autismo
Termine coniato dallo psichiatra svizzero Eugen Bleuler per designare la perdita del contatto con la realtà esterna con conseguente chiusura in un proprio mondo radicalmente irrelato agli altri e in opposizione al mondo esterno. Con la denominazione specifica di autismo infantile precoce si intende un disturbo pervasivo dello sviluppo infantile diagnosticabile attendibilmente tra i 2 e i 3 anni di età. L’autismo comporta l’alterazione di alcune capacità fondamentali di tipo cognitivo, sociale e linguistico: il bambino autistico si dimostra incapace di stabilire relazioni sociali adeguate con genitori e coetanei; non riesce ad accedere alla funzione simbolica del pensiero; non sviluppa affatto il linguaggio o, se lo fa, parla in modo peculiare e incomprensibile senza interessarsi alle reazioni dell’interlocutore; e, infine, si limita rigidamente a pochi interessi e giochi, per altro bizzarri e non funzionali come, per es., far girare vorticosamente oggetti rotondi o collezionare pezzi di giocattoli. A ciò si accompagnano, spesso, disturbi neuropsicologici e del comportamento come ritardo mentale, iperattività e crisi emotive incontrollabili. Le cause precise dell’autismo infantile sono tuttora sconosciute. In passato, teorie discutibili di stampo psicoanalitico attribuivano il disturbo a un atteggiamento freddo e scostante della madre, che indurrebbe il bambino piccolo spaventato a ritirarsi in sé stesso. Al contrario, recenti indagini riconducono la patologia a disfunzioni neurobiologiche non disgiunte da componenti genetiche, sebbene siano necessari maggiori studi per individuare i geni e i cromosomi direttamente implicati nell’eziopatogenesi del disturbo. Non esiste una cura risolutiva dell’autismo, sebbene i sintomi possano essere ben controllati utilizzando sia psicofarmaci sia specifici interventi comportamentali e psicopedagogici. (*)
→ Genetica. Screening genetico