AVOGADRO di Collobiano, Filiberto
Nacque ad Ivrea il 25 maggio 1797, sestogenito del conte Luigi Ottavio e di Marianna Caresana di Carisio. Dopo aver frequentato l'università di Torino, intraprese la carriera delle armi prima come sottotenente nel reggimento Piemonte Reale Cavalleria (1815), Poi col grado di luogotenente nei Carabinieri reali (1820). Entrò quindi al servizio di corte nel 1821 come secondo scudiere del re e, nel 1824, divenne primo segretario di gabinetto di Carlo Felice, poi suo gentiluomo di camera fino alla morte del sovrano, del quale seppe conquistare la fiducia e la stima. Nel dicembre 1827 fu inviato quale ambasciatore straordinario a Roma per trattare i problemi relativi- ai beni ecclesiastici alienati in Piemonte e a Genova, e vi rimase sino alla conclusione degli accordi nel marzo 1828. Al ritorno fu nominato intendente generale d'azienda (1828) e creato conte (1829). Salvo la missione a Roma, la sua attività al fianco di Carlo Felice non è facilmente definibile ed è piuttosto quella di consigliere di fiducia del sovrano. Sembra che si sia valso di questa sua particolare posizione per intercedere presso il re in favore di alcuni liberali perseguitati, tra cui Lorenzo Valerio.
L'11 ag. 1829 sposò a Vercelli Carolina Arborio Biamino di Caresana, dama di corte della regina Maria Cristina.
Alla morte di Carlo Felice, egli (come altri membri della famiglia Avogadro, tra cui suo fratello Augusto) non fu visto di buon occhio dal nuovo sovrano e fu allontanato da corte. Carlo Alberto, appena salito al trono, mostrò, infatti, una certa diffidenza verso coloro che erano stati vicini collaboratori e consiglieri del precedessore: nel suo diario, in tono non benevolo, lo definisce l'"ex-petit Roi" e l'"ex-favori" e nel febbr. 1832 si mostra annoiato della richiesta di conferirgli l'ordine dell'Annunziata, che naturalmente rifiuta. L'A. lasciò allora Torino e raggiunse a Napoli la regina vedova Maria Cristina, della cui casa egli era divenuto nel frattempo conservatore e sovrintendente generale. Nell'espletamento di questa carica, da uomo aperto alla cultura, egli "chiamò i favori della sovrana sulle scienze, sulle lettere e più specialmente sulle belle arti", come ebbe ad esprimersi il Casati nel commemorare l'A. al senato. Egli curò fra l'altro la continuazione della ricostruzione dell'abbazia di Altacomba, già iniziata da Carlo Felice, protesse lo scultore biellese Carlo Marocchetti e fu patrocinatore della Società di avanzamento di Biella.
Lentamente le diffidenze di Carlo Alberto caddero e si può dire che verso il 1836 gli Avogadro avevano risalito la china del favore reale. Filiberto fu creato gran cordone dei SS. Maurizio e Lazzaro e primo segretario dell'Ordine.
L'A. apparteneva a quella classe di nobili piemontesi, che già prima del decennio di preparazione si dedicarono con particolare cura a un rinnovamento delle energie produttive del loro paese. Entrò a far parte dell'Associazione agraria di Torino e quando, nel 1846, in seno a questa si accese una violenta discussione tra le diverse tendenze per la nomina del presidente, Carlo Alberto, timoroso della eccessiva indipendenza di atteggiamenti dimostrata dall'Associazione, pensò di risolvere la questione nominando il presidente con un atto di autorità sovrana. La scelta cadde sull'A., che era stato il candidato dei radicali, guidati da L. Valerio (segretario, nel periodo della presidenza dell'A.), contro i desideri dei liberali nelle cui file militava il Cavour. Ma un uomo che amava lo "spirito di calma e di moderazione che in qualunque evento costituiscono l'ordine e la vera forza" (tali parole l'A. scriveva al Pinelli nel 1847) non era forse il più adatto a reggere la presidenza in un periodo in cui gli animi si accendevano agli ideali di libertà e l'Agraria torinese rappresentava la palestra in cui si esercitavano i futuri uomini politici. Durante i congressi di Mortara nel 1846 e di Casale nel 1847 egli cercò di frenare e alle volte anche di impedire le manifestazioni politiche di italianità, incorrendo nella taccia di reazionario intransigente proprio da parte di quei radicali democratici che ne avevano sostenuto la nomina a presidente.
L'A. fu poi nominato senatore del regno, fin dalla prima costituzione del senato; prese spesso la parola, pur avendo la salute minata da una malattia di petto. Morì a Torino il 5 giugno 1868.
Fonti e Bibl.: Alcuni discorsi e scritti letti al quinto congresso generale tenuto dall'Assoc. agraria in Casal-Monferrato 1847,Casale 1847 (alle pp. 51-59 il discorso dell'A.); Rendiconti del parlamento italiano. Commemorazione del presidente Casati nella seduta dell'8 giugno 1868;T. Chiuso, La Chiesa in Piemonte dal 1797 ai giorni nostri,III, Torino 1889, p. 87; A. Manno, Il patriz. subalpino,II,Firenze 1906, p. 123; M. Degli Alberti, Alcuni episodi del Risorgimento italiano illustrati con lettere e memorie inedite del generale marchese Carlo Emanuele Ferrero Della Marmora, principe di Masserano,in Biblioteca di Storia Italiana recente (1800-1850),I, Torino 1907, pp. 263 e nota 2, 265, 267; G. Prato, Fatti e dottrine economiche alla vigilia del 1848. L'Associazione agraria subalpina e Camillo Cavour, ibid., IX,Torino 1921, pp. 161-164, 410-418; F. Salata, Carlo Alberto inedito,Milano 1931, pp. 70, 119, 139 s., 176, 255, 385; F. di Vigliano, Il generale Flaminio Avogadro di Valdengo,in Illustrazione Biellese,IX(1939), n. 12, p. 16; X(1940). n. 8, pp. 16-18; J. Schmidiin, Histoire des papes de l'époque contemporaine, I,2, Léon XII, Pie VIII et Grégoire XVI (1823-1846),Lyon-Paris 1940, p. 76; B. Mongilardi, F. A. di C., in Il Biellese nell'epopea del Risorgimento,Biella 1960, pp. 308-310; Diz. del Risorgimento Naz.,II, p.133.