CASELLI, Azzio
Nacque da Telemaco e da Luigia Cosmi a Reggio Emilia il 24 giugno del 1847, in una famiglia che già vantava numerosi chirurghi. Nella sua città compì i primi studi, quindi, obbedendo alla volontà patema, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell'università di Modena.
Ben presto, però, abbandonò questi studi per iscriversi alla facoltà di medicina e, dopo aver.frequentato il primo biennio a Modena, si trasferì all'università di Napoli, dove si laureò nel febbraio 1869. Dopo la laurea, il C. lasciò Napoli e per due anni ricoprì l'incarico di medico condotto del comune delle Quattro Castella, paese del Reggiano vicino a Canossa, dove la sua famiglia possedeva alcuni terreni. Dal marzo1871 prestò servizio come "medico astante" presso l'ospedale di S. Maria Nuova di Reggio Emilia, ove il 10 genn. 1872, vinto il relativo concorso, fu nominato "medico astante e coadiutore al primario di chirurgia"; avendo dimostrato eccezionali attitudini chirurgiche, nel 1873 egli divenne infine "primario operatore" dell'ospedale. Nello stesso anno, il C. fu incaricato dalla università di Modena di tenere un corso libero di clinica chirurgica e medicina operatoria presso l'ospedale di Reggio Emilia e divenne socio corrispondente della Società medicochirurgica di Bologna.
Con una prolusione tenuta il 2 genn. 1874, il C. inaugurò la cattedra del libero insegnamento di clinica chirurgica per lui appositamente istituita presso l'ospedale di Reggio, e, insignito in riconoscimento del suo valore del titolo di professore pareggiato di patologia speciale chirurgica dell'università di Modena, iniziò così ufficialmente la carriera didattica. Egli volle dedicare il suo insegnamento in modo particolare ai giovani medici, e nel 1875, sempre nell'ospedale di Reggio, tenne anche un corso di anatomia topografica per studenti, medici e cultori di scienze legali "nell'intento di favorire l'incremento di utili e pratiche cognizioni di medicina legale". Durante tutto il periodo del suo primariato, l'ospedale di S. Maria Nuova fu sede di una apprezzata e assai nota scuola chirurgica.
Nel 1882 il C. venne chiamato all'università di Genova come professore, prima straordinario e poi ordinario, di propedeutica e patologia speciale, quindi, dal 1883, di clinica chirurgica: in questa sede svolse un'intensa attività didattica, scientifica e pratica, cimentandosi in tutti i campi della chirurgia.
Nel 1883, venne anche nominato chirurgo e direttore sanitario del Pio istituto dei rachitici (l'attuale istituto ortopedico genovese Carlo Liberti), ove prestò gratuitamente la sua opera fino al 1897, riuscendo inoltre a procurare ingenti sussidi da parte di persone facoltose a lui devote.
Il C. fu un abilissimo chirurgo, autore di interventi complessi e audaci eseguiti con l'impiego di tecniche e di stniment originali. Tra questi meritano di essere ricordati particolarmente il metodo di resezione ortomorfica dell'estremo inferiore dell'omero nelle lussazionì posteriori irriducibili del gomito e quello di resezione del ginocchio con conservazione dei legamenti crociati e della loro sede di impianto nelle forme tubercolari; la interessante modifica del metodo di Wladirniroff e Mikulicz per la resezione del collo del piede, con risparmio dell'arteria tibiale posteriore; nel campo della chirurgia vascolare, l'allacciatura temporanea della carotide comune nell'asportazione dei tumori vascolari del distretto carotideo; in quello della chirurgia cranica, l'aggressione dell'ipofisi per la via alta transcranica.
Il C. fu anche uno dei primi ad eseguire ampi interventi demolitivi nella chirurgia del cavo orale; si interessò profondamente di chirurgia addominale, ideando un metodo di cura delle gastrectasie in grado anche di eliminare una contemporanea stenosi pilorica, metodo che fu denominato gastrostenoplastica; praticò il taglio mediano vagino-perineale nella isterectomia per via vaginale, la sutura del parenchima epatico alla breccia diaframmatica per via toracica a scopo emostatico, un nuovo metodo di rinoplastica; apportò inoltre numerosi perfezionamenti allo strumentario chirurgico. Il 20 sett. 1879 scrisse una pagina memorabile nella storia della chirurgia, procedendo alla asportazione di una estesa neoplasia laringea in una giovanetta di 19 anni ricoverata presso l'ospedale di Reggio Emilia: con una tecnica arditissima, il C. estirpò completamente laringe, faringe, base della lingua, velopendolo e tonsille, impiegando un galvano-cauterio onde evitare pericolose emorragie e dividendo l'osso ioide per conservare intatto tutto l'apparecchio di innervazione, circolazione e mobilità della lingua. Il decorso postoperatorio fu assolutamente regolare, e dopo un mese dall'intervento la paziente, in seguito a saldamento della parte superiore dell'esofago, riuscì a deglutire. Per il ripristino della fonazione, il C. si servì dapprima del tubo di Gussenbauer costruito in Germania, ma non avendo conseguito buoni risultati fece costruire a Romualdo Caffarri di Reggio Emilia, abilissimo dilettante meccanico, la cosiddetta "laringe Caselli"; con tale apparecchio alla giovane paziente fu allora possibile una discreta emissione vocale. Le varie fasi dell'intervento vennero descritte dallo stesso autore in una seduta straordinaria tenuta dalla Società medico-chirurgica di Bologna il 7 dicembre del 1879 (Estirpazione completa della laringe, faringe, base della lingua..., in Bullettino delle scienze mediche, s. 6, V [1880]); il presidente della assemblea, Francesco Rizzoli, di cui il C. fu allievo prediletto, lo propose per il conferimento di una medaglia d'oro, ottenendo unanime consenso. Il C. presentò questo caso al congresso di freniatria che si tenne a Reggio Emilia nel settembre 1880, riscuotendo molto successo e ammirazione.
Il C. ideò anche un ingegnoso tipo di cannula munita di mandrino, che introdotta in una vena del paziente consentiva la trasfusione diretta in modo semplice, rapido e poco o affatto traumatizzante del sangue di un animale donatore. Egli impiegò questo metodo per la prima volta il 9 apr. 1874 nella cura di una alienata ricoverata nel manicomio di Reggio Emilia, affetta da pellagra (Considerazioni sulla trasfusione del sangue e nuova cannula per eseguirla..., ibid., s. 5, XVIII [1875]), e lo sperimentò successivamente in vari altri casi con discreto successo. In realtà, va qui notato che quella che allora era considerata una trasfusione di sangue altro non era se non una proteinoterapia aspecifica, gravata di pericoli di reazioni anche gravi all'introduzione di materiale proteico di specie differente: i buoni risultati che talvolta si potevano conseguire erano quindi determinati unicamente dall'apporto di una modesta quantità di sostanze plastiche, senza alcuna relazione con le funzioni proprie degli elementi ematici sfruttate nella vera terapia emotrasfusionale.
Il C. fu autore di cinquattotto pubblicazioni su argomenti chirurgici. Membro della Società italiana di chirurgia divenne socio corrispondente della società medicochirurgica di Bologna il 26 genn. 1873.
Colpito ancor giovane da grave malattia, si ritirò nella sua villa di Montecavolo, presso Quattro Castella, dove morì il 18 ott. 1898.
Bibl.: E. Morselli, Il Prof. A. C. Commemorazione, in Annuario universitario 1898-99, Genova 1899, pp. 123-147;L. Mazzotti, A. C., in Bull. delle scienze mediche, s. 7, X (1899), 10, pp. 61 s.; D. Giordano, Scritti e discorsi..., Milano 1930, pp. 343, 357, 366;L. Barchi, A. C., in Medici e naturalisti reggiani, Reggio Emilia 1935, pp. 151 s.; D. Giordano, Chirurgia, I, Torino 1938, pp. 16 s., 31, 33;M. Bertolani Del Rio, Un Periodo di attività parauniversitaria, in Atti del I Congresso italiano di storia ospitaliera, Reggio Emilia, 14-17 giugno 1956, Reggio Emilia 1957, pp. 86 s.; C. Jenimi, A. C., valoroso chirurgo dell'ospedale S. Maria Nuova di Reggio Emilia..., ibid., pp. 386-390;F. Cirenei, La tradizione chirurgwa genovese, in Ianuensia medicinalia quam plurima, Pisa 1960, pp. 40 ss.; O. Rombaldi Hospitale Santae Mariae Novae, Reggio Emilia 1965, pp. 274 s.; Enc. Ital., IX, p. 298.