DORIA, Babilano
Nacque a Genova verso il 1230 da Manuele. Quest'ultimo si sposò una prima volta con lurgia (o Giorgia), figlia di Comita [II], giudice di Torres, e successivamente con Alda Vento, ma non sappiamo in che anno: non e possibile pertanto stabilire quale delle due sia la madre del Doria. Suoi fratelli furono certamente Nicolò e Guglielmo e forse anche Percivalle e Lanfranco.
Il D. è ricordato per la prima volta, come emancipato, in un documento del 31 ag. 1251; mentre il padre era coinvolto nella difesa dei possessi sardi della famiglia, egli partecipò attivamente alla vita commerciale della sua città, come mercante e come finanziatore di mercanti. Nel 1253, insieme con altri soci, tra cui Simone, figlio di Percivalle Doria, e suo cugino Ughetto, figlio del fu Ingo, prese a nolo dalla ditta guidata da un altro membro della famiglia, Oberto, la nave "Leopardo", il cui equipaggio comprendeva novanta marinai, per trafficare a Tunisi (9 aprile). Egli era anche comproprietario della nave "S. Salvatore", venduta nel 1267 (11 luglio) a Luigi IX, re di Francia, che stava organizzando la flotta crociata, facendo largo ricorso alla marineria genovese. Due anni dopo si offrì come mallevadore nella vendita di una nave che il proprietario, Bonifacio Pevere, cedette sempre agli emissari del re (3 maggio 1269). Parallelamente all'attività commerciale (egli fu tra i primi esponenti della famiglia a finanziare i traffici con l'Impero bizantino, aperto alle iniziative genovesi dal trattato di Ninfeo), il D. venne chiamato a rivestire delicati incarichi pubblici.
Secondo il Poggi (Series rectorum, col. 1123), diventò podestà di lesi; legato al partito ghibellino, aveva ottenuto cospicui benefici da re Manfredi, che lo investì dei feudi di Mondragone e di San Pietro di Patti; secondo l'Oliva, nel 1262 ricevette dal re la somma di 100 once d'oro per il matrimonio di una sua figlia. Nel 1270, saliti al potere in Genova i capitani del Popolo, il D. fu inviato contro.
Questa città era stata una delle cause che avevano spinto i ghibellini al colpo di Stato: infatti, il podestà eletto da Genova per amministrarla, Luchetto Grimaldi, guelfo e fido alleato di Carlo d'Angiò, era riuscito a prendere possesso della carica, vincendo l'opposizione della fazione ghibellina locale e respingendo l'attacco portatogli dagli avversari; il Grimaldi aveva anche catturato i capi della spedizione, dai quali intendeva estorcere denaro. Tale atteggiamento, secondo il racconto ufficiale degli Annali genovesi, spinse i Doria e gli Spinola ad insorgere in città, prendendo il potere (28 ott. 1270).
Il D. fu immediatamente inviato contro Ventimiglia, che riuscì ad occupare. Nel viaggio di ritorno, attaccò il castello di Arma di Taggia, che fu preso e distrutto. Tre anni dopo, scoppiate le ostifità tra il governo genovese e Carlo d'Angiò, il cui esercito si era mosso contro le Riviere, il D. fu inviato come vicario in aiuto di Savona, assediata dal siniscalco di Carlo in Lombardia. Giunto ad Arenzano, non incontro opposizione, perché i guelfi avevano preferito rinunciare all'assedio; egli poté, così, entrare in Savona senza difficoltà ed inseguire i nemici sulle alture. Il tentativo operato per catturarli non ebbe successo, ma contribuì ad allontanare dalla Riviera di Ponente il pericolo guelfo.
Iniziò poi un intenso lavorio diplomatico tra i due campi, per arrivare ad un accordo con la mediazione di papa Innocenzo V; nel marzo 1276 a Roma fu inviata una ambasceria, di cui fece parte il D., per definire la pace con Carlo d'Angìò e con i fuorusciti guelfi, guidati dal cardinale Ottobono Fieschi. Benché fosse gravemente ammalato, il papa si adoperò per il buon esito dei colloqui: il 18 giugno il trattato venne sottoscritto dalle due parti. Nel 1278 il D. fu scelto da Orietta, vedova di Mariano Doria, e dai figli di costei, ancora minorenni, per assisterli nella divisione dei beni tra gli credi di Nicolò (3 marzo); fu poi testimone all'accordo tra il Comune genovese ed i Malaspina circa il possesso del castello di Arcola (25 giugno). Agli inizi del 1284 egli fu implicitamente riconosciuto come uno dei membrì più autorevoli della famiglia, perché a lui ed a pochi altri esponenti doriani si rivolse Pietro d'Aragona con una ambasceria, incaricata di esporre il punto di vista del re alle personalità più prestigiose di varie città italiane. Nell'agosto dello stesso anno ebbe luogo la battaglia della Meloria: è possibile che egli vi abbia partecipato, ma l'elenco dei Doria che presero parte allo scontro (e che lo segnala) non è attendibile.
In questi anni giunse a maggiore età un altro personaggio omonimo, il figlio di Nicolò, nato non prima del 1260. Infatti, egli è ricordato ancora sotto tutela nell'atto in cui (3 maggio 1276) gli eredi di Nicolò si divisero i beni paterni: a lui toccarono parecchie proprietà immobiliari a Genova per un valore superiore alle 1.000 lire di genovini. Nel 1287 questo Babilano Doria sottoscrisse, insieme coi fratelli Bonifacio e Rizzardo, l'accordo col Comune genovese per la difesa delle proprietà familiari in Sardegna (23 dicembre). Secondo il Battilana, sposò Leona, figlia di Oberto di Savignone, e morì prima del 1316. Non è possibile stabilire chi tra i due personaggi omonimi sia stato nominato podestà di Cipro per il 1286.
Nel 1287 il D. fu scelto come arbitro nelle complesse trattative che furono intavolate tra Genova e numerosi membri della consorteria dei marchesi del Bosco per il controllo della Valle d'Orba. Nello stesso anno assistette alcuni esponenti della sua famiglia, per giungere ad una linea d'azione comune con il governo genovese, in vista di un accordo con la sconfitta Pisa (20 dicembre). Non si hanno altre notizie sul D., che morì il 20 febbr. 1296 e fu sepolto nel monastero di S. Fruttuoso di Capodimonte nel promontorio di Portofino, dove tuttora si trova la sua tomba.
A favore di questa abbazia, nel 1271, insieme col fratello Nicolò e con Percivalle, aveva rinunciato ad ogni diritto sulla chiesa di S. Maria "de Nulauro" in Sardegna. Da Barbarina (di cui si ignora il casato) ebbe due figli, Federico e Nicolò, entrambi attivi mercanti. Nel 1290 essi appaltarono l'estrazione del ferro nell'isola d'Elba; nel 1298 acquistarono dal vescovo d'Albenga un vasto territorio, comprendente Oneglia ed alcune "ville" minori, creando così un'altra signoria doriana nella Riviera di Ponente. Nicolò fu anche podestà di Savona nel 1274; non sappiamo se sia lui il personaggio omonimo che fu eletto podestà e vicario genovese "in partibus cismarinis" nel 1279; un altro omonimo, il figlio di Daniele, aveva sposato nel 1282 Velochia, figlia di Manuele Zaccaria (fratello del celebre ammiraglio Benedetto), diventando in tal modo uno dei più fidi collaboratori dei due nei traffici col Mar Nero. Fu lui il Nicolò Doria che divenne capo della Zecca di Trebisonda, città in cui possedeva una casa, che nel 1292 ospitò gli ambasciatori mandati dal re d'Inghilterra al gran khan dei Mongoli.
Fonti e Bibl.: Genova, Bibl. Franzoniana, Mss. Urbani, 126: F. Federici. Alberi geneal. delle famiglie di Genova (ms. sec. XVII), I, sub voce; Ibid., Biblioteca civica Berio, m.r. III, 4, 7: Foliatium notariorum (ms. sec. XVIII), I, cc. 247v, 449rv, 462r, 497r, 510r, 516v, 556r; Ibid., Bibl. d. Società ligure di storia patria, P. P. M. Oliva, Ascendenza paterna e materna di Francesco Maria Doria (ms. sec. XVIII), cc. 135v, 151v; Liber iurium Reipublicae Genuensis, a cura di E. Ricotti, in Monumenta historiae patriae, VII, Augustae Taurinorum 1854, doc. DCCCCLXXVIII col. 1469; IX, ibid. 1857, docc. LI col. 90, LIII col. 102, LIV col. 107, LV col. 113; Documenti inediti riguardanti le due crociate di s. Ludovico IX re di Francia, a cura di L. T. Belgrano, Genova 1859, docc. CCXXIX bis, CCLII; Codex diplom. Sardiniae, a cura di P. Tola, in Monumenta historiae patriae, X, Augustae Taurinorum 1861, docc. CXX pp. 399-402, CXXII pp. 405 s., CXXIII pp. 408-410, CXXIV pp. 410-413; Codice diplomatico delle relazioni tra Genova, la Toscana e la Lunigiana ai tempi di Dante, a cura di A. Ferretto, in Atti della Soc. ligure di storia patria, XXXI (1901-1903), ad Indicem; Docum. sulle relazioni tra Alba e Genova, a cura di A. Ferretto, in Bibliot. della Soc. stor. subalpina, XXIII, Pinerolo 1906, docc. DXVII s.; Annali genovesi di Caffaro e dei suoi continuatori, a cura di C. Roccatagliata Ceccardi-G. Monleone, VII, Genova 1929, ad Indicem; N. Battilana, Genealogie delle famiglie nobili di Genova, I, Doria, Genova 1825, p. 2; P. Gioffredo, Storia delle Alpi marittime, in Monumenta Historiae patriae, IV, Augustae Taurinorum 1839, coll. 622, 626, 672; V. Poggi, Series rectorum Reipublicae Genuensis, ibid., XVIII, ibid. 1901, cc. 1052-1056, 1109, 1123 s., 1126; A. Ferretto, Documenti intorno ai trovatori Percivalle e Simone Doria, in Studi medievali, I (1904-1905), p. 149; II (1906-1907), pp. 279, 283; V. Poggi, Cronotassi dei principali magistrati che ressero e amministrarono il Comune di Savona, in Miscell. di storia ital., XLV (1910), p. 70; E. Byrne, Genoese shipping in the Tweelfth and Thirteenth Centuries, Cambridge, Mass., 1930, pp. 104 ss.; R. Lopez, Genova marinara nel Duecento. Benedetto Zaccaria, Messina-Napoli 1933, p. 90; N. Calvini, Relazioni medievali tra Genova e la Liguria occidentale (secc. X-XIII), Bordighera 1950, pp. 93, 109; P. Perelli, L'abbazia di S. Fruttuoso e le tombe dei Doria, Genova s. d., pp. 15 9 s.; C. Fusero, I Doria, Milano 1973, pp. 180, 183 ss.; G. Caro, Genova e la supremazia sul Mediterraneo (1257-1311), in Atti della Soc. ligure di storia patria, n. s., XIV-XV (1974-1975), ad Indices; M. Balard, La Romanie génoise (XIIe -début du XVe siècle), Roma 1978, ad Indicem; L. Balletto, Genova e la Sardegna nel secolo XIII, Genova 1978, p. 197; Id., Studi e documenti su Genova e la Sardegna nel secolo XIII, ibid. 1981, p. 171; M. Balard, Notai genovesi in Oltremare. Atti rogati a Cipro da Lamberto di Sambuceto (1296/9), Genova 1983, ad Indicem; L. L. Brook-R. Pavoni, I Doria, in Genealogie medievali di Sardegna, Cagliari-Sassari 1984, ad Indicem; F. Dioli-T. Leali Rizzi, S. Fruttuoso di Capodimonte, Recco 1985, pp. 45, 49, 77.