Autorità indipendenti
Individuazione e origine
Le a. i. (o autorità amministrative indipendenti, o amministrazioni indipendenti) sono state istituite, a parte la Banca d'Italia, con la legislazione degli anni Ottanta e Novanta del 20° secolo. Nella categoria rientrano la Banca d'Italia, la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private (ISVAP), la Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sul diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali (CGSc; ex l. 12 luglio 1990 nr. 146), l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), l'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici (AVLP), l'Autorità di regolazione per l'energia elettrica e gas (AEG), il Garante per la protezione dei dati personali (GPDP), l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCom).
Le origini di tali istituzioni vengono ravvisate nelle Independent Regulatory Commissions nate negli Stati Uniti negli ultimi anni del 19° sec., al fine di escludere dai poteri di indirizzo e di gestione presidenziale l'amministrazione di settori economici di particolare importanza e di intensa conflittualità, e anche perché ritenute capaci di un'azione più rapida ed efficace rispetto alle Corti, considerate non idonee a giudicare materie tecniche. In Europa l''erompere' (Predieri 1997) delle a. i. è più recente. Le ragioni sono molteplici e diversificate. La caratteristica principale delle a. i. è di essere impermeabili sia rispetto al potere politico sia rispetto agli apparati burocratici della pubblica amministrazione e ai gruppi di interessi privati; la loro istituzione è stata dettata dall'esigenza di regolare un mercato concorrenziale che si apre in conseguenza di liberalizzazioni o privatizzazioni; di regolare settori sensibili, come l'informazione o il risparmio; da esigenze di decentramento funzionale; come reazione alla crisi della rappresentanza politica, all'ingerenza dei partiti politici nonché per sfiducia nei confronti delle amministrazioni tradizionali, considerate prive delle necessarie competenze, e comunque sospettate di inquinamento partitico e da parte di soggetti regolatori (la cattura del regolatore da parte dei regolatori). A tali fini la direzione delle a. i. viene affidata a élites esenti (anche se di fatto non necessariamente immuni) da mandati politici di partito e da missioni rappresentative degli interessi in gioco nei singoli settori operativi, e legittimate sulla base della loro specifica autorevolezza tecnico-cognitiva e professionale. Da tale duplice estraneità, le élites ricavano il loro ruolo e la loro legittimazione a svolgere la funzione di regolatori 'terzi' e super partes di settori 'sensibili', in quanto intrisi di valori costituzionali o perché incidenti su risorse private o collettive di rilievo.
Caratteri comuni delle autorità indipendenti
L'origine intervallata nel tempo, la diversità della materia a esse devoluta, le diverse esigenze sottese hanno fatto sì che le a. i. siano molto diversificate rispetto sia al profilo organizzativo e funzionale, sia al loro status di indipendenza. Con riguardo all'ordinamento italiano, le a. i. rispondono a parametri comuni, che sono quelli in virtù dei quali vengono definite indipendenti. Del resto la legge sui tribunali amministrativi regionali (art. 23 bis, 1° co., lett. d, l. 6 dic. 1971 nr. 1034, introdotto dall'art. 4, 1° co., l. 21 luglio 2000 nr. 205) sottopone a un regime speciale i ricorsi contro "i provvedimenti adottati dalle Autorità amministrative indipendenti". Ciò, se da un lato conferma la tesi della natura amministrativa delle a. i. (invero pacificamente affermata in giurisprudenza e nella prevalente dottrina, anche se non sono mancati sostenitori della natura giurisdizionale o sui generis), dall'altro impone di identificarne i caratteri.
Sotto il profilo funzionale, le autorità si connotano perché, a differenza delle amministrazioni tradizionali, non curano interessi pubblici specifici attraverso attività discrezionali, bensì sovrintendono il corretto andamento di determinati settori, regolando e controllando l'attività degli operatori. Salvo eccezioni, le autorità svolgono funzioni caratterizzate non da discrezionalità amministrativa, ma tecnica, nel senso che le decisioni delle autorità consistono in mere applicazioni della legge, al più corroborate da valutazioni di carattere tecnico, così come potrebbe fare un giudice: non v'è quindi apprezzamento degli interessi pubblici. Tali funzioni decisorie sono a loro volta precedute da funzioni di regolazione attraverso le quali vengono stabilite le regole tipiche del settore. Anche quando le autorità non dispongono di potere normativo (come, per es., AGCM), si ritiene che la funzione regolatoria si inveri comunque attraverso atti di orientamento, comunicazioni, relazioni, e in ogni caso attraverso i principi esplicitati nelle singole decisioni.
Dal punto di vista organizzativo, le autorità sono indipendenti dal governo e da altre amministrazioni, nel senso che non sono soggette a direttive o controlli di alcun genere, ma obbediscono soltanto alla legge. Ciò consente alle autorità di assumere la cura di alcuni interessi di rilevanza pubblica in modo stabile e continuato, 'indipendente' dai diversi cicli elettorali. Per tali ragioni non vengono considerate a. i. l'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione (AIPA) e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) di cui al d. legisl. 21 apr. 1993 nr. 124. La prima infatti opera attraverso un piano triennale che deve essere approvato dal governo (art. 9, d. legisl. 12 febbr. 1993 nr. 39), la seconda è addirittura sottoposta a vigilanza ministeriale e a direttive da parte del governo (art. 16, d. legisl. 21 apr. 1993 nr. 124; art. 18, d. legisl. 5 dic. 2005 nr. 252).
Tale indipendenza viene di solito sancita con la previsione di legge per cui le a. i. "operano in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione" (art. 10, 2° co., l. 10 ott. 1990 nr. 287, a proposito di AGCM; art. 4, 2° co., l. 11 febbr. 1994 nr. 109, per AVLP; art. 1, 5° co., l. 14 nov. 1995 nr. 481, riguardo AEG; art. 1, 1° co., l. 31 luglio 1997 nr. 249, per AGCom; art. 153, 1° co., d. legisl. 30 giugno 2003 nr. 196, rispetto a GPDP).
L'autonomia della Banca d'Italia è invece stabilita dall'art. 107 TUE, ai sensi del quale nessuna Banca centrale può accettare istruzioni dalle istituzioni comunitarie, dai governi degli Stati membri, né da qualsiasi altro organo. Le istituzioni e gli organi comunitari nonché i governi degli Stati membri si impegnano a rispettare questo principio e a non influenzare i membri delle Banche centrali nazionali nell'assolvimento dei loro compiti. L'art. 19, l. 28 dic. 2005 nr. 262, ribadisce tale indipendenza riferendola anche alle funzioni di vigilanza (che sono estranee alle competenze di discendenza comunitaria) fermo restando che, in quanto parte integrante del Sistema europeo di banche centrali (SEBC), essa "agisce secondo gli indirizzi e le istruzioni della Banca Centrale europea" (a sua volta però indipendente dalle istituzioni comunitarie e di governo).
Le a. i. si caratterizzano inoltre per l'elevata qualificazione tecnica dei componenti, per il regime di assoluta incompatibilità che la legislazione pone per assicurare al massimo l'indipendenza oltre che per la dedizione all'ufficio e la non revocabilità degli incarichi. Ciò non implica che non sia ammissibile in assoluto la rimozione dagli incarichi, che è espressamente prevista nell'ipotesi di sopravvenienza di una delle condizioni di incompatibilità con riguardo a CONSOB, ad AGCM, ad AVLP, a GPDP. Per le a. i. con personalità giuridica è invece invocabile, quando l'ente non sia in grado di funzionare o comunque incorra in gravissime violazioni di legge, il principio generale dello scioglimento dell'organo e conseguente 'commissariamento'. Il principio, che del resto ha un saldo riferimento nella Costituzione (art. 126) in ordine a enti dotati di autonomia politica e legislativa come le Regioni, è espressamente stabilito dall'art. 1, ult. co. legge Consob, per l'ipotesi di impossibilità di funzionamento o di continuata inattività, ma trova applicazione anche per ISVAP e per Banca d'Italia, pur nel silenzio della legge. Problema diverso è se sia ammissibile la revoca dei singoli membri (revoca individuale o destituzione), e dunque dei titolari degli organi, ove a essi siano addebitabili comportamenti illegittimi di notevole gravità o di abituale negligenza. Tali ipotesi danno titolo alla rimozione dall'ufficio del presidente o del consigliere di Stato (art. 5, r. d. 26 giugno 1924 nr. 1054), e, per analogia, trattandosi di membri di un organo neutrale, di rilevanza costituzionale, possono essere utilmente richiamate anche per i casi in esame. Per il governatore della Banca d'Italia, secondo il vigente statuto (che peraltro va revisionato a seguito della l. 28 dic. 2005 nr. 262), la revoca è ammissibile soltanto attraverso una procedura particolarmente aggravata, in quanto è richiesta una deliberazione adottata con la presenza di almeno due terzi del Consiglio superiore e con il voto favorevole di almeno due terzi dei presenti (art. 19).
Le a. i. hanno inoltre rapporti di ausiliarietà con il parlamento, cui trasmettono relazioni annuali consentendo a quest'ultimo di svolgere con cognizione di causa le proprie funzioni, sia legislative sia di indirizzo e di controllo nelle materie che riguardano la sfera di interesse delle autorità. Tale rapporto ha comunque altre modulazioni: si pensi alle ipotesi previste dall'art. 21, l. 287/90, che fa obbligo ad AGCM di segnalare le situazioni distorsive "derivanti da provvedimenti amministrativi di carattere generale al Parlamento e alle amministrazioni interessate".
Le a. i. si caratterizzano anche per l'autonomia contabile, che si traduce nella capacità di adottare una propria disciplina delle spese di bilancio, anche divergente dalle norme di contabilità generale dello Stato. Le autorità hanno infatti il potere di dettare una specifica autoregolamentazione delle proprie spese.
Alcune hanno anche una parziale autonomia finanziaria, ossia la possibilità di disporre di entrate proprie (art. 7 bis, l. 10 ott. 1990 nr. 287, ai sensi del quale AGCM, ai fini della copertura dei costi relativi al controllo delle operazioni di concentrazione, determina annualmente le contribuzioni dovute dalle imprese; art. 65, l. 23 dic. 2005 nr. 266, ai sensi del quale, a decorrere dall'anno 2007, le spese di funzionamento di CONSOB, AVLP, AGCom sono finanziate dal mercato di competenza, per la parte non coperta da finanziamento a carico del bilancio dello Stato, secondo modalità previste dalla normativa vigente ed entità di contribuzione determinate con propria deliberazione da ciascuna autorità, nel rispetto dei limiti massimi previsti per legge, versate direttamente alle autorità. Inoltre, la legge sul risparmio (l. 28 dic. 2005 nr. 262) detta una disciplina unitaria in ordine all'attività delle autorità deputate a vario titolo alla tutela del risparmio, ossia Banca d'Italia, CONSOB, ISVAP, AGCM, oltre COVIP (quest'ultima però non è da ritenere una a. i.), riguardanti in particolare ldi motivazione di provvedimenti aventi natura regolamentare o organizzativa con riferimento alle scelte di regolazione e di vigilanza del settore (è esclusa da tale previsione AGCM, perché non dispone di poteri regolamentari); l'obbligo di revisione periodica (almeno ogni tre anni) del contenuto degli atti di regolazione da esse adottati, per adeguarli all'evoluzione delle condizioni del mercato e degli interessi degli investitori e dei risparmiatori; la sottoposizione dei procedimenti volti all'emanazione di provvedimenti individuali ai principi riguardanti l'individuazione, le funzioni del responsabile del procedimento, la partecipazione al procedimento e l'accesso agli atti amministrativi recati dalla l. 7 ag. 1990 nr. 241; l'obbligo di motivazione e la distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie rispetto all'irrogazione di sanzione.
Non tutti tali requisiti si trovano nelle autorità che vengono comunque qualificate come indipendenti. In particolare sono da segnalare l'assenza di un regime di incompatibilità per CGSc, l'assenza di autonomia finanziaria per CGSc e CPDP, in altri casi un'autonomia contabile ridottissima, la subordinazione a direttive governative di AEG. Tali divergenze rispetto al modello 'puro' di a. i. (che viene ravvisato nella disciplina di AGCM) non sono però essenziali, per il fatto che l'indipendenza è un requisito che si fonda su una serie di indici rivelatori, senza che occorra la compresenza di tutti. D'altra parte Banca d'Italia, già prima dello status di indipendenza introdotto dall'art. 107 TUE, veniva qualificata a. i. in ragione del suo patrimonio di cultura e di esperienza oltre che per la sua tradizione di non soggezione a direttive governative.
Elementi di disomogeneità
Le a. i. sono contrassegnate da numerose differenze. Le procedure di nomina dei componenti sono notevolmente disomogenee, frutto di una stratificazione realizzatasi nel tempo. Infatti, in alcuni casi sono affidate al governo (Banca d'Italia, CONSOB, ISVAP), in altri alla codecisione tra governo e parlamento, che decide a maggioranza qualificata (AEG), o al parlamento, che provvede con il criterio del voto limitato (GPDP e AGCom; il presidente di AGCom invece è nominato dal governo, sentiti i pareri delle competenti commissioni parlamentari, che devono esprimere consenso favorevole a maggioranza dei due terzi dei componenti, con la stessa procedura prevista per i membri di AEG). Altre volte la nomina è attribuita ai presidenti delle Camere (AGCM, AVLP, CGSc).
Le autorità differiscono anche per la struttura: talvolta sono organi, talvolta enti (così la Banca d'Italia, CONSOB, ISVAP); e per la durata in carica: variabile dai tre anni di GCSc ai quattro di AGCom e GPDP, ai cinque di CONSOB, AVLP, Presidente ISVAP, ai sei anni di Banca d'Italia, ai sette di AGCM, AEG. Varia anche la riconferma degli incarichi: in determinate autorità è vietata (AGCOM, AEG, AGCM, AVLP), negli altri casi è invece prevista la riconferma una sola volta (così anche per il governatore e i membri del direttorio della Banca d'Italia: art. 19, 7° co., nella l. 28 dic. 2005 nr. 262), in un caso (componenti dell'ISVAP diversi dal presidente) possono essere confermati anche due volte.
Diversa è anche la tipologia delle funzioni: quasi tutte hanno potere regolamentare e svolgono funzioni giustiziali, ossia decidono in via amministrativa controversie a seguito di procedimenti in contraddittorio. Sono altresì ravvisabili funzioni di mera interpretazione (CGSc), di arbitrato (CGSc), di conciliazione (AGCom), di segnalazione, di proposta, di controllo. Peculiari sono le funzioni di accertamento del conflitto di interessi nei titolari di organi di governo e connessi poteri sanzionatori, che la l. 10 luglio 2004 nr. 215 affida ad AGCM e AGCom. Talvolta i poteri sono estesi e incisivi (AGCom, AEG, Banca d'Italia, CONSOB), talvolta limitati (AVLP non ha poteri regolatori per la disciplina del settore dei lavori pubblici, potendo adottare atti a carattere non vincolante ma 'orientativo', e avendo poteri amministrativi soltanto con riguardo al sistema di vigilanza sulla qualificazione delle ispezioni). Il trattamento giuridico ed economico del personale non è omogeneo: i dipendenti di Banca d'Italia, CONSOB e AGCM sono esclusi dalla privatizzazione del pubblico impiego (art. 3, 1° co., d. legisl. 30 marzo 2001 nr. 165). Anche la giurisdizione sugli atti delle a. i. appare disomogenea: i provvedimenti del garante per la privacy (GPDP) sono impugnabili davanti al giudice ordinario, gli altri davanti al giudice amministrativo, ma l'irrogazione di sanzioni agli esponenti societari da parte di CONSOB e Banca d'Italia sono impugnabili davanti alla Corte d'appello. Lo stesso status di indipendenza dal governo non è del tutto omogeneo. AEG, per es., da un lato ha funzioni che si accostano a un modello 'puro' e di totale estraneità del regolatore agli interessi coinvolti nella sua azione, dall'altro è destinataria di direttive da parte del governo (art. 2, 14° co., 21° co., l. nr. 481/1995). Si è parlato persino di autorità semi-indipendente, anche se tale conclusione sembra eccessiva, perché sarebbe vanificata la "piena autonomia" e l'"indipendenza di giudizio e di valutazione" con cui esse devono operare. La legge pone l'obbligo di tener conto non della politica economica del governo, ma "degli indirizzi di politica generale" o del "quadro delle esigenze di sviluppo [...] che corrispondono agli interessi generali del paese". La stessa AGCM è soggetta, ai sensi dell'art. 25, 1° co., nella l. 10 ott. 1990 nr. 287, ai criteri generali deliberati dal governo attraverso cui l'autorità può eccezionalmente autorizzare, per rilevanti interessi generali dell'economia nazionale, nell'ambito dell'integrazione europea, operazioni di concentrazione altrimenti vietate ai sensi dell'art. 6, purché esse non comportino l'eliminazione della concorrenza dal mercato o restrizioni alla concorrenza non giustificate dagli interessi generali. Ciò non viene considerato una lesione dell'indipendenza, perché si tratta di ipotesi eccezionali e mai verificate. Non si considera infatti ostativa dell'indipendenza la nomina governativa dei componenti gli organi direttivi: rilevante è soprattutto l'indipendenza di azione, la professionalità dei membri degli organi direttivi, la non revocabilità dei relativi incarichi. In realtà l'indipendenza si ricava attraverso la rilevazione di una serie di indici conseguenti ai caratteri comuni delle a. i., di cui non è necessaria la compresenza, ma una valutazione sistematica e ponderata, che tiene conto anche di riscontri di ordine fattuale. Di qui incertezze sull'ascrivibilità o meno alla categoria di ISVAP e di AIPA e l'elaborazione in sede dottrinaria della figura delle autorità semi-indipendenti (Amato 1997).
Tendenze in atto
Le autorità hanno costituito la novità istituzionale più rilevante degli anni Novanta del 20° sec. e il loro sviluppo impetuoso è stato interpretato addirittura in termini di riforma costituzionale strisciante, soprattutto perché sfuggono alla politica generale del governo di cui all'art. 95 Cost. e determinerebbero di rimando un'alterazione del canone essenziale della responsabilità ministeriale, in quanto disconoscono il rapporto governo-parlamento, tipico del regime parlamentare. La tesi prevalente tuttavia ne riconosce la compatibilità a Costituzione, in quanto non tutte le amministrazioni sono inserite nel circuito della responsabilità governativa, dato che la Costituzione non prevede un modello unitario di pubblica amministrazione, come è dimostrato dal riconoscimento costituzionale delle amministrazioni regionali e locali.
Le a. i. non si prestano a essere inquadrate negli schemi della tradizionale teoria della divisione dei poteri. Tanto che spesso sono state definite come titolari di poteri 'quasi legislativi' o 'quasi giudiziali' o 'paramministrativi', ciò, tuttavia, da un lato non significa nulla di concreto, e dall'altro elude la funzione di governo svolta da dirette istituzioni. L'indipendenza conferisce loro una responsabilità diretta per la definizione e il perseguimento dei valori e degli interessi loro affidati. Tale responsabilità non si basa sulla loro capacità di rappresentanza politica, ma sulla capacità di soddisfare i bisogni e le domande che emergono dai singoli (consumatori, utenti, imprese) e dalla collettività. Il legislatore ha delegato loro ambiti di regolazione a elevata specializzazione tematica e funzionale, il che, in considerazione dell'indipendenza di cui godono, concorre a formare una comunità di operatori della regolazione del settore, con culture, esperienze e tradizioni, che si propongono come espressione di strategie di governo e, anzi, possono configurarsi come veri e propri poteri'. Anche per questo si assiste a una stasi nella istituzione di nuove autorità e a critiche alla loro diffusione e al loro operato. Si sono stigmatizzati l'eterogeneità, la proliferazione indiscriminata, la disorganicità delle discipline, la non rappresentatività, il rischio di derive tecnocratiche, il costo, fino a mettere in dubbio l'utilità e la necessità dell'esistenza stessa delle autorità. Se da un lato è condivisibile l'esigenza di una razionalizzazione, di una più organica definizione dei compiti e della introduzione di regole comuni con riguardo alle nomine e allo status di indipendenza, dall'altro è incontestabile che la maggior parte delle autorità ha acquisito sul campo una autorevolezza, uno standard culturale, un radicamento nel territorio delle istituzioni e della società civile che di fatto ne costituiscono la legittimazione. Esse rappresentano un patrimonio di tutela di valori costituzionali e in genere di valori forti per la collettività che non può essere disperso, come confermano le iniziative volte a dar loro copertura costituzionale, e anche il fatto che la legge sul risparmio, che fa seguito a forti crisi di credibilità delle istituzioni vigilanti il settore, fa leva proprio sulle autorità, rafforzandone indipendenza e trasparenza.
bibliografia
F. Bassi, F. Merusi, Mercati e amministrazioni indipendenti, Milano 1993.
I garanti delle regole. Le Autorità indipendenti, a cura di S. Cassese, C. Franchini, Bologna 1996.
G. Amato, Autorità semi-indipendenti e autorità di garanzia, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1997, 3, pp. 645-64.
A. Predieri, L'erompere delle autorità amministrative indipendenti, Firenze 1997.
F. Merusi, Democrazia e autorità indipendenti: un romanzo quasi giallo, Bologna 2000.