BANDINELLI, Baccio (Bartolomeo)
Della famiglia Brandini, mutò poi il cognome in Bandinelli. Nacque, secondo il Libro de' Battezzati dì Firenze (Mianesi), il 7 ott. 1488 (il Vasari dà la data 1487). Suo padre, Michelagnolo di Viviano da Gaiuole (nato nel 1459), era noto a Firenze come orafo insigne: sia il Cellini sia Raffaello da Montelupo furono alla sua scuola e ne parlarono con stima e considerazione. A lui risalgono i legami con i Medici, che dovevano essere così importanti per il figlio (secondo il Vasari Michelagnolo custodì i beni dei Medici dopo la loro partenza da Firenze nel 1494).
Della prima formazione del B. si sa solo che egli frequentava saltuariamente la bottega di un pittore di scarsa importanza, Girolamo del Buda. Vasari parla di una amicizia giovanile con il Piloto, di studi da Donatello e Verrocchio, e di copie, eseguite in giovane età, dagli affreschi di Filippo Lippi nel coro del duomo di Prato. Queste prove furono così promettenti da indurre il B. a frequentare (probabilmente prima del 1508) la scuola di Giovanfrancesco Rustici. Questi contribuì forse a indirizzare il B. verso la scultura, ma almeno sino al 1512 circa egli aspirava anche a una attiva carriera di pittore. A questo fine cercò, invano, l'appoggio di Andrea del Sarto (e anche del Rosso). I suoi primi tentativi pittorici sono andati perduti, mentre è documentata la commissione (datata 1511 stile fiorentino, 1512 stile comune) di un affresco con il Matrimonio della Vergine nel chiostricino della SS. Annunziata, commissione passata più tardi al Franciabigio. Le ambizioni del B. pittore non ebbero buon esito, ma prima del 1512 egli aveva già raggiunto un'ottima reputazione come disegnatore e come uno dei più dotati fra coloro che copiarono il cartone della Battaglia di Cascina. Nella seconda decade del secolo il B. si dedicò al disegno e allo studio anatomico. Nel 1515 (stile comune), grazie ai buoni uffici di Giuliano de' Medici, il B. ottenne la prima importante commissione di scultura: un San Pietro per una serie di Apostoli nel duomo di Firenze. Nello stesso anno, in occasione dell'arrivo a Firenze di Leone X, egli eseguì il Gigante per piazza della Signoria. Più impegnativa fu la commissione di una nuova statua che doveva sostituire il David di Donatello nel cortile di palazzo Medici: ma il primo progetto del B. per un nuovo David,il cui modello egli portò a Roma per mostrarlo a Leone X, non fu eseguito; attraverso il cardinale Giulio de' Medici egli ottenne però il contratto per un Orfeo in marmo che fu poi collocato su una base di Benedetto da Rovezzano in palazzo Medici. Questa (attualmente in situ)è probabilmente la più importante opera giovanile dei B. e fu deliberatamente modellata sull'Apollo del Belvedere,dimostrando lo studio profondo e pienamente assimilato da parte dell'artista degli antichi modelli in Roma. Il Vasari la dice opera "lodatissima meritamente".
È incerta la cronologia esatta degli spostamenti del B. tra il 1515 e il 1520. In questi anni il Vasari colloca la sua partecipazione alla decorazione plastica, sotto la direzione di A. Sansovino, della Santa Casa di Loreto. Qui il B. lavorò a un rilievo marmoreo con la Natività di Nostra Donna,ma le fonti non concordano su quanto del rilievo sia opera del Bandinelli. Il Vasari, testimonio ostile, riferisce che il B. litigò con il Sansovino e che il rilievo fu completato in un secondo tempo da Raffaello da Montelupo. Il nome del B. compare nei libri dei conti per la decorazione della Santa Casa tra il 1518 e il 1520.
Il B. era a Roma poco prima della morte di Leone X. Durante questo soggiorno egli eseguì per il cardinale Giulio de' Medici due giganti in stucco (ora perduti) per il cancello della Villa Madama. Nel 1520 fu scelto per eseguire una copia fedele del gruppo del Laocoonte,allora nel Belvedere, che doveva essere donata a Francesco I (agente principale in questa commissione fu il cardinale Bibbiena); ma il lavoro fu interrotto per la morte di Leone X nel dicembre 1521 e per la successiva elezione di Adriano VI: il B. ritornò a Firenze con il cardinale Giulio de' Medici, e l'opera fu ripresa solo con l'accessione al soglio di questi col nome di Clemente VII nel 1523, evento di importanza essenziale per la carriera del B., dati i suoi stretti legami con i Medici. La copia fu completata nel 1525, ma non venne mai inviata in Francia, poiché il papa se ne entusiasmò tanto da decidersi a tenerla. Fu posta a palazzo Medici a Firenze "nella testa del secondo cortile" (Vasari) ed è ora agli Uffizi.
Durante il pontificato di Adriano VI il B. non si occupò unicamente di scultura: eseguì anche il disegno del Massacro degli Innocenti, inciso da Agostino Veneziano e Marco Dente da Ravenna. Quest'opera, di cui restano disegni agli Uffizi e al Louvre, fu una delle composizioni grafiche più ambiziose di quei tempi e acquistò grande fama al Bandinelli.
Col papato di Clemente VII apparve assicurata al B. la commissione di progetti ambiziosi: ma uno dei più importanti, due grandi affreschi per il coro di S. Lorenzo a Firenze, non fu mai eseguito. La composizione di uno di questi affreschi, il Martirio di s. Lorenzo,è conservata in un'incisione di Marcantonio Bolognese. Il B. ricevette come ricompensa da Clemente VII l'ordine di cavaliere di S. Pietro.
Poco dopo aver completato il gruppo del Laocoonte il B. ritornò a Firenze, dove gli fu assegnato da Clemente VII il blocco di marmo di Carrara che era stato estratto vari anni prima per un gruppo che doveva fare da controparte al David di Michelangelo in piazza della Signoria: l'assegnazione era stata fatta contro i desideri della Signoria, che avrebbe voluto affidare anche quest'opera a Michelangelo. Il B., quando il marmo era ancora a Carrara, fece un modello in cera di Ercole che uccide Caco molto diverso, nel suo atteggiamento di moto, dallo schema definitivo, e forse influenzato in parte dall'impostazione che Michelangelo già aveva ideato per il blocco: ma quando il marmo arrivò a Firenze (1525) il B. dovette abbandonare il suo progetto, incompatibile con le proporzioni del blocco. Il B. fece allora un nuovo modello con Caco "a guisa di prigione", secondo il Vasari criticato per la mancanza di "finezza e vivacità". Il B. aveva cominciato a sbozzare il marmo quando gli eventi politici che seguirono al Sacco di Roma, nel maggio 1527, costrinsero i Medici ad abbandonare Firenze e il B. stesso, partigiano dei Medici, a rifugiarsi a Lucca.
Il nuovo governo repubblicano chiese a Michelangelo di lavorare il blocco di marmo e gli diede la commissione ufficiale il 22 ag. 1528, lasciandogli libertà sul soggetto. Ma la caduta della repubblica nell'agosto 1530 determinò un ulteriore cambiamento. Clemente VII riassegnò il blocco al B., che procedette seguendo il suo progetto in tutta la sua staticità. L'opera subì vari ritardi e fu posta in piazza della Signoria solo nel maggio 1534 in seguito all'insistenza del papa. Ormai questo gruppo era diventato il simbolo del partito dei Medici, e la critica violenta che esso provocò fu certo influenzata da implicazioni politiche.
Dopo il 1525 il B. fu occupato anche in altri lavori. Il Vasari ricorda progetti per due pitture una delle quali, una Deposizione,fu eseguita ed esposta al Mercato Nuovo. Clemente VII, tornato a Roma, progettò un complesso gruppo di figure da porsi in cima a Castel S. Angelo e il B. vi cominciò a lavorare pur non portandolo mai a compimento. Eseguì anche una Deposizione, rilievo in bronzo che donò a Carlo V nel 1529 o 1530 (la composizione è probabilmente identificabile con un rilievo attualmente al Louvre, Cat. n. 690). L'imperatore si dimostrò disposto a offrire al B. il cavalierato dell'ordine di S. Iago, e fu in questa occasione che il B. si attribuì antenati nobili senesi e adottò il cognome di Bandinelli. Pure nel 1530 (secondo il Milanesi sin dal 1523) il B. aveva ricevuto la commissione per una statua di Andrea Doria come Nettuno e per tutto il decennio seguente egli fu in lite con la famiglia Doria per non aver adempiuto, all'impegno. Un nuovo contratto fu steso nel 1536, ma il B. era occupato con altre opere e la statua non fu più eseguita.
La commissione più importante del B., negli anni dopo il 1530, fu quella delle tombe di Leone X e Clemente VII: pare che quest'ultimo lo avesse designato all'opera prima della sua morte, avvenuta nel settembre 1534. Perciò la questione fu devoluta agli esecutori testamentari: i cardinali Ippolito de' Medici, Innocenzo Cybo, Giovanni Salviati e Niccolò Ridolfi. Il contratto venne steso a Roma nel marzo 1536. Le due tombe addossate erano destinate al coro di S. Maria sopra Minerva. Ma al B. non fu affidato il progetto d'insieme, che fu dato invece ad Antonio da Sangallo il Giovane; suo compito erano le due grandi figure sedute dei papi, figure laterali di santi e rilievi con episodi.
Il B. non portò a termine la sua parte. Nel 1540 egli cercava di ottenere da Cosimo I la commissione della tomba di suo padre, Giovanni dalle Bande Nere. L'opera gli fu affidata nel maggio 1540 (cfr. Milanesi) e la sua attività alle tombe dei Medici a Roma cessò bruscamente con la partenza per Firenze. Indotto a tornare a Roma nel 1541 per finire il lavoro che aveva abbandonato, l'artista lo portò un po' avanti, ma le due figure dei papi seduti furono affidate ad altri artisti. Il B. stesso completò quattro figure di santi: S. Giovanni Battista e S. Giovanni Evangelista per la tomba di Clemente, S. Pietro e S. Paolo per quella di Leone, oltre a tre rilievi nella parte superiore di ciascuna.
Dal 1540 circa la sua attività fu strettamente condizionata dall'aspirazione ad assumere un ruolo di primo piano come direttore artistico della Firenze di Cosimo I. Questo spiega in parte le proporzioni dei vari progetti intrapresi e anche la sua mancanza di interesse duraturo per essi una volta posti in lavorazione.
La tomba di Giovanni dalle Bande Nere, che era stata ideata per una cappella di S. Lorenzo, non venne mai completata come complesso unitario per il luogo al quale era destinata (la base, con un rilievo del B., fu posta più tardi in piazza S. Lorenzo e la figura seduta di Giovanni, pure del B., fu aggiunta solo nel 1851). Il B. infatti si interessava già a un nuovo progetto: quello di creare un'Udienza nel lato Nord della Sala dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, nuova residenza di Cosimo e della sua famiglia. Questa era costituita da una tribuna (24 braccia per 14) cui si accedeva per mezzo di sette gradini; il muro di fondo era mosso scenograficamente da tre rientranze: le due laterali includevano le finestre e quella centrale era concepita come una nicchia per una scultura di grandi dimensioni, affiancata da entrambi i lati da una nicchia piccola per un'altra figura; altre nicchie dovevano essere ricavate nelle pareti laterali dell'area della tribuna. Compito del B. era fornire le sculture: per le nicchie minori della parete di fondo egli eseguì le statue di Giovanni dalle Bande Nere e del Duca Alessandro; per la nicchia centrale egli cominciò la figura di Clemente VII e per una nicchia di una parete laterale quella di Cosimo: quest'ultima statua, ultimata, ma giudicata non soddisfacente poiché non somigliava al soggetto, fu in parte mutilata dal B. stesso. Una figura di Leone X iniziata dal B. fu più tardi completata da Vincenzo de' Rossi. Il Vasari portò a termine la sala dell'Udienza: infatti, come per progetti precedenti, il B. non si interessò più ad esso, preso com'era da nuovi lavori: questa volta il coro e la decorazione dell'altare del duomo. Egli ideò un basamento marmoreo decorato da figure a rilievo intorno al coro ottagonale e per l'altare un Cristo morto con due angeli con dietro un grande Padre Eterno,e, in basso, una predella con rilievi. Al lato estremo del coro dovevano esserci due figure di Adamo ed Eva e altri rilievi con scene dell'Antico Testamento. Il B. cominciò a lavorare a questo complesso nell'ottobre 1547. E la prima figura fu l'Adamo per il gruppo con la Tentazione,ma lo scultore, non essendone soddisfatto, lo trasformò in Bacco e lo donò al duca Cosimo (ora è a Pitti); e così l'Eva fu trasformata in Cerere e data, insieme con un Apollo,alla duchessa Eleonora (ora ambedue nel Giardino di Boboli). Il B. si accinse quindi a un secondo gruppo dello stesso soggetto, che fu posto in loco nel marzo 1549 con un'accoglienza che il Vasari descrive molto sfavorevole. Anche le sculture per l'altare del duomo ebbero acerbe critiche; la prima idea della Pietà fu abbandonata e sostituita da un gruppo con il Cristo morto e un angelo: Vasari considerò questo una delle opere migliori del B. anche se troppo grande per il luogo (fu spostata nella cappella Baroncelli in S. Croce nel 1842-43; e anche la grande figura del Padre Eterno,completata da Vincenzo de' Rossi, si trova ora in S. Croce). Il complesso decorativo del coro del duomo è quindi oggi disperso, ma parte del rilievo marmoreo del tornacoro è tuttora in situ: il B. aveva progettato per questo basamento un gran numero di figure isolate in rilievo, rappresentanti personaggi del Vecchio Testamento (Milanesi ne dà un totale di 88). La serie era incompleta alla morte del B. e fu portata a termine, probabilmente su suoi disegni, dall'allievo Giovanni Bandini. Alcuni dei bassorilievi furono trasportati all'Opera del Duomo nel secolo scorso; la maggior parte delle figure sulle tre facce del lato occidentale del basamento sono del B. (alcune firmate B. B. F. 1555).
Negli ultimi anni pare che il favore del duca verso il B. fosse declinato: l'autorità dell'artista era continuamente messa in pericolo dalla presenza di artisti più giovani. Il Vasari lasciò Roma alla volta di Firenze nel 1555 per lavorare per Cosimo su larga scala, e ben presto, a minacciare la posizione del B., intervenne anche l'Ammannati. L'ostilità tra il B. e il Cellini risaliva al 1545 quando quest'ultimo tornò dalla Francia: sempre più il B. si doveva appoggiare alla duchessa Eleonora per mantenere le sue posizioni a corte.
Nuova occasione di concorrenza fu, alla fine della sua vita, la fontana del Nettuno per piazza della Signoria. Fu soprattutto per l'appoggio della duchessa - dice il Vasari - che il B. ottenne la commissione contro le aspirazioni del Cellini e dell'Ammannati. Il B. mandò a chiamare Vincenzo de' Rossi perché lo venisse ad aiutare per il modello del Nettuno, ma i suoi progetti furono interrotti dalla morte.
Il B. morì a Firenze nel febbraio 1560 (stile comune); secondo il Vasari la morte fu accelerata dalla sua attività per la cappella della propria famiglia nella chiesa dell'Annunziata. Come monumento aveva adattato una Pietà iniziata (ma che non venne mai finita) dal suo figlio naturale Clemente. Il gruppo si trova ancora in situ.
Il B. dal 1552 aveva cominciato a scrivere un Memoriale il cui interesse maggiore è costituito dalla raffigurazione che egli ci dà di se stesso più come uomo, con tutte le sue ambizioni sociali, che come artista. In esso egli parla di suoi scritti teorici che però sono andati perduti. Anton Francesco Doni lo elesse arbitro nel suo dialogo Il Disegno,Venezia 1549.
L'arte del B. è complessa e multiforme e, in termini di influenze, è formata da diversi elementi. In tutta la sua opera è evidente il giovanile studio della scultura del primo Quattrocento fiorentino; in realtà egli non riuscì mai ad adattarsi a una forma espressiva più moderna (il Duca Alessandro nell'Udienza è, per esempio, quasi un pastiche del S. Giorgio di Donatello). Ancora più importante fu per lui lo studio dall'antico, specialmente del periodo ellenistico: la copia del Laocoonte dimostra le affinità del B. con quello stile. Ma anche in questo caso - un altro esempio è l'Orfeo - per il B. l'antico era solo oggetto d'imitazione e di pura erudizione archeologica senza che egli riuscisse a rielaborarlo in una nuova creazione.
Nelle sculture a tutto tondo sono evidenti le sue inclinazioni per quanto riguarda peso, massa e (spesso) la posizione di riposo: questi elementi erano d'altronde sempre più estranei al mondo della metà del Cinquecento; e in figure come l'Adamo e l'Eva del Bargello possiamo notare come il B. cerchi di trovare un compromesso con uno stile più ideale e decorativo rimasto però sempre estraneo al suo temperamento. Dove l'artista dava il meglio di sé era in opere di piccole proporzioni. Il busto marmoreo di Cosimo I (Bargello) è ben costruito e suggestivo. Così le figure in mezzorilievo per il basamento del coro del duomo di Firenze dove l'artista ha raggiunto una giusta armonia tra la forma e il contenuto con una nota assolutamente personale. Bisogna anche riesaminare l'attività del B. disegnatore. Egli fu operoso e prolifico durante tutta la vita e poté toccare alti livelli qualitativi (per esempio nei disegni per l'incisione del Massacro degli Innocenti),raggiungendo considerevole reputazione e raggruppando un gran numero di allievi che formarono una "Accademia del Disegno". Tra questi i migliori furono gli scultori Vincenzo de' Rossi e Giovanni Bandini.
La reputazione artistica del B. soffrì, durante tutta la sua vita e anche dopo la morte, per la cattiva fama che egli ebbe come uomo. L'ostilità che suscitava è palese nella Vita del Vasari, nelle leggende - come quella che egli avesse distrutto il cartone con la Battaglia di Cascina nel 1512 - e nelle esagerazioni - come quella riguardante il suo odio implacabile per Michelangelo - che sono sorte intorno a lui.
Il B. ebbe vari figli, tra cui un illegittimo, Clemente, nato poco dopo la morte di Clemente VII (sett. 1534),e per questo così chiamato. Pare che fosse avviato alla scultura nella bottega paterna e mostrasse dalla più tenera età di essere molto dotato. Secondo il Vasari, maltrattato dal padre, partì però per Roma nel 1555morendovi nello stesso anno.
Il Vasari elenca le seguenti opere di Clemente: una testa in terracotta del duca Cosimo,modello per una nuova testa alla statua mutilata del padre nell'Udienza (per una proposta di identificazione cfr. D. Heikamp); un busto marmoreo di Cosimo lasciato incompiuto a Firenze e completato dal padre (identificato dal Heikamp con un busto attualmente in piazza S. Lorenzo, Firenze); e infine il gruppo incompiuto della Pietà con Cristo e Nicodemo,che fu completato dal padre e posto nella cappella di famiglia all'Annunziata come monumento funebre.
Fonti e Bibl.: La fonte biografica principale, benché sostanzialmente ostile, è G. Vasari, Le Vite...,v. l'ediz. a cura di G. Milanesi (che vi aggiunge materiale documentario fondamentale), VI, Firenze 1881, pp. 133-200; vedi inoltre, del B. stesso, Il Memoriale, iniz. 1552, pubbl. da A. Colasanti, Il memoriale di B. B.,in Repertotorium für Kunstwissenschaft, XXVII (1905), pp. 406-443 (ms. alla Bibl. Naz. di Firenze; v., su questo scritto, J. Schlosser-Magnino, La Letteratura artistica,Firenze 1956, pp. 363 s.); B. Cellini, La vita,a cura di C. Cordié, MilanoNapoli 1960, v. Indice;G. Gaye, Carteggio inedito d'artisti…,II, Firenze 1840, pp. 175-177, 276-284, 286-288 e passim;G.Bottari, Raccolta di lettere sulla pittura...,a cura di S. Ticozzi, Milano 1822, I,pp. 62-65, 73-107; VII,p. 27; C. O. Tozi, Una lettera inedita di Baccio B.,in Arte e Storia,XXVII (1908), p. 124; R. Borghini, Il Riposo,Venezia 1584, passim; Der Literarische Nachlass Giorgio Vasaris,a cura di K. Frey, München 1923, pp. 149, 234, 330 ss., 640, 723; F. Baldinucci, Notizie de' professori del disegno...,IV,Torino 1814, pp. 395-444; D. Heikamp, Die Bildwerke des Clemente B.,in Mitteilungen des Kunsthistorischen Instituts in Florenz,IX (1959-1960), pp. 130-136; J. Shearman, Rosso, Pontormo, B. and others at SS. Annunziata, in The Burlington Magazine,CII (1960), pp. 152-156. Opere sull'arte del B. in generale (ma manca di questa un'analisi completa e soddisfacente): C. C. Perkins, Tuscan Sculptors...,II,London 1864, pp. 143 ss.; A. Jansen, B. B. …, in Zeitschrift für bildende Kunst,XI(1876), pp. 65-73, 97- 105, 138-145, 202-209, 239-251; A. Venturi, Storia dell'Arte Italiana,X,2, Milano 1936, pp. 187-240 (con bibl.). Sulle sculture: A. von Reumont, B. B.'s Landhäuser und Familie,in Das Kunstblatt,XIX(1849), pp. 26 s. (Per la copia del Laocoonte);E. Schaeffer, Der Herakles des B. B.,in Monatshefte für Kunstwiss.,III(1910), pp. 112-14 (per l'Ercole e Caco);G. Poggi, Della statua di Orfeo di B. B.,in Riv. d'Arte,IX(191-618), pp. 59-61; O. Kurz, A Model for B.'s Statue of Cosimo I, in The Burlington Magazine,LXXXV (1944), pp. 280 ss. Ottime osservazioni critiche in U. Middeldorf, A. B. relief,in The Burlington Magazine,LVII (1930), pp. 65 ss.; Id., Allori e B.,in Riv. d'Arte,XIV(1932), pp. 483-88. Sui disegni: E. Hoffman, Neuere Bestimmungen in der Zeichnungensammlung, in Az Országos Magyar Szépmúvészeti Müzeum Evkönyvei,VI (1929-30), p. 265 (riassunto ted.); U. Middeldorf, A group of Drawings by B.,in Print Collector's Quarterly,XXIV(1937), pp. 290 ss.; O. Kurz, G. Vasari's Libro de' Disegni,in Old Master Drawings,XX(1937), pp. 32-44; L. Marcucci, Disegni del B. per la Strage degli Innocenti,in Riv. d'arte,n. s., XXIX (1954), pp. 97 ss.; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon,II,pp. 439 s.; Encicl. Ital.,VI,pp. 81 s. Sul B. pittore: D. E. Colnaghi, A Dictionary of Florentine Painters,London 1928, pp. 29 s.; Per Clemente: G. Vasari, Le Vite... con nuove annotazioni. e commenti di G. Milanesi,VI,Firenze 1881, pp. 162, 185 s.; D. Heikamp, Die Bildwerke des Clemente B.,in Mitteil. des Kunsthist. Inst. in Florenz,IX (1959-1960), pp. 130-136; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon,II,pp. 440 s.