autismo
Disturbo del neurosviluppo a origine multifattoriale, caratterizzato da deficit nell’interazione sociale e nella comunicazione, con manifestazioni quali comportamenti ripetitivi e stereotipati e un quadro ristretto di interessi. L’a. compare nei primi tre anni di vita e permane in età adulta.
E. Bleuler nel 1911 utilizzò il termine autistico, dal greco αὐτός «stesso», per descrivere la chiusura in sé stessi dei pazienti schizofrenici. L’a. è il più grave di uno spettro di disturbi che rientrano in quelli pervasivi dello sviluppo. Fu descritto per la prima volta nel 1943 da L. Kanner, il quale affermava che i bambini autistici nascono con una incapacità congenita di stabilire contatti normali con le persone. La prevalenza nella popolazione generale dei disturbi dello spettro autistico è di circa lo 0,1÷0,6%. L’incidenza stimata è in media di 0,8÷1 soggetti ogni 1.000 nati, con un rapporto maschi/femmine di 3÷4:1, ma che raggiunge 9:1 nella sindrome di Asperger. Il ritardo mentale, di entità variabile, è presente nel 75% dei casi.
A oggi l’eziologia dell’a. è sconosciuta, ma si pensa che fattori genetici (alterazione di geni sinaptici), ambientali, immunologici, metabolici e neurologici giochino un ruolo nel suo sviluppo. D’altro canto, altri disturbi su base genetica (per es., sindrome da X fragile), così come patologie metaboliche (fenilchetonuria, dismetabolismo delle purine e del colesterolo, neurofibromatosi, sindrome di Sanfilippo, ecc.) possono dare sintomi autistici.
La diagnosi deve essere formulata da un clinico esperto (psicologo, neuropsichiatra infantile), utilizzando i criteri dei sistemi di classificazione internazionali. Utili test diagnostici associati alla valutazione clinica sono l’ADOS (Autism Diagnostic Observation Schedule) e l’ADI-R (Autism Diagnostic Interview-Revised), rispettivamente una misura osservazionale standardizzata e un’intervista strutturata ai genitori. I sintomi associati all’a. (aggressività, impulsività, iperattività, disturbi del sonno) vengono trattati con farmaci antipsicotici, antiepilettici e stimolanti dell’SNC, come il metilfenidato, da associare con terapie riabilitative che operino sui sintomi nucleari del disturbo (interventi psicoeducativi, cognitivo-comportamentali, neuropsicologici), finalizzate all’acquisizione di miglior autocontrollo, autonomia e qualità di vita. Fondamentale è creare una stretta collaborazione tra genitori, insegnanti e operatori dei servizi sociosanitari.