AVALOS, Francesco d', principe di Troia
Nacque intorno al 1620 da Giovanni e Andreana di Sangro dei principi di Sansevero, e fu fratello minore di Andrea, principe di Montesarchio.
L'A., che sposò Andreana Caracciolo, fu principe di Troia, gran cancelliere del Regno e mastro d'atti (cancelliere del collegio dei dottori in Napoli).
Agli inizi della rivolta popolare del 1647, l'A. si unì al piccolo esercito aristocratico che si andava organizzando in Aversa agli ordini di Prospero Tuttavilla. Al comando di sessanta cavalli partecipò alla occupazione di Castellammare e successivamente alla difesa della città dai Francesi che tentavano di sbarcarvi. Nel gennaio del 1648 difese Nola contro i ribelli, ma il 19 dello stesso mese dovette abbandonare la città per raggiungere Troia, anch'essa minacciata dai rivoltosi. L'A. la difese a lungo dagli assalti delle bande di popolari al comando di Pietro di Crescenzio, ma infine fu costretto ad abbandonarla, senza poter attendere i rinforzi condotti dal principe di Montesarchio. Insieme con questo però l'A. poco dopo rientrò nella città, favorito anche dalla lotta sorta tra i popolari e una fazione di cittadini a lui favorevole.
Nell'autunno del 1648 l'A. prese parte alla congiura capeggiata dal principe di Montesarchio per scacciare gli Spagnoli e stabilire in Napoli una dinastia indipendente con don Giovanni d'Austria. Scoperto il complotto per la delazione di un nobile, Pietro Carafa, e arrestato il fratello Andrea dal viceré conte d'Oñate, l'A. si sottrasse alla cattura fuggendo a Roma. Le rappresaglie del viceré contro i suoi feudi lo indussero però poco dopo a chiedere l'intercessione del cardinale Egidio Albornoz presso l'Oñate, per poter essere riammesso nel Regno. Sventata la congiura, era ormai interesse del governo spagnolo non riaprire, con misure troppo severe verso la nobiltà implicata nel complotto, una nuova crisi nel Regno da poco tempo pacificato: la mediazione del cardinale, capo del partito spagnolo a Roma, superò le ultime difficoltà del viceré e l'A: poté tranquillamente ritornare nei suoi feudi (marzo 1649). Di lì a poco, sempre nel 1649, l'A. morì di tisi.
Fonti e Bibl.: F. Capecelatro, Diario... delle cose avvenute nel reame di Napoli negli anni 1647-50, a cura di A. Granito di Belmonte, II, Napoli 1852, passim; III, ibid. 1854, pp. 75, 77-79, 97, 502, 503; I. Fuidoro, Successi del governo del conte d'Oñatte (1648-1653), a cura di A. Parente, Napoli 1932, pp. 73 s.; A. Caracciolo di Torchiarolo, Sulla spettanza dei titoli di marchese di Pescara e del Vasto, in Riv. araldica, L (1952), p. 153; B. Candida Gonzaga, Mem. delle fam. nobili delle prov. meridionali d'Italia, V, Napoli 1875, p. 38; M. Schipa, Masaniello, Bari 1925, pp. 93, 168, 171.