DI ROMA, Azzolino (Azzolino de Urbe)
Nacque in Terra d'Otranto tra la fine del sec. XIII e l'inizio del XIV.
La conoscenza della lin gua greca, che la terra salentina aveva nutrito e che la condizione di chierico (Barone, p. 577) aveva favorito, fece la sua fortuna e gli procurò impiego e onori alla corte di Roberto d'Angiò. Il suo nome è attestato, infatti, soltanto da alcuni registri della Cancelleria angioina. Nel 1328 un "Aczolino de Roma de Provincia Terre Idronti" (Minieri Riccio) è pagato per la traduzione in latino di alcuni libri della biblioteca regia.
Le testimonianze si infittiscono nel decennio successivo, a partire dal 1332, quando Roberto impone ai suoi "uffiziali" di raccogliere codici greci di diritto e di inviarli al D. incaricato di tradurli. Il 21 marzo 1334 gli si pagano gli stipendi maturati dal 1° gennaio per la versione di alcune opere greche di giurisprudenza della biblioteca di S. Nicola di Casole. E molto probabilmente, come sospetta il Weiss (p. 213), è opera sua il "liber iuris" copiato per Roberto nel 1335 (Faraglia). Nel corso del 1334 traduce anche un'opera di fra Francesco de Marrano (il 7 febbr. 1335 è registrato un versamento a favore di Guglielmo Provenzale e di Nicola Anglico che ne avevano curato la trascrizione) e riceve dal sovrano l'incarico di acquistare libri di materia legale "in licteratura greca conscriptos". Viene, infatti, mandato in giro per le province del Regno munito di un protocollo reale del 10 giugno 1334 intestato "universis per regnuni fidelibus", perché mettano a disposizione di "magistro Aczolino" i codici greci eventualmente in loro possesso allo scopo di trarne copia (Caggese). Il 29 marzo 1337 il D. è in Calabria, investito dal 20 aprile dell'anno successivo della nomina a giudice e assessore presso il giustiziere della regione. Il 31 luglio Ottiene che gli si affianchi un sostituto per poter essere libero di viaggiare (alla ricerca di altri codici greci, è da presumere). L'attività di traduttore si intensifica, spaziando da testi di teologia (il 31 luglio 1338 riceve un compenso per la versione di alcuni scritti di Massimo il Confessore) a testi di medicina, astronomia e fisica, come risulta da versamenti effettuati a suo nome in data 10 gennaio, 7 febbraio, 11-13 marzo 1338.
La presenza del D. a corte diventa a tal punto indispensabile da impedirgli di allontanarsi persino per curare i suoi interessi in patria. Invoca, pertanto, e ottiene il 12 maggio 1342, che re Roberto ordini al giustiziere di Terra d'Otranto di perseguire i suoi debitori morosi, ai quali più volte in passato aveva prestato frumento e danaro. Da questo momento i registri angioini tacciono sul Di Roma.
Secondo l'Origlia (p. 176) avrebbe insegnato "lettere umane" nello Studio napoletano insieme con l'altro traduttore pugliese alla corte di Roberto, Leone de Scolis di Altamura. Negli stessi anni in cui visse il D., in Terra d'Otranto si incontrano altri due personaggi con il nome Azzolino: lo "Iazzolino" signore di Specchia presso Otranto che nel 1345, ottemperando alla volontà testamentaria paterna, intesta vita natural durante al fratello Niccolò alcuni beni feudali in provincia di Terra d'Otranto (Aar, p. 325); e lo "Azzolino de Nestore de Nerito", abate del monastero benedettino di Nerito (Nardò) dal 1351 sino alla morte nel 1355, ricordato nel Chronicon Neritinum del monaco Stefano (in Rerum Italicarum Scriptores, XXIV, Mediolani 1738, coll. 905 s.). Sarebbe azzardato identificare il D. con l'uno o con l'altro, ma l'ipotesi che l'Azzolino grecista alla corte di Roberto sia tornato in patria alla morte del re (1343) e abbia concluso la vita come ab ate del convento di Nardò è perlomeno verosimile. Dubbi permangono anche sull'appellativo "de Urbe", "di Roma", che presuppone un legame con la città (provenienza della famiglia, nascita, soggiorno o altro) non documentato: il Maggiulli, fraintendendo, scrive: "Nel 1332 e 1333 ... Re Roberto ... impose ai suoi uffiziali li [i libri greci] trasmettessero ad Agolino da Otranto, che allora dimorava a Roma..." (Dizionario bio-bibliografico degli uomini chiari di Terra d'Otranto, ms. depositato presso l'Archivio di Stato di Lecce, I, s.v. Agolino da Otranto).
Nei limiti dei dati forniti dai documenti dei registri angioini, due elementi sembrano connotare la biografia del D.: l'origine salentina e l'incarico di traduttore ufficiale alla corte di Roberto. Negli anni della sua formazione Terra d'Otranto è sicuramente, insieme con le altre "isole" greche in Puglia e in Calabria, uno dei centri più attivi di produzione di codici greci e può vantare la presenza presso S. Nicola di Casole e gli altri monasteri basiliani di biblioteche e di scuole in grado di perpetuare nella intellettualità una tradizione di cultura greca, sentita come espressione peculiare della propria identità etnica. Il bilinguismo del D. e degli altri dotti pugliesi e calabresi (è appena il caso di citare il de Scolis e Niccolò da Reggio) non poteva non incontrarsi con la "passione" culturale del sovrano angioino, che si espresse anche e soprattutto nella ricerca smaniosa di codici greci nel Sud d'Italia e a Bisanzio, nell'ingaggio continuo di scrivani, traduttori e miniatori. Il catalogo della biblioteca di corte contava un numero considerevole di traduzioni latine di testi greci di argomento filosofico, teologico, giuridico e scientifico, nucleo costituitosi anche grazie all'impegno profuso, come si è visto dal Di Roma. E poco importa se questi scritti denotino la persistenza in pieno Trecento di una tradizione di studi antiquata, e quindi l'ambito "scolastico" degli interessi di Roberto e della formazione e delle competenze del grecista otrantino. E poco importa che non si possa in effetti quantificare e specificare l'attività traduttoria del D., non pervenutaci (come del resto la maggior parte di quella dei suoi colleghi, perché solitamente affidata, suppone il Weiss [p. 215], ad esemplari unici periti poi insieme con gli altri volumi della collezione reale); e soprattutto valutarne la qualità, per quanto verosimilmente contenuta entro i limiti della pratica corrente delle traduzioni medievali conformi al canone della fedeltà ad verbum agli originali. Conta, invece, il contributo di cultura, da valutare in prospettiva, dato dal D. e dagli altri dotti "traslatori" impiegati presso la biblioteca angioina, sintomo del rinnovato interesse per il patrimonio letterario greco e per l'autenticità della sua voce che esploderà ben presto nei centri più avanzati della penisola: non è un caso che negli anni in cui il D. è al servizio di Roberto, operino presso la corte, o abbiano rapporti con essa, personalità come Paolo da Perugia, il grecista calabrese Barlaam, Dionigi da Borgo San Sepolcro, il Barrili, l'Alunno, Barbato da Sulmona, il Petrarca, il Boccaccio.
Fonti e Bibl.: G. G. Origlia, Istoria dello Studio di Napoli, I, Napoli 1754, pp. 176, 183; P. Napoli Signorelli, Vicende della coltura nelle due Sicilie, III, Napoli 1810, p. 218; M. Camera, Annali del Regno delle Due Sicilie, II, Napoli 1860, p. 403; L. G. De Simone, Degli Angioini principi di Taranto (1292-1373), Taranto 1866, p. 29; C. Minieri Riccio, Studii storici fatti sopra 84 registri angioini dell'Archivio di Stato di Napoli, Napoli 1876, p. 57; G. Arditi, La corografia fisica e storica della Provincia di Terra d'Otranto, Lecce 1879, p. 460; N. Barone, La "ratio thesauriorum" della Cancelleria angioina, in Arch. stor. per le prov. nap., XI (1886), pp. 577 s.; E. Aar, Gli studi storici in Terra d'Otranto, Firenze 1888, pp. 138, 325; N. Faraglia, Barbato di Sulmona e gli uomini di lettere della corte di Roberto d'Angiò, in Arch. stor. ital., s. 5, III (1889), p. 359; A. Foscarini, Saggio di un catalogo bibliografico degli scrittori salentini, Lecce 1894, p. VII; C. Villani, Scrittori ed artisti pugliesi antichi, moderni e contemp., Trani 1904, p. 901; G. M. Monti, L'età angioina, in Storia dell'Univ. di Napoli, Napoli 1924, pp. 87 s., n. 14; R. Caggese, Roberto d'Angiò e i suoi tempi, II, Firenze 1930, pp. 371 s.; R. Weiss, The translators from the Greek of the Angevin court of Naples, in Rinascimento, I (1950), pp. 213 ss.; F. Sabatini, Napoli angioina. Cultura e società, Napoli 1975, pp. 72, 240; A. Greco, Gli studi di greco dal Trecento all'età contemp., in Il Veltro, XXVII (1983), p. 171.