Vedi AVELLINO dell'anno: 1973 - 1994
AVELLINO (Abellinum, ᾿Αβέλλινον)
Oggi capoluogo dell'Irpinia, sorgeva anticamente sulla riva sinistra del fiume Sabato, vicino all'odierna Atripalda, mentre la città che porta oggi il suo nome si trova spostata circa due miglia ad O della antica posizione. Sicuri dell'identificazione ci fanno alcune testimonianze, risalenti al XVII e XVIII sec., che attestano l'esistenza di antiche vestigia presso "la Tripalda", ed il significativo nome di "civita" che la località conserva ancora oggi.
La sua ubicazione è confermata, negli Itinerari, quali la Tabula Peutingeriana e l'Anonimo Ravennate (Tab. Peut., tav. vi; Rav., p. 72) sul raccordo tra l'Appia e la Capua-Rhegium che partendo da Benevento giungeva a Salerno. Nella Tabula A. dista 12 miglia da una "mansio di nome Icentie, corretta dal Mommsen in Nuceria", e da Benevento 16. Il Miller nel suo Itineraria Romana modifica il percorso del raccordo, così come ce lo tramanda la Peutingeriana sostenendo che le 12 miglia indichino la distanza intercorrente tra Abellinum e una mansio di nome Sarnum (fl.), corrispondente alla Nuceria del Mommsen, identificabile con l'attuale Mercato S. Severino, e affermando che la stazione Icentie della Tabula si riferisce a Picentia prima mansio della via Popilia.
Del primitivo centro sannitico poche sono le testimonianze giunte sino a noi; tale origine è attestata oggi piuttosto dal nome stesso della città, osco, che dai rinvenimenti archeologici risalenti ad età preromana (ceramica, bolli).
Non vi sono elementi per una certa identificazione degli Abellinates cognomine Protropi menzionati da Plinio (Nat. hist., iii, 105), nell'ambito della divisione amministrativa augustea, come abitanti di Abellinum (Beloch). Durante le guerre sannitiche, come la maggior parte dei centri irpini, A. doveva far parte della Lega Sannitica e, alla metà del III sec. a. C., la sua condizione doveva essere quella di civitas foederata e tale rimase fino alla guerra sociale. Le confische territoriali post-annibaliche testimoniate anche dalla presenza di un limes di ager publicus nel suo territorio, non rendono sicura la deduzione di una colonia di età graccana ammessa dal Beloch, sulla base della tradizione letteraria (Lib. Col., p. 229).
Colonia probabilmente sillana, rafforzata da Augusto (C.I.L., x, 1117: 240 d. C.), iscritta alla tribù Galeria, A. fu nell'ordinamento augusteo e successivamente in quello dioclezianeo assegnata alla I Regio (Plin., Nat. hist., iii, 62-63; Tol., iii, i, 62).
Nel IV sec. d. C. A. fu sotto la giurisdizione del Vicarius Urbis Romae (Cod. Theod., xii, 68), ed al secolo successivo risale la costituzione della diocesi, per la menzione di un Timoteo Abellinas nel Concilio di Papa Simmaco.
La città di A. si estendeva sul piano della collina che domina Atripalda da NO tra il torrente Rigatore ed il fiume Sabato.
Il circuito delle mura, seguendo il profilo della collina dà alla pianta della città una forma quadrangolare piuttosto irregolare.
All'interno, recenti scavi (luglio-settembre 1963) hanno portato alla luce una serie di abitazioni con orientamento NS, EO, che potrebbero supporre un impianto regolare della città coevo all'insediamento dei coloni romani e alla costruzione delle mura. Di quest'ultime sono conservati notevoli resti in opus reticulatum risalenti alla prima metà del I sec. a. C., costituite da una cortina pilastrata internamente, con torri circolari all'esterno. Non mancano restauri di età posteriore che giungono sino all'età medievale.
Il Bellabona ci dà notizia di alcuni edifici ancora emergenti alla sua epoca e che egli stesso ebbe modo di vedere, quali il teatro e l'anfiteatro che, secondo la sua opinione, era situato in Atripalda nei pressi dell'odierna Chiesa della Maddalena.
La necropoli, individuata verso la fine del XIX sec., con la scoperta di una tomba a camera, si estendeva nella zona extraurbana meridionale. Dalla necropoli provengono degli interessanti rilievi funerarî del I sec. d. C. e due coppe aretine delle officine di M. Perennius Crescens. Dalla zona urbana proviene un'ara circolare in marmo, decorata all'intorno da un rilievo storico in onore della famiglia giulio-claudia. Infine tra i più significativi recuperi da Abellinum è da ricordare, come monumento caratteristico della sola Campania sannitica, un modellino di porta che trova i suoi confronti a S. Maria Capua Vetere, Caserta Vecchia, Suessula, Senno.
In età augustea, come sappiamo da una iscrizione di età costantiniana, fu costruito nel territorio della colonia romana di A. un acquedotto che iniziava sulla sponda sinistra del fiume Sabato, dal gruppo di sorgente Acquaro (S. Michele di Serino) e giungeva sino a Miseno; presumibilmente anche l'altro acquedotto (cosiddetto "sannitico") che utilizzava le sorgenti Urcinoli (S. Stefano del Sole) e seguiva la riva destra del Sabato giungendo sino a Benevento, si deve far risalire alla medesima età.
Bibl.: F. Cluverio, Italia Antiqua, Lugduni Batavorum, 1624; S. Bellabona, Ragguagli della città di Avellino, Trani 1656; S. Barberio, Dissertazione critico-storica sul Tripaldo, Napoli 1778; M. A. Lupoli, Iter Venusinum vetustis monumentis illustratum, Napoli 1793; S. Pionati, Ricerche sulla Storia di Avellino, voll. 4, Napoli 1828-29; F. Scandone, Storia di Avellino dalla origine alla fine della dominazione longobarda, Napoli 1905-Avellino 1947; Chr. Huelsen, in Pauly-Wissowa, I, 1894, c. 28, s. v. Abellinum; E. De Ruggiero, Diz. Epigr., I, pp. 14-15; C.I.L., X, pp. 127-128; T. Mommsen, in Hermes, XVIII, 1883, p. 164 ss.; G. Beloch, Der Italische Bund unter Roms Hegemonie, Lipsia 1880, p. 7 e passim; A. Rosemberg, Der Staat der alten Italiker, Berlino 1913, pp. 29; 33; E. Pais, Storia della colonizzazione, Roma 1923, pp. 203-204; G. Beloch, Römische Geschichte, Berlino 1926, pp. 493; 495; 586; F. Lanzoni, Le diocesi d'Italia dalle origini al secolo VII, Faenza 1927, p. 1070; H. Rudolph, Stadt und Staat in römischen Italien, Lipsia 1935, p. 143; C. Lanzani, Lucio Cornelio Silla dittatore, Milano 1936, p. 137 e passim; P. Sella, Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII-XIV, Campania, Città del Vaticano 1942, pp. 339-344. - Topografia: T. Mommsen, Sulla topografia degli Irpini, in Bull. Corr. Arch., 1847-1848, pp. 4-13; A. Sogliano, in Not. Scavi, 1881, pp. 298-300; A. M. Jannicchini, Topografia storica dell'Irpinia, voll. I-III, Napoli-Avellino 1889-1891 (da consultarsi con cautela); H. Nissen, Italische Landeskunde, Berlino 1893; C. E. Wolley, La civita in the valley of the Sabato, in Papers of the British School at Rome, V, 1910, pp. 201-202; F. Scandone, L'alta valle del Calore, Napoli 1911, p. 128 e passim; K. Miller, Itinerari Romana, Stoccarda 1916, p. 371; M. Della Corte, in Not. Scavi, 1928, pp. 379-382; G. Lugli, La tecnica edilizia in Roma e nel Lazio, Roma 1947, p. 479; M. E. Blake, Ancient Roman construction in Italy from the Prehistoric period to Augustus, Washington 1947, p. 231; G. O. Onorato, La Ricerca archeologica in Irpinia, Avellino 1960; E. T. Salmon, Samnium and Samnites, Cambridge University 1967. - Preistoria: P. Penta, L'uomo preistorico della età neolitica in provincia di Avellino, in Nuova Rivista, I, 1893, p. 13; A. De Blasio, Gli abitanti primitivi dell'Irpinia, in Rivista d'Italia, XIII, 1910, p. 372, fig. 5; C. Miletti, L'Irpinia preistorica, Avellino 1937, p. 14. - Acquedotti: Società Veneta per imprese e costruzioni pubbliche, L'acquedotto di Napoli, Bassano 1883, p. 2 ss., fig. 28; E. Cocchia, La tomba di Virgilio, Torino 1889, pp. 22-23 (per il cosiddetto acquedotto "sannitico"); I. Sgobbo, in not. Scavi, 1938, pp. 76 ss.; O. Elia, in Campania Romana, vol. I, Napoli 1938, pp. 101-111.
Museo Provinciale Irpino. - Nel 1889 la donazione al Comune di A. della raccolta privata G. Zigarelli determinò la costituzione di un Museo Civico; solo però nel 1934, per iniziativa delle autorità provinciali si riuscì da istituire con sede provvisoria nella Prefettura di A. un Museo Irpino che ha avuto nel corso del 1966 un ordinamento ed una sede definitiva.
L'importanza della sezione archeologica è soprattutto connessa alla possibilità che essa ci offre di attestare una chiara e precisa documentazione dell'Irpinia preistorica, sannitica e romana.
Per porre in risalto questo aspetto del museo ci si è attenuti nell'ordinamento espositivo ad un criterio storico-cronologico, destinando il corridoio di accesso alle varie sale ed il giardino, alla ritrattistica, alla scultura e alle iscrizioni.
La documentazione archeologica, che il Museo Irpino presenta al visitatore, per quanto riguarda l'Età Neolitica è costituita da asce litiche levigate rinvenute, fortuitamente, a Calitri (località Tufiello) e nella zona dell'agro di Gesualdo (località Capo Gaudo); ma soprattutto significativo è il materiale preistorico da Ariano Irpino (località La Starza), che attesta l'esistenza di un centro abitato durante l'Età Neolitica ed Eneolitica e persistito nella successiva Età del Bronzo.
Per l'Età Eneolitica, il materiale dalla necropoli di Madonna delle Grazie (Mirabella Eclano) assume una particolare importanza scientifica per l'analogia, pur con alcune proprie differenze che esso ha, con la cultura del Gaudo, cosiddetta dall'omonimo sepolcreto nei pressi di Paestum.
L'Età del Ferro è documentata dai prodotti metallurgici di armi e oggetti di ornamento, dai vasi d'impasto e di argilla chiara depurata e di bucchero pesante, provenienti dalle necropoli ofantine (Calitri, Cairano), e da altri sporadici rinvenimenti (Trevico-Nusco-Baiano).
Del periodo italico-sannitico sono presenti alcuni corredi di tombe del iv-iii sec. a. C., dalla valle del Sabato (Pratola Serra, Avellino, S. Stefano del Sole, Cesinali, Forino) e dall'alta valle del Calore (Bagnoli Irpino) e soprattutto importante una tipologia dalla stipe votiva (VI-I sec. a. C.), del Santuario della dea Mefite nella Valle di Ansanto (Rocca S. Felice, v. vol. vi, p. 739), costituita prevalentemente da statuette fittili (VI-IV sec. a. C.), da bronzetti e da altre offerte votive. Fra gli oggetti della stipe, emergono per l'eccezionale singolarità del rinvenimento, la serie di statuette lignee che si avvicinano e possono ricordare quelle rinvenute a Palma di Montechiaro, ed una collana d'ambra a grossi pendagli con raffigurazioni umane, che trova confronto in alcune analoghe collane della cultura picena e, in Campania, nelle ambre figurate del Vallo di Diano e in quelle di Cuma.
Per l'Hirpinia romana è esposta una selezione dei più significativi reperti dalle città di Abella (mosaici), Abellinum (rilievi funerarî, ritratti) ed Aeclanum (ceramica, scultura, rilievi funerarî). Dalle terme del II sec. d. C. di Aeclanum provengono due pezzi scultorei di notevole pregio: una statua acefala di età ellenistica, replica da originale greco di età classica, ed un Niobide, copia da originale greco del III sec. a. C.; sempre da questa città, di notevole valore storico-artistico, provengono due sime fittili raffiguranti in altorilievo due satiri (?), che costituiscono un documento della coroplastica italica degli ultimi secoli della repubblica.
Infine un accenno merita la collezione privata Zigarelli, che costituì il primo nucleo del museo alla fine del secolo scorso. All'atto della donazione fu lasciato al museo anche un catalogo compilato dallo stesso Zigarelli, che purtroppo, abbastanza preciso nella descrizione degli oggetti, è manchevole per quanto ne riguarda le provenienze. Questa, individuabile sicuramente per i materiali dell'Età del Ferro e dell'età arcaica rispettivamente provenienti dalla valle dell'Ofanto e dalla Puglia e per i bronzetti e le terrecotte votive dalla Mefite, ci sfugge purtroppo per la serie dei vasi attici e per la ceramica italiota.