Avvegna ched el m'aggia più per tempo
. Canzone consolatoria di Cino da Pistoia a D., per la morte di Beatrice, il cui incipit è citato in VE II VI 6, con altre canzoni di diversi autori. Consta di cinque stanze con piedi e sirma, sullo schema di Donna pietosa (ABC, ABC: C, DdEeC, FF), e congedo. Contro lo Zaccagnini, D. De Robertis vede nella Vita Nuova il terminus post quem, per via dei riferimenti, già segnalati dal Barbi, al sonetto Oltre la spera, che va assegnato, a suo avviso, al tempo della composizione dell'operetta in prosa, in quanto ne costituisce l'intima razo. In effetti, Cino accoglie qui, con echi che sfiorano la citazione, la tematica di tutte le ‛ nove rime ', da Donne che avete a Donna pietosa a Oltre la spera, con più intima adesione al modo, a lui più congeniale, di Li occhi dolenti, di Quantunque volte, di Deh peregrini. L'incipit mostra che la lirica fu composta alquanto tempo dopo la morte di Beatrice, lo svolgimento attesta la tristizia senza conforto in cui D. era caduto (Cv II XII 1).
La canzone si svolge su un pacato e mesto ritmo suasorio, e ripercorre le immagini più intense delle ‛ nove rime ' con un tono d'intimità affettuosa, in cui il tema dantesco di morte e trasfigurazione di madonna rivive come un'immagine presente nella fantasia e nel cuore del poeta per lunga e meditata consuetudine. I momenti più originali sono le stanze IIa e IVa e il congedo, in cui Cino svolge la propria ‛ memoria ' dantesca a esiti personali: con una tonalità, cioè, gnomico-elegiaca, nella quale l'impeto estatico delle figurazioni di D., l'alta avventura spirituale che esse definiscono, si risolvono in una sofferta moralità e nell'assunzione di una psicologia più comune e quotidiana (Beatrice è uscita fuori del doloroso viaggio terreno, è in Paradiso, e prega Dio di confortare D.; questi non deve abbandonarsi all'‛ acedia ', conseguente alla disperazione, che gli fa desiderare la morte, altrimenti non potrà rivederla in cielo). Mentre, dunque, assorbe linguaggio e immagini di D., Cino rivela quella " crisi del linguaggio poetico " di cui ha parlato persuasivamente il De Robertis.
Nel passo del De vulg. Eloq. (II VI 6) l'incipit compare nella forma Avegna che io aggia più per tempo.
Bibl. - G. Zaccagnini, Le rime di Cino da Pistoia, Ginevra 1925; Cino da Pistoia, Le rime, introd. e comm. di G. Zaccagnini, Pistoia 1937; Barbi-Maggini, Rime 127-132; D. De Robertis, Cino e le " imitazioni " delle rime di D., in " Studi d. " XXIX (1950) 103-177; ID., Cino da Pistoia e la crisi del linguaggio poetico, in " Convivium " I (1952) 1-37.