AVARI
L'origine degli A. che invasero l'Europa non è chiara, per la relativa scarsità delle fonti, per l'incertezza di molti dati riguardanti sia questa popolazione sia gli altri popoli la cui storia interferì con quella degli A. e infine per l'esiguità dei dati linguistici (nomi di persona, termini relativi a cariche di dignitari, glosse) a loro ricollegabili. Fin dal sec. 18° si è discusso se gli A. fossero originari dell'Asia centrale o delle regioni medie e orientali della c.d. Alta Asia; se fossero o meno connessi con i popoli che i Cinesi chiamano Juan-juan (un'orda protomongola mista, con elementi paleoasiatici e tungusi) che raggiunsero una notevole potenza fra la fine del sec. 4° e la metà del 6°, quando furono sopraffatti dai T'u-chüeh (i Turchi dell'Asia centrale) ribellatisi al loro dominio; se avessero una qualche relazione con gli Eftaliti, potenza temibile alleata con i Juan-juan, che dominò altre zone più a S (fra l'Āmū-daryā e l'Indo) per lo meno dalla metà del 5° alla metà del 6° secolo.Di scarso aiuto per risolvere il problema è anche l'analisi filologica del nome A.; esistono, infatti, molte forme somiglianti fra loro, rilevabili in varie epoche e in zone diverse, tanto da perdere di valore proprio per la loro frequenza e varietà. Per un orientamento generale la forma Apar, che compare nelle iscrizioni turche, runiformi, dell'Orkhon (A.P. Oklandikov, Ancient Population of Siberia and its Cultures, Cambridge, MA, 1959, p. 4), è quella pi'u facilmente avvicinabile al nome A., che nelle fonti occidentali ricorre per la prima volta in una notizia di Prisco relativa agli anni 462-463 (Excerpta de legationibus gentium ad Romanos; CSHB, XI, 1843, pp. 139-228: 156-158). Il nome ritorna solo nel 558, quando gli A. inviarono un'ambasceria alla corte di Bisanzio dopo essersi impadroniti delle terre degli Alani. Purtroppo non è certo se gli A. del sec. 5° siano gli stessi del sec. 6°, anzi tale identificazione sembra poco probabile. D'altra parte neppure la forma turca Apar può riferirsi in modo soddisfacente ai Juanjuan delle fonti cinesi. Essa compare, infatti, in un brano che non è relativo all'epoca dell'estensore dell'iscrizione che celebra la nuova potenza dei Turchi, ma a un'epoca anteriore, nella quale gli Apar dovevano essere ancora dominatori (il che non traspare dal testo). Inversamente quanto asserisce Teofilatto Simocatta (Historiae, I, 8, 8; VII, 7, 9; a cura di C. de Boor, Leipzig 1887, pp. 54, 257) sulla diversità fra gli A. (῎Αβαϱοι) della storia europea e quelli sconfitti dai khāqān turchi - che implicitamente annullerebbe il rapporto fra A. e Juan-juan visto che i primi sarebbero degli "pseudo-Avari' (Ψευδάβαϱοι, VII, 5 e 6; ivi, p. 259) - può anche dipendere da un atteggiamento culturale piuttosto diffuso che riteneva incerta la possibilità che i 'barbari' avessero origine definita. In ogni caso la derivazione o meglio l'identificazione dei Juan-juan con gli A. riposa anche su una relativa e ipotetica coincidenza cronologica che, per essere accettata, richiederebbe l'inversione del succedersi di alcuni eventi. Infatti la vittoria turco-sasanide sugli Eftaliti (567 o 568) dovrebbe essere anteposta alla vittoria dei "Turchi occidentali' sugli A. (fra il 552 e il 555), il che contrasta con la testimonianza precisa di un frammento di Menandro Protettore (Continuatio Historiae Agathiae, X, FHG, IV, 1851, pp. 205-206), dove si riferisce che il khāqān Silzibul (il nome è noto anche in altre forme greche e arabe) nel 562 si dichiarò pronto ad attaccare gli A. (comparsi fra il 556 e il 558 nelle regioni poste fra l'Ural e il Volga e quindi sui confini dell'impero bizantino), ma solo quando fosse finita la guerra con gli Eftaliti. Un secondo frammento di Menandro registra per il 568 l'arrivo degli inviati del khāqān, condotti da un tal Μανιάχ (verosimilmente un sogdiano), che annunciano la vittoria turco-sasanide sugli Eftaliti (Continuatio Historiae Agathiae, XVIII; ivi, IV, pp. 225-226). Di qui il crollo di ogni costruzione basata sull'identificazione degli Οὐαϱχωνίται (che Teofilatto scinde in Οὐάϱ e Κύννοι) come una parte degli A., mentre un'ipotesi recente (R. Göbl, System und Chronologie der Münzprägung des Kušānreiches, Wien 1984) li identifica con i Valrhon, che un anonimo testo geografico armeno della seconda metà del sec. 8° annovera, insieme agli Eftaliti (Hep῾t῾alk῾ in armeno), fra i quarantatré popoli della Scizia. Analogamente, è inutile ogni sforzo per stabilire se gli Οὐαϱχωνίται siano i ΚεϱμιχιόνεϚ di Teofane di Bisanzio. Questi ultimi chiaramente identificabili con i Khyōn rossi (Karmir Khyōn in persiano), distinti e in certo modo contrapposti ai Khyōn bianchi (Spēt Khyōn), secondo l'uso di molti popoli dell'Asia centrale che si dividono in 'ali' colorate. Il problema si complicherebbe ulteriormente con l'ipotesi di un rapporto fra i Khyōn e i Chioniti di cui parla Ammiano Marcellino, che li vede alleati dei Sasanidi all'assedio di Amida, o introducendo l'ancor pi'u complessa questione degli Hūna bianchi e degli Hūna neri delle fonti indiane.Nonostante gli sforzi ingegnosi di tanti specialisti e i molti intrecci ipotetici proposti, l'enigma degli A. non è risolto, né sembra vicino a una soluzione, perché la struttura etnica dell'Asia centrale e delle terre circostanti fu assai più complessa e variabile di quanto si immagini. Se è certo che gli A. vennero dall'Asia centrale, la loro identità nel periodo precedente le imprese europee è, per il momento, ignota. Maggiormente plausibile resta l'ipotesi di una connessione con i Juan-juan, ma anch'essa attende ancora una dimostrazione sicura.Mario Bussagli
Le ricerche archeologiche effettuate a partire dalla metà del sec. 19° hanno portato alla luce ca. quarantamila tombe di età avara (molto più numerose di quelle merovinge e slave) in quasi duemila siti del bacino dei Carpazi; lo studio dei materiali rinvenuti contribuisce a completare le conoscenze sugli A. basate su fonti scritte, consentendo in alcuni casi di trarre anche conclusioni storiche originali. I ritrovamenti vengono classificati in tre diverse fasi cronologiche, corrispondenti anche storicamente a momenti differenti.La prima età avara comprende il periodo - dal 568 al 670-680 (per altri, fino al 650 ca.) - in cui gli A. erano stanziati nella parte settentrionale del bacino dei Carpazi. Tra gli oggetti risalenti a quest'epoca, rinvenuti nel corso degli scavi, possono essere menzionati: orecchini a pendente sferici o piramidali, di grandi dimensioni, per lo più d'oro, decorati a granulazione; grani di collana a forma di sfera schiacciata monocromi oppure, assai frequentemente, policromi; fibule rotonde stampigliate, bracciali d'argento con terminazione a buccina e decorati a punzone oppure semplicemente di ferro; oggetti da toletta (pinzette, cucchiai); agorai d'osso cilindrici. Tra gli oggetti del corredo maschile si sono ritrovati: cinture con le parti metalliche eseguite in lamina d'oro, d'argento o di bronzo, senza decorazione oppure stampigliate; acciarini di ferro; borse che venivano chiuse con sottili asticelle d'osso; staffe a forma di mela con occhio allungato oppure con occhio a gancio, semplici morsi per puledri, a volte fibbie di cinghie in osso, finimenti lisci decorati con borchie semiglobulari, selle ornate di asticelle d'osso intagliato. Sono pervenute inoltre spade diritte con appiccagnolo a forma di P o D, punte di lancia sottili, lastre di rinforzo in osso dell'arco simmetrico, punte di freccia triangolari di grandi dimensioni, strette corazze lamellari ed elmi, mentre tra gli oggetti d'uso quotidiano può essere ricordato il vasellame grigio ben cotto, eseguito al tornio veloce.Le sepolture potevano essere orientate O-E, E-O e NE-SO; talvolta il defunto veniva seppellito con il cavallo o con i finimenti, che potevano però essere posti in una fossa a parte o da soli o con lo stesso cavallo.Le case erano quadrangolari, in parte interrate, con struttura a pali, e i focolari erano realizzati in pietra o argilla; intorno alle abitazioni esistevano sistemi di scolo delle acque e di delimitazione della proprietà. Tra gli oggetti d'importazione compaiono solidi bizantini, anfore, sete, fermagli, guarnizioni di cintura ageminate di origine occidentale e di tipo alpino (forse provenienti dall'Italia settentrionale). Il territorio di insediamento degli A. in questo periodo era costituito dalla metà orientale del Dunántúl e dalle pianure dell'Alföld e della Transilvania.L'età avara di mezzo è compresa tra gli anni che vanno dal 670-680 (secondo altri dal 650 ca.) al 700 circa. I reperti archeologici dell'epoca testimoniano la continuità con l'età precedente: orecchini con pendente sferico, grani di collana a forma biconica, staffe con occhio a gancio, olle da fuoco di colore grigio e nero eseguite al tornio veloce; risultano invariati anche il tipo di struttura delle case e il sistema di insediamento. Tra gli elementi nuovi, invece, si hanno orecchini decorati con perline minuscole o perle vitree, collane e pendenti con castoni e inserti in vetro e collane di filo metallico talvolta con medaglione, bracciali a sezione romboidale oppure circolare e vari tipi di fermagli per i capelli. Comparvero in questo periodo nuovi tipi di ornamenti e di forme di cintura, acciarini smussati e ricurvi, lunghi coltelli da combattimento, staffe con panca diritta, morsi con asticelle laterali, sciabole a un taglio con impugnatura diritta, asce da guerra e scuri. Dopo una cinquantina d'anni ricomparve l'uso dei gioielli in oro e delle monete bizantine. Quanto ai sistemi di inumazione, si diffuse l'utilizzazione delle casse e nelle sepolture divennero più frequenti i vasi bassi e robusti; dei vari tipi di sepoltura con il cavallo rimase solo quella che prevedeva la tumulazione dell'intero animale. Zone di insediamento erano in quest'epoca la parte settentrionale del bacino dei Carpazi (l'attuale territorio della Slovacchia) e il bacino di Vienna, da poco conquistato.L'età avara tarda corrisponde al periodo tra il 700 ca. e un momento imprecisato del sec. 9° (secondo alcuni, fino all'828). Numerosi i reperti legati alla cultura della fase precedente: si continuarono a utilizzare ornamenti a sezione prismatica per le trecce, agorai d'osso con decorazione eseguita al tornio, bottoni biconici molto pesanti a forma di rocchetto, ossi d'arco a terminazione larga, sciabole e punte di freccia triangolari, nonché staffe con panca diritta oppure concava. Comparvero grandi fibule a disco con inserti in vetro, guarnizioni di cintura eseguite per fusione e l'uso di decorare i finimenti con grosse falere. Accanto ai semplici orecchini circolari in bronzo si diffusero quelli a sezione romboidale, circolari oppure ovali, con pendenti in madreperla o in vetro, anelli a spirale, grandi fibule a disco con struttura a cassa, bracciali decorati a punzone o con inserti vitrei in alveoli circolari alle due estremità oppure con protomi animali. Nelle tombe si possono trovare attrezzi da lavoro (coltelli, falci, sgorbie) e secchi di legno. Caratteristica la ceramica c.d. gialla, eseguita al tornio, di granulometria fine e cotta a lungo, presente in una grande varietà di forme (in alcuni casi si conserva anche la decorazione dipinta). Divenne più frequente il vasellame eseguito al tornio e la decorazione più diffusa era a linee ondulate o diritte sul corpo e a stampigliature intorno al collo. Un tipo di ornamentazione singolare è quello eseguito con il rullo per stampigliare, che spesso ricorda motivi ripresi da tessuti. Sono caratteristici i paioli in ceramica, che si potevano appendere grazie ad anse fissate al bordo interno del recipiente, nonché i grandi forni portatili per la cottura di focacce e di alimenti a base di pasta.Le case hanno pianta quadrangolare, con copertura sostenuta dal sistema a pali, noto in tutta l'Europa centrale e orientale. I forni potevano essere di pietra oppure d'argilla; se ne trovano all'aperto e ne esistevano anche alcuni per la cottura del vasellame. In alcuni siti le case erano accostate, in altri erano situate a maggiore distanza l'una dall'altra, quasi sempre separate da fossati, che potevano anche circondarne il perimetro. Dagli studi fin qui condotti su alcuni insediamenti risulta che la distanza tra il nucleo abitato e la necropoli era di poche centinaia di metri. A differenza di quanto avvenuto nelle fasi precedenti, nella tarda età avara non è nota alcuna sepoltura di membri di alto rango: è possibile dedurne l'esistenza solo sulla base di qualche reperto isolato proveniente da sepolture che, nonostante fossero già state spogliate all'epoca, dovevano essere molto ricche. Il territorio occupato dagli A. raggiunse in questa fase la sua massima estensione nel bacino dei Carpazi: i confini etnici erano costituiti a O dal bacino di Vienna, a N dal bacino della Morava, a E dalla Transilvania e a S dal percorso della Drava e del Danubio; dal punto di vista politico il dominio degli A. era invece più vasto.
Nel caso degli A. è possibile parlare solo di arte applicata e, a causa delle caratteristiche del terreno del bacino dei Carpazi, possono costituire oggetto di studio solamente gli ornamenti metallici, gli utensili, la ceramica e gli oggetti d'osso. Era infatti sconosciuta presso gli A. l'arte della lavorazione della pietra e non si sono conservati né oggetti in legno intagliato né in cuoio o stoffa e i pochi reperti in vetro rinvenuti sono di provenienza bizantina o italiana. Solo una piccola parte delle decorazioni utilizzate può essere considerata espressione artistica autonoma; le raffigurazioni e i motivi ornamentali, nell'ambito in cui venivano impiegati, avevano per la maggior parte un significato particolare (potevano dare indicazioni sulla provenienza, avere un valore apotropaico, ecc.). Non è noto tuttavia se fossero o meno ridotti a pura funzione ornamentale, privi ormai di contenuto significante, ripetuti per tradizione e per mestiere. Per quanto concerne i motivi iconografici derivanti da altre culture, in particolare le rappresentazioni bibliche (per es. il Peccato originale), non è chiaro se questi si fossero diffusi subendo delle alterazioni di significato e quali informazioni trasmettessero al mondo avaro; così è possibile che le raffigurazioni di colombe, di contenuto cristiano a Bisanzio, richiamassero invece negli A. l'immagine dell'anima-uccello, oppure che la figura dell'imperatore con in mano il globo del potere divenisse presso gli A. una semplice figura d'uomo che tiene una palmetta, simboleggiante forse l'albero della vita. Le opere conservate evidenziano con chiarezza tre tipi di influsso diverso, tra cui il più importante è quello bizantino, presente in tutte e tre le età avare. Non è stato ancora definitivamente chiarito quale sia stato l'apporto dei fattori di origine asiatica (o ritenuta tale) dal punto di vista della cronologia e dei canali di trasmissione, né quanto tali apporti fossero mediati. Si può parlare di influsso del bacino dei Carpazi solo nel caso di un tipo di ornamentazione della prima età avara, il c.d. II stile, ma se ne ignora l'origine; altri elementi di provenienza diversa - per es. germanica o slava - sono irrilevanti.La materia prima di cui necessitava l'oreficeria veniva assicurata, durante la prima età avara, dai tributi in oro, pagati da Bisanzio fino al 626. L'enorme fabbisogno di bronzo della fase tarda - il peso medio degli ornamenti di una cintura ottenuti per fusione è di gr. 250-300 ca. - veniva evidentemente soddisfatto fondendo le statue bronzee romane ancora esistenti in Pannonia. Le decorazioni più varie si osservano sugli ornamenti di cinture maschili; tipici della prima età sono il motivo a granulazione e quello a punto-linea di derivazione bizantina, nonché l'ornamentazione a nastri dentati, di origine ignota, imparentata con quella del II stile animalistico; è di ispirazione bizantina anche la maggior parte delle immagini figurate (teste umane, l'aquila con il pesce nel becco, uccelli affrontati). Non può dirsi ancora chiarito se le placche ornamentali delle cinture del c.d. tipo di Martinovka, molto diffuse nella steppa euroasiatica e decorate a volte con linee semplici, siano prodotti bizantini o locali.Presso gli A. dell'età media è tipica la decorazione a impressione, ma l'ornamentazione preferita è a nastri intrecciati, combinata a volte con inserti in pasta vitrea entro alveoli. In quest'epoca compaiono le prime raffigurazioni di grifi, che costituiscono il soggetto più frequentemente rappresentato nella prima metà della tarda età avara (700-760 ca.). Non ne è chiara l'origine, benché l'immagine del grifo fosse già nota nell'arte delle steppe, perché non si conoscono a sufficienza le tappe successive che portarono alla sua comparsa nell'arte avara alla fine del 7° secolo. Non è convincente l'ipotesi che lo ricollega a raffigurazioni classiche (dell'Estremo Oriente, greche, romane, bizantine), se si considera in particolare il rapporto, anch'esso non chiarito, del senmurv persiano con il grifo avaro, del quale non si conosce con precisione neanche il significato (sembra peraltro verosimile che avesse la stessa funzione protettivo-difensiva che gli era propria nella Persia del primo Medioevo e nelle steppe). Le rappresentazioni tardoavare del cinghiale confermano anch'esse i rapporti con il mondo sasanide; analogamente doveva essere di origine centroasiatica la pratica, diffusa nell'oreficeria della seconda metà della tarda età avara (760-828 ca.), degli sfondi punzonati e dei nastri incisi. Raffigurazioni assai caratteristiche dei grandi puntali di cintura della fase tarda sono i combattimenti di animali, in cui sono presenti sempre due fiere che aggrediscono qualche ungulato (generalmente una cerva); anche queste rappresentazioni sono originarie delle steppe, ma non se ne conoscono i precedenti diretti rispetto all'arte avara. Il nastro piatto a forma di esse è ancora l'elemento ornamentale più caratteristico all'inizio della tarda età avara (700 ca.); alla fine della stessa divennero invece tipici i piccoli nastri e i petali. Le raffigurazioni di temi classici o biblici (per es. la Nereide a cavallo del delfino, Eracle, il Peccato originale, ecc.) pervennero alla cultura della fase tarda per vie ignote; la teoria secondo la quale deriverebbero dall'arte copta e sarebbero stati importati da mercanti o artisti bizantini si è rivelata priva di fondamento.Il capolavoro dell'oreficeria tardoavara del bacino dei Carpazi è il tesoro di Nagyszentmiklós (rumeno Sînnicolau-Mare), il più ricco di età altomedievale (Vienna, Kunsthistorisches Mus.). L'abbondante letteratura critica lo ha ritenuto in genere di origine bulgara del sec. 9°, oppure ungara del 10°-11°; le iscrizioni, non ancora decifrate in maniera convincente, vengono comunemente considerate di lingua bulgara del sec. 9° oppure pecenega dell'11°; dall'analisi dell'ornamentazione risulta evidente che tali ipotesi sono assolutamente prive di fondamento. Numerosi elementi, in parte ancora da studiare, riscontrabili sia nell'ornamentazione sia nella tecnica, ne dimostrano l'origine avara. Tra gli oggetti e le raffigurazioni, infatti, alcuni evidenziano caratteri tipici dell'arte delle steppe (il corno potorio, il calice, il condottiero a cavallo con il suo prigioniero, l'eroe mitico in atto di cacciare, il grifo, ecc.); altre rappresentazioni e certe forme ceramiche sono imparentate con quelle dell'arte sasanide; l'immagine della croce, infine, e l'uso di inserti in smalto derivano dall'arte bizantina.
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