AUTOMATISMO
Come automatismo psicologico, in senso lato, si può ritenere soprattutto l'automatismo motore, per il quale, sotto l'influenza dell'esercizio, della ripetizione e dell'abitudine, si organizzano in noi dei movimenti complessi, che si producono per sollecitazioni interne ed esterne minime e inadeguate, e che si svolgono integralmente senza il controllo della coscienza, a tal punto che può avvenire di non conservare il ricordo di averli compiuti. Così noi camminiamo, scriviamo, andiamo in bicicletta, ecc. Questi automatismi motori sono di grande utilità, perché mettono a nostra disposizione dei meccanismi pronti per l'azione quotidiana senza necessità che noi interveniamo attivamente nel loro svolgersi. In tali meccanismi motori qual'è la parte data dai processi di natura organica e quale quella data dai processi di natura psichica? La questione non è facilmente risolvibile; tuttavia possiamo ipoteticamente dire quale posto ha il meccanismo psicologico e quale posto il meccanismo neuromuscolare nello stabilirli e nell'organizzarli.
Nella vita comune vi è tutta un'attività neuromuscolare che la volontà non annulla, ma anzi utilizza complicandone le manifestazioni e aumentandone l'importanza. Questi stessi meccanismi neuromuscolari sono la base degli automatismi motori. Se non che la pratica fa sì che per tali movimenti l'attività volontaria abbia una parte tanto piccola, da poter essere annullata (o anche ridotta al minimo) la coscienza di tali atti. Anzi si può aggiungere che, allorché questi movimenti o parti di essi vengono, per qualche causa, a essere resi coscienti, noi li eseguiamo meno bene. Il divenire cosciente apporta un disturbo all'azione automatica; ad esempio chi va in bicicletta, se si propone di evitare una pietra, inciampa proprio in essa, il che non avrebbe fatto se si fosse affidato all'automatismo.
Ma come questi movimenti automatici vengono eseguiti allorché un determinato stimolo psichico li provoca? Evidentemente non basta dire che una rappresentazione qualsiasi provoca un movimento che gli era prima legato per associazione. Si può concepire come avvengono le cose precisando che la nostra attività motrice si esplica dapprima in movimenti spontanei e riflessi, che la nostra coscienza registra sotto forma di sensazioni cinestesiche e conserva sotto forma di immagini motrici; avviene così che la prima associazione si stabilisce tra l'immagine motrice e il movimento che quella rappresenta. Se in seguito uno stato di coscienza qualsiasi, a seconda del bisogno, evoca un'immagine motrice, questa evoca il movimento corrispondente. È da osservarsi che, dal puro punto di vista psicologico, il legame che unisce l'immagine motrice al movimento è inesplicabile, come quello che unisce a un movimento uno stato di coscienza qualsiasi. Perché l'immagine motrice ha sull'immagine visiva il vantaggio paradossale di ricostituire essa stessa il suo oggetto? Per comprendere questo legame bisogna ricordare che l'immagine motrice è più che un'immagine; essa traduce e implica un'attitudine, una volontà di movimento; e infatti essa tende a localizzarsi al punto del corpo interessato e per conseguenza ad attualizzarsi in qualche maniera. A ogni modo, qualunque ne sia il meccanismo, nell'adulto le rappresentazioni possono provocare un movimento senza l'intervento cosciente di alcuna immagine motrice e le immagini cinestesiche hanno il privilegio esclusivo di provocare esse dei movimenti. Ciascuno può facilmente trovare degli esempî cavandoli dalla vita quotidiana. Sto scrivendo, mi alzo, apro la finestra perché fa caldo, torno al tavolo a scrivere. E ho fatto tutto questo automaticamente, senza il concorso cosciente delle immagini motrici, o almeno con una coscienza molto superficiale delle sensazioni cinestesiche risultanti dai miei movimenti e senza serbare memoria alcuna di ciò che ho compiuto.
Maggiore importanza hanno gli automatismi psicologici nel senso stretto della parola.
Già a proposito dei meccanismi motori abbiamo osservato che la loro organizzazione ha permesso alla coscienza di disinteressarsi del come essi si svolgono e di lasciare al sistema neuromuscolare la cura di realizzare il movimento necessario e di eseguirlo con precisione idonea al fine; ma nella loro complessità, nel loro adattamento a un fine (che non è meramente fisiologico), nella loro utilizzazione, questi automatismi motori conservano qualcosa del processo psicologico dal quale provengono e che essi esteriorizzano. Tali sono, p. es., gli automatismi motori delle nostre abitudini professionali o morali.
Automatismi psicologici nel vero senso della parola possiamo osservare anche nella nostra attività intellettuale e in quella morale. Per ciò che riguarda la prima, essa si fissa su verità da lei riconosciute, e si fissa perciò nei giudizî, nei ragionamenti, nei metodi, l'impiego dei quali si meccanizza. In un certo senso lo stile è un frutto di questo meccanizzarsi della vita intellettuale; certe abitudini di pensiero, certe monotonie di linguaggio, certe figurazioni stereotipate sono frutto di tali automatismi; essi si presentano anche nella stessa vita morale; ed è grazie a questi che atti, i quali per la prima volta ci sono costati molto, specie nel combattere tendenze o passioni, finiscono col diventare facili.
Grazie a tali automatismi si produce quasi un assopirsi di tutta la nostra vita psichica e in specie della vita intellettuale e morale, che sembra risolversi in forme meccaniche. Queste non sono senza un vantaggio. Infatti lo svolgersi della nostra vita psichica è garantito dall'automatismo che rende più facile la realizzazione di determinati compiti; almeno esso fa sì che per realizzare tali compiti si richiegga meno impiego di energie. Il che è senza dubbio un vantaggio perché ci permette di rivolgere la nostra attività psichica a compiti nuovi, senza obbligarci a rifarci sempre da capo.
Deve però essere riconosciuto che questo automatizzarsi della vita psichica non è senza pericoli, perché, se tutta la vita psichica nostra divenisse automatica, come avviene in molti casi patologici, non vi sarebbe più luogo per nessuna attività nuova verso la realizzazione di nuovi fini. Ci garantisce però da questo pericolo il fatto che gli automatismi psicologici (siano essi motori ovvero intellettuali o morali) sono automatismi, per dir così, fissi solo sino a un certo punto. Essi si realizzano grazie all'autorizzazione tacita e sotto il controllo latente della coscienza. Appunto in base a tale fatto si parla molto di subcoscienza o di incosciente, questione che non è qui il luogo da trattare. Per ciò che si riferisce alla nostra questione, si può dire che gli automatismi si svolgono senza il controllo della coscienza solo sino a un certo punto, ossia sino a che non deviano dalle norme, sino a che tendono al fine al quale sono diretti, sino a che si svolgono in modo regolare ed efficace. Tosto che deviano in uno di questi punti, si risveglia la coscienza che ci avverte. Esempî possono essere ricordati facilmente da tutti; soprattutto può essere ricordato come molti atti non soverchiamente corretti che facciamo meccanicamente e incoscientemente quando siamo soli, invece non vengono compiuti quando ci troviamo in presenza di altri. L'attività automatica della vita psichica è quindi tale solo e in quanto la coscienza permette che essa sia tale. Soprattutto esigenze morali, intellettuali, ma anche fisiche risvegliano la coscienza e interrompono o annullano un automatismo.
In un certo senso abbiamo quindi ragione di dire che molti automatismi della vita (camminare, scrivere, mangiare, ecc.) sono da considerarsi come azioni volontarie; infatti si può dire che queste forme di attività sono automatiche solo in quanto si compiono con il tacito consenso della nostra volontà.
Si deve poi ricordare che vi sono automatismi psichici di natura patologica; alcuni di essi si hanno nello stato di suggestione e di ipnosi, e non è qui il posto per trattarne (v. autosuggestione e suggestione). Altri automatismi patologici come l'automatismo midollare dipendono da particolari lesioni del sistema nervoso (v.); altri sono effetto dell'indebolimento intellettuale e sono o congeniti (idiozia) ovvero acquisiti (certune malattie mentali, ad esempio la demenza senile, le paralisi progressive, ecc.); alcuni sono acuti (come ad esempio nell'avvelenamento alcoolico, negli stati epilettici), altri sono cronici. In certi stati demenziali l'attività psichica diventa puramente e totalmente e per sempre automatica.
Bibl.: Non esistono pubblicazioni specifiche sull'automatismo; oltre i trattati di psicologia e psicofisiologia ne trattano incidentalmente: R. S. Woodword, Le mouvement, Parigi 1903; Z. Treves, Le travail, la fatigue, l'effort, in Année psychologique, XII (1906); Meumann, Intelligenz und Will, Lipsia 1908; N. Ach, Über den Willenakt und das Temperament, Lipsia 1910; Van der Veldt, Le mouvement et l'automatisme, Parigi 1928 (questo lavoro nella prima parte contiene una completa bibliografia ragionata sugli automatismi motori); sulle applicazioni al lavoro industriale si veda: A. Gemelli, L'abilità manuale, in Scritti scelti in memoria di G. Toniolo, Milano 1909. Per l'automatismo nella ipnosi: P. Janet, Rapport sur la suggestion, in Schweizer Arch. f. Neurolog. und Psych., XX (1927); i; A. Binet, La suggestibilité, in Année psych., V (1899). Per gli automatismi patologici si consulti un trattato di psichiatria, ad esempio quello di Tanzi e Lugaro. Per l'automatismo midollare: Ch. Foix, L'automatisme médullaire, in Questions neurologiques d'actualité, Parigi 1922.