Autorizzazione unica ambientale
Pur non costituendo una novità nel nostro ordinamento, la nozione di autorizzazione unica intesa come provvedimento abilitativo unico, adottato dall’Amministrazione all’esito di un unico procedimento, era rimasta circoscritta solo ad alcuni specifici ambiti settoriali. Con l’introduzione dell’Autorizzazione Unica Ambientale prevista dal d.l. 9.2.2012, n. 5 (cd. decreto sviluppo), la cui disciplina di dettaglio è intervenuta con d.P.R.13.3.2013, n. 59, il legislatore ha, invece, inteso predisporre, per gli atti autorizzatori in materia ambientale, una strumentazione giuridica – marcatamente improntata a criteri di semplificazione – di generale applicazione.
In attuazione della previsione di cui all’art. 23 del d.l. 9.2.2012, n. 5 (cd. “decreto sviluppo”, convertito con modificazioni in l. 4.4.2012, n. 35) e con l’obiettivo di assicurare la semplificazione delle procedure e la riduzione degli oneri1 per le piccole e medie imprese (d’ora in poi PMI)2, nonché per gli impianti non soggetti ad autorizzazione integrata ambientale3 (AIA, la cui disciplina è contenuta nella Parte Seconda, sezione III bis del Codice dell’Ambiente, d.lgs. 3.4.2006, n. 152), con d.P.R. 13.3.2013, n. 594 è stata introdotta la disciplina di dettaglio in materia di autorizzazione unica ambientale (d’ora in poi “AUA”) da identificarsi, secondo la definizione normativa, nel «provvedimento rilasciato dallo sportello unico per le attività uniche produttive, che sostituisce gli atti di comunicazione, notifica ed autorizzazione in materia ambientale» di cui all’art. 3 del medesimo regolamento.
L’AUA costituisce, pertanto, il titolo autorizzativo finalizzato a compendiare la gran parte (non tutte, come si avrà modo di precisare più avanti) delle autorizzazioni di natura ambientale necessarie per l’esercizio e l’operatività delle PMI e di quelle non soggette alla disciplina dell’AIA.
Il nucleo base degli atti che l’AUA è chiamata a sostituire in sede di rilascio, di formazione, di aggiornamento o di rinnovo, (art. 3, co. 1, del d.P.R. n. 59/2013) va identificato nei seguenti titoli abilitativi:
l’autorizzazione agli scarichi di cui al capo II del titolo IV della sezione II della Parte terza del d.lgs. 3.4.2006, n. 152;
la comunicazione preventiva di cui all'art. 112 del d.lgs. n. 152/2006, per l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari e delle acque reflue provenienti dalle aziende ivi previste;
l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti di cui all'art. 269 del d.lgs. n. 152/2006;
l’autorizzazione generale di cui all'art. 272 del d.lgs. n. 152/2006;
la comunicazione o nulla osta di cui all'art. 8, co. 4 o co. 6, della l. 26.10.1995, n. 447;
l’autorizzazione all'utilizzo dei fanghi derivanti dal processo di depurazione in agricoltura di cui all'art. 9 del d.lgs. 27.1.1992, n. 99;
le comunicazioni in materia di rifiuti di cui agli artt. 215 e 216 del d.lgs. n. 152/2006.
Il d.P.R. n. 59/2013, emanato ai sensi dell’art. 17, co. 2, l. 23.8.1988, n. 400, si compone di dodici articoli, suddivisi in cinque capi, e di un ampio allegato tecnico5. Si tratta, pertanto, di una fonte normativa regolamentare riconducibile al novero dei regolamenti governativi “autorizzati o delegati”, i quali, rivestendo la forma di decreto del Presidente della Repubblica e adottati con deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, sono chiamati a disciplinare le «materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari» (art. 17, co. 2, l. n. 400/1988).
I principi e i criteri direttivi della disciplina regolamentare in materia di AUA sono stati così individuati dall’art. 23 del decreto sviluppo:
a) l'autorizzazione sostituisce ogni atto di comunicazione, notifica ed autorizzazione previsto dalla legislazione vigente in materia ambientale;
b) l'autorizzazione unica ambientale è rilasciata da un unico ente;
c) il procedimento deve essere improntato al principio di proporzionalità degli adempimenti amministrativi in relazione alla dimensione dell'impresa e al settore di attività, nonché all'esigenza di tutela degli interessi pubblici e non dovrà comportare l'introduzione di maggiori oneri a carico delle imprese.
Per i rilievi che si formuleranno più avanti, è, però, lecito dubitare che l’obiettivo di rendere più agevole, di semplificare6 in definitiva, per le PMI e gli impianti non soggetti ad AIA, il conseguimento del titolo autorizzatorio ambientale sia stato pienamente realizzato dal legislatore con la normativa in commento. Quest’ultima è senz’altro ispirata a criteri di semplificazione dell’azione amministrativa procedimentale, da un punto di vista strutturale (mediante la previsione della conferenza di servizi, del termine di conclusione del procedimento), e da un punto di vista funzionale (mediante la previsione delle conseguenze dell’eventuale inerzia dell’amministrazione nel corso dell’istruttoria procedurale), ma non mancano criticità7 sia quanto alla circostanza che l’AUA non vale a sostituire ogni «atto di comunicazione, notifica ed autorizzazione previsto dalla legislazione vigente in materia ambientale», essendo la sua portata applicativa circoscritta ai provvedimenti individuati, seppure con elenco non esaustivo8 di cui all’art. 3, sia quanto a possibili problemi di coordinamento in sede applicativa con altre discipline, quale, ad esempio, il provvedimento di cui all’art. 208 del d.lgs. n.152/2006 in materia di impianti per lo smaltimento dei rifiuti.
Il legislatore ha prediposto una disciplina molto dettagliata quanto al procedimento e alla durata dell'AUA.
2.1 Il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica ambientale
Il procedimento per il rilascio della’AUA è disciplinato principalmente dall’art. 4 del regolamento:
la richiesta va presentata dalla persona fisica o giuridica che ha potere decisionale circa l’installazione o l’esercizio dello stabilimento e che e’ responsabile dell’applicazione dei limiti e delle prescrizioni disciplinate dal d.lgs. n. 152/2006;
nella domanda vanno indicati gli atti di comunicazione, notifica e autorizzazione di cui al citato art. 3 del d.P.R. n. 59/2013, per i quali si chiede il rilascio dell'autorizzazione unica ambientale, nonché le informazioni richieste dalle specifiche normative di settore;
la domanda deve essere corredata dai documenti, dalle dichiarazioni e dalle altre attestazioni previste dalle vigenti normative di settore relative agli atti di comunicazione, notifica e autorizzazione di cui all'art. 3, co. 1 e 2;
unico interlocutore del soggetto richiedente il titolo autorizzatorio è lo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP)9, al quale va presentata l’istanza e che provvederà materialmente a rilasciare l’atto;
l’autorità competente all’adozione dell’atto è, però, la Provincia o altra autorità10;
il SUAP e l’autorità competente devono comunicare tra loro in via telematica;
nel caso in cui l'autorità competente riscontri la necessità di integrare la documentazione presentata, lo comunica tempestivamente e in modalità telematica al SUAP, precisando gli elementi mancanti ed il termine per il deposito delle integrazioni;
gli adempimenti istruttori (“verifiche”) da parte dell’autorità vanno eseguiti entro il temine di trenta giorni, decorso il quale, in assenza di comunicazioni, l'istanza si intende correttamente presentata;
nel caso di richiesta di integrazione documentale ai sensi del co. 2, si applica l'art. 2, co. 7, della l. 7.8.1990, n. 24111;
qualora il gestore non abbia depositato la documentazione richiesta entro il termine fissato dall'autorità competente, l'istanza è archiviata, fatta salva la facoltà per il gestore di chiedere una proroga in ragione della complessità della documentazione da presentare;
nel caso sia stata formulata la richiesta di proroga in parola, il termine è sospeso per il tempo della stessa;
quanto al termine di conclusione del procedimento, è previsto che qualora l'autorizzazione unica ambientale vada a sostituire i titoli abilitativi per i quali la conclusione del procedimento è fissata in un termine inferiore o pari a novanta giorni, l'autorità competente debba adottare il provvedimento nel termine di novanta giorni dalla presentazione della domanda e trasmetterlo immediatamente al SUAP che rilascia il titolo12;
se, invece, l'autorizzazione unica ambientale sostituisce i titoli abilitativi per i quali almeno uno dei termini di conclusione del procedimento è superiore a novanta giorni, il SUAP, salvo quanto previsto al co. 7 dell’art. 4, indice, entro trenta giorni dalla ricezione della domanda, la conferenza di servizi di cui all'art. 7 del d.P.R. 7.9.2010, n. 16013. In tale caso, l'autorità competente adotta l'autorizzazione unica ambientale entro centoventi giorni dal ricevimento della domanda o, in caso di richiesta di integrazione della documentazione, ai sensi dell'art. 14 ter, co. 8, della l. n. 241/1990, entro il termine di centocinquanta giorni dal ricevimento della domanda medesima14.
nei casi individuati ai co. 4 e 5 dell’art. 4, l'autorità competente promuove il coordinamento dei soggetti competenti, anche nell'ambito della conferenza di servizi;
infine, qualora sia necessario acquisire esclusivamente l'autorizzazione unica ambientale ai fini del rilascio, della formazione, del rinnovo o dell'aggiornamento di titoli abilitativi di cui all'art. 3, co. 1 e 2 del decreto, il SUAP trasmette la relativa documentazione all'autorità competente che, ove previsto, convoca la conferenza di servizi di cui agli art. 14 e seguenti della l. n. 241/1990. L'autorità competente adotta il provvedimento e lo trasmette immediatamente al SUAP per il rilascio del titolo (art. 8)15;
le spese e i diritti sono quelli previsti per i vari provvedimenti più eventuali diritti di istruttoria (art. 8);
la misura dei diritti di istruttoria, sommata alle spese e ai diritti di cui sopra, non può comunque eccedere quella complessivamente posta a carico dell'interessato prima dell'entrata in vigore del regolamento per i singoli procedimenti relativi ai titoli abilitanti sostituiti dall'autorizzazione unica ambientale.
È fatta salva sia la facoltà per le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano di individuare ulteriori atti di comunicazione, notifica ed autorizzazione in materia ambientale che possono esser compresi nell’AUA sia la facoltà per i gestori degli impianti di non avvalersi di essa nel caso in cui si tratti di attività soggette solo a comunicazione ovvero ad autorizzazione di carattere generale, ferma restando la presentazione della comunicazione o dell’istanza per il tramite del SUAP.
2.2. La durata della autorizzazione unica ambientale
La durata dell’AUA è stata fissata, nonostante le perplessità espresse dal Consiglio di Stato in sede consultiva16, in quindici anni17.
A parziale temperamento di tale durata di lungo periodo, è prevista, in primo luogo, la facoltà per l’autorità competente, qualora si sia in presenza di scarichi contenenti sostanze pericolose, di cui all'art. 108 del d.lgs. n. 152/2006, a imporre ai gestori degli impianti autorizzati l’obbligo di presentare, almeno ogni quattro anni, una comunicazione contenente gli esiti delle attività di autocontrollo all'autorità stessa, la quale può procedere all'aggiornamento delle condizioni autorizzative qualora dalla comunicazione emerga che l'inquinamento provocato dall'attività e dall'impianto è tale da renderlo necessario. È stabilito, però, che tale aggiornamento non incida sulla durata dell'autorizzazione.
In secondo luogo, è previsto che l'autorità competente possa imporre il rinnovo dell'autorizzazione, o la revisione delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione stessa, prima della scadenza quando: a) le prescrizioni stabilite nella stessa impediscano o pregiudichino il conseguimento degli obiettivi di qualità ambientale stabiliti dagli strumenti di pianificazione e programmazione di settore; b) nuove disposizioni legislative comunitarie, statali o regionali lo esigano.
Al di là della ipotesi dell’anticipazione, il rinnovo dell’AUA va richiesto almeno sei mesi prima della scadenza del titolo con un’istanza corredata dalla documentazione aggiornata di cui all'art. 4, co. 1 del regolamento. In tal caso, potrà farsi anche riferimento alla documentazione eventualmente già in possesso dell'autorità competente nel caso in cui le condizioni d'esercizio, o comunque le informazioni in essa contenute, siano rimaste immutate.
La procedura di rinnovo è la medesima di quella prevista e disciplinata per il rilascio ed è precisato, al riguardo, che, nelle more dell'adozione del provvedimento di rinnovo e fatta salva ogni diversa previsione contenuta nella specifica normativa di settore, l'esercizio dell'attività o dell'impianto possa continuare sulla base della precedente autorizzazione.
Nel caso in cui, durante il periodo di efficacia del titolo, l’impianto autorizzato necessiti di modifiche, è previsto, quando si tratti di modifica non sostanziale, da un lato, che il gestore dell’impianto si limiti semplicemente a comunicare tale evenienza, e, dall’altro, che possa formarsi il silenzio–assenso alla modifica, senza necessità, pertanto, che l’autorità competente adotti un atto espresso (cfr. art. 6, co. 1, d.P.R. n. 59/2013: «il gestore che intende effettuare una modifica dell'attività o dell'impianto ne dà comunicazione all'autorità competente e, salvo quanto previsto dal comma 3, nel caso in cui quest'ultima non si esprima entro sessanta giorni dalla comunicazione, può procedere all'esecuzione della modifica. L'autorità competente provvede, ove necessario, ad aggiornare l'autorizzazione in atto e tale aggiornamento non incide sulla durata dell'autorizzazione»).
Quando, invece, si prospetti una modifica sostanziale18 - o la stessa venga ad essere giudicata tale dall’autorità competente - «ai sensi delle normative di settore che disciplinano gli atti comunicazione, notifica ed autorizzazione in materia ambientale compresi nell’autorizzazione unica» e in grado di «produrre effetti negativi e significativi19 sull’ambiente», i co. 2, 3 e 4 dell’art. 6 in commento dispongono che: a) il gestore debba presentare una domanda di autorizzazione ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 4; b) l’autorità competente, qualora ritenga che la modifica comunicata ai sensi del co. 1 dell’art. 6 sia una modifica sostanziale, nei trenta giorni successivi alla comunicazione medesima, debba ordinare al gestore di presentare una domanda di autorizzazione ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 4 e la modifica comunicata non possa essere eseguita sino al rilascio della nuova autorizzazione; c) le Regioni e le Province Autonome, nel rispetto delle norme di settore vigenti, possano definire ulteriori criteri per la qualificazione delle modifiche sostanziali e indicare modifiche non sostanziali per le quali non vi è l’obbligo di effettuare la comunicazione di cui al co. 1.
I profili problematici che emergono dalla disamina dell'assetto normativo dell'AUA concernono principalmente l'ambito applicativo dell'istituto e l'eventuale necessità di coordinarne la disciplina con altre normative settoriali.
3.1. Un’autorizzazione (non) unica
Seppure la disciplina dettata dal d.P.R. n. 59/2013 sembra aver raggiunto in buona parte gli obiettivi di semplificazione che il legislatore si era proposto di conseguire e ciò principalmente mediante la previsione, per i soggetti interessati (PMI e impianti non soggetti ad AIA) di un unico interlocutore (lo Sportello Unico per le Attività Produttive, SUAP) e di unico atto nel quale far confluire sette provvedimenti (autorizzazioni, nulla osta, atti d’assenso a vario titolo, comunicazioni) corrispondenti ad altrettanti procedimenti dall’ordinamento, sono però presenti, nell’impianto normativo, alcune aporie le quali impediscono di considerare come senz’altro ottimale il risultato raggiunto20.
In primo luogo, la portata applicativa del regolamento appare circoscritta ai provvedimenti richiamati nell’art. 3, co. 1, del regolamento. Infatti, se è pur vero che tale elenco è non esaustivo, non può, però, omettersi la considerazione che il legislatore nazionale ha previsto la mera facoltà – e non l’obbligo, come sarebbe stato opportuno – per le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano di provvedere a delle integrazioni, mercé la previsione di ulteriori atti sostituibili dall’AUA, il che potrebbe dar luogo al rischio concreto di un’applicazione disomogenea del nuovo istituto sul territorio nazionale21.
Si aggiunga inoltre che il legislatore, nel dettare la disciplina dell’AUA, non ha in alcun modo menzionato le autorizzazioni estrattive, quelle paesaggistiche, le prescrizioni adottate dal Sindaco in materia di industrie e lavorazioni insalubri ai sensi degli artt. 216 e 217 del r.d. 27.7.1934, n. 1265 (Testo Unico delle Leggi sanitarie, “TULS”), i nulla osta idraulici o relativi a vincolo idrogeologico, le concessioni di derivazione di acque superficiali e sotterranee22, e, soprattutto, non ha richiamato l’autorizzazione di cui all’art. 208, d.lgs. n. 152/200623 (sul punto, cfr. infra, § 3.2).
Espressamente fuori dall’ambito di applicazione della disciplina regolamentare di cui al d.lgs. n. 59/1993 sono, invece, i progetti assoggettati alla valutazione di impatto ambientale (VIA), allorquando la normativa statale e regionale preveda che il provvedimento finale di VIA comprenda e sostituisca tutti gli altri atti di assenso comunque denominati in materia ambientale ai sensi dell’art.10, d.lgs. n. 152/2006.
Viceversa, la dottrina24 ha messo in evidenza come, in forza del d.P.R. n. 59/2013, abbia trovato una compiuta regolamentazione la fattispecie relativa alla realizzazione di un impianto destinato esclusivamente all’esecuzione di operazioni di recupero di rifiuti rispondenti ai requisiti per l’ammissione alle procedure semplificate di cui all’art. 214, co. 7, d.lgs. n. 152/200625, poiché nell’unico atto rappresentato dall’AUA vengono a confluire non solo i provvedimenti connessi all’applicazione della normativa in materia di qualità dell’aria e di inquinamento atmosferico da impianti industriali e dalle altre disposizioni che regolano la costruzione di impianti industriali, ma anche la comunicazione di cui all’art. 216, d.lgs. n. 152/200626.
3.2. Possibili criticità in sede applicativa
Come già segnalato, la scelta del legislatore di non introdurre alcuna disposizione di raccordo tra la disciplina dell’AUA e quella del provvedimento autorizzatorio ai sensi dell’art. 208, d.lgs. n. 152/2006, ossia il titolo abilitativo per la realizzazione a all'esercizio degli impianti di trattamento rifiuti (sempre che, per taglia o per intrinseche caratteristiche, non restino assoggettati ad AIA), potrebbe provocare problemi applicativi non di poco momento nel caso in cui, in particolare, si debba realizzare ex novo un impianto (o struttura) per la gestione di rifiuti nell'ambito di uno stabilimento più complesso e comprensivo di altre attività, oppure quando si debba conseguire il rinnovo periodico dell'autorizzazione all'esercizio di un impianto di trattamento rifiuti già esistente, il cui provvedimento abilitativo resta oggi disciplinato esclusivamente dal citato art. 208, senza alcuna possibilità di surroga da parte dell'AUA.
Il motivo dell’omissione va probabilmente rinvenuto nella circostanza che anche il provvedimento autorizzatorio ex art. 208 cit. si configura come un’autorizzazione unica, perciò non surrogabile da parte di altro provvedimento «a ben vedere più debole, in quanto privo di valenza ai fini urbanistico edilizi, come invece avviene per l'autorizzazione ex art. 208»27.
Infatti, l'autorizzazione ex art. 208, d.lgs. n. 152/2006 è provvedimento sostitutivo, ad ogni effetto, di visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali - ivi compreso il titolo abilitativo di natura urbanistico-edilizia, - e vale a costituire, «ove occorra, variante allo strumento urbanistico», la cui approvazione «comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori».
1 In considerazione delle finalità perseguite, si è affermato che, in via generale, la semplificazione attiene alla «formazione di relazioni più semplici, più chiare e certe fra amministrazione e cittadino» (Travi, A., La liberalizzazione, in Riv. trim. dir. pubbl., 1998, 652).
2 Le piccole e medie imprese (PMI) sono individuate dal d.m. 18.4.2005, n ? (in particolare, art. 2) e così definite: «1. La categoria delle microimprese, delle piccole imprese e delle medie imprese (complessivamente definita PMI) è costituita da imprese che: a) hanno meno di 250 occupati, e b) hanno un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro, oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro. 2. Nell'ambito della categoria delle PMI, si definisce piccola impresa l'impresa che: a) ha meno di 50 occupati, e b) ha un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 10 milioni di euro. 3. Nell'ambito della categoria delle PMI, si definisce microimpresa l'impresa che: a) ha meno di 10 occupati, e b) ha un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro. 4. I due requisiti di cui alle lettere a) e b) dei co. 1, 2 e 3 sono cumulativi, nel senso che tutti e due devono sussistere».
3 La portata dell’AUA, ancor prima dell’adozione del d.P.R. n. 29/2013, inizialmente circoscritta alle PMI, era stata estesa a tutti gli impianti non assoggettati ad AIA con la l. 4.4.2012, n. 35 di conversione, con modificazioni, del d.l. n. 5/2012 (cd. “decreto sviluppo”).
4 Il decreto è stato pubblicato in G.U.R.I. n. 124 del 29.5.2013 ed è entrato in vigore il 13.6.2013
5 La struttura del regolamento è la seguente: Capo I – Principi Generali (artt. 1 e 2); Capo II – Autorizzazione Unica Ambientale (artt. 3, 4. 5 e 6); Capo III – Disposizioni in materia di emissioni in atmosfera (art. 7); Capo IV – Disposizioni in materia di emissioni di atmosfera (art.7); Capo IV – Disposizioni attuative (artt. 8 e 9); Capo V (artt.10 e 11).
6 Quando si discorre di semplificazione amministrativa, è bene tenere sempre a mente quanto affermava, già verso la metà del secolo scorso, il Carnelutti: «la semplificazione è un compito, che presenta gravissime difficoltà; ed è inutile cercare di superarle se non si hanno le idee chiare. Insomma, bisogna sapersi orientare, anzi che procedere a tentoni» (Carnelutti, F., Certezza, autonomia, libertà, diritto, in Dir. econ., 1956, 1193).
7 Cfr. Muratori, A., L’autorizzazione (quasi) unica per PMI e stabilimenti “non AIA”: il regolamento definitivo, in Amb. e svil., 2013, 4, 305.
8 In proposito si è osservato che «poco importa che l’elenco possa, a ben vedere, ritenersi non esaustivo, in quanto aperto ad eventuali integrazioni, relative ad ulteriori provvedimenti, da parte delle regioni e delle Province Autonome, ma viene in ogni caso previsto l’esercizio di una facoltà – e non di un obbligo, con conseguente rischio di un’applicazione disomogenea del nuovo istituto sul territorio nazionale» (Muratori, A., L’autorizzazione (quasi) unica per PMI e stabilimenti “non AIA”, cit., n. 16).
9 L’istituzione degli Sportelli Unici delle Attività Produttive, avvenuta con d.P.R. 20.10.1998, n. 447 (successivamente modificato fino alla riforma dell'istituto, intervenuta con d.P.R. 7.9.2010, n. 160, e successive modifiche e integrazioni, tra cui, quella più recente del d.m. 10.11.2011), ha rappresentato un primo e importante segno di orientamento all'utente da parte del legislatore; pur non avendo trovato uniforme applicazione, il SUAP ha svolto essenzialmente «un ruolo di cinghia di trasmissione - diciamo pure di facilitatore - per la tenuta dei rapporti tra imprese e pubbliche amministrazioni depositarie delle diverse funzioni autorizzatorie, essendone rimaste inalterate le competenze, ivi compresa quella relativa alla predisposizione dei diversi titoli abilitativi, ferma restandone la consegna all'interessato in un'unica soluzione, e in tempi [più o meno] certi, a cura, appunto dello Sportello» (cfr. Muratori, A., Decreto “Semplificazioni: in arrivo l’autorizzazione unica ambientale, in Amb. e svil., 2012, 3, 207).
10 L’individuazione della autorità competente al rilascio del titolo nella “Provincia o altra autorità” si giustifica con la perdurante incertezza circa la sorte di questo ente territoriale, «in bilico tra riordino (deciso, ma non attuato) ed abolizione» (Muratori, A., L’autorizzazione (quasi) unica per PMI e stabilimenti “non AIA”, cit., n. 11).
11 L’art. 2, co. 7, della l. n. 241/90 dispone: «Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 17, i termini di cui ai commi 2, 3, 4 e 5 del presente articolo possono essere sospesi, per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni, per l’acquisizione di informazioni o di certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. Si applicano le disposizioni dell’articolo 14, comma 2».
12 Resta ferma la facoltà di indire la conferenza di servizi di cui all'art. 7 del d.P.R. n. 160/2010. La conferenza di servizi è sempre indetta dal SUAP nei casi previsti dalla l. n. 241/1990 e nei casi previsti dalle normative regionali e di settore che disciplinano il rilascio, la formazione, il rinnovo o l'aggiornamento dei titoli abilitativi di cui all'art. 3 del regolamento.
13 Il d.P.R. n. 160/2010 reca il regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive, ai sensi dell'art. 38, co. 3, del d.l. 25.6.2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla l. 6.8.2008, n. 133. L’art. 7, co. 3, del decreto dispone: «3. Quando è necessario acquisire intese, nulla osta, concerti o assensi di diverse amministrazioni pubbliche, il responsabile del SUAP può indire una conferenza di servizi ai sensi e per gli effetti previsti dagli articoli da 14 a 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero dalle altre normative di settore, anche su istanza del soggetto interessato o dell'Agenzia. La conferenza di servizi è sempre indetta nel caso in cui i procedimenti necessari per acquisire le suddette intese, nulla osta, concerti o assensi abbiano una durata superiore ai novanta giorni ovvero nei casi previsti dalle discipline regionali. Scaduto il termine di cui al comma 2, ovvero in caso di mancato ricorso alla conferenza di servizi, si applica l'articolo 38, comma 3, lettera h), del decreto-legge».
14 Tale atto confluisce nella determinazione motivata di cui all'art. 14 ter, co. 6 bis della l. n. 241/1990. I soggetti competenti in materia ambientale di cui all'art. 2, co. 1, lett. c), che esprimono parere positivo possono non intervenire alla conferenza di servizi e trasmettere i relativi atti di assenso, dei quali si tiene conto ai fini della individuazione delle posizioni prevalenti per l'adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento, di cui all’art. 14 ter, co. 6 bis, della l. n. 241/1990.
15 Va posto in evidenza come non sia stato previsto alcun potere sostitutivo da parte di altre autorità e, in particolare, del Ministero dell’Ambiente.
16 Cfr. parere n. 05069 adottato dalla Sezione consultiva per gli atti normativi all’adunanza del 29.11.2012 in www.giustizia-amministrativa.it. Il Consiglio di Stato aveva evidenziato che «pur nel quadro di un condivisibile intento di semplificazione, una previsione di durata siffatta suscita perplessità in ragione, anche, dell’assenza di modalità di “autocontrollo” previamente definite in via generale, avuto riguardo alle generiche prescrizioni di cui al comma 3, primo periodo». A tale scopo, l’organo consultivo aveva sollecitato una nuova valutazione da parte del Ministero dell’Ambiente in vista della ridefinizione del termine.
17 Si è osservato, al riguardo, che è stato inferto un vulnus ai principi ispiratori postulati dalla normativa di rango primario, poiché la durata “tombale” dell’AUA appare stridere con l’esigenza di tutela degli interessi pubblici (ambiente e salute) sancita proprio dall’art. 23 del d.l. n. 5/2012 (Pallotta, S., Autorizzazioni ambientali: rilascio unificato, durata tombale, in www.dirittoambiente.net, 3.6.2013).
18 In realtà nelle normative di settore cui la disposizione rinvia non si rinviene alcuna definizione di modifica sostanziale dell’impianto soggetto a titolo autorizzatorio ambientale.
19 Anche in questo caso, come già si è segnalato per l’espressione “modifica sostanziale”, il legislatore adopera un concetto (quello di “significatività”) dal contenuto assai ampio, lasciando quindi all’Amministrazione il compito di definire concretamente il contenuto e, in definitiva, la decisione sul regime autorizzatorio applicabile al caso di specie.
20 Muratori, A., L’autorizzazione (quasi) unica per PMI e stabilimenti “non AIA”, cit., 309.
21 Muratori, A., L’autorizzazione (quasi) unica per PMI e stabilimenti “non AIA”, cit.
22 Per questa ipotesi, il mancato richiamo potrebbe essere giustificato dal fatto che si tratta di provvedimenti concessori in senso proprio e non già autorizzatori.
23 Muratori, A., L’autorizzazione (quasi) unica per PMI e stabilimenti “non AIA”, cit.
24 Muratori, A., L’autorizzazione (quasi) unica per PMI e stabilimenti “non AIA”, cit., 9-10. Sull’argomento cfr. anche Muratori, A., Decreto “Semplificazioni”, cit., 205.
25 Art. 214, co. 7, d.lgs. n. 152/2006: «7. La costruzione di impianti che recuperano rifiuti nel rispetto delle condizioni, delle prescrizioni e delle norme tecniche di cui ai commi 2 e 3 è disciplinata dalla normativa nazionale e comunitaria in materia di qualità dell'aria e di inquinamento atmosferico da impianti industriali e dalle altre disposizioni che regolano la costruzione di impianti industriali. L'autorizzazione all'esercizio nei predetti impianti di operazioni di recupero di rifiuti non individuati ai sensi del presente articolo resta comunque sottoposta alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209 e 211».
26 Cfr. art. 216, d.lgs. n. 152/2006: «a condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all'articolo 214, commi 1, 2 e 3, l'esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti può essere intrapreso decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente. Nelle ipotesi di rifiuti elettrici ed elettronici di cui all'articolo 227, comma 1, lettera a), di veicoli fuori uso di cui all'articolo 227, comma 1, lettera c), e di impianti di coincenerimento, l'avvio delle attività è subordinato all'effettuazione di una visita preventiva, da parte della provincia competente per territorio, da effettuarsi entro sessanta giorni dalla presentazione della predetta comunicazione».
27 Muratori, A., L’Autorizzazione (quasi) unica per PMI e stabilimenti “non AIA”, cit., 311.