BĀBI, BĀBISMO
. Col nome di Bābī (aggettivo relativo arabo-persiano dal sostantivo arabo bāb) si designano i seguaci d'una setta religiosa nata poco prima della metà del sec. XIX in Persia, in seno all'islamismo sciita e da questo, come dall'islamismo in genere, staccatasi completamente. Le sue origini si riannodano alla setta dei Shaikhī, fondata pure in Persia da Aḥmad ibn Zain ad-dīn al-Aḥsā'ī, nativo d'al-Aḥsā' o al-Ḥasā' (cioè della costa occidentale, araba, del Golfo Persico), che era vissuto negli anni 1157-1242 èg., 1744-1826/27 d. C. e, mescolando idee degli sciiti isma‛īliti (v.) con quelle degli sciiti duodecimani e con fantasie proprie, aveva affermato tra l'altro che sulla terra, fra la scomparsa del dodicesimo imām sciita e il suo futuro ritorno sotto la veste di mahdī (v.), non poteva mancare un personaggio che collegasse il mondo terreno con l'imām occulto e fosse quindi la "porta" (bāb) di accesso all'imām ed alla verità. Lo stesso al-Aḥsā'ī e il suo successore sayyid Kāẓim Reshtī (morto nel 1259 èg., 1843-44 d. C.) si erano arrogati tale qualità. Poco dopo la morte di Kāẓim Reshtī, il suo discepolo sayyid ‛Alī Muḥammad (nato a Shīrāz il 1° muḥarram 1235, 20 ottobre 1819) si proclamò bāb il 5 giumādà I° 1260 (23 maggio 1844), ricorrendo esattamente il millennio, secondo gli anni lunari musulmani, dall'avvento del 12° imām (giumādà I° 1260, febbraio-marzo 874). Parte degli Shaikhī gli riconobbe tale qualità; la maggioranza la negò, e così avvenne una netta separazione, che si allargò prestissimo anche al campo dottrinale. La nuova setta, o piuttosto nuova religione, fu chiamata Bābismo, e Alī Muḥammad divenne noto con l'epiteto di Bāb, rimastogli per sempre nell'uso comune, benché egli prestissimo dichiarasse di non essere più soltanto il Bāb, ma la Nuqṭah o "Punto", quintessenza della rivelazione di Dio agli uomini e incarnazione di questa rivelazione, e quindi i suoi seguaci lo chiamassero con l'espressione arabo-persiana di Ḥaẓret-i A‛là "Sua signoria altissima". In base alle dottrine isma‛īlite, riflesso delle neoplatoniche, affermava che la storia dell'umanità è un succedersi di cicli profetici lunghissimi, il prim0 dei quali iniziato da Adamo, seguito poi man mano dai cicli inaugurati dai personaggi che l'islamismo considera inviati di Dio (fra cui Abramo, Mosè, Gesù) e che per il Bāb erano altrettante manifestazioni sempre più perfette dell'Intelligenza Universale, per cui mezzo Dio aveva creato il mondo terreno. L'ultima di tali manifestazioni era stato Maometto, che per i musulmani chiuse per sempre la serie degl'inviati di Dio; ora il Bāb presumeva d'iniziare un nuovo ciclo profetico, poichè una nuova manifestazione ha luogo quando gli uomini sono preparati a riceverla. Quindi nel 1261 èg., 1845 d. C., compose a Bushire (Būshehr) sul Golfo Persico un libro in prosa araba rimata intitolato Al-Bayān "L'esposizione chiara" (con allusione al versetto coranico LV, 3), nel quale al contrario in forma nebulosa sono esposte le sue dottrine teologiche del tutto fuori dell'islamismo e inoltre i suoi insegnamenti morali e i suoi precetti regolanti l'attività pratica dell'uomo anche nel campo giuridico. Il Corano è proclamato abrogato dal nuovo libro sacro. Dio è unico e ‛Alī Muḥammad, cioè il Bāb, è lo specchio nel quale Dio si riflette e in cui ciascuno può contemplarlo; la creazione è avvenuta mediante la parola del Bāb, dissimile da qualsiasi voce degli esseri contingenti. La Ka‛bah e le tombe di Maometto e dei santi musulmani dovrebbero essere distrutte, e al loro posto dovrebbero venir eretti 19 luoghi di culto, simboleggianti il Bāb e 18 apostoli del bābismo da lui scelti; e per amore di questo numero 19 è stabilito, fra le varie altre stranezze, che l'anno sia di 19 mesi aventi 19 giorni ciascuno (dunque in tutto 361), che il digiuno annuale (in sostituzione del ramaḍān musulmano) duri 19 giorni, ecc. Quando abbiano il potere, è lecito ai Bābī d'impadronirsi degli averi di coloro che non hanno abbracciato la nuova religione; nel caso di conquista di città, la divisione del bottino è regolata con norme diverse dalle musulmane. Curiosi precetti riguardano il matrimonio, il divorzio, le successioni, ecc.
La purezza dei costumi del Bāb, il fascino emanante dalla sua persona, le sue invettive contro abusi e atti riprovevoli di funzionarî e di uomini di religione sciita, le stesse stravaganze delle sue dottrine conformi allo spirito persiano gli procurarono numerosi seguaci e diedero luogo a torbidi e rivolte contro le pubbliche autorità, cosicché il Bāb fu imprigionato e in seguito fucilato a Tebrīz il 27 sha‛bān 1266, 8 luglio 1850.
Dopo la morte del Bāb la propaganda bābista si svolse in segreto, ma con grande efficacia; se non che un attentato di tre bābī contro lo scià Nāsir ud-Dīn (15 agosto 1852) condusse a una violentissima persecuzione e al bando della setta dalla Persia. Il Bāb aveva designato come suo successore Yaḥya Nūrī, che assunse l'epiteto di Ṣubḥ-i Ezei "l'aurora dell'eternità", e inoltre aveva dichiarato che per 2031 anni (somma dei valori numerici delle lettere arabe componenti l'epiteto al-musiaghāth "l'invocato in aiuto") il bābismo avrebbe dovuto rimanere inalterato, poiché solo dopo quel periodo di tempo si sarebbe avuta una nuova manifestazione della divinità. Ṣubḥ-i Ezel si trasferì a Baghdād, ove fu seguito da suo fratello maggiore Ḥusein ‛Alī soprannominato Bahā' Ullāh ("la bellezza data da Dio"), il quale superava di molto Ṣubḥ-i Ezel in ingegno ed attività; non tardò dunque a manifestarsi una scissione, scoppiata in modo aperto ad Adrianopoli, ove il governo turco aveva fatto trasferire i due fratelli: Bahā' Ullāh nel 1866-67 vi proclamò una nuova religione, il Bahā'ismo (v.). La maggioranza dei Bābī si schierò con Bahā' Ullāh; la minoranza, chiamata ormai dei Bābī-Ezelī, si mantenne fedele a Ṣubḥ-i Ezel, che nell'agosto del 1868 fu relegato dal governo turco a Famagosta nell'isola di Cipro e morì il 29 aprile 1912. Ormai il bābismo può considerarsi interamente soppiantato dai Bāha'ī.
Bibl.: De Gobineau, Les religions et les philosophies dans l'Asie centrale, Parigi 1865, 4ª ed., 1923, voll. 2; E. G. Browne, A traveller's narrative written to illustrate the episode of the Báb, Cambridge 1891, voll. 2 (testo persiano e trad. inglese); id., Materials for the study of the Bábí religion. Cambridge 1918; A. L. M. Nicolas, Seyyèd Ali Mohammed dit le Bab, Parigi 1905; Le Béyân arabe, trad. di A. L. M. Nicolas, Parigi 1905; Le Béyân persan, trad. di Nicolas, Parigi 1911-1914, fasc. 4; E. G. Browne, art. Bāb, Bābīs nella Encyclopaedia of Religion and Ethics, II, Edimburgo 1909, pp. 299-308.