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AURORA POLARE

di Giovanni Platania - Enciclopedia Italiana (1930)
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AURORA POLARE (fr. aurore polaire; sp. aurora polar; ted. Polarlicht; ingl. [dal lat.] aurora polaris)

Giovanni Platania

L'aurora polare è un fenomeno luminoso dell'alta atmosfera, che si manifesta con forme diverse: archi, strisce, raggi, cortine o drapperie, corone, luci diffuse. Gli archi, normali al meridiano magnetico, spesso raggiungono l'orizzonte. I raggi sono talvolta isolati, paralleli alle linee di forza magnetica, talvolta come protesi verso l'alto da un arco luminoso. Molte aurore sono quiescenti, altre cambiano di forma più o meno lentamente, altre migrano da un sito a un altro, oppure ondeggiano come lingue di fuoco gigantesche.

Le aurore sono spesso bianche, o rosse, o gialle, o verdastre. Talvolta le strisce sono rosse inferiormente, poi giallicce e finalmente verdastre nella parte più elevata.

Il problema dell'altezza a cui avvengono le aurore è stato molto discusso, ma la risoluzione s'è ottenuta solamente in questi ultimi anni da Störmer, Vegard e Krogness, che, eseguite da due stazioni lontane fotografie simultanee della stessa aurora, con uno sfondo comune di stelle note, hanno misurato la parallasse ottenuta. I limiti superiori della luce aurorale variano da 100 a oltre 300 km., i limiti inferiori da 85 a 170 km. circa, con due massimi ben definiti, uno a 100 e l'altro a 106 chilometri.

Esaminando la distribuzione della frequenza di questo fenomeno, si è visto che nell'emisfero boreale la maggior frequenza, circa 100 ogni anno, si ha a 60° di latitudine nell'America del Nord e nell'Atlantico e a 70° al largo delle coste della Siberia. H. Fritz ha determinato le linee di uguale frequenza, isocasme (dalla voce χάσμα adoperata da Aristotele per indicare l'aurora boreale); queste linee si estendono più verso sud in America che in Europa e in Asia, cioè le aurore boreali sono più frequenti a sud del Canada che alla stessa latitudine in Europa. La frequenza è 1 ogni anno nella Spagna, 1 a 2 in Italia, 5 in Francia, 30 in Irlanda, 100 a nord dello Shetland; più a nord la frequenza diminuisce.

La distribuzione delle aurore australi è meno conosciuta, ma sembra simile a quella dell'emisfero boreale.

Le aurore polari sono più frequenti durante gli anni di massimo delle macchie solari, che durante gli anni di minimo. Sembra che siano più numerose prima che dopo la mezzanotte. Non si sono trovate relazioni di frequenza con le fasi lunari e con le stagioni.

Il fatto che le più brillanti aurore polari sono accompagnate da burrasche magnetichie dà la certezza ch'esse, e probabilmente tutte le aurore, sono prodotte da scariche elettriche; l'altro fatto ch'esse variano di frequenza con le macchie solari, indica che queste correnti elettriche provengono dal sole o sono indotte da esso. La prima idea che l'aurora fosse prodotta da particelle elettrizzate emesse dal sole fu enunciata dal Donati (1872). Il Goldstein (1881) enunciò l'ipotesi che il sole lanci nello spazio raggi elettrici simili a raggi catodici. Adam Paulsen (1894) da molte osservazioni concluse che le aurore polari sono dovute a raggi catodici, ma chc questi hanno origine nell'alta atmosfera; il Birkeland (1896) suppose che questi raggi catodici provenissero dal sole; Svante Arrhenius (1900) enunciò l'ipotesì che il sole lanci tenuissime particelle elettrizzate negativamente, le quali sono respinte attraverso l'atmosfera solare per la pressione della luce secondo la legge di Maxwell-Bartoli, e raggiungendo l'atmosfera terrestre vengono captate dal campo magnetico terrestre.

Più tardi (1901) lo stesso Birkeland esegui altri esperimenti con un magnete sferico bombardato da raggi catodici, ottenendo strisce luminose intorno ai poli della sfera, a somiglianza degli anelli delle aurore. Carl Störmer, con una serie di ricerche iniziate nel 1903, spiegando gli esperimenti di Birkeland, giunse a una teoria che dà ragione delle bande di massima frequenza, delle forme e dell'orientamento delle aurore, della variabilità di esse e della breve durata dei drappi raggiati. Il Villard (1906) riuscì a riprodurre in laboratorio l'aurora a ventaglio, e con la variazione del campo elettrico e del campo magnetico ottenne movimenti varî dei raggi, somiglianti alla cosiddetta danza dei raggi nel fenomeno naturale.

Contrariamente alle teorie suddette, il Vegard (1912) suppose che l'irraggiamento solare fosse costituito da ioni positivi simili ai raggi α; le tempeste magnetiche deriverebbero da una contemporanea emissione catodica.

Gli studî del Milne (1926) e i calcoli dell'Abetti (1927), relativi all'intervallo di tempo tra un'eruzione solare e la massima intensità della corrispondente tempesta magnetica, diedero valori dello stesso ordine di grandezza per la velocità di trasmissione dal sole alla terra, confermando l'ipotesi di un'emissione di sciami di atomi dalle regioni perturbate del sole, i quali investendo la terra producono le tempeste magnetiche e le aurore.

Una teoria recente del Hulburt (1928) attribuisce la causa dell'aurora, non a particelle provenienti dal sole, ma all'ionizzazione prodotta nell'alta atmosfera terrestre dalla radiazione ultravioletta solare. Gli ioni migrano rapidamente, per il campo magnetico terrestre, verso le regioni polari, vi si concentrano e si ricombinano, sviluppando l'energia necessaria a produrre l'aurora.

Lo studio dello spettro caratteristico delle aurore darà modo di raggiungere la risoluzione del complesso problema dell'origine di questo fenomeno. Lo spettro della luce aurorale è costituito da quattro bande dovute all'ossigeno gassoso, e da una intensa riga verde, che secondo misure recenti (Babcock, 1923) ha lunghezza di onda λ =5577,35 ȧngström. Il Vegard attribuì questa riga al bombardamento elettronico di particelle d'azoto solido in sospensione nell'alta atmosfera. Il McLennan ha di recente scoperto nello spettro dell'ossigeno, eccitato in particolari condizioni, una riga identica a quella dell'aurora e del cielo notturno. Nel congresso internazionale di fisica, a Como, egli ha fatto considerazioni sulla lumin0sità dell'ossigeno nelle altitudini aurorali, discutendo fra l'altro se debba attribuirsi all'ozono presente in quelle regioni. Resta ancora insoluto il problema delle condizioni in cui si ha la particolare eccitazione che fa apparire la riga verde dell'ossigeno atomico.

Bibl.: I. Ranzi, Le aurore polari, in Il nuovo Cimento, Pisa 1928 (contiene anche una bibliografia di pubblicazioni recenti); v. gli scritti recenti di C. Störmer e di L. Vegard nella rivista Terrestrial Magnetism and Atmospheric Electricity, Baltimora e nelle Memorie dell'Osservatorio di Oslo.

Vedi anche
vènto solare Flusso di particelle ionizzate che, a causa dell'espansione della corona solare, viene emesso continuamente dal Sole e si diffonde nello spazio interplanetario, dove si confonde con la materia interstellare. Il v.s. è costituito principalmente da elettroni, protoni e, in una piccola percentuale, da nuclei ... crepuscolo Luminosità del cielo a oriente prima del sorgere del Sole e a occidente dopo il tramonto. Il c. mattutino prende propriamente il nome di alba o aurora. Alla luminosità sono congiunti cambiamenti di colore nel cielo, di varia entità e forma, prodotti dalla diffusione e dalla diffrazione dei raggi solari, ... geofisica Scienza, detta anche fisica terrestre, che studia i vari fenomeni fisici (termodinamici, ottici, elettrici ecc.) che hanno luogo nell’atmosfera, sulla superficie e nell’interno della Terra. Si divide tradizionalmente in tre branche fondamentali, corrispondenti ai tre stati di aggregazione (solido, liquido, ... El Niño Fenomeno oceanico, con importanti conseguenze meteorologiche, che si manifesta con aumento della temperatura superficiale del mare al largo delle coste del Perù e dell’Ecuador e successivamente con fenomeni meteorologici particolarmente intensi, prima nelle zone circostanti e poi su scala planetaria. El ...
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Vocabolario
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polare
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