Azione
I film d'a. costituiscono un insieme vasto e proteiforme, i confini e la definizione del quale sono più volte cambiati. Con 'cinema d'azione' si è indicato a lungo non un genere preciso ma un tipo di cinema che privilegiava le sequenze di a. fisica e spettacolare rispetto a quelle di dialogo e di approfondimento psicologico: la locuzione inglobava quindi gran parte del cinema degli Stati Uniti, e in particolare il film western e quello criminale, generi tipici di quel Paese per i temi e la mitologia a cui si ispirano, ma ammirati e imitati anche da altre cinematografie. Nell'uso attuale, 'film d'azione' si riferisce piuttosto a un genere hollywoodiano diffusosi negli ultimi vent'anni del 20° sec., e caratterizzato dal conflitto manicheo e violento tra un eroe positivo e atletico e diversi antagonisti, anch'essi atletici e spesso dotati di una considerevole forza tecnologica.
The great train robbery (1903; L'assalto al treno) di Edwin S. Porter, il film citato da tutti come primo esempio sia del genere western sia di quello criminale, può essere considerato anche il prototipo del cinema d'a.: intreccio lineare che descrive in successione lo svolgersi di una rapina, l'inseguimento e infine la punizione dei banditi; motivazioni ridotte all'essenziale (cupidigia, giustizia immanente); massima attenzione alle dinamiche di gruppo e alle tecniche utilizzate dai fuorilegge, senza alcun commento moraleggiante; copertura dello spazio, sia con le risorse della modernità (telegrafo, treno, armi da fuoco), sia con elementi più tradizionali (i cavalli, le maschere); ambiguità di fondo nei riguardi della violenza, oggetto di valorizzazione spettacolare (immagine in primo piano del capo dei banditi che fa fuoco in direzione del pubblico, che poteva essere proiettata sia all'inizio sia alla fine del film). Molti di questi elementi continueranno a lungo a caratterizzare il cinema d'a. statunitense e le sue numerose imitazioni. Così, si ritrova spesso un eroe collettivo, sotto le vesti di un gruppo di 'professionisti' riuniti per uno scopo comune. Nel film di guerra può essere un'aristocrazia, come gli aviatori di Wings (1927; Ali) di William A. Wellman, e di The dawn patrol (1930; La squadriglia dell'aurora) di Howard Hawks, con il suo remake (1938; Missione all'alba) di Edmund Goulding, o come i marinai di Submarine patrol (1938) di John Ford; oppure, al contrario, avanzi di galera, come in The dirty dozen (1967; Quella sporca dozzina) di Robert Aldrich. Nel film criminale, la stessa ingegnosità, gli stessi meticolosi preparativi, la stessa specializzazione dei compiti presiedono alla costituzione di gang ad hoc in The asphalt jungle (1950; Giungla d'asfalto) di John Huston, Violent Saturday (1955; Sabato tragico) di Richard Fleischer, The kill-ing (1956; Rapina a mano armata) di Stanley Kubrick, Odds against tomorrow (1959; Strategia di una rapina) di Robert Wise (v. anche gangster film); anche se alla fine la morale è salva e il piano criminale fallisce, l'accento posto sui dettagli materiali dell'a. comporta un'identificazione dello spettatore con i fuorilegge. Questo stesso schema del professionismo dell'a. si ritrova anche nel western, come in The magnificent seven (1960; I magnifici sette) di John Sturges, o in The professionals (1966; I professionisti) di Richard Brooks, film dal titolo eloquente. Da segnalare anche alcune trasposizioni di questa tipologia realizzate dai francesi Henri- Georges Clouzot (Le salaire de la peur, 1953, Vite vendute) e Jules Dassin (Du rififi chez les hommes, 1955, Rififi), dall'inglese John Lee Thompson (The guns of Navarone, 1961, I cannoni di Navarone) o, con toni quasi di parodia, dall'italiano Marco Vicario (Sette uomini d'oro, 1965). Nelle sequenze d'a. di questi film, il cinema gioca non solo sull''effetto di reale', ma anche sul senso del 'tempo reale', confondendosi il tempo dell'enunciazione con quello della diegesi. Alcune di queste opere furono criticate non solo per la loro tendenza alla spettacolarizzazione della violenza, ma anche per la fedeltà documentaristica e quasi pedagogica con cui erano descritti i metodi e i modi d'agire dei criminali, come nel film di gangster Scarface (1932; Scarface ‒ Lo sfregiato) di Hawks. Quest'ultimo è spesso citato come il massimo specialista dei 'film sui professionisti', che siano aviatori della posta aerea (Only angels have wings, 1939, Avventurieri dell'aria) o cacciatori di belve (Hatari!, 1962); ma questo genere tipicamente 'virile', in cui le donne sono assenti (o considerate solo con spirito cameratesco), è stato frequentato spesso anche da Frank Capra (Flight, 1929, I diavoli volanti; Dirigible, 1931, Dirigibile), da J. Ford (Men without women, 1930, Il sottomarino; Air mail, 1932, L'aeroporto del deserto), da Wellman (Beau Geste, 1939) e da molti altri. Il tema di un gruppo di soldati la cui coesione si rinsalda o si spezza di fronte a un nemico invisibile o numericamente superiore e alle sfide di una natura ostile, è un eterno leitmotiv del film di guerra, da Objective, Burma! (1945; Obiettivo Burma!) e The naked and the dead (1958; Il nudo e il morto), entrambi di Raoul Walsh, fino a Platoon (1986) di Oliver Stone e The thin red line (1998; La sottile linea rossa) di Terrence Malick, che intreccia i motivi consueti del cinema d'a. con un'insolita riflessione poetica e filosofica, in cui si cita una delle fonti del genere 'epico', l'Iliade di Omero. L'imboscata, l'assalto alla collina nemica, la carneficina che ne consegue costituiscono in questi film scene d'a. canoniche quanto gli inseguimenti in automobile nel cinema criminale degli anni Settanta. All'interno del genere storico la guerra rappresenta un tema tradizionale, che ha dato origine a un gruppo di opere dedicate alla ricostruzione di una battaglia celebre. Si tratta di una categoria le cui linee drammaturgiche risalgono a W. Shakespeare. Infatti, si ritrovano scene d'a. spettacolari in molti adattamenti delle sue tragedie, come Henry V (Enrico V) di Laurence Olivier (1944) o di Kenneth Branagh (1989), o Campanadas de medianoche, noto anche con il titolo Chimes at midnight (1966; Falstaff) di Orson Welles; anche in Cleopatra (1963) di Joseph L. Mankiewicz, le battaglie (Farsalo, Alessandria, Filippi, Azio) sono ricreate in uno spirito shakespeariano. Il genere ha avuto diffusione universale: basti citare Aleksandr Nevskij (1938) di Sergej M. Ejzenštejn e la sua battaglia sul ghiaccio, War and peace (1955; Guerra e pace) di King Vidor, Austerlitz (1960; Napoleone ad Austerlitz) di Abel Gance e Waterloo (1970) di Sergej F. Bondarčuk, Zulu (1964; Zulù) di Cy Endfield, The Alamo (1960; La battaglia di Alamo) di John Wayne, La battaglia di Maratona (1959) di Bruno Vailati e Jacques Tourneur e The 300 Spartans (1962; L'eroe di Sparta) di Rudolph Maté. La sua vitalità è attestata da alcuni esempi recenti, come Gettysburg (1994) di Ronald G. Maxwell, o Pearl Harbour (2001) di Michael Bay. Infine, un'altra categoria, più specificamente americana, mostra l'addestramento di reparti speciali (come per es. i marines), prima del combattimento: Take the high ground (1953; Femmina contesa) di R. Brooks, Heartbreak ridge (1986; Gunny) di Clint Eastwood, Full metal jacket (1987) di Kubrick, Tigerland (2000) di Joel Schumacher.
"Arma virumque cano" (Virgilio, Eneide: "canto l'armi e gli eroi"). Un altro tipo di cinema d'a., antenato dell'attuale film d'a. hollywoodiano, mette invece l'accento su un eroe individuale, dalle capacità fisiche eccezionali che spesso, lungi dall'essere un 'tecnico', possiede le caratteristiche di un primitivo, prossimo al mondo naturale e animale, ed è preda delle astuzie tentatrici dei suoi avversari. Tarzan, Maciste, Ercole, Sansone, Barabba, Conan sono soltanto alcune delle incarnazioni di questo individuo muscoloso, che ha numerosi precedenti nell'iconografia antica. La serie dei Tarzan, di origine statunitense, ha avuto il suo più celebre interprete (1932-1948) nell'ex campione di nuoto Johnny Weissmuller, mentre molto noto è stato negli anni Ottanta Greystoke: the legend of Tarzan, lord of the apes (1984; Greystoke ‒ La leggenda di Tarzan signore delle scimmie) di Hugh Hudson, con Christopher Lambert. L'Italia ha notevolmente arricchito la serie di film di questa particolare tipologia. Maciste, fedele e atletico schiavo nero, è in origine un personaggio secondario di Cabiria (1914) di Giovanni Pastrone; il contesto classicheggiante maschera in realtà una palese allegoria coloniale: Maciste è il 'buon etiope' che collabora con i colonizzatori italiani. Interpretato da Bartolomeo Pagano, il personaggio acquistò una sua autonomia negli anni Venti, per poi rinascere negli anni Sessanta, grazie al diffondersi della moda del peplum o del film storico-mitologico, che comprende spesso opere di pura fantasia. Maciste, nel frattempo interpretato da attori bianchi, entrava in competizione con Ercole e con altri muscle men, i cui interpreti avevano nomi anglosassoni e venivano affiancati da affascinanti attrici italiane, confermando così la geografia sessuale tradizionale con il connubio tra la forza degli Stati Uniti e la seduzione dell'Europa mediterranea. I peplum non sono interamente riconducibili al cinema d'a., dato che contengono anche elementi di quello d'avventura e di quello fantastico; rimangono tuttavia una delle fonti principali di quel culto dell'eroe atletico che si svilupperà in seguito nell'heroic fantasy (Conan the barbarian, 1982, Conan il barbaro, di John Milius, con Arnold Schwarzenegger) e nel film d'a. contemporaneo. Un'altra fonte, di matrice americana o italo-americana, è rappresentata dai film storici con l'eroe biblico Sansone (Samson and Delilah, 1949, Sansone e Dalila, di Cecil B. DeMille, con Victor Mature) o con i gladiatori (Demetrius and the gladiators, 1954, I gladiatori, di Delmer Daves; Spartacus, 1960, di Kubrick; Barabbas, 1962, Barabba, di R. Fleischer): quest'ultimo filone ha conosciuto di recente un clamoroso revival con Gladiator (2000; Il gladiatore) di Ridley Scott, la cui desinenza latina rimanda ormai, più che all'antichità romana, a film come The Terminator (1984; Terminator) di James Cameron, o Predator (1987) di John McTiernan.
Se è vero che le due migliori creazioni del cinema statunitense sono il gangster e l'uomo del West, due personaggi abituati a maneggiare le armi da fuoco (Warshow 1954), e che la spettacolarizzazione della violenza esplode sullo schermo nelle sequenze al rallentatore di Bonnie and Clyde (1967; Gangster story) di Arthur Penn, e di The wild bunch (1969; Il mucchio selvaggio) di Sam Peckinpah, non si può negare che altre cinematografie, a volte in Paesi molto distanti dagli Stati Uniti, siano riuscite a creare forme diverse di cinema d'azione. Nei film giapponesi di samurai, come in quelli di arti marziali prodotti a Hong Kong, si possono rilevare una grande attenzione alla tecnica (o meglio alla scienza) dell'uso della sciabola, e acrobazie spettacolari sconfinanti a volte nel mondo del meraviglioso e del fantastico. Uno dei capolavori di questo genere è Xia nü, noto con il titolo A touch of zen (1971; A touch of zen ‒ La fanciulla cavaliere errante) di King Hu, ma il 'film di sciabola' è diventato di moda anche in Occidente grazie soprattutto a Wo hu cang long, noto con il titolo Crouching tiger, hidden dragon (2000; La tigre e il dragone) di Ang Lee. Da molto tempo esistono ibridazioni e influenze reciproche tra il cinema d'a. orientale e quello occidentale. The magnificent seven riprende, con un'ambientazione western, il soggetto di Shichinin no samurai (1954; I sette samurai) di Kurosawa Akira; quest'ultimo, il più occidentalizzato dei registi giapponesi della sua generazione, si è a sua volta ispirato alle tragedie di Shakespeare, come in Kumonosu jō (1957; Il trono di sangue), tratto da Macbeth, o in Ran (1985), da King Lear, un film ricco di spettacolari scene di battaglia che danno luogo a una vera orgia di colori. Nei film del regista francese Jean-Pierre Melville, ammiratore appassionato e imitatore del film criminale statunitense, la mitologia del samurai ha contaminato i 'valori' classici del cinema d'a. (ritmo e laconicità), conferendo loro una solennità magniloquente (Le samouraï, 1967, Frank Costello faccia d'angelo). Più recentemente il cinema criminale hollywoodiano si è aperto ai registi, ai temi e all'iconografia dei film di Hong Kong (Face/Off , 1997, Face/Off ‒ Due facce di un assassino, di John Woo), e il film di cappa e spada ha affidato al coreografo cinese Xiong Xin Xin il compito di orchestrare cadute e duelli acrobatici (The mus-keteer, 2001, D'Artagnan, di Peter Hyams).
Il cosiddetto film d'azione hollywoodiano si caratterizza innanzitutto per la presenza di alcune star maschili specializzate in questo genere: le più note sono Sylvester Stallone (First blood, 1982, Rambo, diretto da Ted Kotcheff), Arnold Schwarzenegger (Raw deal, 1986, Codice Magnum, di John Irvin) e Bruce Willis (Die hard, 1988, Trappola di cristallo, di McTiernan), Jean-Claude Van Damme e Steven Seagal, e in misura minore Pierce Brosnan. Le opere appartenenti a questo filone, per quanto stereotipate sul piano della sceneggiatura e della caratterizzazione dei personaggi, non sono tuttavia completamente prive di contraddizioni o di varietà. Innanzitutto vi sono contraddizioni perché appare un 'doppio paradosso' nell'opporre l'eroe americano, che può contare solo sul proprio coraggio, a un gruppo di terroristi o di cospiratori dotati di vaste risorse tecnologiche: da una parte perché le risorse di cui dispongono gli Stati Uniti, unica superpotenza superstite a livello mondiale, sovrastano a priori quelle dei suoi nemici; dall'altra, perché il film d'a. si inserisce anche nella tradizione britannica dei film della serie di James Bond e glorifica i gadget e gli effetti speciali che finge di denunciare. Riaffiora inoltre, in un certo senso, l'ambiguità tipica del film storico, in cui gli Stati Uniti, identificandosi con gli ebrei o i cristiani perseguitati, 'dimenticavano' le analogie che li accomunavano invece all'impero egiziano o a quello romano, di cui si stigmatizzava la tirannia ma si esaltava al contempo, per la gioia del pubblico, l'opulenza architettonica, militare e sessuale. In secondo luogo, si può parlare di varietà, perché le formule del film d'a. contemporaneo possono essere trasposte in un quadro futuribile (The Terminator; Total recall, 1990, Atto di forza, di Paul Verhoeven, con Arnold Schwarzenegger) o storico (l'alto medioevo di The thirteenth warrior, 1999, Il tredicesimo guerriero, di McTiernan, con Antonio Banderas). Inoltre, come sempre accade quando in un genere prevale l'uso di formule stereotipate, si aprono nuovi spazi per l'ironia e lo humour: in Last action hero (1993; Last action hero ‒ L'ultimo grande eroe, si noti il titolo) di McTiernan, Arnold Schwarzenegger fa la parodia di sé stesso, e Pierce Brosnan (l'ultimo interprete di James Bond) aggiunge un tocco di ironia, stravagante o cinica, ai personaggi che interpreta in Mars attacks! (1996) diretto da Tim Burton, e in The tailor of Panama (2001; Il sarto di Panama) di John Boorman.Non è facile quindi definire con esattezza i limiti del film d'a., anche nella sua forma contemporanea. Vi si devono forse includere, come fanno alcuni studiosi, alcune opere di fantascienza che sembrano in realtà più vicine al genere horror (Alien, 1979, di R. Scott), a quello fantastico (Batman, 1989, di T. Burton) o a quello avventuroso (Star wars, 1977, Guerre stellari, di George Lucas)? Lo stesso interrogativo si ripresenta a proposito di Raiders of the lost ark (1981; I predatori dell'arca perduta) di Steven Spielberg, che condivide indubbiamente con il film d'a. contemporaneo alcuni tratti caratteristici, come il protagonista atletico (Harrison Ford) e il manicheismo di fondo, ma se ne distacca per l'ideologia e l'estetica, che rimandano piuttosto ai serials degli anni Trenta e Quaranta e al fumetto, cioè a una letteratura per adolescenti in cui lo spirito di avventura e quello d'a. sono presenti in pari misura. Il proliferare di eroi muscolosi e virili nel corso degli anni Ottanta ha dato origine a molte interpretazioni, anch'esse non prive di contraddizioni. Vi si è voluto vedere una reazione al femminismo imperante nel decennio precedente, un segnale di conservatorismo sessuale e politico. Altri, al contrario, hanno scorto in questi corpi grotteschi, o addirittura mostruosi, il sintomo di una crisi della mascolinità. È stato osservato tuttavia (Tasker 1993) che la spettacolarizzazione del corpo maschile si ricollega a una lunga tradizione cinematografica (pur se di solito si trattava di film a basso costo, come le serie di Tarzan e di Maciste), e che esistono anche alcuni esempi di film d'a. al femminile: si vedano i personaggi che Cynthia Rothrock ha interpretato negli anni Ottanta a Hong Kong, Brigitte Nielsen in Red Sonja (1985; Yado) di R. Fleischer, Sigourney Weaver in Alien, Linda Hamilton in The Terminator, e Jamie Lee Curtis in Blue steel (1990; Blue steel ‒ Bersaglio mortale) di Kathryn Bigelow. Senza risalire alle Amazzoni o alle Valchirie, il precedente del peplum ricorda inoltre che quest'ultimo fenomeno non è del tutto nuovo, come dimostra Le gladiatrici (1963) di Antonio Leonviola; né andrebbero dimenticate le innumerevoli incarnazioni della figura di combattente di Giovanna d'Arco, dai film di DeMille (Joan the woman, 1916, Giovanna d'Arco) e Victor Fleming (Joan of Arc, 1948, Giovanna d'Arco) a quelli di Jacques Rivette (Jeanne la Pucelle, 1993, Giovanna d'Arco) e Luc Besson (Jeanne d'Arc, 1999, Giovanna d'Arco).
Il cinema d'a., nella sua accezione più generale, si distingue a fatica dal film d'avventura. Il film d'a. tende a essere maschile e contemporaneo, a situarsi in un quadro familiare allo spettatore e a porre l'accento sulla tecnica 'fattuale', mentre, al contrario, il film d'avventura privilegia i valori romantici o romanzeschi 'femminili', la fuga nel tempo e nello spazio, ed è pronto ad accogliere i contributi del meraviglioso e del fantastico; ma in definitiva si può sostenere che le forme intermedie e miste sono numerose.
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