AUTOPSIA (dal gr. αὐτός "stesso", ὄψις "vista"; fr. autopsie cadavérique, nécropsie; sp. autopsia; ted. Autopsie, Leichenschau, Obduktion; ingl. autopsy, post-mortem [examination])
Con questo nome s'indica quel complesso di operazioni che deve fare chi, trovandosi di fronte a un cadavere, voglia stabilire, dallo stato dei varî organi e tessuti, la causa della morte. Il nome autopsia è sinonimo di necroscopia, ma di questo è maggiormente usato.
L'autopsia richiede un lungo esercizio per essere bene eseguita e lunga pratica anatomopatologica per valutarne esattamente i risultati; deve quindi essere a preferenza affidata a medici specializzati che prendono nome di settori, e viene eseguita, o a scopo clinico, o a scopo medico legale.
La diagnosi a scopo clinico è il necessario controllo della diagnosi stabilita in vita, e da ciò viene la necessità di assistere alle autopsie dei proprî malati deceduti, per correggere dinnanzi al reperto anatomico la propria diagnosi, se questa era errata, o per constatarne l'esattezza; e solo così i casi studiati clinicamente col controllo anatomico possono poi servire ai fini della scienza.
L'autopsia a scopo medico-legale serve ai fini della giustizia, tanto se si tratta d' infortunati, per determinare la responsabilid di terzi, quanto se si tratta d'individui morti per causa delittuosa. L'autopsia clinica e quella medico-legale si praticano con tecnicismi diversi, più per l'ordine da darsi alle singole manualità tecniche, che per differenze sostanziali delle manualità stesse. L'autopsia a scopo clinico è concessa solo dopo 24 ore dalla morte; eccezionalmente prima, quando necessità profilattiche (pronto riconoscimento di malattie epidemiche) o scientifiche (ricerche istologiche o batteriologiche) lo richiedano. Anticipando l'autopsia, il settore deve prima persuadersi della morte realmente avvenuta; dopo le 24 ore della morte questa necessità è meno sentita, dacché nel cadavere compaiono segni indubbî della morte (rigidità, macchie ipostatiche, ecc.). Eseguendo l'autopsia a scopo clinico, il settore deve dettarne subito il reperto, giacché difficilmente può, più tardi, ricordare esattamente tutti i particolari riscontrati. Nel dettare il reperto, occorre seguire, con metodo, un ordine bene stabilito, né mai discostarsene, qualunque esso sia, per quanto sarebbe desiderabile che tutti i settori seguissero lo stesso metodo. Solo così facendo, a distanza di tempo, si possono dal reperto raccolto trarre dati precisi che valgano a corroborare o a modificare i giudizî formulati dal settore all'atto della autopsia; e ciò ha grande importanza scientifica e medico-legale, quando ad esempio sorgano dei dubbî di morte delittuosa su di un cadavere da tempo sezionato a puro scopo clinico.
Il reperto consta di tre parti distinte:
1. Descrizione delle alterazioni. - Si basa unicamente sull'esame obiettivo dei singoli organi considerati nei loro caratteri fisici: forma, volume, colore, peso, consistenza, rapporti; confrontati questi con i caratteri analoghi della normalità. Per i liquidi si bada al colore, quantità, densità, ecc. Il colore va valutato alla luce del giorno, giacché la luce artificiale, se non corretta, induce in errori di apprezzamento specie per le varie tonalità del giallo.
2. Diagnosi anatomica. - Si arriva a questa, riferendo i caratteri anormali riscontrati alle conosciute alterazioni anatomopatologiche. Questa diagnosi si formula per ogni singolo organo che fu trovato alterato: il settore deve porre molta attenzione nel formularla e valersi di tutta la propria cultura ed esperienza.
3. Epicrisi e causa della morte. - Formulata la diagnosi anatomica, il settore deve, dal ranronto delle varie alterazioni riscontrate, valutarne il reciproco rapporto, determinare quali siano le primitive e quali le secondarie, e, tra queste, trovare quale abbia causata la morte. La causa della morte talora può essere riassunta in una chiara e concisa enunciazione, altre volte solo in linea ipotetica, altre, infine, anche al settore più esperto, può riuscire impossibile di formularla. La prima possibilità si avvera quando si constati che qualche vitalissimo organo (cervello, cuore, ecc.) sia così profondamente leso da dare una tangibile dimostrazione della sua assoluta incapacità funzionale in rapporto ai bisogni della vita; la seconda, o la terza, quando le lesioni macroscopicamente visibili non ci permettano di concludere per tale assoluta insufficienza funzionale. Sono questi i casi nei quali il settore deve completare il proprio giudizio macroscopico con un esame microscopico (oggi reso possibile dai grandi progressi raggiunti dai mezzi ottici d' ingrandimento e dalla tecnica istologica), deve, cioè, almeno saper raccogliere dal cadavere pezzi dei varî organi, e liquidi, per poterli sottoporre poi all'indagine microscopica che valga a far conoscere lo stato normale o patologico degli elementi cellulari, dai quali gli organi e i tessuti sono costituiti, sì da poter giudicare della loro potenzialità funzionale al momento della morte. Il settore deve poi, data la frequenza con la quale la morte può essere determinata da microrganismi patogeni, che possono non essere sospettati presenti, saperli ricercare nei tessuti e nei liquidi del cadavere, e da questi anche coltivarli con i metodi tecnici che la moderna batteriologia ha reso di facile esecuzione. Col sussidio di tali ricerche istologiche e batteriologiche, i casi nei quali la causa della morte non possa essere nettamente determinata, si fanno sempre più rari; alcuni però ne permangono, e sono questi di continuo stimolo alla scienza per progredire con sempre nuove e più precise indagini.
Le autopsie vengono eseguite sopra tavoli appositi forniti talora di un sistema aspirante, per asportare i gas mefitici che si svolgono dal cadavere. L'armamentario strumentale è abbastanza semplice e si compone essenzialmente di qualche bisturi robusto, di forbici, pinze, enterotomo, bronchiotomo, seghe, uncini, ecc. Fatti i rilievi della morte realmente avvenuta, tenuto conto del sesso, dell'età, della costituzione scheletrica, dello stato di nutrizione e dello stato dei tegumenti e degli orifizî, le varie cavità vengono aperte nell'ordine seguente (ordine che porta minimi spostamenti di sangue nelle cavità successivamente aperte): scatola cranica (e si asporta subito il cervello con i suoi involucri), cavità addominale (e se ne fa subito un esame sommario senza asportarne i visceri), cavità toracica (e se ne asportano cuore e polmoni); e poi si asportano i visceri della cavità addominale nell'ordine seguente: milza, intestino dal duodeno al retto, apparato uropoietico e genitale, duodeno, stomaco e pancreas, fegato; poi si asportano gli organi del collo, e infine, rovesciato il cadavere, si apre lo speco vertebrale, levandone il midollo. In caso di necessità si segano le ossa per esaminarne il midollo, e si aprono le articolazioni. La tecnica per estrarre e sezionare i varî organi è esposta nei numerosi trattati della materia, ed è qui inutile il descriverla.
Per conservare organi o pezzi di organi e tessuti a scopo istologico, s'immergono i frammenti in liquidi fissatori e conservatori, come l'alcool a 95° (e serve bene anche l'alcool denaturato), o una soluzione di formalina del commercio al 10%. Questi liquidi vanno poi rinnovati almeno una volta.
Fissati i tessuti, questi vengono poi o sezionati al congelatore, o opportunamente inclusi in paraffina, sì da poterne poi al microtomo ottenere sottilissime sezioni. I liquidi si raccolgono in cilindri graduati o in bicchieri o in pipette che si possono poi saldare alla fiamma.
Se i liquidi debbono poi servire anche a scopo batteriologico, i recipienti o le pipette nei quali vengono raccolti, devono essere preventivamente sterilizzati. Per istituire indagini batteriologiche da tessuti o organi, su questi, prelevati dal cadavere, si procede ad una rapida sterilizzazione della superficie, scottandola con un ferro arroventato. Poi si pratica, con strumento pure sterile, un'incisione in profondità e si preleva dalla succosa superficie di taglio, con un'ansa di platino bruciata alla fiamma, un po' di materiale che può servire, sia, immergendolo nel comune brodo di coltura, all'allestimento di piastre in agar o gelatina (per l'isolamento di microrganismi che eventualmente vi siano contenuti), sia, strisciandolo sul vetro portaoggetti, ad ottenere dei preparati batterioscopici, nei quali si possa immediatamente constatare la presenza dei microrganismi identificabili con i semplici caratteri morfologici o di colorabilità specifica.
L'ordine da seguire nelle autopsie fatte a scopo medico-legale è diverso da quello ora descritto. Qui si comincia dall'esame di quella parte, qualunque essa sia, che presenta le alterazioni più evidenti, e che presumibilmente hanno determinata la morte, e successivamente delle parti immediatamente a questa vicine, in modo da poter seguire nella sua progressione la lesione stessa, sì da determinarne esattamente le modalità. Poi si procede come nelle autopsie cliniche, badando attentamente anche ai segni delle comuni malattie che possono talora essere considerate come concause della morte. L'esame esterno del cadavere deve essere molto minuzioso, perché da questo esame si possono trarre talora importanti dati per l'identificazione di persone ignote, o per determinare l'arma feritrice o per trovare tracce di veleni, prima che l'indagine chimica permetta di stabilirne esattamente la natura. I tessuti e gli organi o i liquidi che portano più evidenti tracce dell'azione colposa, vanno conservati o, come si dice in termine legale, "repertati", raccolti cioè dal settore con le dovute garanzie dell'autorità giudiziaria, per modo che ne sia garantita la conservazione e la dimostrazione successiva ai fini della giustizia. Per quanto si riferisce alle autopsie medico-legali si veda anche quanto è detto alle voci: medieina legale; polizia giudiziaria; polizia mortuaria; avvelenamento; putrefazione; strangolamento; asfissia, ecc.
Le autopsie si fanno anche, nelle ricerche sperimentali, sugli animali a questo scopo adoperati. Anche queste devono essere fatte con metodo, per quanto le modalità tecniche variino da animale ad animale, a seconda della loro varia struttura anatomica.
Bibl.: G. Roussy e P. Ameuille, Techniques des autopsies, Parigi 1910; G. Orth, Diagnosi anatomo-patologica, Torino 1911; C. Pianese, La tecnica delle autopsie cliniche e giudiziarie, Milano 1911; E. E. Franco, Manuale atlante di tecnica delle autopsie, Messina 1926; B. De Vecchi, Tecnica e diagnostica delle autopsie, Milano 1928; G. D'Arrigo, manuale di anatomia patologica e tecnica delle autopsie, Napoli 1928.