Avempace (o Avenpace)
(o Avenpace) Nome con il quale è noto in Occidente il filosofo, matematico, medico e musicista arabo musulmano di Spagna Ibn Bāggia, detto anche Ibn aṣ-Ṣa’igh, o Filius aurifici negli scritti latini del Medioevo (Saragozza fine sec. 11° - Fez 1139). Autore di un commento ai libri V-VIII della Fisica (➔) di Aristotele, A. ebbe grande rinomanza soprattutto per gli scritti di etica filosofica e metafisica: Tadbīr al-mutawanḥḥid (trad. it. Il regime del solitario) e Risālat al-wadā‛ («Epistola dell’addio»); nella prima opera è tracciata una sorta di guida per la felicità, attraverso l’illustrazione di una metafisica delle forme e dell’itinerario con cui l’anima arriva a congiungersi con l’intelletto agente, concepito come una sostanza separata preposta al mondo sublunare. Anche nell’«Epistola sulla congiunzione» egli tratta dell’illuminazione dell’intelletto che al suo culmine diviene la cosa stessa, congiungendosi o unificandosi con lo stesso intelletto agente. Se le sue conclusioni sembrano talvolta incontrare quelle della mistica, di cui fu per altro critico («Epistola dell’addio»), lo spirito e l’intento di A. sono filosofici.