Bāb al-ḥadīd
(Egitto 1958, bianco e nero, 90m); regia: Youssef Chahine; produzione: Gabriel Talhami; sceneggiatura: Abdel Hay Adib, Mohamed Abou Youssef; fotografia: Alvise Orfanelli; montaggio: Kamal Aboul Ela; musica: Fouad El Zahiry; scenografia: Gabriel Karraze.
L'anziano Madbouli gestisce un piccolo negozio nella stazione centrale ferroviaria del Cairo, conosce tutti ed è testimone degli eventi quotidiani in quel posto di passaggio, frequentato senza sosta da persone di ogni estrazione sociale. Un mattino incontra Kenaoui, un pover'uomo senza lavoro e frustrato sessualmente che vive in una baracca nel deposito delle merci, e gli offre di vendere per lui i giornali. Kenaoui è innamorato di Hanouma, venditrice abusiva di bibite sui treni, costantemente perseguitata dalla polizia come le sue colleghe. Hanouma, però, denigra e respinge decisamente Kenaoui. L'amore della donna è il facchino Abou Serib, che lotta per introdurre il sindacato nella sua categoria, sfidando il vecchio capo dell'organizzazione. Il rapporto tra Hanouma e Abou Serib è violento. Kenaoui, rifiutato dalla donna e sempre più instabile nella psiche, compera un coltello e decide di ucciderla, invitandola nella baracca con la scusa di restituirle il suo secchio d'acqua. Hanouma manda invece una sua amica, ma Kenaoui non la riconosce e la pugnala, nascondendola poi in una cassa destinata a essere imbarcata per l'Europa. Poco prima della partenza del treno, un uomo scopre il corpo. Kenaoui cerca di dare la colpa del delitto a Abou Serib e si rifugia su un vagone con Hanouma, minacciandola con il coltello. La polizia lo accerchia e, con l'aiuto di Madbouli e Abou Serib, lo cattura, consegnandolo agli infermieri del manicomio.
Una giornata nell'immensa stazione ferroviaria della capitale egiziana. Dall'alba al tramonto, scandita dalle inquadrature dell'orologio, dalle ore che passano. Youssef Chahine, al suo undicesimo lungometraggio, realizza un melodramma dal sapore neorealista e dalle tonalità noir, che si sviluppa nei molteplici spazi di un unico luogo; al suo interno, lungo la ripetizione dei gesti e il transito continuo della folla, il tempo si espande. In questo modo l'unità temporale, espressa dalla presenza dell'orologio e da alcuni dialoghi, viene puntualmente sovvertita dal lavoro sui primi piani, sui particolari che trasportano ogni inquadratura in una dimensione più dilatata. Bāb al-ḥadīd vive in questo doppio strato, realista e visionario, è ritratto preciso della società del periodo, delle sue contraddizioni, delle spinte al cambiamento e del mantenimento di idee conservatrici, ed è analisi di una passione d'amore vissuta fino alla follia e all'omicidio. L'intreccio che si crea fra i generi, fra i destini dei protagonisti e degli altri personaggi, mai secondari nella struttura corale del film, è disegnato fin dalle prime inquadrature, nelle quali coesistono i totali dall'alto della stazione e il dettaglio di alcuni elementi (i binari, la partenza dei treni, gli scambi ferroviari). Un procedere documentario e finzionale per immergersi senza preamboli e fino in fondo nel luogo dell'azione, nella sua ricostruzione, nei percorsi obbligati che gli abitanti di quel luogo attraversano con ritualità. Madbouli, Kenaoui, Hanouma, Abou Serib abitano infatti la stazione, è il loro posto di lavoro e la loro casa, non li vediamo che lì, agire e sostare.
Chahine lavora sulla relazione fra interno e esterno: il set-stazione è messo in rapporto con le sue immediate vicinanze (la piazza con la fontana, dove ha luogo l'unico vero dialogo fra Kenaoui e Hanouma, dove l'uomo le confessa inutilmente il suo amore e il desiderio di sposarla andando a vivere con lei in campagna), ma è soprattutto scomposto e ricomposto al suo interno, in inquadrature costruite su più livelli di profondità, separati dal finestrino di un treno, dai binari, dal vetro di una cabina telefonica, da un oggetto che ostruisce temporaneamente il passaggio...
La classicità, nella quale il film si inscrive all'inizio, si frammenta progressivamente, aderendo agli impulsi che caratterizzano il comportamento dei personaggi, a partire da quello di Kenaoui, interpretato magistralmente dallo stesso Chahine. Bāb al-ḥadīd diventa così un'opera innovativa, in rapporto anche con il melodramma egiziano più tradizionale. Lo sguardo di Chahine è asciutto, scultoreo, si concentra sui corpi, li filma come spazi intensi e sensuali, ne fa sentire la fisicità e la solitudine. In una delle scene madri Hind Rostom (incarnazione della seduzione nel cinema egiziano tra gli anni Cinquanta e Sessanta, attrice la cui presenza è stata paragonata a quella di Marilyn Monroe; non casualmente in Bāb al-ḥadīd si nota in una breve inquadratura il manifesto di Niagara incollato a un muro) incontra in un vagone un gruppo di ragazze e ragazzi che suonano e ballano al ritmo del rock e del blues, si mette a danzare con loro, a sedurre Kenaoui, diviso da lei dal finestrino della carrozza, per essere poi scoperta, allontanata e picchiata dal fidanzato. È una scena che contiene il senso di tutto il film, lo slittamento costante del realismo verso l'ossessione, il persistere del lavoro sul dentro e il fuori, la metamorfosi dei personaggi, le loro reazioni ora dolci ora violente.
Ben sorretto dalla colonna sonora di Fouad El Zahiry, che spazia dalle note sentimentali a quelle della suspense, dalle luci di Alvise Orfanelli (operatore italo-alessandrino, tra i pionieri del cinema egiziano), che crea un bianconero magmatico, di forte fisicità, e dal montaggio serrato di Kamal Aboul Ela (si veda la magnifica scena dell'accoltellamento dell'amica di Hanouma da parte di Kenaoui), Bāb al-ḥadīd affronta un argomento tabù come quello della frustrazione sessuale maschile (gli occhi e gli sguardi di Kenaoui, e la sua baracca tappezzata di ritagli di giornali con donne svestite, sono indimenticabili) in maniera libera, senza provocazioni, con una naturalezza rara per il cinema di quel periodo, e non solo arabo. Inoltre, il film è popolato di una serie di personaggi che, nel corso della giornata, appaiono per un istante o si riaffacciano a distanza di ore nelle inquadrature. Significativa, a tale riguardo, la presenza di un'adolescente in attesa di incontrare, di nascosto, il suo innamorato in partenza. La stessa ragazza, muta, collocata a bordo inquadratura, comparirà di nuovo nella scena finale, dopo l'arresto di Kenaoui tra i binari. Mentre tutti i protagonisti del dramma si sono allontanati, lei resta immobile sul luogo del dolore, stagliandosi nella notte, come estranea agli avvenimenti, eppure testimone di un delirio passionale del quale non è rimasta semplice spettatrice.
Interpreti e personaggi: Youssef Chahine (Kenaoui), Hind Rostom (Hanouma), Farid Shawki (Abou Serib), Hassan El Baroudi, Abdel Aziz Khalil, Naima Wasfi, Said Khalil, Abdel Ghani Magdi, Loutfi El Hakim, Said El Araby, Ahmed Abaza, Hana Abdel Fattah, Safia Sarwat.
G. Gauthier, 'Gare Centrale', trois secondes d'arrêt, in "CinémAction" n. 33, 1985; Spécial Youssef Chahine, a cura di Th. Jousse, supplemento a "Cahiers du cinéma", n. 506, octobre 1996 (trad. it. Bologna 1997).