autografi
Ha del paradossale, almeno in apparenza, la situazione che caratterizza il regesto degli a. machiavelliani: si rarefanno, fino a scomparire del tutto, a misura che si salga nella scala del rilievo storico-culturale e letterario dei testi. Abbondano invece quanto più ci si allontani da quei vertici, per divenire addirittura innumerevoli (o, almeno, fin qui innumerati) se si entra in quella zona della produzione machiavelliana nella quale, pur nel permanere dell’autografia, il sigillo autoriale perde di forza.
Nulla in effetti ci è pervenuto del Principe e della Mandragola; appena un frammento per i Discorsi (BNCF, CM I 74), consistente in un mezzo foglio che reca il proemio al primo libro in una primitiva e più ampia redazione rispetto a quella trasmessa dalle stampe e dall’unico testimone manoscritto completo.
Per l’Arte della guerra abbiamo cinque ampi frammenti, relitti forse di una redazione autografa completa (BNCF, Banco Rari 29, cc. 25r-114r), più un idiografo con vari interventi autografi (Verona, Biblioteca civica, ms. 511 Ubic. 90 2). Delle Istorie fiorentine ci sono invece pervenuti autografi quindici frammenti degli abbozzi (per un quadro riassuntivo dei singoli rinvenimenti e una discussione globale, cfr. A. Montevecchi, C. Varotti, Nota introduttiva, in N. Machiavelli, Opere storiche, t. 2, 2010, pp. 789-96).
Più larga la messe di a. per i testi politici e letterari minori. Autografi abbiamo, tra i primi, il Discorso sopra Pisa, il Discursus de pace inter imperatorem et regem, il De rebus pistoriensibus, le Parole da dirle sopra la provvisione del danaio, il De natura Gallorum, Cagione dell’Ordinanza, un idiografo del Rapporto di cose della Magna con varie integrazioni e correzioni autografe, il Ghiribizzo circa Iacopo Savello, lo scritto cui gli editori hanno dato titolo Ai Palleschi, i due tronconi che costituiscono i Ghiribizzi d’Ordinanza, il celeberrimo Modo che tenne il Duca Valentino per ammazzar Vitellozzo, Oliverotto da Fermo, il signor Paolo e il Duca di Gravina Orsini in Senigaglia (anepigrafo, come peraltro non pochi di questi scritti politici minori), l’Allocuzione ad un magistrato, il Ricordo al Cardinale Giulio sulla riforma dello stato di Firenze, la Minuta di provvisione per la riforma dello stato di Firenze l’anno 1522, la Minuta di provvisione per l’istituzione dei cinque Procuratori delle mura della città di Firenze, le Disposizione militari per l’assalto di Cremona, le Distribuzioni de’ nuovi ripari a Saminiato (per le collocazioni archivistiche e una discussione per ciascun testo, cfr. SPM, ed. Marchand ad loca).
A una annunciata e non compiuta continuazione delle Istorie fiorentine è da ascrivere il frammento, autografo anche nel titolo, Nature di huomini fiorentini et in che luoghi si possino inserire le laude loro (BNCF, Autografi Gonnelli, 24 3, cc. 1r-6v). Tra gli scritti letterari minori in prosa, ci è giunta autografa la Favola (BNCF, Banco Rari 240, cc. 1r-12r); una prima stesura, con cancellature e correzioni, e poi la stesura definitiva del volgarizzamento dell’Andria terenziana (rispettivamente, BNCF, Banco Rari 29, cc. 173r-207v, e BNCF, Banco Rari 240, cc. 12v-56r); i Capitoli per una compagnia di piacere (BNCF, Banco Rari 29, cc. 20r-23v), e l’Esortazione alla penitenza (BNCF, CM I 76). Tra i testi in versi si conservano autografi una stesura, recentemente venuta in luce, del primo Decennale (Firenze, Seminario Arcivescovile Maggiore, C VI 27), il canto De’ ciurmadori (BNCF, II I 398, c. 105v), una Serenata (BNCF, Magl. VII 335 c. 1r), e un’ottava, Silentio udite et udirete quanto, di non sicura attribuzione (si trova sul verso di una lettera dei Dieci a M., in BNCF, CM V 157; un quadro della questione attributiva in Bausi 2010, pp. 309-12).
La consistenza del corpus autografo diviene imponente quando si considera l’attività svolta da M. tra il 1498 e il 1512 presso la seconda cancelleria della Repubblica fiorentina (di gran lunga più limitata l’attività pubblica relativa al biennio 1526-27). Se sono alcune centinaia le lettere a noi pervenute di suo pugno quando era in missione fuori Firenze (talvolta condividendone la responsabilità con un compagno di legazione, ma più spesso scritte da solo), sono invece oltre seimila le missive autografe che nel corso di un quindicennio uscirono dal suo scrittorio in Palazzo Vecchio, e a esse vanno aggiunti alcuni verbali di consulte e di interrogatori di prigionieri nonché delle liste di cittadini eletti in varie magistrature. Impossibile pertanto descrivere qui partitamente questo settore del lascito manoscritto machiavelliano, nel quale autonomia redazionale e responsabilità autoriale entrano in modi e misure diverse (per un quadro complessivo cfr. la Nota ai testi, in LCSG, 1° t., pp. 547-48, e quindi l’Indice cronologico degli autografi di Cancelleria in LCSG, 7° t., pp. 259-518). Tali materiali si conservano per la massima parte nell’Archivio di Stato di Firenze, dove sono raccolti in diverse filze con missive, responsive e atti di altri segretari, coadiutori o ambasciatori (Archivi della Repubblica, sezioni Dieci di Balìa, Signori, Nove di Ordinanza e milizia). Una sola filza (Dieci di Balìa, Carteggi, Responsive, n. 119) contiene unicamente responsive di M. inviate nel corso delle sue ambascerie. Altri documenti autografi relativi all’attività diplomatica e amministrativa di M. si trovano nelle Carte Machiavelli della Biblioteca Nazionale di Firenze.
Meno consistenti risultano gli a. nel quadro del carteggio privato, che ne vanta comunque un certo numero ed è peraltro il settore da cui più è possibile che novità possano venire alla luce, come di tanto in tanto accade, dal collezionismo privato e da sondaggi in biblioteche italiane e straniere (cfr. Ridolfi 1969, e per una panoramica dei rinvenimenti posteriori Cutinelli- Rendina 2009).
Un caso a sé, a metà strada tra l’epistola privata e il trattatello filosofico-morale, è quello dei così detti Ghiribizzi al Soderino, di cui si dispone ormai del tormentatissimo autografo (cfr. R. Ridolfi, P. Ghiglieri, I Ghiribizzi al Soderini, «La bibliofilia», 1970, 72, pp. 53-74; P. Ghiglieri, Noterelle all’edizione dei Ghiribizzi, «La bibliofilia», 1980, 82, pp. 81-82; C. Ginzburg, Diventare Machiavelli. Per una nuova lettura dei «Ghiribizzi al Soderini», «Quaderni storici», 2006, 41, pp. 151-64, che annuncia una nuova edizione del testo).
Per chiarire la situazione che in apertura si è definita apparentemente paradossale, si può osservare che l’atteggiamento di M. dovette essere in genere assai poco conservativo nei confronti degli a. dei propri testi quando questi avevano lasciato il suo scrittoio per approdare, se non alla pubblicazione a stampa, a una qualche veste pubblica: così per il Principe, di cui l’amico ed ex collega di cancelleria Biagio Buonaccorsi allestì tre copie; così per le Istorie fiorentine, presentate al committente e dedicatario Clemente VII; così pure per l’Arte della guerra e la Mandragola, la prima a stampa nel 1521 presso un editore di prestigio e la seconda molto probabilmente a stampa già in vita dell’autore, e comunque ormai circolante per le scene; mentre assai più limitata dovette essere la circolazione dei Discorsi, ma pur non inesistente se Francesco Guicciardini poté sottoporli a un meticoloso commento già prima della stampa. Non contraddice questo atteggiamento generale la bella copia autografa del primo Decennale, dalle caratteristiche dell’esemplare di dedica, con ogni probabilità conservatasi attraverso il destinatario (sulla predilezione che M. dovette avere nei confronti di una publicazione manoscritta delle proprie opere, cfr. B. Richardson, Manuscript culture in Renaissance Italy, 2009, pp. 164-68).
Diverse dovettero essere invece le dinamiche che interessarono le altre sezioni della produzione machiavelliana:
se il cospicuo materiale di origine ufficiale legato all’attività cancelleresca non lasciò gli archivi della cancelleria quando Niccolò ne fu cassato, e a questa circostanza risale la sua compatta conservazione presso l’Archivio di Stato di Firenze, per altro verso M. tendeva alla salvaguardia nel proprio archivio personale (le Carte Machiavelli della Nazionale di Firenze) di quei materiali che o conservavano memoria delle proprie attività durante gli anni della cancelleria (gli scritti politici minori) o comunque gli sarebbero potuti risultare utili nella redazione di altri testi (appunti, estratti storici, minute, traduzioni). Per loro conto invece le missive del carteggio familiare seguirono le vicende degli archivi dei corrispondenti, donde la loro dispersione e talvolta il loro ritrovamento accidentale.
Un cenno a parte, poiché in vario modo significativi sul piano storico e biografico, meritano gli a. machiavelliani di testi altrui, quei testi cioè per i quali, per diverse ragioni e in diverse circostanze, Niccolò si faceva copista o segretario più o meno confidenziale e privato. In effetti, a parte il caso di quei veri e propri apocrifi (→) a lungo ritenuti di conio machiavelliano sul fondamento dell’autografia, ci sono giunte di sua mano una lettera di Piero Soderini ad Alamanno Salviati e due lettere di Antonio da Filicaia allo stesso, nonché una lettera di Francesco Guicciardini al fratello Luigi, integralmente di mano di Niccolò, firma compresa (cfr., rispettivamente, M. Luzzati, M. Sbrilli, Massimiliano d’Asburgo e la politica di Firenze in una lettera inedita di Niccolò Machiavelli ad Alamanno Salviati, «Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa», s. III, 1986, 16, p. 827 nota 9, e O. Tommasini, La vita e gli scritti di Niccolò Machiavelli nella loro relazione col machiavellismo, 2° vol., 1911, pp. 1249-50).
Non può che concepirsi nel quadro di un impegno professionale o semiprofessionale l’allestimento del codice Rossiano 884 della Biblioteca Apostolica Vaticana (risalente ad anni giovanili, stando alle risultanze dell’indagine grafologica di Ghiglieri 1969) che reca di sua mano, e sottoscritta nell’explicit, la trascrizione integrale del De rerum natura lucreziano e dell’Eunuchus di Terenzio.
Vanno infine menzionati il volgarizzamento di un breve brano della Historia persecutionis Africanae provinciae di Vittore de Vita (BNCF, CM I 73; titolo autografo: Libro delle persecutione d’Africa per Henrico re de’ Vandali, l’anno di Christo 500, et composto per san Victore Vescovo d’Utica), e quindi – unico esemplare pervenutoci della biblioteca machiavelliana, della quale ignoriamo purtroppo cosa contenesse e come sia andata dispersa – una copia degli Historiarum ab inclinatione Romanorum imperii decades di Flavio Biondo (Venezia, Ottaviano Scoto, 1483 = BNCF, D 7 8); copia posseduta da Bernardo Machiavelli, che ne fa cenno nei suoi Ricordi, e quindi dal figlio Niccolò postillata in vista della composizione delle Istorie fiorentine (cfr. M. Martelli, Machiavelli e la storiografia umanistica, Interpres»,1990, 10, pp. 224-57).
Bibliografia: A. Gerber, Niccolò Machiavelli. Die Hand - schriften, Ausgaben und Übersetzungen seiner Werke im 16. und 17. Jahrhundert, 3 voll., Gotha 1912-1913 (rist. anast. Torino 1962); P. Ghiglieri, La grafia del Machiavelli studiata negli autografi, Firenze 1969; R. Ridolfi, Le carte del Machiavelli, «La bibliofilia», 1969, 71, pp. 1-23; E. Cutinelli-Rendina, Machiavelli, in Autografi dei letterati italiani. Il Cinquecento, t. 1, a cura di M. Motolese, P. Procaccioli, E. Russo, Roma 2009, pp. 271-77; F. Bausi, Tipologia degli autografi machiavelliani, in «Di mano propria». Gli autografi dei letterati italiani. Atti del Convegno, Forlí 24-27 novembre 2008, a cura di G. Baldassarri, M. Motolese, P. Procaccioli, E. Russo, Roma 2010, pp. 287-318.