faticose trattative per arrivare ad un accordo (cfr. Annali di Caffaro e dei suoi continuatori, IX, p. 229). L'anno seguente, avendo il D. deposto l'incarico e rifiutando il Comune genovese ogni tentativo di mediazione, venne inviato presso la Curia romana per spiegare i motivi che avevano spinto Genova ad un atteggiamento intransigente verso Venezia, nonostante gli inviti ad una riconciliazione tra le due potenze che consentisse lo svolgimento della crociata che Luigi IX stava organizzando. Nel 1268, ripreso il suo posto nel Consiglio maggiore, sottoscrisse gli accordi tra il Comune e gli emissari del re di Francia per l'allestimento nei cantieri rivieraschi di due grandi navi destinate alla flotta crociata; nel 1276 presenziò all'atto in cui il procuratore di Michele Tiepolo e del doge di Venezia ottenne il risarcimento dei danni provocati due anni prima alla nave del Tiepolo dal corsaro Benzeto di Portovenere; nel 1277, insieme con altri genovesi, ricevette una somma dal sindaco dei mercanti e del Comune di Piacenza come risarcimento dei danni Provocati dagli uomini "de Nuxio", forse responsabili di qualche atto di banditismo sulla strada collegante Genova a Piacenza.
Il D. dovette investire i guadagni provenienti dalla sua professione nel commercio, come lascia supporre l'atto appena citato, nell'acquisto di beni immobiliari in città (è ricordata la sua casa nel quartiere centrale di Banchi e una bottega in Canneto da lui concessa in affitto).
Sempre nel 1277 egli fu testimone all'atto in cui Montano De Marini (di cui si ignorano i rapporti familiari col D.) incaricò il fratello Percivalle ed Enrico "de Goano" di riscuotere una somma da un banchiere lucchese. L'anno seguente intervenne in una lite tra religiosi, conclusasi con la richiesta di protezione papale. Nel 1281 fu testimone come giudice alla stesura "in publicam formam", su richiesta dell'arcivescovo di Genova, della sentenza con cui l'abate del monastero di Borzone assolse i canonici della cattedrale di S. Lorenzo dalla scomunica loro comminata per non aver accolto tra loro il prevosto della chiesa di S.Ambrogio. Sempre nella veste di giudice, due anni dopo, assistette al ritrovamento delle reliquie dei corpi dei santi Siro e Felice, vescovi genovesi, nel monastero di S. Siro. Nel 1284, insieme con altri giurisperiti, egli intervenne all'accordo tra il Comune e i figli del defunto marchese Manfredo Del Carretto. Tre anni dopo, fu nuovamente interpellato per la stesura di un complesso trattato tra Genova e i Doria e rappresentò il Comune genovese nella commissione arbitrale incaricata di comporre le controversie tra Genova ed i marchesi del Bosco.
Nel 1289, benché assai avanzato in età, insieme con Castellino da Castello venne inviato a Venezia per giustificare le ragioni che avevano spinto Genova a difendere l'operato di Benedetto Zaccaria, colpevole di aver depredato una nave veneta nelle acque di Napoli; due anni dopo, a lui si rivolse il capitano del Popolo Corrado Doria, per ottenerne il parere circa alcuni arresti effettuati e in seguito annullati, secondo il consiglio del De Marini. Ancora nel 1293, insieme con altri ambasciatori, venne utilizzato per una missione a Venezia, che aveva lo scopo di giustificare Genova, i cui corsari continuavano la loro attività di saccheggio, senza rispettare l'armistizio firmato tra le due potenze.
Non si conosce la data della morte del D., presumibilmente avvenuta non molto tempo dopo questa data.
Se suo padre deve essere identificato in Ogerio, il D. ebbe un figlio, Giovanni, che nel 1253, ormai emancipato, appare impegnato in operazioni finanziarie col re di Francia Luigi IX e, sempre nello stesso anno, in procinto di partire per il Mediterraneo orientale.
Il contributo portato dal D. al corpus degli Annali genovesi fu assai ristretto nel tempo (parte del 1265, 1266) e limitato, essendo la relazione annalistica frutto del lavoro di una commissione. Non esistono, pertanto, specifici problemi di tradizione del testo per ciò che concerne questa sezione degli Annales Genuenses. Per le questioni critiche più generali relative all'intero corpus, si veda: G. Petti Balbi, Caffaro e la cronachistica genovese.
Fonti e Bibl.: Liber iurium Reipublicae Genuensis, a cura di E. Ricotti, I, in Historiae patriae monumenta, VII, Augustae Taurinorum 1854, docc. DCCLXXXIV, col. 1032; DCCCLV, col. 1185; DCCCXCII, col.1245; DCCCXCIII, col. 1249; DCCCCXXXIII, col. 1322; II, ibid., IX, ibid. 1857, docc. XXXVIII, col. 59; LI, col. 90; LII, col. 97; LIII, col.102; LIV, col. 108; LV, col. 113; L. T. Belgrano, Documenti ined. riguardanti le due crociate di s. Ludovico IX re di Francia, Genova 1859, docc.: CLXXXI, p. 175; CCXXXVII, p. 257; CCXLII, p. 260; CCXLIII, p. 263; M. Remondini, Iscrizioni medioevali della Liguria, in Atti della Soc. ligure di storia patria, XII (1874), p. 103; L. T. Belgrano, Cinque documenti genovesi-orientali, ibid., XVII (1885), p. 235; A. Ferretto, Codice diplomatico delle relaz. fra la Liguria, la Toscana e la Lunigiana ai tempi di Dante, ibid., XXXI (1903), ad Indicem; Liber magistri Salmonis, Sacri Palatii notarii (1222-26), a cura di A. Ferretto, ibid., XXXVI (1906), ad Indicem; Le carte del monastero di S. Benigno di Capodifarro (secc. XII-XV), a cura di A. Rovere, ibid., n. s., XXIII (1983), ad Ind., Documenti intorno alle religioni tra Alba e Genova, a cura di A. Ferretto, I, Pinerolo 1906, doc. CCXXIV; II, ibid. 1910, docc. DXVII s.; Annali genovesi di Caffaro e dei suoi continuatori, a cura di C. Imperiale di Sant'Angelo, III, in Fonti per la storia di Italia, XIII, Roma 1923, pp. 100, 178; IV, ibid., XIV, ibid. 1926, ad Indicem; Annali di Caffaro e dei suoi continuatori, a cura di G. Monleone, Genova 1923-1930, IV, p. 160; V, p. 140; VI, p. 139; VII, p. 16; IX, pp. 228-32, Liber privilegiorum Ecclesie lanuensis, a cura di D. Puncuh, Genova 1962, p. 190; V. Poggi, Series rectorum Reipublicae Genuensis, in Historiae patriae monumenta, XVIII, Augustac Taurinorum 1901 pp. 1028, 1033, 1046, 1050, 1060, 1062; A. Ferretto, Annali di Sestri Ponente e delle sue famiglie, in Atti della Soc. ligure di storia patria, XXXIV (1904), ad Indicem;R. Lopez, L'attività econ. di Genova nel marzo 1253 secondo gli atti notarili del tempo, ibid., LIV (1935), p. 216; V. Vitale, IlComune del Podestà a Genova, Milano-Napoli 1951, p. 288; R. Lopez, La prima crisi della Banca di Genova (1250-59), Milano 1966, ad Ind.;G. Caro, Genova e la supremazia sul Mediterraneo (1257-1311), in Atti della Soc. ligure di storia patria, n. s., XV (1975), ad Indicem;G. Petti Balbi, Caffaro e la cronachistica genovese, Genova 1982, p. 65.